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VV.AA. Giallo! - One suite for the murderer Musea 2008 ITA

E’ ormai diventata una piacevole abitudine quella dell’appuntamento con le produzioni a tema ideate dall’associazione finlandese Colossus e pubblicate dall’etichetta francese Musea, una cooperazione ormai consolidata che ha dato vita ad ottimi prodotti nell’arco degli ultimi anni.
Per la nuova puntata della saga si è scelto di puntare su un album ispirato alla più celebre opera cinematografica di Dario Argento e probabilmente dell’intera storia del cinema horror italiano: avrete senz’altro capito che questo “Giallo!” si propone come trasposizione in musica delle sequenze di “Profondo Rosso”. Ovviamente a tutto ciò già hanno provveduto e con ottimi risultati i Goblin con la loro memorabile colonna sonora: qual è dunque il valore aggiunto apportato?
Andiamo per ordine; l’album si articola in tre lunghe suite, ciascuna affidata ad una band italiana e rappresentativa di una sequenza precisa del film, con l’onere di aprire e chiudere le danze lasciato alle sapienti mani di Alfio Costa (Tilion, Prowlers) che con i suoi sintetizzatori analogici ci introduce alle atmosfere misteriose che ci accompagneranno per circa 75 minuti (“Frammento rosso”) per poi ricondurci a casa… in preda ai sudori freddi (“Mirrors”).
La prima delle tre suite, “Visions of Helga”, è opera di un progetto nato appositamente, denominato Dark Session e diretto dal polistrumentista Flavio Costa (chitarre, basso, tastiere, batteria), coadiuvato ancora da Alfio e dai sussurri inquietanti di Hamadi Trabelsi. La ritmica è nervosa, spezzata, con chitarre elettriche che si dividono la scena con il MiniMoog, spesso filtrate da effetti (come il Moogerfooger) che ne rendono il suono insolito; nel finale la tempesta si placa per lasciar spazio a un dialogo chitarra acustica / Rhodes… ma non finisce qui! Beh non voglio rovinarvi la sorpresa, posso però aggiungere che si tratta del brano più heavy del lotto.
I romani Leviathan, ormai da secoli orfani del vocalist originale Alex Brunori nonché del suo sostituto ascoltato nell’ultimo “Volume” (si fa per dire, risale al 1998…), presentano un ospite d’eccezione al microfono: Pierfrancesco Drago, apprezzato clone gabrielliano nei Revelation ma anche ex-frontman di una band cui sono piuttosto affezionato: gli Arcadelt. La loro “Vecchi giochi” riprende il tema precedente ma presto se ne distanzia: abbiamo un new-prog cantato in italiano e caratterizzato dai tipici equilibrismi tastieristici che fecero la gioia dei nostalgici negli anni’80 (ci sento soprattutto i Pallas…), diamo però merito ad Andrea Amici per aver optato per la timbrica antica dell’organo Hammond, accanto agli ubiqui synth. Spazio più limitato per la chitarra, suonata dal batterista Andrea Moneta in stile genesisiano ma spazi vuoti non se ne notano, grazie anche all’interpretazione teatrale di Drago e alla voce di soprano dell’ospite Rossella Salvucci. In definitiva un brano “oscuro” ma non certo “gotico”, dinamico ed equilibrato.
Infine, tocca ai Floating State (con due album all’attivo) inscenare l’epilogo: “Suite dall’inconscio dell’assassino”. Formazione atipica, quella pugliese, così ricca da sfiorare l’eclettismo… dei Gentle Giant! Non che questo sia un paragone realmente calzante, ma la frequente presenza del sax (Grazia Stella) nella costruzione delle trame sonore, per non parlare di flauto e vibrafono, può portarci da quelle parti, almeno finché il gruppo non decide di inserire la loro… apocalisse in tempi dispari e ricondurci così ai “soliti” Genesis (o ai Marillion di Grendel, fate voi). Per fortuna la varietà – come dicevo – non è virtù che difetta ai Floating State, e così le sezioni centrali della suite sono più figlie dei Gong (quelli di Moerlen, però) che altro. Filo conduttore in un labirinto fin troppo eterogeneo è la voce altamente teatrale di Marco Esposito, che per evidenti esigenze narrative finisce a volte per risultare un po’ invadente. Insomma, carne al fuoco ce n’è tanta (ho già citato anche i claustrofobici VdGG di Godbluff? No?) e non sempre il raccordo tra le sezioni suona naturale; presi singolarmente, i vari frammenti (si tratta di ben 10 sottotitoli) sono più che apprezzabili, la critica riguarda solo la spontaneità del risultato finale.
Concludo rimarcando la cura riversata nell’assemblare il booklet di questo CD, completo di dettagliate presentazioni, testi, traduzioni e le tavole scenografiche di Stefano Scagni ispirate al film di Argento.

 

Mauro Ranchicchio

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