Home

 
AREKNAMES Juan Mellado
 

La band di Michele Epifani è giunta al suo terzo lavoro discografico confermando la sua posizione di tutto riguardo nel panorama progressivo attuale. Il nuovo “In Case of Loss” è un album maturo e raffinato che colpisce, come i suoi predecessori, per le sue atmosfere oscure e vellutate e per il suo vintage sound, curato nei dettagli. L’amico Juan Mellado, all’indomani della pubblicazione di questo album, ha intervistato per noi proprio Michele che in questa chiacchierata ci svela qualche interessante curiosità. Buona lettura.

Chi sono gli Areknames? Ci vuoi presentare brevemente il gruppo?

Gli Areknames sono una band progressive rock nata circa 10 anni fa, inizialmente come un mio progetto parallelo di una band jazz-rock che si chiamava Arco del Pendolo. Io e il batterista (Simone Antonini) reclutammo un bassista (Piero Ranalli) e cominciammo a suonare un dark-prog di matrice inglese senza chitarra (organ-based trio come Atomic Rooster, Still Life, Dr. Z, Quatermass) con l'intento di registrare e basta (niente live). Successivamente l'Arco del Pendolo si è sciolto e il progetto Areknames è invece andato avanti. Simone Antonini andò a vivere in Spagna, e con Mino Vitelli abbiamo registrato il primo album (uscito il 31 dicembre 2003). Inizialmente il primo album (omonimo) non prevedeva le chitarre, se non per qualche overdub, ma alla fine hanno avuto un ruolo importante nel sound, tanto che per il secondo album ho preferito allargare il trio a quartetto (anche per i live) ed è entrato Stefano Colombi (che suonava già con l'Arco del Pendolo). Mino è andato a vivere in Irlanda, a Dublino, (credo sia tuttora lì), e con Simone Antonini (che nel frattempo era tornato in Italia) e Stefano alla chitarra, registrammo “Love Hate Round Trip” (uscito nel 2006). Successivamente ci sono stati altri cambi di line-up, concerti importanti come al Burg Herzberg Festival nel 2007 (dove suonavano anche i VDGG), ed è arrivato anche questo disco (pronto già nel 2008, ma uscito a metà 2010 per volontà della Black Widow Records, etichetta con cui abbiamo pubblicato tutti i nostri album, tranne il live, che uscì per l'etichetta del festival). La line up dell'ultimo disco è completamente nuova, con Luca Falsetti alla batteria (già con noi nel disco live), Simone Pacelli al basso e Antonio Catalano alla chitarra.

Quali sono le vostre band di riferimento? In "In Case of Loss" si sente molto l'influenza di VDGG, King Crimson ed anche Deep Purple.

I VDGG sono da sempre la mia band preferita. Per quanto riguarda le altre band che hai citato, direi che sono grandissimi nomi, comunque imprescindibili in ambito rock... Le band di riferimento (parlo soprattutto per me) sono, dopo i VDGG, gli Amon Duul II, i Quatermass, gli Atomic Rooster, tutto il Canterbury Sound (specialmente i Soft Machine), e inevitabilmente la psichedelia inglese e americana anni '60, di cui sono un collezionista (soprattutto dei nomi più oscuri)... ti faccio un esempio, nelle lyrics di "Where" cito The Beat of the Earth, che è una delle band più oscure e originali degli anni 60...

Di che cosa parlano i vostri testi?

I miei testi sono in un certo senso surreali... Immagini associate le une alle altre. Immagini che derivano da sensazioni di vita personale. Nell'ultimo album in particolare si parla soprattutto di solitudine.

E’ stato particolarmente complicato comporre questo terzo lavoro?

Questo disco è stato composto in maniera molto diversa dai precedenti. Stavolta ho provato a comporre e arrangiare tutto prima di provare: alla fine tutti hanno registrato leggendo una partitura! è stato un esperimento che ho cominciato dopo Love Hate Round Trip, perché mi ero accorto che si perdeva troppo tempo a provare, mentre io avevo già in mente tutto, allora mi sono detto: perché non scriverlo? e così ho fatto... Credo che abbia funzionato.

