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TERRAMISTA |
Voci |
autoprod. |
2024 |
ITA |
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Terramista è un progetto di cui già ci siamo occupati e che ruota attorno alla figura di Giancarlo Spaggiari, polistrumentista classe 1958 e residente a Fiorano Modenese. “Voci” è l’ottavo album proposto e, come accaduto anche in passato, sono da segnalare dei cambiamenti nel nucleo che ha accompagnato il musicista in questa nuova avventura. E bisogna dire che la strumentazione presentata è molto particolare, visto che la line-up impegnata alle registrazioni ha visto, al fianco di Spaggiari, Luigi Passantino al clarinetto, Mirco Bondi e Benedetta Mazzacano al flauto e Paola Giberti all’oboe, ai quali si affiancano tre voci maschili ed una femminile. Dal canto suo, Spaggiari si impegna con chitarre varie, bouzouki irlandese e greco, oud, mandola, mandolino, basso e tastiere e si occupa anche della programmazione di batteria e percussioni, vista l’impossibilità di poterle incidere con strumenti veri. Un buon dispiegamento di forze, per quello che è un interessante concept, come descritto anche sul retro della custodia del cd: “Un viaggio metaforico di un gruppo di giovani che parte dall’ascolto delle voci della Terra e delle Genti e dei loro disagi. La meta è un orizzonte di speranza. Cinque saggi mitici li orienteranno durante il loro cammino”. I temi sono proposti attraverso sette composizioni ben strutturate, tra i cinque e i dieci minuti e mezzo e tutte suddivise in più sezioni. Stilisticamente si viaggia tra un prog reminiscente del passato e pronto a intrecciarsi con elementi di musica classica, con melodie mediterranee, con il folk-rock e con il cantautorato. Le composizioni sono sicuramente valide, con sviluppi molto interessanti, grazie all’alternanza tra strumenti elettrici ed acustici e le variazioni ritmiche, che insieme offrono brillanti dinamiche. Ottimo l’inizio, con tre pezzi che colpiscono molto. Si parte con “Voci della terra e delle genti”, con la bella introduzione di cordofoni acustici e flauto, la seguente accelerazione e il finale folk a due voci. Poi “Piombo caldo” e la strumentale “Morte di Abele”, sono capaci di abbinare brillante enfasi in vena PFM, e straordinaria eleganza, con clarinetto, flauto e oboe che dialogano con le chitarre e riportano alla mente certi lodevoli episodi di Anthony Phillips (anche con qualche tratto genesisiano, quando vanno in primo piano le chitarre acustiche). Tra gli altri brani, citiamo “Contatti metafisici”, che con i suoi oltre dieci minuti permette ai Terramista di esplorare più approfonditamente un prog sufficientemente articolato, pieno di interazioni strumentali, cambi di tempo e di atmosfera. Comunque, l’intero album regge abbastanza bene, senza veri e propri momenti di stanca. Siamo al cospetto di poco più di cinquanta minuti di musica di buona qualità e abbastanza omogenea, anche se a livello di registrazione si poteva fare meglio. È vero che siamo di fronte ad una proposta amatoriale, ma anche con mezzi limitati oggi si può fare qualcosina in più. Resta comunque un lavoro che segna un passo avanti rispetto al precedente “L’ultima Babilonia”, che pure ci aveva lasciato impressioni positive.
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Peppe Di Spirito
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