Home
 
ZINGIRA Bidaia autoprod. 2016 SPA

Zingira è il progetto solistico di Iñigo Ibarrondo, voce e basso degli Sharon Stoner, band di stoner rock, che evidentemente nutre anche una passione per il Prog anni ’70 ed ha voluto tradurre in musica questa passione, cercando di ricreare le atmosfere del tempo, dopo essersi munito di Hammond, Mellotron e quant’altro potesse contribuire a ricreare i fasti del Prog spagnolo dell’epoca. Più che spagnolo, è certamente più corretto parlare di Prog Basco, dato che Iñigo nasce e vice ad Oñati, piccolo centro dei Paesi Baschi e l’album è appunto cantato in lingua madre. Assieme a lui in questo disco (dalla confezione in cartoncino, pieghevole e soggetta ad attirarsi non poche maledizioni quando si tratta di ripiegarla in modo corretto) ci sono due compagni degli Sharon Stoner, ovvero Egoith Olalde alla batteria e Mikel Zarketa alla chitarra elettrica; tutto il resto della strumentazione è appannaggio dello stesso Iñigo.
Più che al Prog basco, tuttavia, l’ascolto di “Bidaia” ci porta spesso a constatare quanto la musica in esso presente abbia una decisa colorazione nordica, addirittura con accenni di folk svedese e sonorità non scevre da parallelismi con Kaipa o Landberk. Tutto questo però, unito al cantato che, pur nell’inintelligibilità della lingua basca, ci porta comunque uno sfumato sapore iberico, dona all’insieme una personalità piuttosto particolare, pur nell’ambito di decisi canoni Prog anni ’70.
Provate ad ascoltare già la prima traccia, ad esempio, intitolata “Hostoak”, il cui accattivante avvio pare preso direttamente da un album di band come Blåkulla o Kerrs Pink… almeno fino a quando non inizia il cantato, ovviamente. Un brano tutto in crescendo, con miscele di chitarra, organo ed impasti vocali decisamente attraenti. “Amildegi” inizia con il Mellotron in primo piano, con sonorità brumose ed un po’ oscure che sottolineano un cantato lirico ed espressivo, molto ispanico in quanto a stile, ed il rincorrersi di riff ipnotici e ripetitivi. Anche “Bidaiari” si muove entro le stesse atmosfere nordiche, con diversi ammiccamenti al Prog classico britannico.
“Ipar Haizea” ha un vago sapore Rush in sé, con delle tastiere fredde e tecniche che però vengono subito sommerse dal Mellotron; la parte centrale del brano ci riserva la prima vera pausa, per tirare un po’ il fiato… ma dura ben poco ed il finale ci riserva la consueta rincorsa tra chitarre, tastiere e voce.
“Sandaili” inizia con qualcosa di simile a un gånglåt (un tipico ritmo del folk svedese), tanto per non perdere il passo, e nel prosieguo ci saranno altri richiami a sonorità ed ambientazioni scandinave. Finalmente peraltro abbiamo un brano strumentale… non perché la voce di Iñigo sia sgradevole, ma il fatto di cantare costantemente sulle stesse alte tonalità alla lunga fa risultare l’ascolto un po’ stancante.
Si chiude quindi con "Bazen Behin Ilargia" che inizia con piano e synth discreti ed un cantato più melodico e malinconico… almeno per una buona metà della durata.
Quest’album è strano, come avrete capito, particolare nelle sonorità che vengono usate e nell’aspetto esteriore, decisamente accattivante se si ama il Prog d’annata e forse un po’ monocorde, se cerchiamo il pelo nell’uovo. Sono sicuro che comunque difficilmente ci si potrà pentire di esserselo procurato.



Bookmark and Share

 

Alberto Nucci

Italian
English