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UNIVERSAL TOTEM ORCHESTRA The magus Black Widow 2008 ITA

Lo scoglio più grande che si deve affrontare nell'ascolto di questo album è il confronto quasi obbligato con il lontano predecessore "Rituale alieno" che, assieme a questo "The Magus", compone una trilogia di cui però manca ancora il primo capitolo. Quella che il gruppo ha pubblicato quasi dieci anni prima rappresentava infatti un'opera originale e ricca di contenuti, con la quale è davvero difficile fare i conti. Oltretutto di acqua sotto i ponti ne è passata e la band si è trovata a dover affrontare anche dei cambiamenti di organico che hanno portato alla defezione di una delle menti creatrici del progetto e cioè del bassista Dauno Giuseppe Buttiglione (che ha lasciato campo a Yanik Lorenzo Andreatta), oltre che del tastierista Marco Zanfei, qui sostituito da Fabrizio Mattuzzi. Non è proprio facile accettare le differenze con "Rituale alieno" ma bisogna comunque dire che è sbagliato ascoltare questo album con la musica del prezioso esordio nelle orecchie: di bella musica questo album è pieno e sarebbe un peccato non poterla apprezzare appieno solo perché non troviamo quello che ci potremmo aspettare. Diciamolo subito: "The magus" presenta sì dei punti di contatto con la musica pubblicata anni fa, ma è un'opera diversa che si basa su geometrie tutte sue e che gode di una propria indipendenza artistica. Paradossalmente proprio chi non conosce "Rituale alieno" si troverà a mio giudizio più avvantaggiato nell'ascolto e rimarrà sicuramente colpito da quanto proposto in questo CD. Pensando al vasto universo del Prog italiano è infatti davvero difficile trovare delle produzioni musicali che possano essere paragonate a queste, se non quelle almeno dei Runaway Totem, da cui per l'appunto gli U.T.O. si sono originati.
Ma cerchiamo di fare un po' di luce su quanto fino ad ora ho solo appena accennato, iniziando quindi a parlare delle differenze col già più volte citato debutto. Innanzitutto sono quasi del tutto scomparsi gli elementi space rock e la proposta musicale è diventata in un certo senso più uniforme, e questo è uno degli aspetti più lampanti; la costruzione dei brani appare più geometrica ed in generale i suoni si sono un po' irrobustiti, con un uso più esteso dei riff di chitarra. Vi è un'attitudine jazz meno pronunciata mentre sono tanti gli elementi ammiccanti che possono irretire anche gli ascoltatori meno esigenti. Ne è un esempio l'opener "De astrologia" che azzecca una serie di parti corali Magmiane la cui metrica si incastra splendidamente con la musica ritmata che sembra fatta apposta per inocularsi nella mente dell'ascoltatore come un germe impossibile da debellare. Un ruolo di primo piano viene giocato dalla bella e particolare voce di Ana Torres Fraile che ci regala momenti dotati di fascino arcaico e misterioso, come in "Les Plantes Magiques", che ricorda la soave "Pane astrale" dello scorso album e che termina con un bellissimo finale alla Orff. In linea generale l'intero impianto vocale è uno dei più fulgidi punti di forza di questa band, la cui musica sembra quasi ruotare attorno ai versi intrecciati cantati dalle voci di Ana e da quella degli altri interpreti maschili, quella di Francesco Festi in primis, ma anche quelle di altri ospiti reclutati per l'occasione. Proprio la bellissima "Les Plantes Magiques" si fa forte di tante collaborazioni per l'intessitura delle parti vocali, che hanno uno stile operistico molto elegante e suggestivo.
Eccellente è il ruolo del piano, sempre martellante e che entra intimamente a far parte dell'intelaiatura delle canzoni come una fitta ragnatela scintillante. In questo senso è interessante ascoltare "Coerenza delle percentuali", che per diversi aspetti mi fa pensare a "K.A." dei Magma, grosso punto di riferimento per questa band. Mi rendo conto che una disamina fatta nell'ottica dell'album passato non rende giustizia ad un disco suonato ottimamente, splendidamente registrato e comunque ricco di buone idee e di musica interessante. Se da una parte questo album sembra più ponderato, misurato, studiato e anche un po' più manieristico dell'altro, non possiamo comunque fare a meno di apprezzare le capacità di questi musicisti, la loro brillante personalità che secondo me emerge splendidamente in un pezzo come "Vento madre", forse la traccia più dinamica dell'opera, collocata audacemente in chiusura, dopo che un'ora di musica è ormai passata e il livello di attenzione non è più quello iniziale. Questo pezzo, dal mood oscuro, dagli accenti Zeuhl e dalle contaminazioni jazz, mostra oltretutto un'attitudine quasi live e una spontaneità che forse avrebbero giovato anche alle precedenti tracce. In diverse occasioni la musica si semplifica, come per esempio in "Ato piramide", che presenta sequenze melodiche impostate dal sax e dalla chitarra, con una performance di Ana che potrebbe farci pensare alla tradizione della nostra canzone italiana. Non fate l'errore però di pensare ad un pezzo Sanremese: qua e là spuntano infatti belle intuizioni Canterburyane e riferimenti ai King Crimson. Tirando un po' le somme nel guazzabuglio di questi miei appunti musicali, potrei concludere dicendo che la band non ha raggiunto i picchi artistici ed emotivi di "Rituale alieno", come sicuramente avrete capito, ma che comunque ha sfornato un gran bel disco, sicuramente di alto livello, che oltretutto potrebbe costituire la chiave di ingresso per gli ascoltatori più giovani verso un certo tipo di musica meritevole di essere esplorato ed ascoltato come lo Zeuhl.

 

Jessica Attene

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