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PATTE, INDREK Jessica Attene
 

Il cantante e tastierista Indrek Patte è una figura storica del Progressive Rock estone, avendo militato in gruppi come i leggendari Ruja ed i Linnu Tee, meno noti ma sicuramente importanti nel panorama musicale di un paese che si è riconquistato la propria indipendenza grazie alla „Rivoluzione Cantata”. Indrek torna con il suo primo disco solista, „Celebration”, sfoderando un sound vintage ma allo stesso tempo fresco, retrò ma ricco di spunti interessanti e piacevoli melodie. Il suo è un vero e proprio atto d’amore nei confronti di uno stile musicale che ha sempre difeso e supportato e che si è dimostrato cruciale nel veicolare sentimenti di libertà e di fratellanza. In questa intervista Indrek ci farà fare un bel viaggio nel passato, portandoci infine ai nostri giorni che hanno ancora molto da offrire al Progressive Rock


Come è avvenuto il tuo primo contatto con il Progressive Rock e cosa ti ha colpito di questa musica? So che in Unione Sovietica certi dischi si trovavano solo al mercato nero, quindi immagino che fosse difficile trovarli…

Ascoltavo un sacco di pop e rock inglse quando ero giovane. I miei primi gruppi preferiti erano i Beatles negli anni Sessanta e più tardi i Led Zeppelin. Era difficile venire in contatto con la nuova musica a quei tempi perchè il blocco sovietico era separato dal resto del mondo dalla cortina di ferro. Quei dischi non erano venduti nei negozi e le radio locali suonavano quel tipo di musica raramente e in maniera molto selettiva. Era comunque possibile ottenere i dischi attraverso altri canali we venivano poi fatti circolare fra gli amici. Si poteva venire in contato con la nuova musica anche attraverso programmi radiofonici come VOA, Radio Lussemburgo, la BBC ecc che potevano essere ascoltati in Estonia. Nel 1972 mi capitò di ascoltare il nuovo album degli Yes, „Close to the Edge” e ne rimasi all’istante stregato. Era una sensazione divina ed insesprimibile: questa musica era una cosa mai sentita, con molte sfaccettature e coinvolgente. Avevao scoperto un tipo di musica che rifletteva completamente il mio mondo interiore. Ero in particolar modo colpito dalla title track. Il suo ingegno compositivo, le immagini sonore molteplici, il cantato e la maestria strumentale mi spingevano ad ascoltarla ancora ed ancora. „Close to the Edge” rimane uno dei miei album preferiti. Sono rimasto da allora un ammiratore del Progressive Rock, fino al punto di trascurare completamente gli altri generi musicali, ed in particolar modo la musica pop. Comunque col tempo sono diventato più tollerante :)

Il Progressive Rock ha avuto, nonostante il regime comunista, una grande diffusione in Estonia negli anni Settanta, tanto da costruirsi una buona reputazione anche negli altri paesi. Ancora oggi c’è molto rispetto per questa scena. A cosa è dovuto secondo te tutto questo interesse per questa musica?

Credo che uno dei motivi principali sia il fatto che il Prog Rock è un meraviglioso dono del Creatore sia per le generazioni degli anni Settanta sia per gli ascoltatori di oggi. Questo stile con la sua intelligenza musicale ed i suoi toccanti messaggi, che amplia la libertà dell’anima e dello spirito, ha trovato il modo di arrivare ai cuori delle persone dotate di una mentalità progressiva, riunendole assieme. Il risultato è che vi sono stati processi sociali positivi in diversi paesi che hanno supportato l’autodeterminazione nazionale. Per esempio la „Singing Revolution” in estonia ma anche la demolizione del muro di Berlino per la quale l’album dei Pink Floyd „The Wall” ha giocato un ruolo importante.

So che con i Linnu Tee avete avuto problemi di censura da parte della autorità comuniste, puoi raccontarcene il motivo e in che modo avete reagito a queste restrizioni?

