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FAUSTO Por este rio acima Triângulo 1982 (POR)
 

Quando nel 1982 uscì "Por Este Rio Acima", questo album suonava davvero come qualcosa di completamente nuovo e diverso da tutto ciò che era stato fatto fino ad allora. Non solo Fausto ha rinnovato profondamente la musica popolare portoghese, fino ad eguagliare, in questo ruolo, il grande José Afonso, ma ha racchiuso in ogni canzone un pezzo di anima della società lusitana, sospesa fra un passato ricco di gloria, lungo le rotte di navigazione dei grandi avventurieri, e un presente carico di sogni, miseria e di dolore per gli strascichi della dittatura appena passata. La musica affonda le sue radici in terra portoghese ma allo stesso tempo protende i suoi rami verso altre influenze etniche che rappresentano i frutti della vasta diaspora di cui lo stesso Fausto, nato nel bel mezzo dell’oceano Atlantico, durante una traversata che lo stava portando assieme ai suoi genitori in terra africana, è testimone diretto. In Angola riceve la sua prima educazione musicale ma porta con sé i valori della cultura portoghese, soprattutto della Beira Baixa, luogo di origine della sua famiglia. Ritroviamo quindi, accanto ai i ritmi africani e a quelli popolari portoghesi, anche influenze brasiliane ed orientali, oltre che preziosi elementi orchestrali ed elementi rock e persino psichedelici, in una sintesi perfetta fra tradizione e modernità che è il risultato di un lungo percorso iniziato nel 1977 con l’album "Madrugada Dos Trapeiros", in cui per la prima volta si venivano a delineare le sembianze della nova Música Popular Portuguesa.
"Por Este Rio Acima" è per la precisione il primo di una trilogia dedicata alla diaspora portoghese, che sarà completata molti anni più tardi, nel 1994 con "Crónicas Da Terra Ardente" e finalmente nel 2011 con “Em Busca das Montanhas Azuis”. Il tema della diaspora viene qui sviscerato attraverso la rilettura in musica di “Peregrinação”, affascinante diario di viaggio scritto fra il 1570 ed il 1578 da Fernão Mendes Pinto, uno degli avventurieri più noti e celebrati della storia portoghese, all’epoca delle grandi imprese marittime. Già nel 1979 nell’album "Histórias De Viajeiros" troviamo un primo riferimento a questo libro, in un brano che si intitola proprio "Peregrinações". In "Por Este Rio Acima" l’opera di Pinto è però centrale e viene seguita in ordine cronologico, partendo dal primo viaggio verso le Indie e passando attraverso numerose avventure lungo la penisola di Malacca, Sumatra, le Molucche, fino ad arrivare in Giappone, dove per la prima volta presentò ai regnanti locali delle armi da fuoco, e in Cina, dove si ritrovò schiavo nei campi di lavoro presso la Grande Muraglia. Le sue storie esotiche e piene di colpi di scena hanno fatto sì che per certi versi il suo lavoro fosse considerato fantasioso: in venti anni di viaggi e imprese, Pinto racconta di essere stato tredici volte fatto prigioniero e diciassette volte venduto. Interessante è invece la sua posizione critica riguardo la politica coloniale portoghese all’insegna dell’ipocrisia e dell’avidità, spesso celata dietro la maschera della missione religiosa. Le imprese di Pinto si materializzano dinanzi ai nostri occhi grazie alle liriche, estremamente poetiche e musicali, con l’aiuto di piccoli stralci del diario di viaggio riportati nella copertina del doppio vinile, e ovviamente grazie alla musica brillante, ricca nei temi melodici, sperimentale ma fortemente ancorata alla tradizione sia popolare che urbana, e mi riferisco in particolar modo al Fado che Fausto riesce a declinare in nuove forme, sperimentandone l’evoluzione armonica. In “A ilha” elementi del Fado di Coimbra si aprono ai tenui colori dell’orchestra. Le corde pizzicate delle chitarre, in primis quella Portuguesa, risuonano scintillando e sullo sfondo ecco violini solenni e la tromba incombente. In "Como um sonho acordado" il Fado entra in simbiosi con la musica popolare delle Azzorre per dipingere scenari onirici ed inverosimili. Il brano, drammatico e bellissimo, dipinge i sentimenti di paura e sgomento di Pinto che venne scaraventato a terra ai piedi dell’elefante del re di Kedah in Malesia, al cospetto di numerosi cadaveri giacenti in una pozza di sangue, senza che potesse dire neanche una parola. L’incedere è opprimente, quasi tragico, con archi romantici ed il piano maestoso ma quando il pensiero vola per un istante all’amata lontana la musica si fa incredibilmente dolce. I colori del Fado sono più accesi nella semplice “Olha o Fado”, un brano con sole voci e chitarre in cui ci si abbandona con languida nostalgia ai ricordi, rimpiangendo la sorte che fa sì che una volta si vestano i panni del conquistatore e un’altra quella dei vinti, ieri navigatori e oggi in disgrazia.
