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MARBIN Michele Merenda
 

Marbin è una bella realtà dell’etichetta MoonJune Records composta da eccellenti musicisti israeliani ed americani, autrice di tre begli album e che sta per pubblicare altri lavori interessanti. Un live album particolare ed energico, un altro in studio più progressive di quanto fatto fino ad oggi e forse in futuro un altro… ulteriormente diverso. Durante una lunga intervista, il creativo chitarrista Dani Rabin ci rivela in anteprima alcune importanti e divertenti news. Mettetevi pure comodi e andate avanti nella lettura.


C’è un anno importante per i Marbin e la loro esistenza: il 2007. Giusto?

Sì, l’anno in cui cominciammo.

Infatti. Ma come iniziò esattamente la vostra avventura?

Danny Markovitch nel 2007 era uscito dall’esercito ed io avevo finito il Berklee College. Ci conoscemmo tramite un bassista, un amico comune chiamato Elad Muskatel. Ci incontrammo durante una prova, un giorno prima del nostro primo concerto. A quel tempo eravamo in un gruppo fusion chiamato Babagage. Dopo un paio di settimane siamo andati in studio e Noah Plotkin, il batterista che avevamo in quel periodo, si è ammalato, così io e Danny siamo andati avanti e improvvisato come duo. Ecco come è nato “Marbin” (una fusione dei due cognomi “Markovitch” e “Rabin” – N.d.A.). Era creativo e comunicativo. Prima di cominciare la scrittura vera e propria, abbiamo solo improvvisato liberamente per un lungo periodo di tempo e quel progetto ha portato alla prima incisione.

Una prima incisione omonima molto diversa rispetto alle altre…

Siamo semplicemente entrati in studio senza sapere nulla e senza aver mai faticato nella nostra vita per realizzare un disco. Mi piace veramente tanto, è molto “puro”. Oltre alle parti vocali di Mat Davidsons su "Mei", è solo chitarra e sax per l'intero album senza alcun synth o altro. Penso che questo dia un suono unico.

Ok, ma suona decisamente più soft rispetto a quanto avreste fatto in futuro.

Lo è. Io amo la musica soft! I miei più grandi idoli sono Astor Piazzola ed Ennio Morricone. Dopo siamo diventati “rock” perché così ci sentivamo in quel momento, ma stiamo pensando di incidere molto presto un altro album di lenta musica soft.

Perciò avremo un nuovo album dei Marbin ancora una volta differente.

A settembre uscirà il live album, che è molto diverso da tutto il resto ed è la cosa di gran lunga più “aggressiva” fatta fino ad ora. Dopo di che andremo a registrare un album in studio con tutte le nuove canzoni del 2013-2014. Quello che stiamo per registrare è il più progressivo in termini di forma. La maggior parte della nostra musica in precedenza aveva una conformazione jazz nelle canzoni: melodia, assolo (o due), stessa melodia... Questi nuovi brani hanno più sezioni e sono molto più epici. Dopo questo, potremmo fare un’altra cosa in duo di canzoni più morbide. Quindi abbiamo un po’ di tempo.

Allora ci stai dicendo che al momento la realtà Marbin non è un duo bensì una band vera e propria.

Assolutamente. Siamo stati in tour come quartetto, quasi nonstop, fin da quando abbiamo pubblicato “Breaking the cycle” nel 2011.

Quell’album fu l’inizio della collaborazione con l’etichetta MoonJune Records.

Sì. Leonardo (il presidente della MoonJune) venne casualmente nell’appartamento mio e di Danny a Chicago (tenevamo dei concerti in casa, lì) ed ha sentito l’esecuzione di un nostro spettacolo in duo. Eravamo circa a metà dell’opera con “Breaking the cycle”, in quel momento. Ci ha fatto firmare il giorno successivo.

Quindi il cambio di sound è stato assolutamente naturale, non è stato dovuto alla nuova label.

No, ai giorni nostri non vi è alcun motivo per cambiare ciò che ti piace fare. C'è così tanto di ogni cosa che la tua unica possibilità, come artista, è quella di creare qualcosa di grande, originale ed unico, che viene dal fare ciò che si ama.

Infatti il terzo album, “Last chapter of dreaming”, è un mix di “creazioni”: jazz-rock, tradizione klezmer e momenti più sognanti.

