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ZUFFANTI, FABIO Jessica Attene
 

”Una bomba pronta ad esplodere”: si tratta del prossimo album de La Maschera di Cera che promette grosse sorprese e sul quale il gruppo mantiene al momento il più grande segreto, attizzando sempre più il fuoco della nostra curiosità. E di bombe il nostro caro Fabio Zuffanti ne ha sganciate diverse e molte altre le tiene di sicuro pronte nel suo arsenale: un corrosivo libro/denuncia sul music business è già in giro per le librerie italiane, ecco lanciata una etichetta discografica tutta sua… e tante ancora sono le cose da scoprire! In quello che ormai è divenuto per noi un rito annuale, mi riferisco ovviamente all’intervista, cercheremo di farci dare dal nostro Fabio qualche interessante anticipazione. Siete pronti?


Ci stiamo avvicinando a Gennaio e questo vuol dire che sta arrivando un nuovo album de La Maschera di Cera e già si parla di "bomba pronta ad esplodere". Cosa ci dobbiamo aspettare?

Esordisco confessandoti di non potere purtroppo ancora scendere nei particolari più di tanto per ragioni legate a strategie decise dalla nostra etichetta (AMS/BTF). Detto ciò, hai presente quel vecchio slogan che dice "Expect the unexpected"? Ecco, questo sarà il nuovo MDC! Un disco che osa ove nessuno ha mai osato e che getta un reale ponte tra il 1973 e il 2013 in un sentito omaggio - probabilmente il nostro definitivo - alla grande stagione del prog italiano. Per fare una cosa del genere è indubbio ci voglia una gran faccia... di bronzo ma MDC non difetta di tali caratteristiche e si è buttata quindi nel progetto con l'assoluta convinzione che sia meglio osare piuttosto che essere un gruppo come tanti. In un momento come questo, ove tutti riciclano il passato, questo progetto si pone come operazione di "riciclo assoluto" ma allo stesso tempo come stimolo a guardare assolutamente avanti, per noi e per tutta la scena che rappresentiamo.

Nonostante si tratti di Progressive Rock a pieno titolo, ho sempre pensato che la musica de La Maschera di Cera avesse comunque le potenzialità per essere appetibile anche in ambienti distanti dal nostro genere, se non addirittura mainstream. Cosa è secondo te che non ha funzionato?

Dire che non ha funzionato sta a significare che qualcuno ha provato a farlo funzionare mentre in realtà non è così. Anche io sono sempre stato convinto che MDC avesse (e ha) la chance per proporsi presso un pubblico più ampio ma purtroppo le cose non sono così semplici. In primis ci vuole un' etichetta che abbia tantissimi mezzi e voglia di spendere soldi per pomparti tramite pubblicità, “mazzette” e potenti uffici stampa. Ma le etichette prog solitamente non adottano tali sistemi e un poco le capisco; il mercato mainstream è un mondo totalmente chiuso e il gioco probabilmente non varrebbe la candela. Ancora più chiuso è il mercato della musica indie. Secondo me MDC non avrebbe faticato ad arrivare al livello del Teatro Degli Orrori, tanto per fare un nome. Ma MDC incide per etichette prog, non per Ghost Records quindi automaticamente le porte di tutte le riviste/siti/organizzazioni concerti fighetti dell'ambito indie (e ce sono tantissimi) sono sbarrate. Non se ne esce. Non dimentichiamo poi che anche il pezzo più semplice di MDC ha sempre accordi e linee melodiche piuttosto particolari alle quali forse il grosso pubblico non è più abituato, che non siamo più ragazzini e che abbiamo un sound anni Settanta che non è quello "giusto" (invece i Calibro 35, che riprendono le colonne sonore dei polizziotteschi e incidono per Ghost, sono nel "giusto").

Parlando invece di un album che ormai già conosciamo, e mi riferisco a "The Rime of the Ancient Mariner part one" degli Höstsonaten, devo dire che questo album mi ha colpito in maniera molto particolare, soprattutto per certe contaminazioni, soprattutto per quelle folk, e per la scelta di usare i versi originali di Coleridge, autore dell'omonimo poema. Come è nata l'idea di iniziare un'impresa simile?

