Home

 
OEIL DU SOURD, L' Jessica Attene & Alberto Nucci
 

Abbiamo scoperto quasi per caso questo gruppo di Nantes che ci ha piacevolmente incuriosito con il suo esordio surreale intitolato “Un?” (recensito fra le nostre pagine) in cui viene disegnato un percorso musicale non lineare fatto di Jazz Rock, avanguardia e Zeuhl, impastato con seducenti sonorità sinfoniche. Vi invito a scoprire questa band, un po’ avida di parole ma assolutamente coinvolgente quando si esprime con gli strumenti musicali.

Per cominciare, volete presentare il vostro gruppo ai nostri lettori ?

La formazione del gruppo sul disco è di 6 musicisti: tastiere, sax, chitarra, violino, voce e batteria.

Ho letto che il vostro gruppo è nato nel 2004.Perché ci avete messo così tanto tempo per il vostro album di debutto?

Ci siamo presi il nostro tempo perché volevamo essere totalmente soddisfatti ma ci sono anche altre registrazioni precedenti sotto forma di maxi singoli. Abbiamo registrato da soli il disco nel 2008 e la pubblicazione è avvenuta nel 2009.

Il vostro nome è veramente curioso: come vi è venuta l’idea? Ha un significato particolare?

Il nome del gruppo è tratto da un poema di Paul Eluard, “Occhio di sordo”, inserito in “Capitale del dolore”; è un omaggio agli artisti surrealisti di questa epoca.

Il vostro album ha una gamma molto bella di suoni e si può sentire che avete utilizzato molte tastiere analogiche. Credete che questo tipo di tastiere abbiano qualcosa in più rispetto alle tastiere digitali?

Hanno un suono più autentico con i difetti legati all’età degli strumenti e che non si trovano sulle tastiere digitali; questi difetti del suono fanno parte del loro fascino. Si tratta per la maggior parte di vecchi strumenti, bisogna quindi avere a che fare con vari problemi tecnici e malfunzionamenti di ogni tipo.

Chi è che compone all’interno del gruppo e come avvengono le registrazioni?

Componiamo tutti assieme a partire dal materiale che ciascuno può portare, siamo aperti a tutte le idee; lo stesso avviene in studio per le registrazioni: lasciamo la porta aperta all’imprevisto. Sull’album ci sono dei brani che non avevamo mai suonato prima.

Avete molte opportunità di suonare dal vivo? Che tipo di pubblico viene ai vostri concerti?

Suoniamo regolarmente dal vivo.. e vari tipi di pubblico ci vengono ad ascoltare.

Per quello che ho potuto vedere il vostro album è stato pubblicato da voi stessi… perché avete scelto di non affidarvi ad una label?

Non è stata veramente una scelta: nessuna etichetta ci ha fatto proposte interessanti e abbiamo quindi fatto le cose da soli, nell’attesa.

Ho scoperto il vostro gruppo leggendo una lista di album consigliati da parte del leader del gruppo americano French TV. Conoscete questo gruppo o altri gruppi di Progressive d’avanguardia che possano aver avuto una qualche importanza per la vostra musica?

Conosciamo i French TV e amiamo anche Anekdoten, We Insist e i 31 Knots.

La vostra musica è una fusione di vari stili: avete provato a rivolgervi solamente al pubblico progressivo (ho visto ad esempio che il vostro album è distribuito da Musea) o anche a quelli dell’avanguardia o del jazz? Con quali di questi ambienti vi sentite più a vostro agio?

Ci sentiamo più a nostro agio col pubblico che ama il Progressive o l’avanguardia, il pubblico troppo jazz non corrisponde necessariamente a quanto offriamo, anche se abbiamo potuto suonare all’interno di qualche festival jazz e siamo stati apprezzati, ma noi non scegliamo un tipo di pubblico, siamo pronti a suonare dove ci è data possibilità di farlo. Noi pensiamo che la musica non si riduca a delle categorie.

Ascoltando le vostre canzoni mi sembra di capire che i testi non dicano praticamente niente… mi pare piuttosto una sorta di grammelot… come avete avuto quest’idea che peraltro vi dona un tocco d’eccentricità e d’originalità? Anche i titoli sono stati scelti senza criteri speciali o nascondono qualche messaggio?

I titoli dei brani non nascondono in realtà dei veri messaggi: si tratta sia di giochi di parole che ci hanno divertito, sia dei riferimenti nascosti, come ad esempio “ we are the knights who say Ni !” in riferimento ai Monty Python, oppure “Here I am J.H.”, una citazione di “Brazil” di Terry Guilliam.

La vostra musica ha dei forti elementi jazz: amate l’improvvisazione?

La nostra musica è basata in gran parte sull’improvvisazione. C’è una base che viene composta e che serve da struttura ai pezzi ma non si sa mai quello che ci potrà succedere attorno.

Potete darci un’anticipazione interessante sul vostro prossimo album?

La formazione del gruppo si è evoluta: adesso c’è un basso e le chitarre sono più presenti, il nostro prossimo disco sarà più rock, più aggressivo, il suono molto diverso dal disco precedente. Abbiamo registrato la prima metà per il momento e siamo soddisfatti del risultato.


Bookmark and Share

Italian
English