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PLANET MELLOTRON (Andy Thompson) Mauro Ranchicchio
 

Nella galassia di siti web dedicati al progressive rock, popolata da recensioni di album di ogni epoca, esiste un “pianeta“ che si distingue già a distanza di anni-luce per una peculiarità notevole: tutti gli “abitanti” censiti hanno in comune la presenza del Mellotron (o del Chamberlin, suo cugino d’America) nel proprio DNA. E’ con una (in)sana passione che l’inglese Andy Thompson già alla fine degli anni ‘90 si imbarca nel lavoro certosino che lo porterà a discutere sulle pagine del suo sito www.planetmellotron.com centinaia di album appartenenti ai generi musicali più svariati: dai seriosi Novalis alla sexy Shakira, passando per nomi illustri come Kinks e Bee Gees ma spesso avventurandosi nell’analisi di produzioni oscure e avvolte dal più fitto mistero discografico.
Top-ten del Mellotron, curiosità, statistiche, interviste ai protagonisti… il tutto condito da una sana dose di autoironia.
Oltre ad essere un appassionato, Andy è anche un competente musicista e l’M400 di sua proprietà è stato noleggiato ed utilizzato negli anni da gruppi del calibro di Cardiacs, Focus, The Flower Kings, Änglagård, Robert Webb degli England e ReGenesis.
Abbiamo avuto l’occasione di scambiare quattro chiacchiere con lui, in qualità di webmaster di Planet Mellotron e di tastierista dei Litmus, promettente band formata da devoti emuli degli Hawkwind.


E’ facile scovare su Internet le più svariate liste di album, addirittura alcuni elenchi di “album contenenti Mellotron”. Ma recensire dettagliatamente tutti i dischi contenenti anche la più esigua traccia di quel suono è un compito folle ed un’impresa titanica. Da dove è nata la tua idea? E quanto tempo è stato necessario per competare la prima stesura?

Il mio interesse fu stuzzicato inizialmente da una breve lista mostratami in occasione di una visita a Martin e John della Streetly Electronics (la ditta che oggi si occupa della produzione e della manutenzione degli strumenti – NdR) nel 1993; era la prima volta che portavo loro il mio Mellotron come cliente. Quando iniziai a navigare in Internet, nel 1997, scovai subito un’altra lista sul sito di Dave Kean (www.mellotron.com) e - senza che ciò possa suonare presuntuoso – pensai di essere in grado di fare un lavoro più accurato! Il mio sito originale consisteva essenzialmente in una versione primitiva della sola lista degli album, scritta da un mio amico, dato che all’epoca non avevo la minima conoscenza del linguaggio HTML. La raccolta delle informazioni probabilmente durò un paio d’anni e lui fece il lavoro di scrittura in un mese o due. Successivamente riscrissi completamente i contenuti del sito ed iniziai ad aggiungervi le recensioni che oggi costituiscono la sezione più popolare del sito.

Ti capita di ricevere posta dagli artisti citati sul sito Planet Mellotron? Hai qualche storia o aneddoto divertente da raccontarci?

Molti artisti mi hanno scritto e con alcuni di loro ho instaurato un rapporto di corrispondenza. Non mi sovvengono particolari aneddoti dalle e-mail ricevute, ma mi sono stati raccontati episodi curiosi da alcuni musicisti che usano (od usavano) il Mellotron ed ho avuto occasione di incontrare; il migliore è quello di Martin Orford che sorprese uno dei suoi roadies che faceva ruzzolare il suo M400 giù per una rampa di scale di cemento, sperando di passare inosservato…

Gli strumenti software virtuali e le patch sono particolarmente evoluti al giorno d’oggi, specialmente per l’emulazione dei gloriosi suoni analogici. E’ stato un compito difficile distinguere il Mellotron autentico dai vari campioni forniti da programmi come M-Tron o Sampletank? Sei mai stato indotto in errore?