Come molte altre band degli anni Settanta e Ottanta i Linnu Tee usavano le esibizioni pubbliche per comunicare al pubblico sentimenti di incoraggiamento all’indipendenza nazionale. Questo messaggio raggiungeva il pubblico in parte attraverso i testi e in parte attraverso le parole dette dal palco. Al festival Rock di Tartu del 1986 ci fu un diverbio apparentemente insignificante fra i membri dei Linnu Tee ed i funzionari locali del partito comunista, nel corso del quale la band fece un commento ironico sul regime autoritario. Questo fu un motivo sufficiente ad imporre il divieto di un anno di esibirsi e di portarci via il premio. L’anno successvo questa decisione fu ovviamente annullata. Il ban fu molto pesante per la band ed alcuni membri continuarono con altri progetti nel 1987 ma la fiducia nella band e nel movimento nazionale non crollò ed i Linnu Tee si esibirono nuovamente nel 1988 al festival di Tartu che può essere considerato uno degli eventi chiave della „Singing Revolution”. Anche se l’Estionia era ancora ocupata all’epoca dall’Unione Sovietica a Tartu si potevano veder sventolare le bandiere bianche e blu dell’Estonia e si sentivano cantare canzoni patriottiche.

Come ci hai appena detto, nel 1986 e nel 1988 hai partecipato con i Linnu Tee al celebre festival di Tartu: cosa ricordi di quelle esperienze e degli altri gruppi che hanno suonato?

I Linnu Tee hanno partecipato al festival di Tartu 6 volte: per la prima volta nel 1986 e poi dal 1998 al 1991 e più tardi nel 2009, al concerto per il trentesimo anniversario del festival. Nel 1987 i membri dei Linnu Tee hanno partecipato con vari altri gruppi e io suonai con i Ruja. Il festival di Tartu era un evento prestigioso e vi prendevano parte soltanto i gruppi musicalmente più originali ed interessanti. Non c’erano molti gruppi pop. Molte band preparavano un repertorio speciale con composizioni complesse per questo evento. C’erano sempre belle sorprese. Per me i performer più memorabili sono stati i Ruja, gli In Spe, Peeter Volkonski e Rosta Aknad che rano tutti top musicisti della scena prog estone del tempo. Era interessante ascoltare anche i gruppi fusion virtuosi Radar e Kaseke. Come molti altri anche i Lunnu Tee suonavano musica nuova ogni anno. Molta della nostra musica dell’epoca può essere classificata come “neo-prog”. Nel 1991 ci fu un viraggio verso lo hard rock. In pochi anni abbiamo scritto così tanta musica che avremmo potuto riempire diversi album ma sfortunatamente molto materiale non è stato ancora pubblicato. Il festival di Tartu era sia un incentivo che una vetrina per la creatività espressiva rivolta al pubblico esperto.

Su che supporto è circolato il vostro esordio registrato nel 1989? Che ricordi conservi riguardo la preparazione di quell’album? Avete registrato o pubblicato altro materiale oltre a quello?

L’album di debutto dei Linnu Tee è uscito come musicassetta perchè i CD non erano disponibili in Estonia nel 1989. L’etichetta di stato Melodiya voleva un vinile del nostro album ma non ci sono piaciuti i loro termini e le loro condizioni. Anni dopo, nel 1997, abbiamo prodotto questo album su CD con il membro fondatore e bassista Margus Kliimask, che era autore di molte canzoni e un ottimo amico. L’album di debutto „Linnu Tee” contiene per lo più materiale dell’anno 1989. E’ stata un’esperienza nuova ed interessante per noi. Abbiamo passato lunghi giorni e notti in studio. Per variare il sound abbiamo usato molti synth come Prophet 5, Jupiter-8 e Hammond B3. A volte abbiamo preso in prestito la strumentazione da altri musicisti. In una canzone abbiamo utilizzato un sampler che abbiamo preso da celebre compositore estone Sven Grünberg. Per registrare l’album ci abbiamo messo circa sei mesi. Come ho detto prima negli anni Novanta ci siamo orientati verso lo hard rock. Abbiamo registrato tantissime canzoni nei dieci anni successivi e per il venticinquesimo anniversario dei Linnu Tee, nel 2010, abbiamo pubblicato l’album “Hard to Grow Up”.

Per un breve periodo di tempo hai suonato con il leggendario gruppo dei Ruja, incidendo alcune canzoni nell’album “Kivi veereb”, cosa ti è rimasto di quella esperienza? Perché non è andata avanti?