Ho già ascoltato il vostro nuovo CD e mi è piacuto davvero molto, ma è un po’ diverso dai precedenti, soprattutto per la presenza dei fiati. Come mai avete deciso di inserire questi strumenti? Lo farete anche in futuro?

E’ un po' diverso per tanti motivi. Uno è per quanto ti ho detto prima, cioè il "come" è stato realizzato. L'altro è perché volevo sperimentare nuove soluzioni, tra cui inserire strumenti "diversi" come sax, violino, violoncello e vibrafono. Il pezzo più complesso da scrivere è stato sicuramente "The Very Last Number", perché una suite da 20' è sempre impegnativa, ma soprattutto perché volevo evitare la classica suite prog dove ci sono tanti episodi giustapposti, ma musicalmente slegati fra loro. Invece qui ho fatto in modo che ci fosse solo un tema, con tante variazioni (le note che senti all'inizio, te le ritrovi, con diversi ritmi e armonie in tutto il pezzo). Tecnicamente, dal punto di vista compositivo, non è facile, soprattutto se il pezzo dura 20'... L'uso di strumenti aggiunti non è definitivo... Il prossimo lavoro, quando sarà, potrebbe anche essere senza.

Chi suona il sax, il violino ed il violoncello?

Il sax lo suona Carmine Ianieri, un amico jazzista. Il violino Pierluigi Mencattini, con cui suonavo musica barocca in un ensemble (io suonavo il clavicembalo), che aveva già collaborato con noi in passato (Areknames è presente nel tributo a Poe che uscirà forse a fine anno per la Musea, in cui suona con noi). Il violoncello lo suona Sara Gentile, una mia amica di vecchia data dai tempi del Conservatorio.

In "Don’t Move" sento qualcosa dei primi King Crimson, è stata una cosa voluta o fortuita?

"Don't Move" è una canzone a tutti gli effetti con una struttura semplice (ma credo efficace). Non ho mai pensato ai KC per questo pezzo. Non saprei cosa dirti...

Come avete scelto il vostro nuovo batterista??

Luca ha tante buone qualità... La prima è che è tecnicamente molto bravo. La seconda è che legge la musica senza problemi. Pur essendo principalmente un jazzista, da bravo professionista, sa adattarsi bene allo stile che gli è richiesto. E questo è importante, perché permette di sperimentare di più. Hai meno barriere, rispetto ad un batterista che è abituato ad andare solo pesante e in 4/4...

Trovo che rispetto a "Love Hate Round Trip" questo nuovo album abbia un suono meno oscuro ed una registrazione più pulita. Cosa ne pensate?

Dal punto di vista della produzione (che con gli Areknames ho sempre curato io) abbiamo fatto passi da gigante dai tempi del primo album. Intanto, mentre nei primi due album la produzione era in un certo senso "mirata", puntava cioè ad ottenere particolari effetti a livello di sound, in questo disco ho voluto semplicemente fare in modo che tutto si sentisse nel migliore dei modi, senza dargli un taglio preventivato, tipo sound 70's o altro... Ho acquisito delle capacità nuove rispetto agli esordi (quando registrai il primo album era la prima volta in vita mia che provavo a fare qualcosa del genere), e i musicisti avevano anche un suono migliore fin dall'inizio rispetto ai primi due dischi. Risultato: un suono più chiaro perché, fondamentalmente, migliore.

Credo che tra i vostri tre album “In Case of Loss” sia quello meglio prodotto: ci sono delle sonorità davvero originali. Avete fatto un ottimo lavoro... avete qualche segreto?

Beh... credo di averlo già anticipato prima: buoni musicisti, buona strumentazione, maggiore esperienza... Forse, posso aggiungere, composizioni arrangiate in maniera più razionale, quindi, paradossalmente, più semplici da rendere in registrazione: ognuno suona quello che deve suonare, e quello che suona è necessario e sufficiente per il risultato finale.

