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HOMUNCULUS RES Michele Merenda
 

Homunculus era uno strano personaggio del “Faust” di Goethe (estrapolato dalla già esistente tradizione alchemica); una specie di demone benigno… in provetta! Intelligente, luminoso, capace di leggere nel pensiero, che non potendo vivere al di fuori della sua fiala di vetro cercherà un modo per poter finalmente nascere.
Il gruppo di Palermo sembra essere tutto questo. Un’entità senza contorni, che in pratica si traduce nel suonare senza limiti costrittivi, sentendosi magari liberi di tirare uno scherzo birbone e continuare a tenere un’espressione assolutamente seria su un viso impassibile. Il “Canterbury-sound” è all’unanimità ritenuto il loro riferimento più evidente, che ha portato i diretti interessati a citare più volte i genovesi Picchio dal Pozzo tra le (varie) influenze. Con il secondo “Come si diventa ciò che si era” (2015) sembra esservi stata l’agognata consacrazione, grazie anche a Dario D’Alessandro, autore di musiche, testi e grafiche, che sembra aver focalizzato bene la propria ispirazione di pittore ed illustratore, traslandola in quel particolare mondo musicale tirato fuori da una strana provetta di vetro. E l’intervista non poteva essere più anticonvenzionale!



Palermo-Canterbury è un viaggio di sola andata oppure è previsto un eventuale biglietto per il ritorno?

“Canterbury” è una forte influenza, non lo nego. È tra le cose che più ci piace ascoltare. Ma cosa si intende per “ritorno”? La canzone italiana? Il prog italiano?

Tutto ciò che potrebbe riportare a casa, magari facendo preparare le valige per un nuovo viaggio musicale.

Beh, le influenze sono anche altre, alcune delle quali forse si avvertono meno: il pop, il soul, il RIO.
Dici che siamo "esterofili"? (sorride)

Mah, tu che diresti?

Non saprei, forse ci sono troppo dentro per giudicare oggettivamente. Ascoltiamo anche abbastanza progressive italiano, comunque. Del resto, il prog italiano è leggermente influenzato da quello inglese.

I Picchio dal Pozzo – tra i vari riferimenti – non sono più un segreto, infatti. E sempre a Canterbury torniamo, in un modo o nell'altro.

Sì, possibilmente gruppi più estrosi italiani e meno "sinfonici", con una predilezione per il jazz-rock, tipo Dedalus, Perigeo, Duello Madre, Esagono, Baricentro, ecc…

Interessante. Ma a questo punto, per la vostra ispirazione, può aver giocato maggiormente la cosiddetta "Scena di Torino" oppure il “non essere allineati convenzionalmente” di alcune realtà meridionali, tipo i Napoli Centrale?

Guarda, noi siamo totalmente indipendenti da una scena regionale, meridionale o nazionale che sia. Abbiamo delle predilezioni soprattutto per le musiche più eccentriche del Sud, del Nord, francesi, inglesi... Quello che cerco nella musica, prog e/o non prog, è originalità, un po' di follia e ricerca nelle melodie, consonanti o dissonanti.

Tutto questo su testi ad oggi cantati in italiano, peraltro.

Mi sentirei scemo a cantare in un'altra lingua (ci ride su).

Appare come un ottimo motivo per continuare a cantare in italiano, quindi.

Senz'altro. Beh, i testi del Picchio sono magnifici nonostante una loro (come la nostra) predilezione per Wyatt e soci.

Nuove follie italiane ma allo stesso tempo universali, all'orizzonte?

Nuove follie? Intendi nuovi pezzi? Sì, al momento ho scritto sei canzoni per il terzo disco. Sottolineo “Canzoni”, voglio che siano tutte cantabili e possibilmente fischiettabili. Apparentemente semplici e dirette ma sempre con trucchi matematici, tempi spezzati, contorsioni varie, sviluppi inaspettati. Tutto cercando di mantenere una certa godibilità che deve soddisfarci.Ho ancora diverse cose che voglio sperimentare: poliritmie, sedicesimi...

Mi sa che per "merito" degli Homunculus Res si dovrà inventare un nuovo modo di fischiare...

Guarda che abbiamo fan di 5 anni, ah ah ah!

Il destino delle generazioni future è quindi oramai segnato?

Alcuni sono rovinati. Pubblico sottratto all'hip-hop.

E… altri? (Un modo scherzoso per dire che se alcuni sono rovinati... altri come sono messi?)

Di solito i nostri simpatizzanti apprezzano il fatto che rendiamo fruibile qualcosa di complesso. I testi, inoltre, contribuiscono a dare un senso di levità. Ed in effetti è proprio quello che ci eravamo prefissati.

In genere riuscite a sintetizzare tutto in pochi minuti.

Sì, non facciamo "girare" molto gli elementi. Un po' perché ci annoiamo a ripetere più volte lo stesso giro, oppure perché dovremmo riempire il pezzo di assoli… Ma soprattutto ci piace costruire piccole sinfonie, per dirla con Brian Wilson.

