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BUBU Francesco Inglima
 

































Tra tutte le one-album-band della storia del progressive rock, gli argentini Bubu sono sicuramente tra i più apprezzati e amati. Il loro album “Anabelas” è stato sicuramente uno degli apici del progressive argentino e non solo. Potete quindi immaginare lo stupore che hanno suscitato 15 minuti di musica "nuova" (l’EP “Resplandor”, pubblicato solo in digitale) da parte dei Bubu dopo 38 anni di silenzio. Non potevamo quindi lasciare l'occasione di approfondire la questione con la mente e il compositore di tutto il materiale dei Bubu: Daniel Andreoli.


Ho appena ascoltato i 15 minuti di “Resplandor” e ho come la sensazione che il tempo si sia fermato al lontano ’78, anno di uscita di “Anabelas”. Le "nuove" composizioni mi sembrano la perfetta continuazione delle "vecchie". Quando sono stati composti i pezzi di “Resplandor”?

E’ vero… il mondo della creazione è atemporale, la composizione ha seguito il suo corso e “Resplandor” è il seguito di “Anabalas”, anche se la prima si è formata tra il 1973 e il 1976, e la seconda ha visto la luce tra il 2013 e il 2016.

Inutile nascondersi, noi tutti speriamo che i 15 minuti di materiale inedito appena usciti siano solo il preludio di qualcosa di più corposo. Quali altre novità ci attendono?

In questa prima tappa presenteremo dal vivo quello che diventerà un LP con le stesse caratteristiche dell’EP




Cosa hai fatto di bello in tutti questi anni? Sulle note della ristampa di “Anabelas” ho letto che tu hai continuato a comporre in tutti questi anni. Che tipo di musica hai composto?

In parallelo con la composizione, essendo anche studente, è avvenuta la creazione del primo laboratorio di musica elettronica “Centro cultural Buenos Aires”, capitanato da Francisco Kröpfl e altri grandi maestri, eredi dell’Istituto Di Tella. E’ stato un periodo di approfondimento, tutto il mio essere cominciava a percepire ciò che si chiama “Arte concreta”. Il silenzio, la assenza di strutture premeditate mi hanno collocato in un nuovo paradigma lontano dal Rock. In quel periodo hanno visitato l’argentina, grazie all’istituto Goethe e della SIMC (Società Internazionale di Musica Contemporanea) i compositori Ivo Malec (dall’elettroacustica allo strumentale), Fransón Bernad Mashe (Modelli Naturali) y Helmut Lachenman che ha sviluppato il concetto di rete armonica, influenza che è giunta fino a “Resplandor”.

Quali sono state le motivazioni che hanno spinto a far resuscitare i Bubu dopo 38 anni dal vostro primo e unico disco?

Bubu è vissuto insieme a me da prima di chiamarsi Bubu. Fin da giovanissimo ho avuto la fortuna di circondarmi di musicisti di talento e con una necessità di esprimersi impellente. Amavo suonare. Sentivo di volare e questa è stata la ragione che mi ha portato a formare una band per dare sfogo alla pura necessità di tornare a volare.

Come mai la scelta abbastanza inusuale per un gruppo rock di essere solo compositore, ma non esecutore della tua musica? Quali strumenti suoni?

Come già ho detto, amavo suonare con altre persone, però la mia essenza evolveva e prendeva forma attraverso la composizione, come se fossi uno specchio. In quel periodo, parallelamente alle prove per “Anabelas” ebbi la fortuna di ottenere una borsa di studio del “Collegium Musicum Argentina” e ancora non erano state composte “El viaje de Anabelas” e “Sueños de maniquí”. Non avevo tempo a sufficienza per dedicarmi alla routine di strumentista (basso elettrico), così presi la decisione di dedicarmi completamente alla composizione.

Ci presenteresti i musicisti che ti stanno accompagnando in questo nuovo progetto?

