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MALUZERNE Nous sommes venus vous voir… Le Chant Du Monde 1981 FRA
 

I Maluzerne fanno parte del vasto panorama del folk francese e, come tanti gruppi uniti dalla stessa passione, hanno usato per comporre il proprio repertorio i motivi tradizionali di diverse regioni della Francia, dalla Bretagna, alla Borgogna, all’Auvergne, senza tralasciare alcune canzoni del lontano Québec. Tre soli sono le loro produzioni discografiche, con un esordio autoprodotto giunto nel 1979 e semplicemente intitolato “Chants et Musiques à danser”, ristampato poco più tardi con una copertina diversa dall’etichetta “Le Chant Du Monde”. Questo del 1981 è il secondo disco e, rispetto al più tradizionale esordio, si distingue per l’introduzione di alcuni elementi tastieristici e sinfonici ad arricchire, comunque in maniera molto parsimoniosa, una formula musicale abbastanza semplice e spontanea. Si unisce infatti al gruppo Jacques Blackstone con i suoi synth (Roland RS 09, Korg MS 10) che suona anche l’organetto e l’organo liturgico. A completare il gruppo ci sono poi i veterani Bernard Dimet (ghironda, chitarra, dulcimer, tamburino, tom basso), Michel Le Cam (violino, mandolino, chitarra, dulcimer, canto) ed infine Manuel Murcia (fisarmonica, flauto a becco e traverso, flagioletto, Melodeon, cornamusa, crumhorn, gran cassa, triangolo, sonagli e canti).
Le canzoni tradizionali vengono rivisitate dai Maluzerne in maniera semplice, abbastanza rispettosa della tradizione ma con l’aggiunta di deliziose note di colore. Il gruppo non fa uso di grossi artifici o di grosse sovra-incisioni, in maniera tale che il disco sia quasi la summa di un repertorio usato dal vivo per la danza o comunque per essere goduto assieme al pubblico e non qualcosa di studiato come una mera produzione discografica da studio.
Il suono delle campane introduce la prima traccia, che è anche la title track. Si tratta di un pezzo popolare delle regioni dell’Île-de-France, Berry e Bretagna, conosciuto anche con il titolo “Chanson de la mariée”. La prima strofa conserva la musica originale cantata a cappella mentre per il resto, la canzone è stata riarrangiata da Le Cam. Il brano è un’esemplificazione dello stile dei Maluzerne con le parti cantate che rappresentano il cuore stesso della canzone e gli arrangiamenti che colorano delicatamente i versi, donandogli profondità anche grazie a qualche accento sinfonico, appena accennato. I versi sono una dedica ad una donna che si è appena sposata e raccolgono un messaggio umile ed accorato: oltre ad aver cura della casa, abbandonando i passatempi della fanciullezza, le viene chiesto di accettare un mazzo di ginestre per ricordare che tutti i vani onori appassiscono come i fiori. “Suite des montagnes” è una graziosa suite strumentale di tre danze bretoni che i musicisti hanno imparato da un loro amico. Al ritmo di una fisarmonica malinconica sembra quasi di sentire i passi di danza e sullo sfondo è stato collocato il suono delle onde, quasi a ricordare i paesaggi bretoni. “La fille, le cheval et la rose” è un pezzo originale scritto addirittura da Jean-Louis Lefebvre dei connazionali Mahjun, assieme a Blackstone. Le linee melodiche hanno un’aria vagamente medievale alla quale si somma l’effetto sinfonico delle tastiere e del flauto, quasi Genesisiano. “Cochinchine” è un grazioso intermezzo suonato con l’organetto di barberia mentre la successiva “La caille suivie de bourrée Larousse” segue il ritmo di graziosi campanelli ed è impreziosita dal suono della ghironda e del crumhorn. “Scottische Valse” è uno strumentale firmato da Blackstone e Murcia, dallo strano sapore liturgico e pastorale, dominato dal suono dell’organo e della cornamusa. Conclude il lato A un pezzo folk del Québec dal testo davvero spassoso: una ragazza si vuole sposare ma nel timore di fare la scelta sbagliata scarta l’avvocato, l’ufficiale, il medico per poi prendersi un contadino che tira la carretta.
Il lato B si apre con “Branle de la mariée”, una danza che si ballava sotto le finestre degli sposi la sera delle nozze. Il brano viene cantato dapprima sottovoce e poi sempre più forte ed è accompagnato dal rumore ritmico degli zoccoli al suolo finchè la coppia non apre la porta ed offre da bere ai convenuti. Il brano si apre difatti col suono di qualcuno che bussa alla porta e si chiude col rumore della porta che finalmente si apre. “Valse a Manu” è un breve intermezzo per sola fisarmonica che introduce la successiva “Le roi Louis”, un brano dal sapore cantautoriale composto da Dimet, con la chitarra arpeggiata di Le Cam e tastiere delicate sullo sfondo. Il pezzo che si chiude con uno splendido intermezzo medievaleggiante con il ritmo cupo del tom basso e la stridula ghironda è sicuramente il momento più alto dell’album. Ritorna la breve “Cochinchine” con l’organetto che introduce questa volta la buffa e disimpegnata “La crème de marrons” che possiamo tralasciare senza troppi rimpianti. Molto più suggestivo “Le romarin”, una danza bretone con belle parti corali e impreziosita da una combinazione di suoni davvero graziosa, con violino, dulcimer, flagioletto e tastiere. L’ultima canzone, “En passant près des épinettes” chiude in maniera divertente l’album e viene direttamente dal Québec: Bernard Dimet la canta al telefono da lì mentre all’altro capo dell’apparecchio risponde il coro dei maledetti francesi (come specificato nelle note di copertina) di Michel, Manuel e Jacques.
Il terzo ed ultimo album in studio arriva nel 1983 e si intitola “Dans les fermes, dans les tavernes” e risulta inferiore, seppure sempre gradevole, rispetto al predecessore. Se amate il folk francese potrete trovare interessante questo album molto semplice e per niente pretenzioso ma allo stesso tempo decisamente piacevole. Il suo prezzo, così come quello degli altri due vinili (fatta eccezione per la prima stampa indipendente dell’esordio) è tendenzialmente abbordabile anche se devo segnalare che esiste una antologia su CD che li racchiude tutti nella loro interezza, completata inoltre da un paio di interessanti inediti.

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Jessica Attene

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