E quando invece dilatate i brani, l’intento qual è?

Quello – come nel caso della coda di “Vesica Piscis” – è sempre scherzoso, nel senso: «Ehi, facciamo il contrario della nostra attitudine tanto per spiazzare l'ascoltatore».Sono quasi dei dispetti bonari.Nel caso dei diciotto minuti di “Ospedale Civico”, l'intento era proprio di rispondere a chi ci ha un po' rimproverato questa stringatezza, per alcuni esasperante. Ricordo un critico – non rammento più chi era, uno del nord Europa – che scriveva: «Ma perché non continuano questo giro, proprio ora che mi stava prendendo?». Per “Ospedale Civico” è stata una sfida con noi stessi, un po' per prendere leggermente in giro il formato suite chilometrica e un po' per vedere se ne eravamo capaci. Ora “Ospedale…” è uno di quei pezzi che suoniamo più facilmente dal vivo. Sono sempre esperimenti: possono riuscire bene o male.O così così.All'interno di “Ospedale…”, poi, ci sono per lo meno una trentina di temi. Ho cercato di farli stare tutti in un continuum coerente. Pezzi di “Ospedale Civico” stanno anche fuori da esso (ride), come in "Doppiofondo del Barile" o "S". Nel primo album, invece, il brano “Culturismo Ballo Organizzare” è una sorta di summa di tutto il disco, un prontuario/sommario.

Per curiosità: il resto della band sposa in toto tale filosofia oppure nascono a volte delle questioni?

Devo dire che andiamo d'accordissimo. Se ci sono perplessità su alcuni passaggi, troviamo la soluzione di arrangiamento che possa soddisfare tutti.

Suonate insieme da tanto?

Esattamente dal settembre/ottobre del 2009. Io avevo dei primi brani già pronti. Poi, diciamo un annetto dopo, abbiamo cominciato ad intensificare le prove. All'inizio del 2012 abbiamo cominciato a registrare il primo disco (che prevedeva altri brani davvero demenziali).Nell'ottobre 2012, Marcello Marinone ci comunica l'intenzione di pubblicare l'album. Album uscito il primo giugno 2013, con contributo prezioso di Paolo Botta che ha arricchito con alcuni assoli e coloriture varie.

Gli ingranaggi hanno quindi cominciato a girare...

Sì, io scrivo pezzi con più scioltezza e li realizziamo con più velocità di quando ci siamo conosciuti. C'è affiatamento, abbiamo imparato a conoscerci. Il problema adesso è non ripetermi. Ogni tanto sento una cosa che ho fatto, magari somiglia a qualcos'altro che avevo già espresso e l'accantono o la trasformo.

A tal proposito, che opinione hai della musica da te composta nell'immediato passato?

Be', sono molto autocritico. Ci sono brani a cui sono più affezionato, altri che invece non riesco più a sentire (che non dico).

Sembra una cosa comunque normale.

Infatti. Come dice Rocco Tanica: «Il miglior pezzo è quello che si deve ancora scrivere, ma ricordate di scriverlo col cuore».

Giusto! Questo però porta anche a dire che il gruppo, a parte l'apparenza burlona, presenta una sua profonda ricerca. Fin dal nome.

Certo, burloni ma anche curiosi di ricercare, che poi sono i due estremi della musica che mi interessa, da Morton Feldman ai Beatles.
Per quanto riguarda il nome… Anche lì, si capisce che c'è un tema serioso legato all'alchimia/magia che noi dissacriamo un po', con quel tocco di nichilismo che purtroppo o per fortuna ci appartiene.

Ma questo nichilismo è tipico della tua terra... oppure è anch'esso di portata mondiale, senza confini?

Ecco, qui ti accontento. Questo atteggiamento un po' sarcastico, un po' surreale, è probabilmente la Cosa più siciliana che infondiamo nella nostra musica, questo sì, e sono contento che venga fuori.

Eh, questo lo si coglieva.

Anche ascoltatori stranieri la colgono. Chi di loro è stato in Sicilia, la riconosce.Poi non so, ci sono anche certi ritmi "latini" che inseriamo, che però io non considero strettamente "mediterranei".

Bene, per concludere: Palermo, con i nomi delle sue strade in italiano, arabo ed ebraico, è una fonte di ispirazione internazionale?

Mah, non so. Di certo Palermo è stata un crocevia fondamentale per il Mediterraneo (ora dico ovvietà, pardon!) ed è chiaro che la città, con tutti i suoi stili architettonici – molte volte sincretici – e il suo linguaggio frutto di tante dominazioni, è fonte di ispirazione per noi. Per il resto del mondo non so… Tradotto: è un vero casino, una città molto complessa!

Vista la proposta musicale scaturita – che piaccia o meno –, si suggerisce a molte band di gettare un occhio al caos creativo che il capoluogo siciliano sembra covare tra le sue vecchie mura. Chissà cosa potrebbe venir fuori. Rimanendo nel frattempo in attesa della sicuramente inusuale terza fatica degli Homunculus Res.



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