Alvar Llusá Damiani: violino
Camila González: flauto traverso e piccolo
Daniel Andreoli: compositore y arrangiatore
Federico Silva: chitarra
Jerónimo Romero: voce
Juan Ignacio Varela: sax
Julián Bachmanovsky: batteria
Virgina Maqui Tenconi: tastiere

Sei ancora in contatto con qualche membro della formazione originale? Hai provato a ricontattarli per coinvolgerli in questo nuovo progetto?

Questo Bubu è il frutto di un’infinità di incontri e scontri con i miei vecchi compagni. Tre di loro sono morti e il resto vive fuori dal paese da molti anni. Attualmente fa parte della nostra formazione Maqui Tenconi, che faceva parte del coro di “Anabelas” ed è l’attuale tastierista e direttrice dei cori della band.

Ti prego di togliermi una curiosità, cosa significa il nome Bubu e come mai l'avete scelto?

Il nome Bubu, come la parte letteraria di “Anabelas”, è stata la creazione del sassofonista Win Fortman, che vive a Miami da 20 anni. Bubu era un pupazzo schizofrenico che poteva schiacciare una città e subito dopo salvare un bambino che stava affogando.

Ci puoi raccontare la genesi di un disco come “Anabelas”?

Per parlare della genesi di Bubu, dobbiamo collocarci in quel tempo ed in quello spazio. Era un’epoca molto creativa, non solo nella musica ma anche nel cinema, nella letteratura, nelle arti plastiche. Eravamo figli della generazione dell’Istituto Di Tella e avevamo una grande cornice di riferimento artistica, oltre a sentire lo spirito di libertà tipico dei vent’anni(…). In quei tempi ci chiamavamo Sion. Eravamo molto giovani e la band faceva scintille; tutti volevamo essere al centro, ma c’era qualcuno che aveva le idee molto chiare e sapeva come fare bene le cose, e d era Wim. Un giorno mi prese da parte e mi disse: ”Senti Danièl: questa musica dobbiamo trascriverla in spartiti, fare un casting, iniziare a provare gente e farla suonare ai più bravi”.

Come mai vi scioglieste dopo “Anabelas”?

La verità è che fu complicato mantenersi uniti fino alla fine della registrazione, la compagnia spostava sempre più in la le date, sommando la stanchezza di due anni di lavoro ad alcuni attriti. Questa fu la causa per cui Miguel Zabaleta, il cantante che aveva accompagnato Bubu dal vivo e diede al gruppo un’estetica scenica che catturò il pubblico, si ritirò dal gruppo senza lasciare registrata la voce in “Anabelas” e fu sostituito da Pety Guelach che, in una sola registrazione, mise le 2 canzoni dell’ LP.

Tra tutte le nazioni del nord e sud America, l'Argentina è sicuramente quella in cui il progressive rock si è sviluppato meglio. Qual è secondo te il motivo di ciò?

Io lo attribuisco alla nostra provenienza, l’Argentina è un paese cosmopolita con una base di immigrati europei, specialmente Italiani e Spagnoli.
A metà degli anni 60 la regione cominciò ad essere vittima di terrorismo di Stato. Eravamo alle mercé dei piani che ideavano le superpotenze nei loro giochi di potere e tutto il sud America fu governato da governi totalitari. I giovani quindi trovarono nelle arti e in questo caso nel Rock progressivo un mezzo di espressione che ci permetteva di confrontarci e rivelarci contro quella coscienza egoista que fomentava solo la separazione e le diseguaglianze.

Come sono cambiati i tuoi ascolti musicali dai tempi di “Anabelas” ad oggi?

A partire degli anni ‘80 ci fu un cambio vertiginoso nei mezzi, lo sviluppo digitale fu esponenziale, noi compositori lasciammo da parte carta e penna per usare nuovi programmi (midi) che davano infiniti strumenti che accompagnarono un processo evolutivo.
38 anni dopo torno a godere dell’ essere una persona che si fonde con altre in questo miracolo che chiamiamo Rock Progressivo.



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