Home

 
GHOST RHYTHMS Jessica Attene
 

Storie di ritmi fantasma, di strane ossessioni e di personaggi immaginari che si impossessano delle vite di quelli reali, atmosfere da pellicola in bianco e nero, luci e ombre che attraversano un album lunghissimo che parla di desiderio, passione, paura e morte utilizzando i linguaggi del jazz rock, della musica da camera e del progressive rock. Stiamo parlando dell'album dell'anno forse, “Madeleine”, colonna sonora alternativa di “Vertigo” che vi invito a scoprire più a fondo attraverso questa intervista ed in particolare attraverso le parole di Xavier Gélard (batteria) e Camille Petit (piano), membri fondatori dei Ghost Rhythms.


Come nasce la vostra passione per Bernard Herrmann, quali elementi del suo stile avete incorporato?

Camille: Per ciò che mi riguarda, era una questione di passione per la musica da film, in generale, fin dall’adolescenza. Il compositore che mi ha segnato di più, specialmente per la concezione organica delle sue ritmiche, è Jerry Goldsmith. Ho scoperto Herrmann come molti attraverso i film di Hitchcock. Più in particolare “Psycho”. Ricordo di aver visto un documentario a quindici anni sulla musica da film del periodo d'oro di Hollywood che mostrava Herrmann come qualcuno che prendeva molto sul serio il suo lavoro per il grande schermo, ma che ha rimpianto per tutta la sua vita di non essere un direttore d’orchestra di fama, cosa che ha mantenuto in me una sorta di distanza da lui, perché non comprendevo che si potesse rimpiangere di "non essere che un compositore."
Non abbiamo consapevolmente incorporato elementi del suo stile nella composizione dell'album, se non in alcuni arrangiamenti di “Apparition 2” dove ho cercato di avvicinarmi a quello che pensavo fosse un colore herrmanniano, con l'uso dei legni in un registro molto basso (tra i quali in special modo il clarinetto basso e il sassofono baritono).
Per contro abbiamo citato alcuni elementi tematici della musica di “Vertigo”. In special modo una sequenza armonica caratteristica e molto espressiva contenuta nel tema d'amore del film e che avevamo, casualmente, già utilizzato nelle composizioni successive. Ne abbiamo fatto un elemento chiave del disco.
Xavier: Abbiamo anche "citato" la musica di Herrmann inserendo delle campionature molto brevi della colonna sonora originale nella canzone “Pour toi (mais tu n’écoutais pas)”. Peraltro gli estratti che abbiamo usato sono presi da scene diverse rispetto a quelle in cui appaiono.

Cosa vi affascina di più del personaggio di Madeleine?

Xavier: Per ciò che mi riguarda, quello che mi affascina di questo personaggio è il fatto che sia onnipresente e che non si veda. Madeleine è una finzione introdotta da Gavin Elster, interpretato da Judy; ma poi è costretta da Scottie a ridiventare Madeleine. Judy è ossessionata da Madeleine, che è più reale di lei, anche se è una finzione; Scottie non può amare Madeleine, che è più reale rispetto alle altre donne. Questa influenza della finzione sulla realtà mi intriga parecchio. Questi sono per me i veri fantasmi: i personaggi fittizi che hanno un’influenza su di noi. I libri di Pierre Bayard mi danno un "quadro" teorico per pensarlo: ha scritto dei libri in cui ha ripetuto le indagini di Sherlock Holmes, per esempio, per trovare il vero colpevole, che sarebbe sfuggito a Sherlock Holmes e a Conan Doyle. Il substrato teorico delle sue esperienze è quello di mostrare che l'autore è "giocato" dai suoi personaggi, i quali hanno vita propria.

Mettere insieme un ensemble con così tanti elementi non deve essere stato facile, come è nato il vostro gruppo?

