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Area (Patrizio Fariselli) Francesco Fabbri
 

Allora, Patrizio, come mai ci sono voluti così tanti anni per vedere gli AREA di nuovo insieme?
Patrizio Fariselli: Beh, noi avremmo potuto e voluto continuare, ma intanto il pubblico era profondamente cambiato. Già: negli stramaledetti anni '80 l'interiorità non contava più niente, e neanche la musica; importava piuttosto il di fuori, l'abito firmato...
E dunque cosa vi ha spinto, oggi, a tornare a proporvi come gruppo?
Prima di tutto il riscoperto piacere di suonare ancora insieme. Poi l'aver constatato, attraverso una serie di serate fatte un po' in sordina, una disponibilità del pubblico, soprattutto giovane, davvero notevole. Dopo circa un anno di esibizioni quasi clandestine, abbiamo deciso di rispolverare il vecchio nome e di ritornare a tutti gli efletti sulla scena. Stiamo preparando il nuovo disco che sarà il più bello degli ultimi 20 anni (ride); beh, a parte tutto sono convinto che AREA tornerà fuori alla grande.
Il sound che presentavate negli anni '70 era francamente unico, non catalogabile come semplice jazz-rock. Fu naturale questo approccio o ci fu qualche tipo di calcolo?
Fu immediatamente spontaneo, data l'estrema eterogeneità di musicisti che facevano parte del gruppo. D'altronde AREA ha sempre significato un progetto aperto, disponibile ad accettare collaborazioni esteme. Con noi hanno lavorato tantissimi eccellenti strumentisti, ed è nostra precisa volontà seguire questo intento programmatico anche in futuro: tutto ciò non può che portare un arricchimento a livello creativo e di sound. Prevedo che la nostra prossima dimensione sarà sia acustica, sia tecnologica.
Da quali situazioni musicali ritieni di poter essere stato influenzato? O comunque cosa ti piaceva, in passato?
Dico la verità, non ho mai ascoltato troppo il rock; anche gruppi come KING CRIMSON erano lontani da un mio modo di vivere determinate sensazioni... Caso mai ho sempre considerato di più il jazz di John Coltrane ed altri.
Come vi ponevate rispetto alle varie bands italiane di progressive dell'epoca come PFM...
(fingendo di non capire) Chi?!
Ma si, dai, gruppi tipo PFM, BANCO, ORME, ROVESCIO...
PFM? E così?! (ride) Beh, facevano il loro discorso, ma noi non ci riconoscevamo neppure lontanamente in quell'ambito! Forse pecco di presunzione, ma noi lavoravamo con tutt'altre basi, tutt'altra storia, tutt'altri intenti sia musicali che concettuali. C'era un vero abisso, non so se nel bene o nel male: loro erano dei validi musicisti, ma ciò che noi proponevamo era radicalmente opposto.
Un tuo personale ricordo, anche e soprattutto umano di Demetrio Stratos...
Un grande amico, un grande fratello che è cresciuto con noi ed ha avuto un a sfortuna pazzesca, proprio nel momento in cui stava decollando con una ricerca straordinaria sul lavoro. Aveva maturato inoltre un atteggiamento mentale che gli avrebbe permesso di fare cose enormi anche a livello umanitario... ma poi sappiamo tutti come è andata a finire.
E cosa mi dici a proposito di Paolo Tofani? (il chitarrista è diventato da parecchio tempo Hare Krishna, NdA).
Sta seguendo la sua strada, ha le idee filosofiche di vita, ma siamo sempre in contatto. Non escludo che possa partecipare al nostro prossimo disco.
Come inquadreresti questi nuovi AREA?
In nessun modo! La nostra ambizione è sempre stata quella di riuscire a non farci definire né catalogare. Il giorno in cui lo faranno troppo esattamente, mi sentirò male!
Non vi spaventa l'inevitabile confronto con gli AREA degli anni '70?
Siamo sempre noi, non c'è assolutamente problema. Speriamo di apportare una continuità al discorso precedente, denunciando una maturità che è diretta conseguenza della nostra età e delle esperienze che abbiamo fatto in tutti questi anni; prima c'era molta più ingenuità, ma per carità, non intendo rinnegare nulla, abbiamo fatto anche tante cose valide!
Quali generi musicali oggi preferisci?
Posso ascoltare tutto o niente, dalla cosa più stupida a quella più ricercata. D'altra parte, lo stesso Cage diceva "Happy new ear", quindi il problema è come ci si pone personalmente di fronte alla musica, è questo il senso della questione.
Sinceramente rifaresti anche oggi tutti i festival del proletariato?
Perché no? Certo!
Non temete, allora, che la nuova situazione politica italiana possa in qualche modo risultare castrante per un gruppo libero ed anticommerciale come il vostro?
Sicuramente sì, ma andremo avanti lo stesso. Siamo abituati ad affrontare percorsi in salita!

Esco soddisfatto dalla serata. Ma che languore, che nostalgia mi hanno messo dentro quelle note di "Luglio, agosto, settembre (nero)"...

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