E’ diventato via via più difficile discriminare tra i campioni e la ‘cosa reale’ (un termine piuttosto paradossale per indicare il primo campionatore del mondo…) e mi spiace dirlo ma sono spesso ingannato da un uso sempre più sofisticato dei campionamenti. La chiave che aiuta a sciogliere i dubbi è che i campioni spesso suonano troppo ‘perfetti’ – tutte le imperfezioni sono state eliminate, sono troppo puliti e ben accordati! Detto questo, la distinzione è estremamente difficile quando il suono è nascosto nel mix, mentre le parti solistiche sono più facili da riconoscere. Siamo arrivati al punto in cui dovrò forse mettere tutte le nuove uscite in quarantena (!) fino a che non sarò in grado (se mai ciò avverrà) di confermarne la veracità. Tutto ciò importa a qualcuno? Forse solo a me.

Al giorno d’oggi i musicisti che insistono a portare un vero Mellotron sul palco sono a volte dileggiati da alcuni loro colleghi (vedi Martin Orford) che sostengono che i campionatori possano sostituire pienamente lo strumento reale. Qual è la tua opinione in proposito?

In modo piuttosto prevedibile, data la natura del mio sito, applaudo invariabilmente chiunque sia abbastanza coraggioso da usare un vero Mellotron in concerto oggigiorno. Ovviamente i suoni di Mellotron campionati non possono rimpiazzare autenticamente la cosa reale, così come la modellazione dei suoni sui moderni amplificatori non potrà mai farli suonare come dei veri valvolari. Possono ingannare l’orecchio fino ad un certo punto, ma l’effetto finale è troppo levigato e si perde il suono ‘sporco’ di cui ha bisogno la musica rock suonata dal vivo. Detto questo, per molte band il campionamento è il solo modo possibile per usare questi timbri in concerto, anche se possiedono un vero Mellotron ma - per favore - che non si dica che il risultato eguaglia l’uso del vero strumento o è addirittura superiore.

Quali sono i momenti mellotronici che ti hanno fatto innamorare di questo strumento? E quali consideri i più notevoli in termini di uso innovativo o di fantasia dell’esecutore?

E’ difficile dire quand’è iniziata la mia passione per il suono del Mellotron; posso citare alcuni dei miei ovvi primi approcci:

Led Zeppelin: The Rain Song (live)
Hawkwind: Assault and Battery
Yes: And You and I
Rush: Tears
Mahogany Rush: I'm Going Away
Limelight: Man of Colours
Pallas: The Ripper (live)

In effetti ho scoperto Genesis e King Crimson solo in tempi successivi, e in quell’epoca ero già in cerca di un Mellotron da acquistare. Per quanto riguarda esecuzioni ‘notevoli’, sarò costretto a citare alcuni dei ‘soliti sospetti’, che includono:

Genesis: Watcher of the Skies (live)/Dancing With the Moonlit Knight/Eleventh Earl of Mar etc.
King Crimson: The Court of the Crimson King/Starless/Mars (live) etc.
England: Three Piece Suite
SFF: Pictures
Sebastian Hardie: Four Moments
Änglagård: tutto

Qual è il valore aggiunto degli archi del Mellotron se si confrontano con i suoni prodotti da generiche string machine (le tastiere spesso preferite dalle band tedesche negli anni ’70: Solina, Logan, Eminent, etc.)?

Il suono d’archi del Mellotron è difficile da descrivere – posso solo dire che possiede una ‘incisività’ con cui i synth per l’emulazione degli archi non possono neanche sperare di competere. Ovviamente approssima maggiormente il suono degli archi rispetto ad un sintetizzatore, anche se con esso è più difficile suonare in modo veloce; un buon compromesso è l’uso combinato di entrambi per ottenere effetti differenti. Non ho antipatie verso i synth di archi e li preferisco ampiamente ad approssimazioni più recenti, ma escludendo una manciata di eccezioni (come per i Be-Bop Deluxe, per qualche motivo) preferisco sempre ascoltare un Mellotron.

I sintetizzatori analogici ed I Mellotron sono spesso additati come strumenti “instabili” e “primitivi”. Eppure a partire dagli anni ’90 stanno vivendo una seconda giovinezza, con band di successo internazionale a farne ricorso abbondantemente (almeno in studio). Lo stesso discorso si può fare per il Theremin. I Radiohead si sono addirittura trastullati con le pioneristiche Ondes Martenot. Come mai la tecnologia d’epoca è diventata così di moda?