Xavier: La gestazione è stata lunga. Il gruppo nasce nel 2005. Prima di questo progetto, Camille ed io suonavamo in gruppi di rock progressivo. Abbiamo sviluppato questo progetto jazz perché non avevamo paura di nulla. All'inizio abbiamo sviluppato degli abbozzi ritmici per poter contattare delle persone su Internet in modo da venirci a fare dei cori. Questa fase ha dato vita a una vera e propria band, che si è stabilizzata attorno ad un nocciolo duro: oltre a Camille (pianoforte) e me (batteria), abbiamo Gregory Kosovski al basso e Guillaume Aventurin alla chitarra, Julien Bigorgne al flauto e David Rousselet al sax tenore fin dall'inizio. Camille e io abbiamo sviluppato le nostre composizioni in quel contesto.
Camille: Parte delle prime canzoni sono nate della registrazione di una sessione di improvvisazione batteria/piano fatta in casa dei genitori di un amico (Jonathan Martin, un artista che gestisce la nostra estetica visuale). Si trattava essenzialmente di schizzi, buttati giù nell'impulso del momento. In seguito, ognuno da parte sua ha lavorato su queste ed altre idee che avevamo già sviluppato. I pezzi erano ancora allo stato embrionale quando abbiamo iniziato a chiedere ai nostri primi contatti (tra cui Julien Bigorgne) di sforzarsi di trovarci delle idee di improvvisazione e questi ci hanno mandato le loro registrazioni via mail. Non venivamo dal jazz e tutto questo era per noi qualcosa di molto nuovo ed eccitante, una sorta di laboratorio sperimentale. Il gruppo ha iniziato ad esistere quando abbiamo reclutato il bassista e cominciato a fare delle prove regolari. Poi l’aggiunta di diversi strumentisti è stata fatta in base alle nostre esigenze e ai nostri incontri.

Ghost Rhytms è senz'altro un nome molto particolare. Ha a che fare con le atmosfere evocate dalla vostra musica? Come lo avete scelto?

Xavier: Abbiamo cercato un nome che rispondesse al "concetto" che stava alla base delle nostre composizioni. Sotto l'influenza del rock progressivo, ma anche di Steve Coleman, abbiamo iniziato a raccogliere delle ritmiche la cui interpretazione dipende dal contesto di ascolto. Un esempio: su “Heart of the Sunrise” degli Yes, Bill Bruford fa sentire la sua batteria gradualmente sul motivo del basso. E, se si presta attenzione, si noterà che la sua collocazione su questo basso non è la stessa all'inizio e alla fine di questa sequenza! La prima collocazione è un'illusione che lascia credere che il primo movimento della misura coincida con le prime note del basso. In realtà, la vera disposizione la si vede alla fine della sequenza, questa nota del basso è sul secondo tempo del motivo di batteria! Gli esempi sono moltiplicabili all'infinito: nel caso di Bruford è un movimento intenzionale, ma in altri contesti, più interpretazioni sono possibili, senza che ciò sia volontario da parte dei compositori.
Un basso senza pulsazioni per indicare la sua collocazione può essere sentito bene in molte partiture ritmiche differenti. La nostra idea iniziale era questa: far coesistere le diverse interpretazioni ritmiche di uno stesso motivo all’interno di una canzone. Queste diverse "vite" del motivo, che si escludono a vicenda, apparivano e scomparivano lungo tutto il pezzo, arrivando ad "infestare" le altre possibili interpretazioni. Sapevamo che esistevano "note fantasma", queste note suonate per aggiungere groove ma alle quali non può essere data particolare altezza; dalle "note fantasma", siamo passati ai "ritmi fantasma", ma privilegiando quest'idea di infestazione che ha trovato un nuovo significato nel progetto “Madeleine”. Ma questa connivenza dei "fantasmi" nell’accezione corrente con la nostra idea dei "fantasmi ritmici" è già presente fin dal nostro primo disco, che è stata posta sotto l'egida di Philip K. Dick: "Spesso le persone sostengono di ricordare le vite passate. Io rivendico di ricordare una vita presente diversa, molto diversa". I fantasmi, ai miei occhi, non sono venuti dal passato per perseguitarci: li creiamo, e ci aiutano a vivere.

Ho letto che avete scritto “Madeleine” senza guardare il film. E' proprio così? Come siete riuscire ad adattare così bene la musica alle immagini?

