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ACCORDO DEI CONTRARI Antonio Piacentini
 

Il 2007 ci regala una bella sorpresa che viene da Bologna.
Gli Accordo dei Contrari sono un altro gruppo italiano all’esordio ricco di qualità e di buone idee sonore.
Sperando che il pubblico cominci ad apprezzare queste doti anche nei gruppi italiani cerchiamo di scoprire meglio quello che i 4 bolognesi hanno da dirci musicalmente.



Allora raccontateci la vostra storia…

Il gruppo ha una storia segreta, più antica di quella apparente. La formazione odierna è figlia del 2001, anno in cui, tramite Alessandro Pedrini (allora chitarrista), Cristian Franchi (batteria) e Giovanni Parmeggiani (tastiere) si sono incontrati e hanno cominciato a fare musica insieme. Per qualche tempo abbiamo lavorato come un trio atipico (le parti di basso venivano eseguite dal tastierista su synth). Quindi, nel 2003, si è aggiunto Daniele Piccinini (al basso), poi, dopo l’abbandono della formazione da parte di Alessandro nello stesso anno, siamo tornati ad essere per qualche tempo un trio (Cristian, Daniele, Giovanni). Quindi, nel gennaio 2004, sono entrati Vladimiro Cantaluppi (violinista che a sua volta ha abbandonato il gruppo nel 2006, subito prima di entrare in sala di registrazione, causandoci non pochi problemi) e a ruota Marco Marzo (alla chitarra). Siamo stati per due anni un quintetto (2004-2006). Dal giugno 2006 la formazione è stabilmente un quartetto: Cristian (batteria), Daniele (basso), Marco (chitarra), Giovanni (tastiere). Abbiamo trovato soltanto adesso coesione, e stiamo maturando forse solo adesso un linguaggio musicale veramente omogeneo. Si potrebbe addirittura dire che Accordo dei Contrari sia nato alla vigilia della registrazione di Kinesis, nel giugno del 2006, poco più un anno fa.

Siete al vostro esordio nel mondo discografico, le composizioni di "Kinesis" sono state fatte recentemente o hanno avuto una più lunga gestazione?

Per la maggior parte le composizioni di "Kinesis" sono nate tra il 2004 e il 2006, ai tempi del quintetto (prima Scalaquadro, quindi Lester e Gondwana). "Anexelenkton" è nata l’8 dicembre del 1995, quando Accordo dei Contrari neppure esisteva, e l’opportunità di suonare insieme in un gruppo non era che l’ombra di un sogno. "Meghiste Kinesis" è nata nel 2002, ai tempi del primo trio, trovando sistemazione definitiva nei mesi del secondo trio (2003). "OM" è nata ai tempi del secondo trio, per poi trovare forma definitiva ai tempi del quintetto (dunque tra il 2003 e il 2004). Altri brani sono stati realizzati nel corso di questi anni: non figurano su questo album, ma potrebbero comparire nei prossimi ("Das Konzert", del 2001-2002, "Dark Magus", nata nel 2002, più disparati appunti cui forse si darà sistemazione negli anni venturi).

E’ servito molto tempo, come vedi. E questo non tanto per i brani (la cui concezione è sempre stata molto compatta: solo pochi passaggi sono stati ritoccati nel tempo) quanto per trovare le persone giuste. Si è poi sempre suonato molto sporadicamente, e pochissimo dal vivo. Ciò ha diluito notevolmente i tempi di assimilazione delle parti. Il piccolo miracolo è che "Kinesis" resta pur sempre un lavoro coeso e spontaneo, un po’ per l’esistenza sin qui ‘movimentata’ di Accordo dei Contrari, un po’ per i tempi contratti di registrazione, un po’ per la scelta di suonare live in studio, un po’ per la scelta di inserire nei brani momenti di improvvisazione programmata (ad esempio la sezione free centrale di OM). In effetti una energica urgenza è quanto a nostro modo di vedere maggiormente contraddistingue "Kinesis".

Da quali gruppi vi sentite influenzati?