L'idea è nata molti anni orsono, nel 1996 quando stavo preparando il materiale per il primo album di Höstsonaten. Dopo avere apprezzato "The rime..." a livello poetico e musicale (nella versione degli Iron Maiden e in quella di David Bedford) notai che nessuno aveva mai provato a trasporre in musica l'intero poema ma solo frammenti. Con la mia proverbiale faccia di bronzo (e qui si ritorna al discorso iniziale di MDC) pensai di buttarmi in tale avventura. Il progetto che avevo in mente era quello di musicare una parte per volta (il poema consta di sette parti) da inserire nei futuri dischi di Höstsonaten. Così infatti fu per la parte 1 e 2 che trovano posto nei primi due album. Intorno al 1999 fui però distratto da un altro progetto, quello sulle stagioni. Misi quindi da parte il discorso su "The rime..." per concentrarmi sulla "suite delle stagioni" che mi ha tenuto occupato fino allo scorso anno. Concluso tale progetto la prima cosa che mi è tornata in mente è stata "The rime...", continuare il lavoro e concluderlo. Mi sono messo quindi al lavoro e ho musicato le parti 3 a 4, aggiungendo un prologo strumentale. Nel momento di inciderle ho deciso di includere anche le parti 1 e 2 ri-registrate da capo per dare uniformità al tutto.

Avete avuto difficoltà nella messa a punto di un progetto così complesso, come ad esempio nell'adattamento della musica ai versi del poeta?

Fino a ora nessuna difficoltà. Ogni volta che mi metto a lavorare a "The rime..." le musiche sembrano magicamente sgorgare e seguire i versi in maniera totalmente fluida. Sarà il fatto che l'opera di Coleridge è già molto "musicale" di suo ma tutto si svolge in maniera estremamente tranquilla e lineare. Buttato giù uno scheletro di base a livello di melodie, armonie e arrangiamenti creo dei demo "casalinghi" col computer e sottopongo le idee agli altri musicisti che arricchiscono il tutto con arrangiamenti e parti ex novo (come ad esempio Luca Scherani col suo lavoro di scrittura per violino e flauto). La ciliegina sulla torta è data dai cantanti che hanno la funzione più impegnativa, interpretare le parole di Coleridge, tra l'altro in un inglese che non è semplice come quello moderno. Tutti però hanno svolto il loro compito in maniera eccelsa e credo che le interpretazioni di Alessandro Corvaglia, Davide Merletto, Marco Dogliotti e Simona Angioloni siano ciò che ha fatto realmente la differenza. Sono stati superlativi.

Questa scelta di dividere il ruolo di voce solista fra più cantanti mi ha incuriosito molto. Come avete scelto gli interpreti?

Avevo tre strade, fare cantare tutto a un'unica voce, assegnare delle parti come fosse un'opera o fare interpretare ognuna della quattro sezioni a un cantante diverso. Scartate le prime due ipotesi mi sono buttato sulla terza pensando il tutto come a una sorta di escalation. Le vicende narrate nelle prime tre parti aumentano infatti vorticosamente a livello di ritmo e di delirio. Nella quarta invece si ha una sorta di sospensione fino all'apoteosi finale che vede il marinaio espiare la sua pena e quasi rinascere a nuova vita. Ho quindi pensato ad Alessandro Corvaglia nella prima parte che è più descrittiva, a Davide Merletto nella seconda ove l'angoscia comincia a farsi palpabile e a Marco Dogliotti nella terza ove l'orrore arriva ai suoi massimi livelli. In queste prime tre parti le voci si fanno pezzo dopo pezzo più dure sottolineando l'aumento della tensione. Simona Angioloni, voce femminile che diversifica tutto quello che fin'ora si è ascoltato, nella quarta descrive il momento di calma per poi ributtarsi insieme a Corvaglia nell'estasi finale del marinaio. La vicenda non è però conclusa e sarà divertente e stimolante cercare di capire quali altri voci potranno essere impegnate nel secondo disco.

Come mai avete scelto di dividere l'opera in più parti e quando potremo vederne la fine?

Ho deciso di realizzare anche in questo caso (dopo i quattro dischi sulle stagioni) un lavoro "a puntate". Non ho voluto pubblicare un disco doppio perché lo avrei trovato oltremodo pesante da digerire tutto in una volta e anche perché volevo permettermi il lusso di correggere un po' il tiro a livello stilistico e di scelta dei musicisti per il secondo capitolo. Mi sono quindi ripromesso di musicare le restanti tre parti e concludere il tutto entro la fine del prossimo anno. Altri progetti permettendo spero di potere tener fede a tale impegno.

Cosa accadrà il prossimo 16 Dicembre in casa Höstsonaten? Mi sembra di aver capito che avete messo in piedi un bello spettacolo, come posso immaginare dal teatro, dai ballerini e anche dal progetto di registrare un DVD...

Si, il mio sogno era di "visualizzare" l'album su un palcoscenico. Ma non semplicemente con un concerto bensì con un allestimento che potesse sottolineare con danza, proiezioni e azioni teatrali (oltre che con la musica) le vicende del marinaio. La regista Susanna Tagliapietra mi è venuta in aiuto per questo progetto offrendomi il suo talento per realizzarlo. Fortuna vuole che uno dei migliori teatri genovesi (il Verdi di Sestri Ponente) abbia gradito l'idea mettendo lo spettacolo in cartellone per il prossimo 16 dicembre alle ore 16.
Sul palco saranno impegnati i cantanti e musicisti che hanno partecipato al CD, una compagnia di ballo, adeguate scenografie, luci e proiezioni. Musicalmente il tutto non sarà un'esatta fotocopia del disco, alcuni momenti musicali saranno ampliati e rivisti, ci sarà un nuovo pezzo strumentale a fare da raccordo tra le parte 2 e la 3 e un finale ad hoc. Sono molto emozionato da tutto questo e non ho potuto esimermi dall'organizzare affinché il tutto potesse essere "fermato" su un DVD che sarà pubblicato da AMS il prossimo anno. Non sapendo ancora se la cosa avrà un seguito a livello teatrale voglio immortalare il tutto nell'attesa di pensare al secondo capitolo.

Ma della novità più succulenta in casa Zuffanti ancora non abbiamo detto niente e mi riferisco al progetto di mettere in piedi un'etichetta!!! Abbiamo capito bene? Quale è stato l'impulso a fare una scelta del genere in tempi così poco propizi per tali attività e chi hai coinvolto nel progetto?

In realtà le cose stanno in maniera leggermente diversa. Non ho messo su un'etichetta bensì mi è stata offerta da BTF la possibilità di diventare direttore artistico di Mirror Records, nuova branca della casa madre, specializzata (oltre che in ristampe del mio vecchio catalogo) nella scoperta e valorizzazione di nuove formazioni dedite al rock progressivo. In poche parole ho la responsabilità di ricevere e ascoltare i demo delle formazioni che decideranno di sottoporre alla mia attenzione i loro lavori; fatto ciò seguo gli artisti con un attento lavoro in studio (con il fondamentale apporto di Rossano Villa, mio collaboratore e fonico all'Hilary studio di Genova) per tirare fuori da essi il meglio. Questo per cercare di realizzare dei dischi che siano validi e con la giusta attenzione ai particolari, per rendere il tutto interessante e emozionante all'orecchio dell'ascoltatore.

Un artista che volesse entrare nella tua scuderia cosa dovrebbe fare e che requisiti dovrebbe avere?