Nella musica di Fausto il popolo portoghese riesce a ritrovare la sua identità ripercorrendo ritmi noti come quelli dei bastoni di Tras-os-Montes o quelli ternari battuti coi tamburelli, tipici delle regioni della Beira Baixa e dell’Alto Douro. A questi ritmi si mescolano spesso quelli africani oltre che suggestioni esotiche di altri paesi. L’aria è spesso festosa e colorata nel descrivere le rocambolesche avventure di Pinto e la miseria e il dolore del popolo portoghese vengono raccontati con toni leggeri e ironici, stemperati in parte dall’allegria del folklore. E’ il caso ad esempio di “O Barco Vai de Saída”, brano allegro e danzante in cui Pinto dice addio a Lisbona, ricordandone la bella vita. Le fragranze sono quelle del Portogallo con adufe (tipici tamburelli rettangolari), bastoni, triangolo e bombo (una specie di grancassa) ingentiliti da tenui elementi orchestrali che conferiscono all’insieme musicale un tocco delicato ed elegante, come le colorate e strette vie di Alfama illuminate dal mare ampio che riluce in basso, verso l’orizzonte. C’è poi lo splendido e ritmico lavoro di chitarra offerto da Fausto in coppia con Júlio Pereira (viola braquesa e cavaquinho), brioso e brillante. La stessa coppia entra in azione nel movimentato “A Guerra è a Guerra”, brano con forti connotazioni etniche, ritmato e ornato da vistosi cori pirateschi in cui si rivivono avventure romanzesche. Mentre viaggiava con un carico di merci verso la costa del Siam, Pinto è attaccato e depredato dai pirati musulmani. Ripreso il mare sotto il comando di Antonio Da Faria, a sua volta va a caccia dei pirati, diventando egli stesso pirata. “De Um Miserável Naufrágio Que Passámos” è altrettanto straordinaria e rende l’idea dei racconti mirabolanti di Pinto in cui i fatti appaiono ingigantiti a dovere. Questa volta l’equipaggio dell’avventuriero viene sorpreso da una tempesta che ha squassato la nave e i sopravvissuti sono costretti a trascorrere la notte accovacciati su alcune rocce. Accanto alle sonorità portoghesi ecco alcune fragranze brasiliane che si materializzano grazie anche all’utilizzo di strumenti ritmici tipici come reco-reco e maraca. Sempre all’insegna dei ritmi popolari lusitani è il brano “Navegar, navegar”, scandito dal cavaquinho e dalla viola braguesa, che segna il momento della partenza per il ritorno a Lisbona in una festa di ritmi e cori frizzanti. Altre tracce sono decisamente più eclettiche e singolari. “Porque Não Me Vês” è inebriata da vaporose coltri psichedeliche e misteriose fragranze d’oriente: costruita semplicemente con la chitarra acustica, la voce di Fausto ed il morbido ritmo delle tabla, ricorda il primo viaggio di Pinto verso l’India e sembra quasi di ammirare le vele morbide della sua imbarcazione mentre maestosamente si gonfiano col favore del vento. Anche nella title track, collocata in apertura del secondo vinile, apprezziamo una fluida mescolanza di suoni lusitani ed orientali. Il brano, leggiadro, speziato e malinconico, ritrae la visione di un fiume cinese attraversato da battelli ornati da stendardi e vele sgargianti che si mescola alla dolce nostalgia dei ricordi. Tabla, flauto, viola da gamba soprano, cori, adufe, bombo e le due chitarre acustiche di Fausto e di Pereira convergono in uno spartito denso e fantastico. Surreale ed inverosimile è la successiva “O Cortejo Dos Penitentes” che descrive una processione di penitenti così incredibile e spaventosa da sembrare un incantesimo. Il brano è soporifero, onirico e dai colori spenti, disegnati con l’aiuto di flauto, chitarra acustica, sintetizzatori e parti corali scolorite. “O Que a Vida Me Deu” elegante e drammatica, per solo piano, voce e chitarra acustica, colpisce prima di tutto per la poesia dei suoi versi in cui il ritorno al mare, che si prende tutto ciò che la vita ti ha dato, è paragonato al ritorno al ventre materno. Sentori psichedelici, colorazioni etniche orientali e frammenti di Fado pervadono “Lembra-me Um Sonho Lindo”, deliziosa e sensuale canzone d’amore che rappresenta uno dei momenti più affascinanti dell’opera. Infine “Quando Ás Vezes Ponho Diante Dos Olhos”, con archi classicheggianti e cori teatrali, con gli arricchimenti orchestrali e la sua calda atmosfera cantautoriale, riassume in sé l’intero album, ripercorrendone, in un rapido volo pindarico, le gesta e le varie influenze musicali.
Per la realizzazione dell’album Fausto, abbandonata la sua vecchia etichetta, si rivolse a un vecchio compagno di musica e rivoluzione, il produttore e arrangiatore Eduardo Paes Mamede. Il cantautore gli propose le canzoni che aveva scritto con la chitarra e passo passo i due hanno perfezionato gli arrangiamenti, modellato le melodie, inserito gli elementi orchestrali. Riguardo a questi ultimi, avrebbero preferito un’orchestra vera e propria ma, con loro grande rammarico, la Triângulo non poteva permettersi grossi investimenti. Ecco quindi che dovettero ripiegare su un quartetto d’archi e qualche fiato ma in compenso il grosso del budget fu assorbito da alcuni grandi musicisti, come ad esempio il già citato chitarrista Júlio Pereira che ricordiamo nei Petrus Castrus e in coppia con Carlos Cavalheiro nel meraviglioso album “Bota Fora”. Molto lavoro fu speso poi per la realizzazione delle parti corali, soprattutto quelle del brano “O Romance de Diogo Soares”, eseguite dal coro dos “Meninos do Meio-Tom”. L’album fu registrato in un mese circa, fra la primavera e l’estate del 1982 negli Estúdios Angel di Lisbona e alla sua pubblicazione la critica reagì molto positivamente, elogiandone la perfezione e l’originalità. Canzoni come le già menzionate “Navegar, Navegar”, e “O Barco Vai de Saída” poi, sono entrate direttamente nella memoria popolare e anche ora sono le più note dell’intero repertorio di Fausto. