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VV.AA. Purgatorio: The Divine Comedy part II Musea 2009

Il timore reverenziale stavolta è legittimo!
Dopo l’ “Inferno” e i suoi 4 cd, ora la seconda parte del viaggio dantesco nell’aldilà: il “Purgatorio”.
Racchiuso anch’esso in 4 cd (forse impossibile comprimere l’opera in un numero inferiore di dischetti), con un booklet di alto profilo e 33 artisti a spartirsi i relativi canti, ai quali si aggiungono i Simon Says (autori dell’intro e dell’outro) e una bonus track del duo Pasini-Ragozza.
Come ogni progetto Colossus/Musea, anche qui ammessi solo strumenti vintage.
Molte vecchie conoscenze del panorama prog contemporaneo, nonché già presenti in altri lavori simili nati dalla collaborazione fra la fanzine finlandese e la casa discografica francese, si susseguono nella descrizione del viaggio dantesco;non mancano però band novità come i Kbridge, i Soulengine o, ancora, i Survival e i B612. Troppo complessa la visione del “Poeta” nel suo viaggio ultraterreno, con le sue implicazioni politiche, morali, religiose, spirituali, per parlarne in questo contesto. Ci limiteremo pertanto a ricordare che ogni band coinvolta si “impegna” a descrivere con le proprie liriche e/o le proprie musiche questo viaggio in poesia divenuto, ora, anche viaggio musicale.
Come ci avevano condotto fuori dall’inferno, così i Simon Says o, meglio, il solo Stefan Renström, ci accompagnano dolcemente nel Purgatorio e nel primo dei cd previsti (che copre 8 canti).
I Nemo ci fanno subito intendere che l’impegno creativo dei gruppi è massimo come si trattasse di un lavoro “in proprio” e non di un solo brano per esprimersi. Molto centrati gli episodi elettro-acustici, belli i cori, ottime le melodie.
Fra le sorprese maggiori (almeno del primo dischetto) il “Canto II” a nome Kbridge, nuovo (?) progetto comprendente anche gli ex-Taproban Guglielmo Mariotti (basso) e Davide Guidoni (batteria; nonché ideatore della copertina e della grafica di tutto il lavoro in oggetto).
15 minuti in pieno old-genesis style di altissimo livello. Li attendiamo adesso ad una prova discografica tutta loro. Gli Ozone Player non ci deludono con uno strumentale molto barocco, mentre pare persino banale e superfluo elogiare l’ennesimo “centro” di Raimundo Rodulfo che arricchisce i minuti a sua disposizione con un breve estratto recitato (da Gabriele Lepre) tratto direttamente dal 4° canto.
Ancora gruppi italiani protagonisti nel Canto V e VI. Dapprima i Ten Midnight che ho apprezzato non solo per la qualità musicale, ma anche per avere elaborato delle belle e per nulla banali liriche.
Se Dante nel VI canto lamenta la decadenza politica della penisola italiana, i Soulengine musicalmente e metaforicamente “ci riscattano” con uno strumentale molto ben fatto con rimbalzi continui fra chitarra elettrica e tastiere vintage (of course!!).
Un altro frequentatore abituale dei progetti Colossus, Willow Glass (o Andrew Marshall se preferite), non ci delude con uno strumentale che profuma di fiori e di Hackett solista. Scelgono le liriche in inglese, invece, gli Atlantis 1001 (italiani anche loro comunque) per un brano dall’atmosfera abbastanza cupa.
Anche nel 2° cd la qualità si mantiene piuttosto alta.
Dopo gli struggenti saggi di bravura di Andrea Cavallo (Contrappunto Project) al pianoforte e di Sophia Baccini alla voce (con il sottofondo di delicate tastiere), passiamo agli argentini Nexus.
Grande spiegamento di tastiere come d’abitudine di Lalo Huber e soci, ma un brano non particolarmente ispirato o meglio, lontano dalla bellezza di certi motivi del loro repertorio anche recente.
Dopo un silenzio di alcuni anni interrotto dal brano presente su “Inferno”, ecco ancora i Nuova Era di Walter Pini. Tastiere a go-go ovviamente, ma udite udite, la presenza anche di un ospite alla chitarra, nella fattispecie il bravo Salvo Lazzara.
Altra composizione strumentale, questa volta gli olandesi Survival (un’altra one-man band), molto Emerson-oriented, seguito da quello dei Little Tragedies, fra tastiere pompose e chitarre anche heavy.
Piacevole l’interpretazione degli Armalite fra new-prog e tradizione vintage e anche il pezzo di Phideaux (che malgrado i numerosi album è all’esordio in questo genere di “raccolte”) con un brano arioso e ben inserito nella tematica del “concept”.