Da fare c'è molto poco, basta inviare a mirror@zuffantiprojects.com una mail con un minimo di presentazione del progetto e qualche link ove potere ascoltare il materiale. A livello di requisiti ce ne sono due molto importanti. Il primo è non propormi un disco finito, preferisco lavorare su demo e idee abbozzate, anche per dare un senso al mio ruolo di direttore artistico. Molto spesso oramai i gruppi pensano di avere una grande esperienza già al primo disco e si autoproducono in tutto e per tutto lavori che invece, sottoposti all'orecchio vigile di una persona con maggiore esperienza, potrebbero uscire in maniera assai più matura. Il secondo requisito viene in conseguenza al primo, chi si affida alle mie “cure” deve avere la giusta modestia per far sì che si possa collaborare. Questo vuole dire tenere da conto i consigli e avere voglia di mettersi in gioco, non arrivare pensando di sapere già tutto.
Negli ultimi anni la possibilità di incidere un disco a casa con un semplice PC ha fatto in modo che molti musicisti si siano presi la briga di diventare produttori, fonici, arrangiatori... senza avere il benché minimo confronto con chi magari è nel “ramo” da anni e può, come dicevo prima, aiutarli a focalizzare maggiormente le idee. Il risultato è una miriade di dischi prog a mio avviso buttati lì. Magari ben suonati ma spesso prodotti male e sopratutto carenti di idee a livello compositivo. Non dico di potere avere la bacchetta magica per trasformare il piombo in oro ma so di per certo che il confronto e la dovuta attenzione a un disco può portare a frutti più maturi. In questo periodo stiamo lavorando all'album di Luca Bassignani col suo progetto Oxhuitza al quale seguirà la band degli Unreal City. Entrambi sono giovanissimi e sono arrivati da me con un'umiltà che ha dell'incredibile, specie per persone così giovani, decidendo di mettersi totalmente nelle nostre mani e di imparare tutto quello che c'è da imparare da un'esperienza del genere.

Fra le tante cose che hai fatto c'è anche un libro di denuncia contro il mondo corrotto della musica, e sto parlando ovviamente di "O Casta Musica" che ormai tutti conosciamo. Cosa ti ha portato questa tua esperienza di scrittore e che tipo di impatto ha avuto?

Lavorare per anni dedicandomi a un genere che nella maggior parte dei casi è snobbato, sconosciuto e anche un po' deriso dal grande pubblico, dalla stampa e da radio e tv fa montare dentro, come ti potrai bene immaginare, un gran livore. Già in giovine età quando leggevo le critiche al prog da parte di certi giornalisti, che avevano avuto la possibilità di vivere il movimento punk e che si erano trasformati nei più crudeli detrattori del genere, mi ha sempre provocato rabbia e sconforto, anche solo da semplice ascoltatore. Figuriamoci poi quando ho cominciato a suonare seriamente. Diciamo quindi che il libro è il risultato di almeno vent'anni di osservazione del nostro misero panorama musicale, delle sue stupide regole, delle sue mafie e della sua assoluta staticità. Certo, non immaginavo un giorno di mettermi a scrivere ma a un certo punto è stato più forte di me e ho dovuto esternare le cose che avevo dentro. Il mio punto di vista riguarda quella che io credo dovrebbe essere una sorta di democrazia musicale rispetto ai generi. Una persona può avete talento nel pop, un altro nel rock, nella dance, nel metal o nel prog. Ecco, io auspicherei che a più generi venisse data la possibilità di essere visibili e non solo al pop (più becero) e poco altro. Da qui sono partito con una serie di considerazioni riguardanti i vari malcostumi e la percezione della musica che si ha nel nostro paese. Il fatto che il mestiere di musicista non sia visto come lavoro, che molte persone pensino che la musica che passa per radio E' la musica mentre il resto non esiste, le cover band, i talent show, le scuole di musica e molto altro.
A livello di accoglienza le critiche al momento sono al 90% più che positive; come vendite il libro è nelle librerie da poche settimane quindi è ancora presto per tirare delle somme. So di per certo che la sua accoglienza sarà un'onda lunga. E' il primo libro a uscire in Italia sull'argomento e molto deve essere fatto perché possa esser recepito nel modo giusto. Vedremo che succederà nei prossimi mesi.

