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SITHONIA Andrea Monetti
 

Bologna non può essere certo considerata una città con una solida tradizione progressiva alle spalle. Eppure i gruppi prog bolognesi sono stati tanti, soprattutto negli anni settanta. Basti pensare all’Apparato Del Golgi di Mimmo Camporeale, ai Cerbiatti (poi Incredible Cerbiatti Band) e ai Sensitiva Immagine. Nessuno di questi gruppi però riuscì a realizzare un album, facendo sì che oggi solo l’ultimo tra quelli citati sia ricordato dagli appassionati, grazie al nastro autoprodotto “E tutto cominciò così”.
Negli anni ottanta i Sithonia sono stati i primi a spezzare la maledizione, debuttando su vinile con “Lungo il sentiero di pietra”, lavoro autoprodotto che, insieme a “Gladium caeli” dei Deus Ex Machina di recente uscita, rappresenta l’unica testimonianza ufficiale del prog bolognese. Tra i pochi gruppi del prog a scegliere il cantato in italiano, i Sithonia sembrano non riuscire ad approfittare del momento favorevole che il prog sta attraversando, probabilmente a causa di una coerenza tipica dei veri musicisti che mal si adatta alle leggi del mercato, anche se underground. Parlando con Paolo Nannetti, portavoce ed elemento guida del gruppo, vengono fuori la passione e la riflessione sulla musica maturate dal gruppo in questi anni.


Prima di tutto, vorrei qualche notizia sul vostro nuovo disco.
Dunque, il disco è stato registrato materialmente, ma deve essere ancora mixato. Vorremmo dare molta importanza a questa fase, ma problemi tecnici e finanziari fanno rallentare la lavorazione. Inoltre non abbiamo ancora deciso come far uscire l’album, cioè se autoprodurlo completamente o in collaborazione con qualcuno. Quello che vogliamo salvaguardare assolutamente è il poter fare quello che vogliamo senza subire pressioni, sia a livello musicale che di immagine. Queste scelte ci pongono ovviamente dei limiti, tanto più che non siamo abituati a barcamenarci nel mercato discografico.
Quali sono le principali differenze tra il primo ed il secondo album?
Ad un primo ascolto, i due lavori possono sembrare diversissimi, anche se, in realtà, alcune caratteristiche melodiche ed armoniche sono le stesse. Senza dubbio il nuovo disco sarà più teso, più complesso. Ci siamo allontanati dal concetto di canzone in favore di un discorso musicale più ampio. Tutti i pezzi sono attraversati da temi ricorrenti che compaiono variati più volte. A livello compositivo, noi contiamo molto sull’arrangiamento e la ricerca armonica, ma altrettanto fondamentale per noi è la melodia che, nella tradizione prog italiana, ha sempre rivestito un ruolo molto importante.
Potreste sintetizzare la genesi di un vostro brano?
Allora… di solito tutto parte da me a livello di idee, temi e spunti melodici che suggerisco a Roberto (il chitarrista). Lui cerca soluzioni armoniche e di arrangiamento e, successivamente, ci troviamo per iniziare a lavorare insieme. Quando il brano raggiunge una struttura solida, intervengono gli altri componenti per rifinire le parti e gli arrangiamenti.

A dimostrare l’ampiezza di vedute musicali del gruppo, tra le maggiori influenze non vengono citati solo Genesis, Yes, Gentle Giant, EL&P, BMS, Van Der Graaf ecc. ma anche Alan Stivell, Piero Ciampi, i Cardiacs, Rush, Metallica, Asia, Hatfield & The North. Il prog va inteso come ricerca, contaminazioni di stili: è quindi il “non genere” per eccellenza. Non bisogna chiudersi nell’ascolto di prog confezionato su misura seguendo i canoni dettati dai gruppi storici. Fuggire quindi in varie direzioni per evitare l’appiattimento e soprattutto non vergognarsi di trovare aspetti interessanti anche nella musica che nulla ha a che vedere col prog.
Non mi resta che fare gli auguri ai Sithonia, sicuro che col nuovo album riusciranno ad imporsi con la genuina rabbia di chi ama veramente quello che fa.

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