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BELLENO, GIANNI (UT NEW TROLLS) Michele Merenda
 

Gruppo antesignano del prog italiano durante i fantomatici anni ’70, quello dei genovesi New Trolls si è ad un certo punto posto all’attenzione del grande pubblico per le continue diatribe (prima caratteriali e poi anche legali) che hanno portato a numerose separazioni, altrettante clamorose reunion e alla formazione di altre band che molto spesso – in un modo o nell’altro – hanno cercato di mantenere nel proprio nome la vecchia storica sigla. Tra queste, dopo l’ennesima frattura datata 2011, gli UT New Trolls fondati dallo storico batterista Gianni Belleno e dal tastierista Maurizio Salvi. “UT”, proprio come quel famoso album del 1972 e, particolare non da poco, come l’antico nome del “DO”, la prima nota della scala musicale.
Abbiamo ascoltato le parole di Belleno durante una lunga e sorprendente intervista, che oggi vale la pena di essere letta fino in fondo con attenzione, riuscendo così a comprendere come nacque – al di là delle leggende – il fenomeno New Trolls, cosa portò a situazioni dall’esito inevitabile e che hanno rischiato di mettere in secondo piano quanto di buono fatto in carriera. Oltre ad apprendere curiosi aneddoti (che tra gli altri riguardano anche i Led Zeppelin ed un concerto dall’esito clamoroso) e valutazioni personali su scene musicali attuali come il prog-metal.



Cominciamo subito col parlare di questa nuova realtà chiamata UT New Trolls. Scelta non certo casuale, giusto?

No, non è casuale, perché nel ’72 facemmo l’album “UT”, da cui prese il nome questo gruppo. Abbiamo ripreso un po’ da lì, come mondo musicale.

E non è un caso che si sia voluti (ri)partire proprio da quell’album…

Sì, siamo partiti da quando entrò Maurizio in formazione, col “Concerto grosso”, e dopo cominciammo a fare tutti quegli album… Poi ci fu la prima scissione dei New Trolls e quindi io, Maurizio, Nico e Frank cominciammo una nuova strada prog.

Diciamo che però, come hai ben detto, prima era già uscito il “Concerto grosso per i New Trolls”, seguito da “UT” ma anche da “Searching for a land”. Anche quello molto significativo per il prog.

Sono tutti significativi per il prog, gli album che facemmo in quel periodo. Dal ’71 al ’73-fine ’74 ci furono “UT”, “Searching for a land”, il punto interrogativo (pubblicato dopo la prima scissione ufficiale a nome “Nico, Gianni, Frank, Maurizio”, pre-Ibis – N.d.A.), prima ancora il “Concerto grosso”… Poi ci rimettemmo insieme. Comunque, dopo l’ultima scissione del 2011 ci siamo ritrovati io e Maurizio per fare questo gruppo e suonare dal vivo. Non usiamo computer o altro, ci piace suonare come si faceva una volta. Evitiamo di fare le cose più vecchie, classici tipo “Davanti agli occhi miei”, “Una Miniera”, tranne se proprio non ce li chiedono. Sennò facciamo tutta musica di tipo prog.

Tutte cose che sembrano in qualche modo interconnesse tra loro. Innanzi tutto il sound si tiene al passo coi tempi…

Cerchiamo. Cerchiamo di stare al passo coi tempi. Mantenendo sempre la sonorità nostra, che è quella degli anni ’70.

…però è anche vero che riascoltando “UT”, soprattutto nel brano “C’è troppa guerra”, già vi erano delle distorsioni che ancora oggi suonano attuali.

All’epoca Maurizio aveva un Leslie sull’organo, noi vi facevamo passare le voci in mezzo e quindi venivano fuori queste sonorità stranissime. Erano esperimenti che facevamo e che ancora oggi suonano attuali; se tu senti le voci passate nei filtri da ragazzi tipo i Link Park, suonano in quel modo.

Ma anche la distorsione per la chitarra elettrica era molto più dura per i tempi.

La prima distorsione Nico la fece su “Sensazioni” e la ottenne passando la chitarra dentro un Geloso, uno di quei piccoli giradischi portatili che appunto ci si portava in giro. Faceva passare la chitarra là dentro ed il suono veniva fuori distorto. Il primo distorsore lo inventò Nico, qui in Italia. Siamo stati un po’ i precursori di quella musica lì. Ai tempi eravamo votati a ricerche sonore diverse dai Camaleonti, dai Dik Dik, dall’Equipe, dai Pooh… Cercavamo di fare qualcosa di diverso. Poi, è nata la nostra arte di scrittura; ognuno di noi scriveva, quindi c’era molto materiale. Si provava moltissimo, vivevamo quasi sempre assieme. Oggi non lo puoi più fare. Uno sta a Genova, l’altro sta a Treviso, l’altro sta a Milano, l’altro sta a Bologna… Quindi era una grande famiglia. Una volta si viveva proprio tutti insieme, ecco.

Ciò vuol dire che il modo di vivere influenza il modo di fare musica. Nel bene e nel male.

Certo. Il modo di vivere era lo stesso per tutti e quindi insieme si faceva musica diversa rispetto agli altri. Oggi diventa più difficile, però con i computer riusciamo comunque a fare le prove singolarmente; si inviano i pezzi, ognuno si studia le sue parti, poi ci ritroviamo e proviamo. In un paio di giorni riusciamo a montare i pezzi.

Era un altro modo di sentire, all’epoca?

Sì, che era un altro modo di sentire. C’era il giradischi, c’era il vinile, che era un’altra sensazione. La musica la vivevi come la registravi. Noi il primo disco l’abbiamo fatto su un due piste, cioè in diretta. Tranne la voce del canto solista di Nico, tutto si faceva in diretta. Vivevi il pezzo così come nasceva. Ed era meraviglioso! Oggi fai prima la batteria, poi metti sotto il basso… Noi cerchiamo di fare ancora oggi quello che facevamo allora, ma non sempre riesce per tutti i pezzi. Una volta sentivi i respiri, sentivi tutto. Mentre oggi c’è la pulizia del suono, dovuta alla tecnica che negli anni è andata avanti.

Tu i New Trolls li hai visti nascere, sei stato uno dei fondatori. Cosa accadde in quel fatidico 1966? E cosa stava accadendo attorno a voi?

Accadde che io stavo suonando con i Jets, che erano praticamente i Ricchi e Poveri di oggi; Vittorio aveva i Trolls, Nico aveva i Bats e D’Adamo suonava nei Messenger. D’Adamo si unì a Vittorio nei Trolls, perché suonava sotto una sala ristorante del papà di Vittorio. C’era questo posto a Genova, sul mare, dove D’Adamo andava a suonare col suo gruppo il sabato sera, quindi diventò amico di Vittorio. Si sono visti parecchie volte e finirono per suonare assieme. Poi venne fuori Carlo Alberto Gimignani, che a Genova gestiva molti locali. Col papà di Vittorio, gli venne in mente di cercare nuovi elementi per fare un gruppo nuovo. A quel punto D’Adamo venne parecchie sere a sentirmi suonare. Mi aspettava a fine serata e tornando a casa mi chiedeva se volevo far parte di questo gruppo. Passò un mese e mezzo, alla fine andai alle prove ed il discorso era interessante. A me piaceva e dissi: “Va be’, proviamo”. Mancava un chitarrista; io dissi di andare a sentire i Bats, dove c’era questo chitarrista, che era Nico, che già allora a me piaceva moltissimo. Poi venne anche lui alle prove, ci mettemmo lì un pomeriggio col papà di Vittorio e questo Gimignani, uno scout che era veramente alla ricerca di elementi moderni. Era uno avanti per quell’epoca, anche perché riusciva ad avere tutti i dischi americani, ci teneva informati su quello che succedeva musicalmente in tutto il mondo, perciò era un grosso vantaggio per noi.
Quindi andammo a prendere Nico, mettemmo su gli strumenti… e quel giorno nacque “Una Miniera”, pensa! Fu una cosa meravigliosa… la gente che stava lì con noi alle prove a sentirla… Da lì cominciammo a vederci più spesso e a metterci insieme. Siamo nati come New Trolls, invece di fare semplicemente i Trolls. Visto che tra l’altro, all’ora, si usavano questi nomi anglosassoni…

E poi, questa svolta verso il prog.

