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NEIL ZAZA 212 Melodik Records 2011 USA

Ottavo album (se non si considera il doppio lavoro di brani natalizi re-arrangiati) per il chitarrista italo-americano, il cui titolo è dovuto alla presenza costante del numero 212 nelle sue situazioni di vita più disparate. Orari, numeri civici, amplificatori, numeri di telefono degli amici… Dopo svariati anni, Zaza decide di farci su un album di nove pezzi strumentali, più due bonus. E, ironia della sorte, la cifra ritorna nell’indirizzo di uno degli studi di registrazione! A questo punto, non è un caso che la data d’uscita del CD sia il 2/12. No, nessun errore: la datazione bisogna leggerla in chiave anglosassone e quindi, invertendo mese e data, ecco che il giorno di pubblicazione risulta essere il dodici febbraio.
Lo stile di Zaza rimane immutato, il medesimo che ha fatto la fortuna di ottimi album chitarristici come “Thrills & Chills”, “Staring at the Sun”, “Melodica” e l’ultimo “When Gravity Fails”. Un approccio simile a quello di Joe Satriani (altro italo-americano di spicco e non è affatto un caso), con addirittura un pizzico di “zucchero” in più nelle melodie. In effetti qualcuno potrebbe parlare addirittura di “commercialità” in diverse scelte di note, ma resta il fatto che Neil Zaza si lascia sempre maledettamente ascoltare, usando comunque sonorità parecchio incisive. Sotto quest’ultimo punto di vista, l’organo Hammond di Tod Rogers garantisce calore costante ai pezzi. Da ricordare la presenza di due jazzisti italiani in “Baroque Sky” e “If This is Goodbye”, cioè Walter Cerasani (basso) e Fabio Colella (batteria). Zaza, l’anno scorso, era stato ospite nell’album di quest’ultimo musicista, intitolato “Real X”.
Alla fine c’è poco da dire, i brani sono tutti validi e parecchio gradevoli, anche se in passate produzioni traspariva una migliore lavorazione del suono. In alcuni frangenti si ha la sensazione che ci si avvicini allo humor di Steve Morse (“Go!” su tutte, ma anche “King of the World” a tratti), escludendo, ovviamente, l’intro trionfale “Magnus 212”. Bisogna anche aggiungere che stavolta il guitar-hero pare soffermarsi di più sulle fasi portanti dei brani e meno sugli intermezzi solistici iper tecnici; se questo sia un pregio od un difetto, è assolutamente soggettivo.
Come ormai da consuetudine, gli ultimi brani (in questo caso le bonus tracks esclusive per il supporto ottico) sono delle cover di grandi successi pop. Per l’occasione vengono rifatte “Message in a Bottle” degli inglesi Police e “Take On Me” dei norvegesi A-Ha. Il primo pezzo è un’interpretazione notevole, dove stavolta Zaza si lascia andare ad un finale in cui sciorina note su note, pur continuando a seguire il tema principale. Il secondo, nonostante la classica ed odiosa intro, rilegge in maniera brillante un brano altrimenti parecchio “easy”, facendo apparire gli anni ’80 come un’epoca davvero lontana e con suoni ormai vetusti.
Quanto prog c’è in questo “212”? Neanche un po’, a meno che non si voglia vedere l’instumental guitar come un’espressione progressive, in quanto ricerca della “progressione” musicale (discorso annoso, che è stato affrontato già nella recensione del primo album di Bill Lubera). Però, come sempre, la musica di Neil Zaza è allegra, positiva, fa stare bene dentro e ti raddrizza la giornata. Se pensate che questo non sia un male, ascoltatelo. Male che va, vivrete un giorno migliore.



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Michele Merenda

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