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Tornare a casa è sempre una sensazione bellissima ed è la stessa che ho percepito fin da subito ascoltando questa decima prova in studio, la quinta dal disco della reunion “Elden av år” (2004), dei leggendari Trettioåriga Kriget. Il ritorno a casa si concretizza con un recupero stilistico delle prime produzioni rappresentate dall’omonimo album di esordio del 1975 ma soprattutto da “Krigssång” (1976), opera che nel tempo si è consolidata come un grande classico del Prog svedese. Dopo un album un po’ anomalo come il precedente “Seaside Air” (2016), molto diluito e completamente in inglese, il ritorno alla lingua madre e a sonorità più ruvide ha un effetto particolarmente benefico sulle mie orecchie che riscoprono una band fresca e dinamica in quelli che sono i suoi panni migliori. Ricordo che i musicisti sono gli stessi da sempre, incluso il paroliere Olle Thörnvall, con qualche minima variazione data essenzialmente dall’arrivo, nel 1977, di Mats Lindberg alle tastiere (prima affidate al batterista Dag Lundquist), fatto questo che ha contribuito nel tempo a delineare il carattere di un gruppo che si è sempre dimostrato affiatato, compatto e coerente. Chitarra basso e batteria sono stati registrati simultaneamente in presa diretta proprio per dare un effetto vivo e spontaneo ad una creazione musicale che arriva dritta al cuore nonostante sia frutto di un processo compositivo lungo e tortuoso, iniziato addirittura nel 2017, reso particolarmente difficoltoso negli ultimi anni dal dilagare della pandemia. Il bassista Stefan Fredin è il compositore principale e condivide il ruolo di voce solista con Robert Zima. Le due voci, più energica la prima e più vellutata la seconda, si alternano nei vari brani, seppure quella di Zima sia in effetti prevalente, bilanciandosi per quel che riguarda le loro caratteristiche peculiari. L’intero album si basa su giochi di equilibrio e chiaroscuri alternando momenti più hard e diretti a momenti di atmosfera caratterizzati da splendide diluizioni tastieristiche con suggestive colorazioni Mellotroniche. La voce di Fredin, così caratteristica con i suoi acuti, si incastra perfettamente nella opener “In Memoriam” che giunge a solleticare le nostre orecchie dopo una breve “intro”. Il sound è guidato dalla chitarra di Christer Åkerberg con i suoi potenti riff. Ritornelli cantabili e intermezzi puliti con arpeggi gentili stemperano le ombre di un sound ruvido al punto giusto e talvolta dai riflessi oscuri. Questo brano, così essenziale nei suoi ingredienti dosati con perizia, è l’esemplificazione perfetta dello stile dei Trettioåriga Kriget. Chi li ha descritti come un mix fra Uriah Heep e King Crimson, con guizzi Floydiani, aggiungerei io, non ha sbagliato assolutamente e tali accostamenti li possiamo percepire diffusamente. E’ il caso della successiva “Tidigt”, tenebrosa e cantilenante con il Mellotron che crea uno sfondo suggestivo, con i suoi registri di archi, su cui si allungano cori oscuri. Tale brano è capace di aprirsi sul più bello offrendoci scorci limpidi e scintillanti suggestioni Floydiane. “Staden” è notturna e potente, col basso in evidenza a guidare un percorso scandito da riff robusti e distorti e dominato dal cantato possente di Fredin. Si delinea così un brano ben squadrato e dagli umori genuini, capace di assumere registri epici e sublimi. I toni si abbassano nella parte centrale dell’album con una terna di brani molto brevi e rilassati. Si tratta di “Till en Vän”, rarefatta e quasi sacrale con l’organo e con la chitarra dalla timbrica pulita, di “En Gång”, grezza e dai riflessi folk, e di “Brevet”, acidula e diretta, con assoli chitarristici coinvolgenti. Ma il momento più alto del disco è sicuramente raggiunto da “Vägen till Horisonten”, una sorta di mini suite strumentale di durata poco inferiore ai 14 minuti. L’incipit è semplice, con morbidi tappeti tastieristici ed atmosfere ampie su cui si innesta a sorpresa una chitarra bluesy dai ritmi decisi che vengono infine spazzati via da aperture sognanti con brumose ombreggiature del Mellotron, in un morbido alternarsi di emozioni. Rilucono poi melodie dal taglio vagamente orientale e gocce di psichedelia, coltri tastieristiche, che donano profondità spaziale a un sound molto diretto e tagliente, e la chitarra, che torna spesso protagonista con assoli lunghi ed incisivi. Vi sono poi momenti in cui la musica assume connotati sinfonici più intellegibili nel contesto di un brano che sfoggia una struttura variegata ma nel complesso semplice e che si sforza sempre di apparire accattivante e coinvolgente. “Till Horisonten” rappresenta il capolinea del nostro viaggio e riprende il tema melodico principale di “In Memoriam”. Il pezzo, molto semplice, non aggiunge molto a quanto già suonato ma somiglia ad una specie di inno o ad un epilogo che proietta il gruppo verso un futuro tutto da scrivere e che saremo molto interessati di scoprire ed esplorare. Nel frattempo godiamoci pure questo gradito ritorno a casa, a Saltsjöbaden, dove la storia dei Trettioåriga Kriget ha avuto inizio e dove questo album ha preso vita ed è stato registrato. In attesa del prossimo capitolo non mi spiace affatto soffermarmi qui e c’è posto anche per voi.
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