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ZONDA PROJECKT El llanto secreto de la luna Viajero Inmovil 2002 (Viajero Inmovil 2015) ARG

Zonda è il nome del vento che soffia nel deserto che contorna la città argentina di Mendoza, dove si è formato questo gruppo e, prima ancora delle parole, basterebbe semplicemente dare un’occhiata al termine che il gruppo stesso ha deciso di associarci nel proprio nome: quel “Projeckt” non può essere stato messo lì casualmente… ed infatti la fonte di ispirazione principale di Ernesto Vidal, Mario Mátar e Tuti Vega non può che essere screziata di cremisi, in special modo del cremisi spigoloso degli anni ’90, quello, appunto, dei Projeckts. Ma ovviamente non stiamo parlando di un clone (può mai esistere un clone di un’entità tanto variegata e bizzarra?) e gli Zonda Projeckt rivestono la propria musica di una calda e confortevole coltre fusion e space, con deliziose e delicate armonie che ci portano non di rado a fare accostamenti con Camel, Pat Metheny o Mike Oldfield. Oltre al trio di musicisti sopra citati, al disco partecipa anche un altro chitarrista, Sebastian Rivas, ma semplicemente perché si tratta del predecessore di Mátar che, prima di lasciare il gruppo, ha lasciato alcune parti registrate su alcune canzoni che poi sono finite nell’album.
Come detto, la proposta della band mendocina coniuga i suoni spigolosi che spesso crea la chitarra con le inquietanti note dello stick, ma con un’anima molto più morbida rispetto al modello ispiratore principale; sono presenti synth, guitar-synth, tastiere… ed anche qualche scheggia di elettronica. La chitarra stessa oscilla tra sonorità aspre crimsoniane e deliziosi tocchi fusion o addirittura melodici. Il risultato finale ci offre queste 13 tracce (erano 12 nell’edizione originale) dalla durata contenuta, salvo i 19 minuti di “Los tres pelos del Diablo”. I primi 8 pezzi sono abbastanza omogenei, pur nella loro ecletticità, e mostrano senz’altro il lato migliore e più caratteristico della band. Ogni brano di questo lotto è uno sfavillante excursus strumentale, in cui parti di musica ricchi di atmosfera si alternano a momenti più tirati e trascinanti. “Aquí y ahora” è il brano d’avvio, cremisi nell’anima ma capace anche di tingersi di altri colori nel corso dei suoi 6 minuti di vita. La title-track è un bellissimo duetto tra una chitarra delicata e methenyana e il basso, capace di contrappuntarla efficacemente col suo borbottio. “Jai-Alai” è un altro brano delicato in cui la tastiera dai suoni flautati e un po’ andini, detta il passo. “El equilibrio” ha un incedere tranquillo, lievemente venato di blues, che sfuma in un tenue crescendo che ci prepara ai bizzarri 19 minuti dei tre peli del diavolo, un vero mini-album all’interno dell’album, con una prima metà che ricorda a tratti il miglior Oldfield ed un finale sopra le righe, con la chitarra che si va a distorcere sempre di più, sfumando quasi per sfinimento. “Luz de inocencia” e “Cuando el Angel Sonrió” ci calmano i bollori, ancora con una chitarra bisbigliante che è praticamente l’unica protagonista di queste due tracce. “El vigia en la tormenta” ci offre una chitarra alla Belew che cerca di emergere in mezzo alla tormenta di elettronica che riempie i bassifondi di questo brano, coadiuvata dalla batteria che, da parte sua, cerca di creare ritmiche strane e perverse.
Le ultime tracce del CD hanno caratteristiche un po’ diverse e variegate: “Crimsonika” tiene piena fede al nome ed è un brano crimsoniano senza peli nello… stick e senza compromessi. “Triste azul noturno” è un breve blues, mentre “La jirafa en llamas”, registrato dal vivo, è un brillante pezzo fusion di quasi 9 minuti, con una coda virante al blues. L’album si concluderebbe con la brevissima coda della title-track, ma vi è stato aggiunto in questa edizione una traccia, anch’essa dal vivo, intitolata “Venas de oro”, in cui compare il cantato di Ricardo Marino (anche tastierista), assieme a violino e violoncello, rispettivamente di Rodolfo Castagnolo e Edgardo Guerra; un brano quindi a sua volta avulso dal resto dell’album, ma non per questo da rimpiangerne l’inclusione, tutto sommato.
L’album finisce, dunque, e non ci resta che ribadirne il notevole valore musicale; la band è semi-sconosciuta al di fuori dell’Argentina ma penso che sia il caso e il momento di rimediare a questa mancanza, dato che si tratta di musicisti di capacità tecniche e creative decisamente interessanti. L’album è veramente bello e ne consiglio caldamente l’ascolto.



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Alberto Nucci

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