In questo CD per me suonate più Canterbury che doom metal di scuola Black Sabbath. Cosa ne pensate?

Verissimo. Tanto che ormai, dopo anni di collezionismo (credo di essere stato uno dei primi seguaci del doom metal in Italia... Compravo dischi dei Saint Vitus già alla fine degli anni '80), non è più una musica che ascolto come prima. La cosa è in un certo senso voluta. Non si può solo prendere, bisogna anche dare. Per evolvere Areknames ha dovuto (almeno in questo caso) dare via la componente doom, in favore di altre. Non so se si tratta solo di Canterbury-sound (certo i 4 sax di "Alone" lo ricordano), ma sicuramente mi sono sentito più libero di esprimermi...

Come mai utilizzate il fade out per finire i brani di "In Case of Loss?

Questa è una cosa che qualcuno ha notato e non tutti hanno apprezzato... Certo da un punto di vista formale è una pecca perché manca un vero finale... Ma la cosa era, inconsciamente, voluta. Perché a volte quello che fai sfugge al tuo controllo e solo un forza esterna (in questo caso il fader di un mixer) può ristabilire l'ordine. Mi sembrava anche coerente con il titolo dell'album "In Case of Loss...", dove quei puntini sospensivi lasciano intendere qualcosa (mancanza, sì, ma di cosa? Questo è il punto... Chi si sente così non sa nemmeno "cosa" manca...). Tra l'altro "Areknames", se letto al contrario dà "se mancherà"... appunto: cosa?

Cosa significa l’immagine della coperta?

L'ho spiegato nel booklet: la foto ritrae il cosiddetto mostro di S. Augistine, una carcassa di balena ritrovata arenata in Florida nel 1896. L'uomo in copertina è il biologo marino che la analizzò per primo. Lui pensava si trattasse di una piovra gigantesca (oggi col DNA è facile sapere se si tratta di una balena o no). L'immagine mi piacque subito perché evocava proprio quello stato di smarrimento del titolo...

So che sei un collezionista! Hai scoperto qualche gruppo vecchio sconosciuto degli anni ‘70 di prog italiano?

Come ti ho accennato io colleziono principalmente psichedelia anni 60. La scena prog italiana degli anni '70 è molto ampia, ma non sono un grande fan di quella scena. L'ultimo disco che mi ha realmente entusiasmato è stato "Vietato ai minori di 18 anni?" dei Jumbo (che non è certo sconosciuto).

Per te quali sono i 5 migliori album prog rock del 2009?

Ti confesso che odio fare classifiche...

Cosa pensi di gruppi come Porcupine Tree, The Mars Volta, Radiohead, etc.. e delle nuove tendenze Progressive?

Non lo so, non seguo molto la scena attuale. Non sono neanche sicuro che esista una scena progressive che si possa definire tale...

Hai altri progetti al momento?

Io sto lavorando ad un disco di avanguardia che utilizza anche strumenti elettrici... Cerco, come compositore, di unificare le mie esperienze in ambito classico e rock. A giorni dovrebbero cominciare le session di registrazione...

Quali sono i vostri obiettivi per il futuro? Cosa dobbiamo aspettarci dalla creatività degli Areknames?

Libertà di espressione! Quindi puoi aspettarti (quasi) tutto... a patto che rimanga l'attenzione alla qualità del lavoro

Se volete dire qualcosa ai nostri lettori, vi lascio carta bianca...

Intanto, Juan, ti ringrazio per l'intervista e l'interessamento agli Areknames. Poi, un saluto a tutti i lettori, con l'augurio di ascoltare solo quella che riteniate buona musica, senza lasciarsi ingabbiare dalle etichette, che sono state inventate da chi scrive di musica (non da chi la fa, che non ne ha bisogno) per mettere ordine sugli scaffali dei dischi. I nostri album saranno sempre diversi: in questo ritengo che Areknames sia davvero "progressivo", perché progredisce, senza una direzione prevedibile...


Bookmark and Share

Italian
English