Chiude il secondo cd Tommy Erickson con l’ennesimo strumentale debitore di Camel e Genesis post Gabriel (ma con Hackett!! )
Il 3° dischetto (che andrà a coprire i canti dal XVIII al XXVI) si apre con i cileni Entrance ed il loro (bello) hard prog sanguigno che avevamo già apprezzato nel recente (2008) “Entre dos mundos”.
Particolare la proposta dei Maxwell’s demon, statunitensi, che alternano momenti soffusi ad altri “sgraziati” vagamente crimsoniani, per un pezzo, “Avarice atoned” fra i migliori ed originali dell’intera raccolta. Una piacevole e gradita sorpresa.
Altri esordienti gli svizzeri Rak con un motivo serrato che ha il solo difetto di essere posto fra quello dei Maxwell’s demon e dei Colossus Project, cioè il meglio del 3° cd.
Merito della sapiente regia di Alfio Costa, di un fuoriclasse come Hamadi Trabelsi alla voce, di un suono potente, compatto, del coro “Dante Alighieri” (ma va….?) di Brembate… insomma semplicemente perfetto. Diversa la proposta di Matthijs Herder che alterna suoni ridondanti e baldanzosi a momenti più pacati ed intimisti (Morricone?), che meriterebbero una vera band alle spalle (il bravo Matthijs si occupa di tutte le parti ad eccezione della batteria). Prova comunque ampiamente superata.
Quasi irriconoscibili i romani Mad Crayon nel loro strumentale a descrivere il canto XXIII. Lontanissimi dalle splendide ingenuità dell’album d’esordio “Ultimo miraggio”, ma anche dalle più recenti comparse in altri progetti Colossus, ma non per questo da bocciare!! Tutt’altro!! Brano di seducente bellezza, impreziosito dalle tristi note del violino e dai vocalizzi di Laura Scipioni che vanno dritti al cuore.
Di questi tempi è l’inaspettato ritorno con un nuovo album e se il livello sarà questo…
Fra Yes e Renaissance (complice la voce di Karola Antal che ricorda molto quella della Haslam) si muovono i Tabula Smaragdina (emanazione dei più conosciuti Yesterdays); magari più vicino ai Pink Floyd, ma sempre decisamente personale e vario il brano dei Blank Manuscript (a tratti il ricordo va anche ai King Crimson romantici di "Islands").
Spetta agli olandesi Lady Lake “salutare” la 3° sezione del “Purgatorio” con una composizione (indovinate un po’? ...strumentale!!) dai vaghi sentori cameliani, magari dal sound un poco più aggressivo ma decisamente piacevole.
I finlandesi Groovector aprono le “danze” nel 4° ed ultimo cd. Stavolta la band non mi convince appieno ed il brano proposto risulta alla fine un po’ monocorde e lontano dagli alti livelli raggiunti nei loro album.
Fanno meglio, invece, i loro connazionali Mist Season, il cui brano d’atmosfera e con qualche venatura jazz è senz’altro convincente.
Ottimi gli olandesi Flamborough Head con atmosfere molto Genesis-style e con uno splendido “solo” di synth nel finale. Per una strana (a questo punto…) coincidenza i gruppi che attendevo con maggiore curiosità sono quelli che mi hanno parzialmente deluso: è il caso degli Yesterdays con un brano un po’ raffazzonato e lontano dalle consuete solari e vincenti melodie a cui ci avevano ben abituato.
Seguono poi le proposte di 2 gruppi venezuelani: i B612 con begli intrecci fra voce maschile e femminile, ed i più conosciuti Equilibrio Vital (con sezione ritmica italianissima per l’occasione) con una “song” costruita su continui fraseggi fra Hammond e chitarra elettrica.
Seconda (parziale) delusione gli argentini Jinetes Negros: “riffoni” come da copione, arrangiamenti ridondanti… forse troppo da copione… poco ispirati insomma…
Ritroviamo poi i Simon Says e l’estemporaneo duo Pasini-Ragozza con un pezzo bonus piuttosto sperimentale.
E’ tempo di consuntivi ora. Quattro ore di buona, a tratti anche ottima musica rappresentano un motivo più che sufficiente per promuovere a pieni voti il progetto. Forse (ma la creatività di ogni band ha il diritto di esprimersi secondo ispirazione) avremmo gradito maggiormente che qualche artista si “sforzasse” nell’elaborare liriche convincenti, invece quasi la metà dei brani sono interamente strumentali.
Timore del Poeta?



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Valentino Butti

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