All’inizio del 1987 fui invitato a cantare nella più famosa band estone di prog di tutti i tempi, i Ruja. All’epoca ero rimasto molto impressionato dalla musica della band degli anni Settanta e avevo un gran rispetto verso la band. Il lead vocalist Urmas Alender era un cantante carismatico ed unico, così questa era per me una vera sfida. Dopo averci pensato mi sono unito al gruppo. Stavano finendo di registrare l’album „Kivi Veereb” e io ho partecipato in due canzoni. I Ruja hanno fatto un tour per tutta l’Unione Sovietica e abbiamo tenuto tanti concerti. Talvolta c’erano tre concerti al giorno tutti i giorni della settimana. Il carico era pesante, specialmente per il cantante. Alender ed io ci alternavamo, non ce l’avremmo mai fatta da soli. Abbiamo guidato per la maggior parte dell’Unione Sovietica. Le condizioni di performance e di vita erano estreme, nel bene e nel male. La musica dei Ruja era troppo complessa all’epoca per la media del pubblico russo, cosa che rendeva molto difficile per la band essere compresa. Sfortunatamente a un certo punto il manager della band iniziò a dettare le condizioni e volle che i Ruja diventassero un gruppo pop commerciale, cosa che andava contro lo stile e l’opinione della maggior parte dei membri della band. Questo causò diatribe e conflitti all’interno del gruppo e portò i Ruja al declino. Io lasciai la band all’inizio del 1988. Qualche mese dopo il chitarrista Jaanus Nõgisto, che era da 15 anni uno dei pilastri dei Ruja, lasciò anch’esso la band. Nell’estate del 1988 i Ruja si sciolsero. Nell’autunno del 1994 Urmas Alender morì tragicamente nel naufragio del traghetto Estonia. Qualche settimana dopo suonammo al concerto in sua memoria con Nõgisto e altri ex membri. E’ stata l’ultima e l’unica volta che i Ruja hanno suonato dopo lo scioglimento. Nel 2003 alcuni vecchi membri dei Ruja ed io formammo la band Led R che faceva cover dei Led Zeppelin.

Ascoltando “Celebration” si possono cogliere numerosi riferimenti abbastanza precisi ai grandi gruppi Prog inglesi come i Genesis e gli Yes: questo mi ha fatto pensare che il titolo dell’album (che ricorda anche il titolo di una canzone della PFM) si riferisca ad un omaggio alla musica Prog. Che ne dici?

Musicalmente sono stato largamente influenzato da Yes e Genesi che considero i miei maestri e i miei modelli con un grosso inchino di ossequio. Penso che molti musicisti che suonano Prog Rock possano dire lo stesso e questo si può sentire anche nella musica. Creata negli anni Settanta, questo tipo di musica era nuova ed originale anche se possono essere trovate delle somiglianze con le creazioni di alcuni compositori classici (Bach, Stravinsky ecc.). Oggigiorno è sempre più difficile soprendere la gente con qualcosa di nuovo e non si smette mai di fare confronti con la superba musica composta nel passato. Nonostante ciò io ascolto le nuove prog band con grande inetresse perchè questa musica per me ha ancora un suo fascino che eleva l’anima. Nonostante io abbia scritto le prime canzoni già negli anni Settanta, ho realizzato un album solista solo nel 2011. Fino a quel momento ho avuto l’opportunità di esprimermi con la musica in altri progetti. Il materiale per „Celebration” si è accumulato nell’arco di molti anni ma ha preso corpo nel 2010 quando ho scritto gli arrangiamenti. Le liriche sono state scritte tutte nello stesso anno. Esse portano un messagio spirituale. L’album può essere pensato come un tributo alla musica prog ma allo stesso tempo la musica ed il messaggio al suo interno glorificano e adorano Dio grazie al quale l’essere umano ha l’opportunità di condividere l’amore in questo momento terreno.

Nonostante il tuo sia un album solista hai invitato tantissimi ospiti. Ne deriva un sound molto ricco ed orchestrale ma anche decisamente moderno. Come hai scelto i tuoi collaboratori? Pensi che questa avventura possa continuare in futuro?

