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VV.AA. Past present future Syn-Phonic 1991 USA

Passato, presente, futuro. Con questo suggestivo titolo l'etichetta statunitense Syn-Phonic introduce una compilation su LP doppio, interamente dedicata al progressive americano di ieri e di oggi. Tutto qui? Eh no, perché il lato più interessante della faccenda sta nel fatto che tutti i brani presentati sono assolutamente inediti! Otto sono i gruppi presenti e, come può chiaramente intuirsi dal titolo, vi è una massiccia rappresentanza sia della vecchia che della nuova scuola progressiva. Anzi, a ben vedere l'opera risulta equamente divisa fra bands del passato e formazioni attuali. Il valore di questa compilation è inoltre arricchito dalla sfarzosità della confezione contenente, oltre alle biografie di tutte le bands presenti, anche un inserto con le loro discografie (illustrate) ed i testi di ciascun pezzo. E scusate se è poco...
L'apertura delle danze spetta ai LIFT, band di New Orleans che ci propone il lungo brano "Perspectives". La composizione, datata 1978, si discosta abbastanza dallo stile di "Caverns...", unico LP prodotto dal gruppo fino ad oggi; si nota infatti un deciso avvicinamento verso un sound alla Renaissance, anche in virtù dell'inserimento di una voce femminile nella formazione. Nei lunghi interludi strumentali è possibile comunque rintracciare reminiscenze della vecchia vena compositiva. Un pezzo gradevole, in definitiva.
Il secondo brano (e l'ultimo del primo lato, visto che non c'è pezzo che duri meno di 9 minuti) è appannaggio degli HAPPY THE MAN, gruppo maggiore nel panorama progressivo statunitense. "Leave that kitten alone, Armone" è una composizione abbastanza complessa che, in linea con quelle che poi furono le caratteristiche della seguente produzione della band (il pezzo risale infatti al 1975), presenta un progressive frizzante ed originale, punteggiato da sottili influenze di jazz ed elettronica. Sicuramente uno dei momenti più convincenti dell'intera compilation.
E' poi la volta degli YEZDA URFA, band che considero tra le migliori mai partorite dal suolo americano. La loro musica, imperniata su ritmiche spesso frenetiche, scaturisce da una interessantissima rielaborazione di soluzioni tipiche di yes e Gentle Giant. E proprio sulla scia di questi ultimi si colloca il brano qui proposto, comprendendo anche suggestivi intrecci vocali, chiaramente ereditati dalla mitica band inglese. Peccato per il missaggio che ha un po' penalizzato voce e tastiere: il risultato rimane comunque ottimo.
Arriviamo così ai NETHERWORLD, unico tra i gruppi presenti di cui non avevo ancora ascoltato niente. Mi sono quindi accostato con una certa curiosità a questo pezzo e devo dire che il risultato è stato pari alle aspettative. La musica dei Netherworld si basa su azzeccatissimi dialoghi fra chitarra e tastiere, queste ultime dotate di sonorità particolarmente limpide e pulite. La suite strumentale in questione ("Cumulonimbus") si fa inoltre notare per la presenza di un piacevolissimo intermezzo centrale in cui oboe e violino si intrecciano, creando momenti di intensa liricità.
Con i DJAM KARET prende il via la seconda parte dell'opera, interamente dedicata a gruppi attualmente sulla breccia. L'impatto con la musica di questo quartetto è piuttosto difficile: un basso particolarmente pesante ci introduce nei meandri di una musica semi-sperimentale che ha portato però i Djam Karet a risultati migliori di quelli ottenuti con il brano qui presente ("Swamp of dreams").
E' poi la volta degli EPISODE che con "Edge of the sky" si assicurano la palma della composizione più lunga (15 minuti). Il gruppo, che allinea tra le sue fila due cantanti, propone un prog gradevole nel quale le influenze provenienti da bands quali Renaissance (ma io citerei anche Rebekka e Eden) o EL&P risultano sapientemente rielaborate secondo stilemi tipicamente prog. Il risultato, anche se non eccezionale, è senz'altro apprezzabile.
Dei NOW non ho apprezzato appieno l'LP di recente uscita "Now, what?", a mio parere decisamente inferiore alla loro opera d'esordio "Everything is different now". Il brano qui presente mette in mostra una vena più sperimentale che mi ha a volte ricordato i loro conterranei Newcross. Un episodio interessante, anche se a volte un po' troppo tirato per le lunghe.
I KALABAN chiudono la compilation con "Sleepless", pezzo che suona come una sorta di rivisitazione in chiave attuale degli Happy The Man. La composizione, pur non toccando vertici altissimi, risulta senz'altro piacevole all'ascolto.
In definitiva il giudizio su quest'opera non può che essere positivo, nonostante l'inevitabile scarsa compattezza dell'insieme. Un disco necessario per tutti gli appassionati di prog statunitense nonché una utile guida per chiunque voglia avvicinarsi a questa affascinante realtà.

 

Riccardo Maranghi

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