Xavier: È vero, abbiamo assemblato dei pezzi, alcuni dei quali erano stati composti di fuori di questo progetto ed altri appositamente per esso, rifiutandoci in partenza di pensarli in relazione al film, se non in termini di atmosfere. E' solo dopo di ciò che abbiamo rivisto il film e provato a vedere, in base a criteri diversi (coincidenza, lunghezza adeguata, un'atmosfera adatta...) quale sequenza sarebbe andata meglio. E' stata, ai miei occhi, la parte più magica del progetto perché niente indicava che avrebbe veramente funzionato. Abbiamo dovuto fare ritocchi, cancellare una cosa qui, aggiungerne altre là, riempire i buchi che non erano stati in grado di avere della musica, ma ci siamo davvero imbattuti fin dall'inizio su delle collocazioni incredibili. Ricordo di aver vissuto una fortissima emozione osservando che "Carlotta Valdes" si adattava sorprendentemente a una sequenza del film cui l’avevamo accostata per caso. Ho davvero pensato che stesse accadendo qualcosa di importante e al di là di me. Naturalmente, l'ispirazione per tutto ciò che è la leggenda di "Dark Side of the Rainbow": qualcuno si è divertito a metter su "The Dark Side of the Moon" assieme a "Il Mago di Oz" e questo ha funzionato. E' una storia affascinante, l’abbiamo voluta ripetere, in qualche modo, mantenendo al centro di questo processo l'importanza del caso, la possibilità di rivelare una sincronicità che avesse un senso.
Camille: C'era qualcosa di quasi magico quando abbiamo fatto le prime prove di visione cinematografica con le nostre canzoni. Naturalmente avevamo una buona conoscenza del film prima di comporre e durante il periodo di gestazione dell'album (che si è esteso su più anni) l’abbiamo rivisto più volte. Ma è vero che, finora, le principali preoccupazioni nella composizione della maggior parte dei pezzi erano di natura formale. Ogni composizione è come un problema da risolvere: "come costruire una forma soddisfacente da questa idea musicale?". Allora l'intero processo ha oltrepassato la composizione di ogni singolo pezzo. Una sorta di gigantesca rete di collegamenti e connessioni, consci e inconsci, è stata creata. Un sistema abbastanza vertiginoso di cui siamo sia orgogliosi che stupiti. Va precisato, tuttavia, che il mostro così creato non pretende di essere una colonna sonora tradizionale, nel senso che non si adatta perfettamente all’azione o alle emozioni sullo schermo.
Xavier: Vorrei aggiungere che questo "divergenza" con la tessitura emotiva originale della musica di Herrmann permette anche l'emergere di una nuova interpretazione. Si può guardare il film in altra maniera. Per me, questo significa guardare il film concentrandosi sulla vicenda di Madeleine, in quanto fantasma.

Nel gruppo avete tutti un background simile o provenite da ambiti diversi? Come riuscite a convogliare le esperienze di tutti i musicisti in un unico stile?

Xavier: Camille ha una cultura classica ed è venuto al rock progressivo, credo, per avermi incontrato; io ho una cultura "progressiva", e sono arrivato al jazz con lui. Il nostro bassista è un fan di Zappa, il chitarrista è un grande appassionato di jazz, il nostro sax tenore ha suonato reggae in gioventù... Ciò che funziona in un gruppo come questo è il progetto comune. Questo progetto ha diverse dimensioni: umana, in primo luogo, perché facciamo molto affidamento sull’umorismo; "professionale", poi, perché tutti noi portiamo la volontà di fare musica seria e interessante senza farne un lavoro; musicale, infine, perché sentiamo soprattutto l'amore per la complessità, in un senso nobile: non vogliamo fare cose complicate solo per il gusto di farlo, ma vogliamo legare il piacere immediato della musica a un approccio più cerebrale. In termini di dinamica, l'equilibrio del gruppo si basa su una tensione tra musicisti "istruiti" e musicisti autodidatti; e una tensione tra l'influenza del rock progressivo e l’influenza classica o jazz.
Camille: Abbiamo iniziato questo progetto senza alcuna formazione o esperienza nel jazz, e una cultura abbastanza relativa in questo ambito (per me il punto di partenza è stata la scoperta di Steve Coleman). Penso che sia quello che ci ha fatto incontrare dei musicisti a metà strada tra il jazz e le altre musiche. Abbiamo bisogno di solisti agili ma non abbiamo parlato il linguaggio dei jazzisti ultra specializzati.