Quello venne dopo. Nel 1968 pubblicammo il primo album, “Senza orario e senza bandiera”, prodotto da Fabrizio De André e Giampiero Reverberi, che erano venuti a sentirci suonare e ne erano rimasti entusiasmati. Da quello ne venne che conoscemmo Sergio Bardotti, il quale ci fece a sua volta conoscere Bacalov e questa idea che aveva per il “Concerto grosso”. Dopo sembrava di aver fatto già tutto, perché era un’idea talmente mastodontica per l’epoca… Invece poi scoprimmo che c’era anche questa musica, che era fatta di sensazioni, di momenti vissuti giornalieri, di vita. E quindi si poteva passare da un 3 / 4 ad un 6/8, da una parte melodica ad una parte totalmente assurda, rock-jazzata… Da lì, facemmo “Ut”, “Searching for a land”, “Canti di innocenza – canti di esperienza” col punto interrogativo in copertina ed andammo avanti, fino a che Maurizio Salvi si dimise perché doveva dare gli esami al conservatorio e ci sciogliemmo. Io mi misi con i Tritons, erano già nati gli Ibis… Un macello! Facemmo tanti di quei casini…! (ride)

Ecco, fermiamoci un attimo: il periodo “Ibis” cosa ti fa venire in mente?

Mah, il periodo “Ibis” mi fa venire in mente le nostre separazioni; la parte più brutta, perché nel momento più bello della nostra vita abbiamo fatto due interruzioni. Prima i Tritons, poi venne l’idea di fare un LP con Ornella Vanoni… Allora io misi assieme Ricky Bellomo, Giorgio Usai, D’Adamo e Vittorio e facemmo la tournée con la Vanoni. A Nico non interessava e stette fuori. Dopo venne l’idea di fare il “Concerto grosso n. 2” nel ’75. Siamo tornati insieme, però sempre con caratteri abbastanza duri, già non andavamo più d’accordo. Troppi galli in un pollaio non credo che vadano bene, quindi c’era chi voleva primeggiare più dell’altro e penso che tutto questo ci abbia portato alla “sfiga” di oggi. È stato un fatto caratteriale nostro. Nel 2011 ci siamo messi insieme ancora una volta, ma non è durata neanche un anno. Caratteri insopportabili, non ci sopportiamo più…

Ma allora siete come quei coniugi che stanno bene insieme purché non vivano nella stessa casa!

Esatto, bravissimo. Però, sai, quando fai musica, un po’ nella stessa casa ci devi stare. Le prove, le scelte dei pezzi… Ognuno di noi portava sei-sette brani già pronti; chi doveva scegliere cosa andava dentro e cosa doveva star fuori? Diventava un massacro, io non avevo più voglia di discutere con nessuno. Ad una certa età non si discute. Un pezzo è bello; di chiunque sia… chi se ne frega? Se siamo sempre noi, che importa? Ma a qualcuno non stava bene, perché se il pezzo l’aveva portato lui allora doveva firmarlo solo lui… Avevamo sempre fatto in un modo, perché cambiare? Intanto il pezzo veniva portato, poi tutti ci avremmo messo del nostro… E allora dissi: «Non ho più voglia. Ognuno per la sua strada, è meglio così».

Però, tornando agli anni ’70, paradossalmente erano nate due belle realtà: gli Ibis da un lato ed i New Trolls Atomic System dall’altro.

Sì, due belle realtà, che però lasciavano il tempo che trovavano. Perché la nostra scrittura, quella dei New Trolls, quando eravamo tutti insieme, è ciò che qui in Italia ci ha portato ai massimi livelli. Tutti insieme siamo una forza, è il nostro modo di essere. Però a vent’anni sopporti di più; sei sempre nella mischia, fai serate, ti svaghi… Adesso, stare insieme è dura. Non è più come una volta, poi ognuno ha i suoi problemi. Insomma, diventa un lavoraccio!

Quindi oggi arriviamo agli UT New Trolls ed il cerchio si chiude.