Difficile a dirsi, la musica che ascoltiamo è sempre varia e diversa: non si finisce mai di scoprire (e soprattutto di imparare!). C’è tuttavia un gruppo in particolare la cui musica costituisce per noi un comune punto di riferimento: la Mahavishnu Orchestra mark 1 (quella di "The Inner Mounting Flame", "Birds of Fire", "Between Nothingness & Eternity", per intenderci). Questa formazione è per noi un paradigma ideale, non tanto per le straordinarie strutture armoniche o ritmiche, quanto per l’intensità che comunica. Poi ciascuno ha – come è ovvio – i propri ascolti preferiti: Cristian (batterista) è cresciuto ascoltanto Beatles, Led Zeppelin e hard rock, ma ha un’adorazione per la musica da Big Band (Buddy Rich in particolare); Daniele (bassista) è cresciuto ascoltando i Deep Purple, ed è il più attento di noi alla scena progressiva attuale; Marco (chitarrista) ha un debole per i Beatles e soprattutto per Zappa; Giovanni (tastierista) ascolta musica sinfonica e cameristica dell’ottocento e del novecento, musica organistica di ogni secolo, Jazz elettrico dal ‘60 in poi (Miles Davis e i diversi giri di New York: Tim Berne, Bill Frisell, Uri Caine, Steve Coleman in tutte le sue incarnazioni). Non poco valore ha per tutti noi il Progressive anni settanta (Area, gli incredibili King Crimson 73/74 e 81, i Genesis di The Lamb, i Soft Machine di Volume II e Third, Hatfield and the North, Henry Cow), e quello attuale dei Deus Ex Machina. Ascoltiamo senza dubbio molto, ma non ci sentiamo particolarmente influenzati. Impieghiamo strumenti tipici degli anni ‘70 perché il loro calore li rende ideali al nostro progetto musicale (che è e resta quello di fare musica originale, prima ancora che proporre rock progressivo). E’ inevitabile ritrasmettere qualcosa dei propri ascolti, ma ciò accade inconsapevolmente, risulta filtrato da un modo di sentire e di vivere il momento musicale a tutti gli effetti nostro. All’ascoltatore viene spontaneo organizzare il dato d’ascolto per analogie (ossia secondo la logica: ‘questo mi ricorda quello’), non c’è nulla di male in ciò, è anzi naturale. Ma attenti a non prendere cantonate! Un presunto ‘esperto’ di progressive, con un altissimo senso di autostima, ascoltando la nostra musica da un semi-bootleg da saletta (per qualità neppure avvicinabile a un regolare demo), ha azzardato che saremmo cresciuti ‘a pane e Banco’, a ‘Emerson, Lake & Palmer’… senza che noi avessimo in verità mai ascoltato né Banco né Emerson & C!

Avete optato per la strada strumentale, nel futuro c’è la volontà di inserire elementi vocali nelle composizioni?

Per il momento ci riconosciamo nell’identità di un gruppo musicale strumentale. Una tentazione è rappresentata dall’inserimento di ulteriori strumenti non vocali, per elaborare nuova musica e/o (perché no?) riarrangiare pezzi già scritti (un brano come "Meghiste Kinesis" funzionerebbe al meglio per trio classico: piano, violino e violoncello). Ma bisogna riconoscere che la formula a quartetto elettrico è ottimale, garantendo anche, nel complesso, un certo equilibrio.

Una domanda che faccio spesso ai gruppi che si affacciano in questo mondo, è difficile nel 2007 fare progressive rock?

No, a meno che non si abbiano particolari velleità di mercato. Esiste un dato che un po’ intristisce – la scarsa educazione del pubblico all’ascolto della musica originale, soprattutto quando strumentale. Ma ciò non rappresenta, in fin dei conti, un grosso ostacolo. L’importante è essere soddisfatti di ciò che si fa. Noi facciamo musica innanzitutto per passione e urgenza creativa. Quando le premesse sono queste, non si pongono difficoltà particolari.

Ancora importante è trovare le persone giuste. La stabilità in un gruppo è spesso una chimera. Le motivazioni a volte non sono le stesse, e quando si è sotto pressione – come accade quando si propone musica originale – sono possibili scollamenti. E’ fondamentale invece avere tutti un medesimo obiettivo, e avere fiducia l’uno nell’altro.

Ultimamente in Italia sono usciti molti lavori sopra la media in campo rock progressive, cosa ne pensate di questa scena? E quali sono i gruppi recenti che vi piacciono di più?

Per la verità non conosciamo benissimo la scena progressiva italiana odierna, abbiamo in mente solo qualche nome. Una felice scoperta sono ad esempio i DFA, gruppo che gli appassionati del genere conoscono già da anni, noi invece soltanto dal 2006. Un autentico capolavoro è "Cinque" dei Deus ex Machina (2002). Soprattutto i Deus non sono, né per gli esperti del settore né per noi, che siamo loro concittadini e che tante volte abbiamo vissuto l’emozione di ascoltarli dal vivo fin dai primissimi anni novanta, una novità. I loro lavori sono mozzafiato, ma è in questi ultimi anni che hanno raggiunto la piena maturità: "Cinque" è un disco molto fine, un’equilibratissima sintesi di ispirazione e intensità.