Sì, lo è. La verità è che a forza di suonare così tanto siamo diventati una live band e questo disco è probabilmente l'ultimo, per un po’ di tempo, in cui ci accingiamo a utilizzare lo studio per creare. Da ora in poi sarà utilizzato più per catturare le prestazioni e l'energia. Penso che la più grande differenza sia che abbiamo scritto le canzoni per tutti i nostri lavori poco prima di andare a registrare. Così abbiamo dovuto capire parti e modalità dello studio. Ora ci suoniamo quasi ogni giorno dal vivo, in modo che i brani stessi siano disposti organicamente nel corso del tempo. È una grande differenza.

Allora, la prossima uscita sarà qualcosa di totalmente nuovo per i fan dei Marbin.

Sì e no. Penso che sarà la nostra migliore prova fatta fino ad oggi. Posso dire con certezza che sarà diverso rispetto agli altri album, nel senso che tutte le canzoni sono state scritte per andare insieme proprio come in un album, quindi più omogeneo rispetto agli altri.

In generale, le performance live dei Marbin suonano molto dure ed energiche; c’è qualcosa di differente rispetto alle versioni in studio…

Non più. Cattureremo la stessa energia nell’imminente materiale in studio. Questo è l’obiettivo.

Ci hai detto che sta per essere pubblicato un album dal vivo…

L’album dal vivo verrà pubblicato a settembre (sul nostro sito è possibile scaricare due tracce). Probabilmente, cominceremo ad incidere il nostro nuovo album durante quel periodo. Il live è intitolato: “The third set”.

Come mai proprio questo titolo?

Beh, noi solitamente eseguiamo tre set a serata. Il primo è il set accurato, il secondo quello sciolto, rilassato, ed il terzo, grazie alla combinazione tra tarda notte e alcol, è qualcosa di speciale. Abbiamo registrato un intero tour on the road composto da 14 spettacoli, scelto 10 canzoni suonate durante il terzo set e sfornato questo disco. E’ una “drunken fusion”.

“Drunken”… come chi ha bevuto troppo ed è ubriaco?

Sì, esattamente come quello.

Ma non è presente un’importante traccia live come “On the square”…

(Sorride) “Special olympics” è nello stesso stile.

Ci sono due tracce prese dall’ultimo album ed un’altra dal primo - che suona totalmente differente. Tutte le altre?

Tutte le altre sono state scritte nel 2008-2011 e da allora sono state ogni tanto suonate live. Non volevamo andare in studio per inciderle, così abbiamo pensato che una pubblicazione live sarebbe stata la soluzione ideale.

Quindi il vostro live album è una specie di raccolta di tracce inedite.

Sì. E le tre che già avevamo pubblicato erano così differenti da quelle in studio che abbiamo voluto includerle nella loro nuova versione.

Il tuo modo di suonare la chitarra dal vivo è molto viscerale; sembri molto differente rispetto agli altri guitar-heroes, anche perché nei tuoi assoli denoti una sorta di magmatica energia Hendrixiana. Sarà forse il vino bevuto a tarda notte?

(Ride) Forse. Io suono quel che sento e sento ciò che suono. E’ la bellezza dell’improvvisazione.

Franco Mussida, il chitarrista della PFM, una volta mi disse: “Improvvisa solo chi compone, perché l’improvvisazione è una composizione in estemporanea”. Tu che ne pensi?

Ne penso che l’improvvisazione è una cosa più naturale rispetto alla composizione. Devi solo lasciare che la musica fluisca. Sono entrambe molto importanti e dipende da ciascuno di noi. Non ci sono grandi assoli live in canzoni brutte. Quando scrivi crei una struttura e quando vai per suonarla la riempi. Con la vita.

Dopo quest’ultima immagine poetica, i Marbin hanno intenzione di venire a suonare la loro musica in Italia?

Stiamo pianificando un tour in Europa per l’inverno ma è ancora presto. Abbiamo bisogno dell’aiuto dei nostri amici italiani. Suonate la musica per chiunque volesse ascoltare e noi saremo lì in pochissimo tempo (dice sorridendo). Grazie per questa intervista.

Grazie a te, Dani. I migliori auguri e a presto.



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