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VILLEBRÅD Alla är här utom jag Transubstans 2006 SVE

I gruppi svedesi dei nostri giorni ci hanno spesso abituato a dischi dal taglio pulito, spesso ispirati a modelli anglosassoni e a prove comunque realizzate in vista di un'espansione sul mercato internazionale, fornendo una visione del panorama musicale svedese patinata e potenzialmente commercializzabile: sembra quasi che alcune band abbiano indovinato quali caratteristiche della musica scandinava siano più piacevoli alle nostre orecchie. Ecco invece che la Transubstans non solo si impegna nella ristampa di classici minori ma lascia anche campo libero alle espressioni nazionali più genuine. Questa band di Uppsala canta nella propria lingua e sceglie anche un titolo, per il suo album di esordio, lungo e decisamente poco suggestivo per chi non conosce l'idioma, quasi a voler prendere pieno possesso e consapevolezza delle proprie radici. Anche la musica ha un approccio molto genuino e tutt'altro che patinato: i suoni sono sporchi, ruvidi, riverberanti ed il modo di suonare di questi tre ragazzi è istintivo e mostra una scarsa attenzione alla resa sonora: si tratta soltanto di prendere i propri strumenti e suonare, tutto qui, il resto è puramente accessorio. La band si rifà sicuramente allo spirito alla musica dei Seventies del proprio paese ma sceglie uno stile sinfonico (che è poi quello forse fra i più trascurati nella Svezia di quegli anni) che infarcisce con tutta una serie di contaminazioni. Inevitabilmente arrivano i paragoni con i vecchi Kaipa, forse il gruppo sinfonico che ha fatto maggiore breccia in quel periodo: la traccia di apertura, "Död barrikad" sembra quasi un tributo a questa band e le linee vocali, con la voce filtrata, sembrano quasi quelle di Hans Lundin. Le arie melodiche sono solari e piacevoli, anche se comunque vengono realizzate con uno spettro di suoni piuttosto acidi. Ma i Kaipa non sono l'unico riferimento che possiamo trovare fra le nove tracce di questo CD: la seconda, con le sue atmosfere crepuscolari ed i suoi suoni ipnotici, sembra quasi estratta da "One man tell's another" dei Landberk. A questo impianto sinfonico la band impasta delle contaminazioni new wave: certe melodie semplici e suadenti e la scelta di certi suoni ricordano l'esperienza dei Japan, anche se si tratta di contaminazioni che non costituiscono la componente centrale del sound di questo gruppo. Alcune tracce risentono comunque più pesantemente di queste influenze, come "Ingenting", che ha un effetto molto particolare dato da accostamenti insoliti. Allo stesso modo canzoni come "Nu laddas vapnen" ricordano qualcosa degli Ultravox. Non mancano sonorità vintage e sprazzi di psichedelia: in effetti questo album si presenta piuttosto eterogeneo e la band non segue un proprio stile personale e pende piuttosto ora da una parte ora dall'altra. Una costante è comunque data dalla sporcizia dei suoni e da un'esecuzione verace ma purtroppo spesso approssimativa. Insomma ci piace molto la spontaneità di questa band, ne condividiamo lo spirito e le loro idee sono senza dubbio interessanti, anche se questo CD di esordio presenta diversi punti da migliorare. Diciamo che i Villebråd sono una di quelle band che presentano delle buone credenziali su cui investire in un prossimo secondo album e che comunque ci lasciano un esordio tutto sommato carino e anche abbastanza particolare.

 

Jessica Attene

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