Per me e Maurizio, sì. Ricky (Belloni, chitarrista a suo tempo anche nei Nuova Idea – N.d.A.) si è fatto il suo gruppo, Il Mito New Trolls, e Usai suona con lui. Ogni tanto ci sentiamo, ci salutiamo, mangiamo assieme… Io ho fatto il mio e mi trovo benissimo. Con Maurizio facciamo la musica che ci piace, non discutiamo mai, quando il pezzo è dell’uno o dell’altro non ce ne frega niente e non abbiamo nessun tipo di problema.

Maurizio che entrò a suo tempo nel gruppo al momento del “Concerto grosso”.

Un pelino prima. Il nostro primo tastierista, Mauro Chiarugi, era andato al militare e Maurizio lo sostituì.

Prima si parlava di un sound reso attuale; può essere anche un modo per non far apparire stucchevoli delle soluzioni che magari un tempo avevano un senso, mentre oggi la cosa è un po’ differente.

Certo che è differente. Difatti cerchiamo sempre di mantenere dei brani con un po’ di melodia, però è più difficile. I giovani di oggi seguono tutt’altra musica. Noi il prog lo facciamo per quelli che lo amano e per quelli che vengono per ciò che abbiamo già fatto. Oggi, un disco nuovo non credo che abbia vita. Tranne se dentro ci metti grandi canzoni, delle grandi melodie, idee musicali molto all’avanguardia, suonate veramente bene, perché oggi suonano tutti a certi livelli.

A tal proposito, Claudio Cinquegrana sembra essere il “collante” ideale.

Claudio è perfetto. Ma anche questo nuovo bassista, Paolo Zanetti. Per andare avanti oggi ci vuole gente che non si sia fermata musicalmente, perché ci sono i giovani che con la cultura moderna ed i computer si sono evoluti. I musicisti di oggi sono più bravi di quanto lo eravamo noi una volta. Non avevamo possibilità di ascolto, di scambi con l’estero; oggi premi un pulsante e sei in America, per dire. Ascolti la musica che vuoi, i chitarristi che vuoi, i batteristi che vuoi, i più bravi, ti fanno vedere come suonano… Noi non ce le avevamo queste cose ai tempi, dovevamo inventarci tutto.
Nel ’71 sono venuti i Led Zeppelin con noi al Vigorelli a Milano e li abbiamo massacrati! Noi abbiamo fatto uno spettacolo intero, loro hanno fatto quattro pezzi e li hanno fatti smettere. C’erano ottantamila persone, ci si trovava in quel periodo di contestazione in cui si diceva cose tipo: «La musica è nostra», «Non si paga il biglietto»… Noi facemmo tutto il concerto, agli altri hanno rovesciato gli strumenti, li hanno tirati giù dal palco; è scoppiato un macello, con la polizia e tutto… Magari, qualcuno che gira se lo ricorda ancora!

Tornando ai nuovi musicisti, dobbiamo nominare il secondo tastierista Stefanio Genti e poi, decisamente, questo Umberto Dadà alla voce.

Ha una voce incredibile! Umberto è decisamente un’altra cosa. Per noi Dadà è il nuovo Nico. Tiene potenza vocale ed una voce bellissima.

“Oltre il cielo” dal vivo diventa completamente un’altra cosa, cantata da lui.

Sì, ma non solo. Diciamo che più avanti andiamo con lui e più scriviamo cose che vanno bene per il suo modo di cantare. Sai, prima era lui che si adattava a noi, ora sono io che voglio creare un tipo di scrittura che si possa adattare alla sua voce ed al suo modo di cantare. Magari ne viene fuori una cosa diversa.

Una voce che potrebbe essere accostata a quello di Roberto Tiranti.

Sì, diciamo di sì. Adoro la voce di Roberto. Tornando a Dadà, per il momento canta solo pochi pezzi. Non suona strumenti, quindi se ne sta di lato, per i fatti suoi. Poi viene fuori, lo senti cantare e dici: “Porca p…, che voce!”. Ma adesso, con i brani nuovi, lo faremo cantare di più, con noi che facciamo i cori, le risposte… È tutto un lavoro che non si può fare in un disco solo, ma in due-tre anni. Con un gruppo nuovo che abbia tutte le basi e che metta in risalto tutti gli elementi. Maurizio Salvi, quando suona, da solo è un’orchestra sinfonica, ma non è che si possano fare tutti i brani così, devi dare spazio a tutti. Non è facile. Però è divertente!