State portando sul palco Madeleine? L'ideale sarebbe suonarlo per intero con le immagini del film sullo sfondo. Avete provato qualcosa di simile?

Xavier: Lo abbiamo già fatto! Due volte, e lo faremo ancora una volta quest'anno l’11 febbraio. Siete invitati. Si tratta di un'esperienza terrificante ogni volta, perché io sono responsabile dei "segnali" e devo concentrarmi per riprodurre il più fedelmente possibile le collocazioni che abbiamo trovato per abbinare disco e film, ma è davvero qualcosa da vedere. Questa volta dovrebbe essere filmato. Spero che potremo farlo di nuovo, ogni anno forse, come un appuntamento ricorrente.

Ho letto che state realizzando un EP “Work in Progress” intitolato “Mind The Goat”. Di che si tratta?

Xavier: Si tratta di canzoni che abbiamo iniziato a registrare a lungo prima di “Madeleine” e che non avevamo sfruttato e su cui torniamo sopra. La maggior parte sono degli "spin off" di brani presenti nei nostri dischi ("Ghost Rhythms", "Seven Circles" e "Madeleine"), idee non sfruttate o variazioni; altri sono pezzi che non hanno trovato posto su questi dischi. A dire il vero, è un modo per noi di dare una forma a queste canzoni che si erano perse nel limbo. L'unità del disco sarà assicurata da una storia: una capra comincia a levitare dopo l'incontro con il ballerino Nijinsky. Dovrebbe trattarsi di un EP in digitale, qualcosa di divertente ma anche serio, che richieda meno tempo di "Madeleine".

Pensate di realizzare un disco ambizioso come “Madeleine”? Avete già qualche idea da anticiparci?

Xavier: Non sono le idee che mancano... quanto il tempo e il denaro! In ogni caso, se tutto va bene l'anno prossimo dovremmo proporre un live dove riarrangeremo col gruppo attuale delle canzoni che non suoniamo da lungo tempo e altre che non abbiamo mai registrato. E’ comunque ancora presto. Al di fuori dei Ghost Rhythms, Camille lavora al secondo capitolo del suo progetto solista, Lady With; per quanto mi riguarda devo finire un progetto piuttosto "post-rock" che ho iniziato molto tempo fa, un EP del mio progetto Habitat Farine. Per quanto riguarda un vero e proprio nuovo CD dei Ghost Rhythms, vale a dire un insieme di composizioni dettate o accomunate da un concept, non abbiamo ancora definito niente.
Camille: “Madeleine” è un punto di svolta. Sento di aver esaurito un certo metodo di composizione. L'ambizione principale del prossimo album, per ciò che mi riguarda, sarà quindi quello di riuscire a fare qualcosa di veramente nuovo! Il live, nel frattempo, è una sorta di ricreazione e un modo per celebrare i dieci anni del gruppo.
Xavier: "Live" tra virgolette perché sarà un live in studio. Cercheremo di creare un'atmosfera speciale, una sala che non esiste, un concerto nello "Yoshiwara", il club immaginario del film "Metropolis".

Il vostro pubblico appartiene più alla sfera jazz o al progressive rock? In che ambito avete ottenuto maggiori apprezzamenti?

Xavier: Il pubblico che ci segue in Francia è piuttosto jazz (è in locali jazz che suoniamo, essenzialmente), ma al di fuori della Francia, dove le etichette sembrano meno importanti, troviamo molto interesse da parte di una comunità informale di persone che ascoltano indifferentemente musica jazz, progressive rock e fusion. Quelli che acquistano i dischi da Wayside e Cuneiform, se si vuole, e che riconoscono immediatamente in noi le influenze progressive E le influenze jazz, senza che questo dia fastidio. In Francia, è la mia impressione, si deve essere l’uno o l'altro, o essere i Magma.



Bookmark and Share

Italian
English