Da critico dei difetti del mondo musicale vorrei chiedere quali sono i difetti più grandi del nostro piccolo universo del Prog e, per farti sembrare meno cattivo, ti chiedo anche se vedi dei pregi :-)

Il pregio assoluto è la musica in sé. Il prog è un genere completo e ha dentro moltissimi elementi disparati che lo rendono assolutamente affascinate. Lo era in passato e lo è anche oggi, pure nelle sue derive più moderniste (ma non a mio avviso in quelle più “metallare” che io aborro) se fatte bene.
Il brutto del prog sono... i fans del prog. Purtroppo mi accorgo sempre di più di quanto un genere, che dovrebbe fare dell'apertura mentale e della scoperta di novità la sua bandiera, sia rimasto per molta gente confinato agli anni Settanta e stop. Nonostante ci siano in giro centinaia di formazioni che cercano di offrire una via diversa, alternativa - a volte più moderna a volte meno - del genere, il grosso del pubblico resta confinato ai nomi degli anni Settanta (oppure all'ennesima cover band). Onestamente mi fa una gran rabbia vedere formazioni con alle spalle 1 disco 1 realizzato negli anni Settanta riformarsi e greggi di pecoroni accorrere in massa al richiamo mentre magari ci sono gruppi attuali con ben più esperienza alle spalle e con lavori assai migliori. Ma tant'è...
C'è da dire una cosa: a livello di formazioni attuali non è che ci sia tutto ‘sto ben di Dio. Dischi suonati pazzescamente ma carenti di idee, brutte canzoni, testi senza nessun senso, un micropubblico che segue queste novità esaltato da ogni uscita senza un minimo di orecchio critico... Secondo me ci vuole meno buonismo un poco più di “cattiveria”. Pretendere di più dalle giovani formazioni, stroncare più dischi. Finché il livello sarà quello attuale dove ci si accontenta è chiaro che qualunque gruppetto del cavolo abbia fatto un disco negli anni Settanta riceverà più attenzioni di uno nuovo. Lo dico sempre ai gruppi giovani, disimparate a suonare e imparate a comporre qualcosa di emozionante. È l'unica via.

Non abbiamo ancora parlato del progetto "Ombra della Sera" che mostra un lato oscuro e misterioso della tua arte musicale. Cosa vi ha ispirato? Non temevate paragoni con quanto è stato fatto dai Morte Macabre in Svezia?

I Morte Macabre sono stati proprio l'ispirazione per realizzare un lavoro del genere. Del resto se loro che sono svedesi hanno coverizzato le colonne sonore dei nostri horror-movies perché non farlo noi che siamo italiani? Sono un grande estimatore della stagione degli sceneggiati Rai del mistero. E come me lo sono Mau Di Tollo e Agostino Macor con i quali ho condiviso questo progetto. Cercare di ri-arrangiare a modo nostro le diverse sigle è stato a dir poco stimolante e molto divertente. Molti suoni e atmosfere che abbiamo tirato fuori con “L'ombra...” sono poi confluiti del muovo MDC quindi il lavoro è stato doppiamente utile. Certo, come dicevo prima, se un disco del genere lo avessero fatto i Calibro 35 ecco tutti i magazine d'Italia a parlarne con relativo tour di cinquanta date, se lo fa un gruppo prog...silenzio stampa.

E' storia recente che i Finisterre hanno ricominciato a suonare assieme. A questo punto la domanda che tutti vogliono farvi è se c'è all'orizzonte anche un nuovo album. Cosa rispondi?