Non credo di poter dare una riposta migliore della tua; secondo il mio parere è una reazione ai suoni fastidiosamente impeccabili degli anni ’80 e alle loro orribili tecniche di produzione, quando più un produttore riusciva a far suonare un disco ‘artificiale’, più otteneva successo. La gente alla fine si è stancata di quei suoni e ha iniziato a ricordare quanto suonassero bene gli strumenti più datati, così il loro uso (ed il loro prezzo) crebbe. Per quanto detesti ammetterlo, la scena dance ha aiutato in questo processo, perché i musicisti e i produttori hanno scoperto la “potenza grezza” che molti sintetizzatori analogici sono in grado di produrre.

Non credi che le classiche trimbriche del Mellotron (archi, cori) così come quelle di altri strumenti dell’epoca (Moog, piano elettrico Rhodes…) siano un ovvio e immediato suggerimento di un’attitudine un po’ retrò dell’artista? E’ ancora possibile essere considerati moderni una volta che si è domata la bestia? (questo è l’affettuoso appellativo con cui Andy si riferisce al Mellotron nelle sue pagine – NdR)

Probabilmente! Ma di nuovo, le tastiere vintage (o almeno i loro suoni) sono al momento così onnipresenti che è difficile trovare un disco rock o pop moderno che non le utilizzi, si spera che questo abbia rimosso qualsiasi marchio d’infamia che poteva essere associato ad esse.

Credo di non sbagliare affermando che sei un seguace piuttosto devoto del rock progressivo italiano. Quali sono i dischi italiani degli anni ’70 che preferisci, e quali i gruppi progressive che apprezzi oggi?

Sebbene questa sia una scelta piuttosto prevedibile, i primi album della PFM sono probabilmente i classici album italiani, assieme ai dischi del Banco, delle Orme, degli Osanna e dei meno noti Museo Rosenbach e Celeste.

Per quanto riguarda la scena prog odierna, gli Spock’s Beard hanno avuto un buon inizio e gli Echolyn stanno tuttora pubblicando buona musica. La scena svedese dei primi anni ’90 ha prodotto della musica fenomenale (Änglagård, Anekdoten, Landberk) e la Norvegia vanta attualmente formazioni eccellenti, inclusi i White Willow e una band col nome piuttosto ridicolo di Wobbler (nel gergo della pesca è un’esca artificiale – NdR). Gli Sphere3 ed i Galahad, che si sono affrancati dalle loro radici new-prog, sono i migliori gruppi del Regno Unito al momento e ci sono anche diverse buone band italiane, come i Finisterre e le loro varie filiazioni. C’è abbondanza di ottime band in giro e spesso pubblicano musica sulle loro proprie etichette discografiche, ma nessuna che mi faccia realmente sobbalzare dalla sedia e prendere appunti.

Nel luglio del 2001 ti sei unito (come tastierista) alla band space-rock Litmus, il cui album del 2004 intitolato “You Are Here” può vantare molte recensioni positive dalla stampa specializzata (addirittura “Saint” Julian Cope sembra stravedere per questo disco!). Puoi descriverci le influenze musicali dei membri della band? Portate veramente il vostro Mellotron sul palco?

In aprile, per la precisione. Il nostro sito web fornisce alcune idee riguardo le nostre preferenze; basti dire che tendiamo ad apprezzare una gran varietà di cose, spesso con poco in comune tra un membro e l’altro. Gli stili musicali apprezzati includono lo space-rock (ovviamente), varie forme di metal o hard rock, prog, psichedelia, classica (di varie epoche), jazz, blues, industriale e techno/elettronica.

Occasionalmente ho usato il mio Mellotron dal vivo, soprattutto durante il nostro breve tour con Julian l’anno scorso, e nelle poche date locali in cui sia stato possibile a) trasportarlo sul luogo dell’evento senza troppe preoccupazioni e b) sistemarlo sul palco. Normalmente mi servo dei campionamenti (vedi sopra…), ma non sembrano mai suonare o funzionare troppo bene. Però il peso è vicino ad essere nullo e non si guastano mai, anche se devo ammettere onestamente che il mio M400 si è sempre comportato in modo impeccabile le poche volte in cui l’ho usato dal vivo. Quando ho possibilità di scelta ed il budget e la squadra di roadies me lo permettono, la mia preferenza va sempre in direzione dello strumento vero, assieme a vari altri esemplari di tecnologia analogica (alcuni dei quali uso testardamente sempre e comunque) ma - tornando con i piedi per terra - spesso non si possono evitare alcuni compromessi.

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