Ciò vuol dire che “UT” è davvero la prima nota musicale e che quindi per voi è sul serio un nuovo inizio. Si ricomincia daccapo.

Si ricomincia daccapo, sì. Adesso stiamo preparando i brani per l’album nuovo, alla fine dell’estate lo registriamo.

Domanda un po’ scontata: come vedi l’attuale scena musicale italiana?

Beh… non c’è niente! Cosa c’è!? Onestamente, c’è qualcosa di nuovo che a te fa impazzire?

Impazzire, no. Però c’è ad esempio il secondo degli Unreal City che sembra molto buono, anche se si sentono riferimenti evidenti ad altri vecchi gruppi. In alcuni tratti si avvertono trovate tipo Banco del Mutuo Soccorso, non si inventa certo nulla di nuovo.

Ohhhh, ecco… Io vorrei invece fare cose che gli altri non fanno!

E poi ci sarebbero i Tom Moto…

Che io non conosco. Perché non si conoscono ‘sti gruppi?

Infatti. Una proposta sicuramente ostica, ma soprattutto il secondo album è molto interessante. Di certo, per essere tale, non per forza deve piacere a tutti. Forse, a volte, il bello sta anche in questo.

Mah, noi cerchiamo di piacere a tutti. Se ci riesci, hai fatto tredici! Si cerca di mantenere il nostro modo di essere e di prendere più gente possibile. Anche i giovani, ché i New Trolls non sanno neanche chi sono.

Che ne pensi del prog-metal?

Mi piacerebbe, però è un esperimento che nel gruppo potrei fare solo con Claudio, perché a Maurizio il metal non piace tanto. Però, se ci fosse da fare qualche parte in alcuni brani, andrebbe anche bene. Certo, ci si deve sedere, non è facile…

I vecchi brani dei Dream Theater come ti sembravano?

Bellissimi!

Però, per i “Soloni” del rock progressivo, che guardano sempre tutto molto seriamente, i Dream Theater sono da contestare per vocazione. A priori.

Ma guarda, Maurizio ha un sacco di idee… Mettere la musica classica col rock… prendere dei brani classici che nessuno conosce, estrapolare le partiture e metterle dentro ai brani che suoniamo noi… Inserirli con cambi di tempo da 5/4, 7/8, 17/13… C’è da diventar scemi! Possiamo farlo, basta che all’orecchio tutto vada via “liscio”. Perché se uno che ascolta un pezzo deve solo contare, è finita! Deve arrivare come se fosse una canzone; tutto pulito, tutto preciso e tutto che piace.

Questo vuol dire che determinate critiche arrivano perché in certe soluzioni non si riesce a cogliere il lato emozionale?

Non si deve perdere d’emozione, perché al momento in cui fai musica difficile e non sai emozionare… c’è qualcosa che non funziona, vuol dire che hai sbagliato. Per me, quando si suona – che sia un valzer o un tango –, l’emozione ci deve essere. Se non c’è, meglio lasciar perdere. Non coinvolgi nessuno.

Chiudiamo con una domanda cattiva e magari calzante con la storia dei New Trolls: i pettegolezzi vengono ricordati meglio dei meriti acquisiti sul campo?

Guarda, io non vado matto per i pettegolezzi, perché tutto ciò che è brutto l’ho già cancellato, non mi interessa. Sono talmente tanti i momenti brutti, che è meglio lasciarli perdere. Tanto, non hanno portato a niente. Io ricordo solo le cose positive, in maniera d’andare avanti. Se un errore è servito a migliorare, lo ricordo volentieri; ma se è solo per parlarne, recriminare e così via, dico: «Basta, è passato» e lo cancello. Insomma, non credo nei pettegolezzi. Credo nei fatti. La prova del nove poi ce l’hai quando vai dal vivo: se dai emozione, suoni e funziona tutto vuol dire che sei vincente. Sennò, è meglio stare a casa!

Ringraziamo Gianni Belleno per la bella chiacchierata, augurando a lui, Maurizio Salvi e a tutti gli UT New Trolls di realizzare quanto prefissato all’inizio di questo nuovo ed ennesimo viaggio.


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