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XD WEI String theory Seven Ravens Music 2007 CHN/USA

La musica cinese è un mistero impenetrabile: sicuramente molti di noi hanno avuto modo di sperimentare in un modo o nell'altro la sua magia, assaporandola nei contesti e attraverso i surrogati più disparati, dalle colonne sonore dei film come quella de "L'ultimo Imperatore" di Bertolucci o attraverso le visioni elettroniche di Vangelis, senza mai capirla davvero ma subendone in qualche maniera il fascino. La Cina rappresenta un mondo a parte in cui in qualche maniera siamo stati proiettati grazie all'attenzione catalizzata dall'evento delle Olimpiadi del 2008, e che ci sta a modo suo lentamente conquistando grazie ai costanti e massicci flussi migratori che portano i cinesi a vivere nelle nostre città. Nonostante questo la Cina rimane per noi un mondo incomprensibile che da qualche parte, ne sono certa, nasconde anche qualche band di progressive rock che non riusciremo mai a scoprire per le barriere culturali e soprattutto linguistiche che ci separano. Se da qualche parte esiste il prog cinese non so proprio come sia fatto ma una forma possibile potrebbe essere quella sperimentata dalla graziosa Xiao Dong Wei e dal suo insolito gruppo. Xiao Dong proviene da una piccola provincia della Cina al confine con la Russia e con la Mongolia e ha studiato l'erhu, il tradizionale violino a due corde cinese, al conservatorio ed altri strumenti come il guzheng, una specie di salterio a 12 corde. Trasferitasi negli Stati Uniti ha formato una band assieme a Paul Ossy, musicista di ispirazione prog-jazz, al mandolino, Djeto Juncaj, appassionato di Blue Grass, alla chitarra e al banjo e Leo Gillis al basso e al flauto. Il quartetto realizza sia musica propria che arrangiamenti di temi tradizionali cinesi ed il CD in esame rappresenta il loro esordio discografico. E' davvero difficile dare una definizione a questa musica, che fonde culture ed esperienze musicali così distanti, il risultato è comunque interessante e anche divertente da ascoltare. I brani hanno per lo più una struttura semplice e prettamente acustica, con pochi spunti elettrici forniti essenzialmente dal basso, e possono essere come "Snow", una ballad struggente per erhu, chitarra e mandolino cantata da Xiao Dong in lingua mandarina, oppure come "Two Countries", sempre acustica ma più ritmata, oppure come la buffa "Happiness" una specie di pezzo Blue Grass dalle insolite sfumature cinesi. Fra i brani con qualche spunto elettrico troviamo la graffiante "DNA" e la particolarissima "Precious Water", una traccia lenta e crepuscolare dalle atmosfere dark gotiche, in cui Xiao Dong canta in inglese. Da segnalare la stravagante cover di "Immigrant Song" dei Led Zeppelin con le linee vocali sostituite dai gorgheggi dell'erhu. In conclusione questo album si fa notare per la stranezza e la particolarità data dalla commistione di elementi tradizionali cinesi con quelli a noi meglio noti della musica rock-folk occidentale. Apprezzo molto il tentativo ma comunque questa formula, seppure originale, potrebbe essere migliorata lavorando di più sugli arrangiamenti e sull'orchestrazione delle canzoni che così proposte appaiono oltremodo scarne. Partendo dalle idee qui presentate potenzialmente potrebbe venir fuori un grande disco ma per ora questo CD rappresenta soltanto un divertente passatempo o una curiosità esotica.

 

Jessica Attene

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