Il gruppo emiliano più conosciuto degli ultimi tempi è appunto quello dei Deus Ex Machina. In che rapporti siete e com’è la situazione dei gruppi prog in quell’area? A parte voi, conosco i Tenmidnight e i Prophexy, c’è qualcos’altro in giro?

I Deus ex Machina, oltre ad essere ammirevoli musicisti, sono anche nostri amici. Conosciamo bene anche i Prophexy – abbiamo diviso con loro il palco più di una volta. Quanto ai gruppi, ci sono ancora gli Stereokimono, un bel trio strumentale basso/chitarra/batteria. Per il resto non sappiamo. Il vero problema è che a Bologna, per paradossale che possa sembrare, c’è pochissimo spazio per le formazioni che propongono musica originale. Di modo che è anche difficile conoscersi.

Avete registrato il vostro primo cd per l’Altrock, un etichetta che con le prime uscite, Yugen e Rational Diet, ha dimostrato di voler seguire un percorso di qualità seguendo un filone che non è certo commerciale. Rispetto a queste due uscite la vostra proposta è più morbida e più appetibile anche da chi non è abituato a certe sonorità ( e non è una critica). Pensando un po’ a tutto il mondo variegato che gira intorno al prog, come vi sentite in un calderone che sotto la stessa bandiera ultimamente unisce gruppi metal come i Dream Theater e gruppi d’avanguardia come possono essere gli stessi vostri compagni d’etichetta?

E’ vero, è un calderone che può mettere a disagio. Si suole far rientrare nel cosiddetto ‘Prog’ formazioni in verità estranee a quello che dovrebbe esserne lo spirito di ricerca, di sperimentazione e di avventura sonora, al punto che la stessa nozione di ‘Prog’ perde ogni valore qualificante (il tastierista in particolare ha una certa intolleranza per questa definizione, e sa bene di non essere il solo). Come sempre conviene ragionare per singoli gruppi. Yugen e Rational Diet sono due ottime formazioni, molto diverse dalla nostra, e nel contempo diverse tra loro: ognuna ha una propria esperienza, un autonomo credo estetico e un personale obiettivo musicale. L’importante è che questo obiettivo abbia una sua dignità, rispettata nelle scelte di composizione e in quelle di esecuzione. Ecco, ben venga la diversificata proposta di Altrock, purché Altrock resti quello che è – un’isola di libertà in cui ai gruppi sia dato di far musica in totale autonomia, senza condizionamenti di sorta – e operi coerentemente con il suo presupposto, ossia proporre rock veramente alternativo. Conoscendo gli ideatori e responsabili di Altrock (Marcello Marinone e Francesco Zago) non abbiamo dubbi che sarà sempre così.

Per ciò che mi riguarda, vi ho conosciuto attraverso il vostro MySpace; cosa ne pensate di queste nuove forme di promozione gestite direttamente dai gruppi? Può essere un canale alternativo alla classica pubblicità che oramai né radio né tv né riviste con una tiratura decente fanno più?

Sì, senza dubbio. Dobbiamo molto a MySpace: è un ottimo canale per farsi conoscere e stabilire contatti. Forse è il più felice ritrovato informatico da un po’ di anni a questa parte. Francamente è difficile capire in quale direzione si stia procedendo, l’impressione è che l’informatica sia destinata a stravolgere i sistemi di distribuzione e fruizione della musica in modo ancor più radicale di quanto al momento ci sia già dato di osservare.

Cosa direte tra 50 anni ai vostri nipoti dell’esperienza Accordo Dei Contrari? E cosa vorreste fosse ricordato?

Ai nostri nipoti – cui toccherà probabilmente di suonare nella nostra stessa saletta, anche se forse non proprio gli strumenti che utilizziamo ora – diremo che Accordo Dei Contrari era, innanzitutto, un gruppo di amici. Il nostro auspicio è quello di molti altri ragazzi che fanno musica: vivere al meglio il Proprio Momento. Se poi, quando Accordo dei Contrari non sarà più né l’ombra di un sogno né una realtà attuale, ci sarà anche il ricordo di quanto è stato fatto, ben venga.

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