I Finisterre sono un osso duro e lavorare con loro non è affatto semplice. E' stato bello rivedersi e suonare in Francia e in Italia ma purtroppo le teste dei singoli componenti sono in luoghi diversi e non si trova un punto in comunque per rimetterci di buzzo buono a lavorare a un nuovo progetto. Anche il fatto di avere una pendenza contrattuale con una certa label non migliora le cose. Nel 2003 abbiamo infatti firmato con loro un contratto per due dischi di cui uno solo realizzato, questo vorrebbe dire rimettersi a lavorare sapendo di dovere fare il disco per tale etichetta. Cosa che nessuno di noi, per tutta una serie di ragioni, vorrebbe. Questo non sentirsi liberi di fare le cose come vorremo ci impedisce quindi di lanciarci e ognuno alla fine preferisce pensare alle sue cose; Stefano Marelli sta completando il suo primo album solista, Boris Valle è preso dall'insegnamento e io, Mau e Agostino pensiamo a MDC e a tutti i nostri progetti paralleli. Se ci sarà la possibilità di suonare dal vivo sicuramente non ci tireremo indietro ma un disco nuovo in tempi brevi lo vedo assai improbabile, a meno di miracoli dell'ultima ora.

Cosa altro porterà il 2013 in casa Zuffanti, profezia Maya permettendo?

Maya permettendo sarà un 2013 ancora più impegnativo di un 2012 già impegnativo. Anzitutto il nuovo MDC con relativi concerti, spero tanti e in tutto il globo terracqueo. Poi la promozione di “O casta musica”, forse un nuovo libro e - altrettanto forse - nuove rappresentazioni teatrali di “The rime...”. Il lavoro per il secondo capitolo di “The rime...” e il DVD, un programma televisivo settimanale dedicato al prog (ebbene si!) in compagnia di Riccardo Storti, le produzioni per Mirror e, last but not least, un nuovo gruppo che intendo formare da qui a breve. Il nome c'è già, le composizioni stanno venendo fuori, mi mancano solo i musicisti che però stavolta vorrei fossero totalmente nuovi e fuori dalla mia fidata “cerchia” (con la quale chiaramente continuerò a collaborare per altri progetti).

Cosa manca ancora a Zuffanti in ambito musicale che vorrebbe tanto fare ma che al momento rimane soltanto un sogno?

Lavorando a tutti i progetti con i quali lavoro mi sento abbastanza “completo”, in questi anni ho esplorato moltissimi generi, credo di averlo fatto mettendoci sempre una grande passione e di avere realizzato dei buoni dischi, da solo e in compagnia dei validi musicisti con i quali solitamente collaboro. Arrivato a questo punto, dopo quasi vent'anni di duro lavoro mi piacerebbe che il genere che in primis suono (ti devo dire qual è ?:) ricevesse un minimo più di attenzione anche dagli organi di comunicazione che non siano quelli strettamente legati al mondo del prog, che non ci si basasse sempre e solo sull'ennesimo revival degli anni Settanta ma ci si concentrasse su chi questo genere lo ha traghettato fino ai nostri giorni. Il mio quasi coetaneo Steve Wilson in Inghilterra è diventato da molti punti di vista un vate del genere compiendo un percorso per certi versi simile al mio. Ma lui sta in Inghilterra e io in Italia. Ecco, il mio sogno sarebbe che anche in Italia ci potesse essere un'attenzione per chi ha deciso di suonare seriamente prog nella nostra epoca esplorandone tutte le sue varie sfaccettature e che anche da noi una figura tipo Wilson potesse uscire fuori. Non dico di dovere essere io a tutti i costi, mi basterebbe sapere che esiste questa possibilità. Poi come al solito lavoro duro e quello che deve venire verrà di conseguenza.

Quale è l'album che vorresti fosse incastonato in un lontano futuro nella tua lapide (tanto per rimanere in ambiti oscuri e macabri)?

O my God! :) Se si tratta di album mio è una domanda per nulla facile anche perché non c'è un album tra quelli che ho contribuito a realizzare che considero pietra miliare assoluta, la pietra miliare per me è sempre il prossimo. Se proprio però fossi costretto oggi come oggi direi il primo Maschera Di Cera, per la disperazione e la catarsi personale che questo disco contiene. Ma domani la penserò sicuramente diversamente. Se invece si tratta di un album che amo credo che in una lapide ci starebbe benissimo “Within the realm of a dying sun” dei Dead Can Dance, un'ottima colonna sonora per un viaggio nell'aldilà.


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