Oltre a me ci sono stati altri dodici musicisti coinvolti nella registrazione dell’album. Avevo già suonato assieme a molti di loro in vari gruppi come i Ruja, i Linnu Tee ecc. E’ importante per me che i musicisti abbiano un gusto musicale simile e che respirino allo stesso ritmo nell’ambito di un particolare progetto. Questo si rifletterà in seguito nell’immagine sonora e nel feeling della musica. Mentre stavo scrivendo la musica sapevo che volevo usare il flauto ed il violoncello perchè mi piaccino molto entrambi. Sfortunatamente non suono nè l’uno nè l’altro e nemmeno il violino. Così ho chiesto a dei miei buoni amici, i fratelli Soon, di aiutarmi. Sono anche molto grato a Raul Jaanson e a Toomas Vanem, uno dei migliori chitarristi in Estonia, che hanno registrato tutte le chitarre sull’album. Vengono entrambi dai Linnu Tee. Il basso è per la maggior parte suonato da Vladislav Reinfeldt (S. P. Gulliver), un membro dei Ruja che è lui stesso appassionato di Prog Rock e che ha scritto parecchia musica interessante. Le tastiere e la chitarra a 12 corde sono state suonate da me. Il processo di registrazione è durato oltre un anno, ho passato ogni momento libero che avevo da altri progetti in studio a lavorarci. Penso che continuerò a lavorare con i collaboratori principali e spero di offrire altra musica interessante agli ascoltatori in futuro.

Si tratta di un progetto unicamente da studio o hai intenzione anche di suonarlo dal vivo?

In generale sono più incline verso il processo creativo e il lavoro in studio piuttosto che al fare concerti, tuttavia si deve fare uso di tutti i possibili canali per far conoscere la propria musica e i concerti sono necessari per restare in contatto col proprio pubblico e per far conoscere il proprio messaggio. Per “Celebration” ci sono stati due concerti di presentazione. Uno di essi si è svolto nella chiesa di S. Olaf a Tallinn con un’audience abbastanza nutrita. L’album ha ricevuto molto interesse e feedback positivi. In estate ci saranno altri concerti locali. Spero che in futuro faremo concerti anche fuori dell’Estonia.

Oltre ad essere un ottimo cantante e musicista ho letto che sei anche un produttore, di che ti occupi di preciso?

Ho lavorato come ingegnere del suono e produttore nei Matrix Studios a Tallinn per più di 25 anni. Durante questo periodo ho registrato, mixato e prodotto oltre 100 CD di molti noti cantanti e gruppi estoni. Ho registrato e mixato un ampio numero di stili, dal folk al jazz e rock, fino alla musica classica. Nel 1996 sono stato premiato con il premio culturale estone „Suur Vanker” col titolo di miglior ingegnere del suono e arrangiatore. La tecnologia audio si sta sviluppando in maniera veramente veloce e il suono è diventato molto versatile e di buona qualità dappertutto nel mondo. Per restare al passo coi tempi si deve continuare ad imparare. C’è sempre molto da scoprire nel lavoro in studio.

Hai partecipato alla „Singing Revolution”?

In un certo senso la „Singing Revolution” è maturata già nei festival estoni della canzone che si tenevano ogni cinque anni durante il periodo dell’occupazione sovietica. Quei concerti contribuivono al sentimento di solidarietà nazionale e le aspirazioni di raggiungere l’indipendenza e la libertà dimoravano nei cuori della gente. Il picco della „Singing Revolution” iniziò nel 1987 con un concerto di protesta contro l’apertura di una grande miniera di fosforite in Estonia. Questo fu seguito da un concerto nazionale al festival di Tartu nel 1988 e da altri concerti negli anni seguenti. Il culmine della „Singing Revolution” fu nel 1991 e prima della fine di quell’anno l’Estonia aveva riacquistato l’indipendenza. Io presi parte a molti di questi eventi e concerti, sia sul palco che tra il pubblico, essendo una piccola parte della nazione estone che aspirava alla libertà. La musica ha la potente capacità di unire la gente e le nazioni portando con sè un messaggio di libertà e amore.


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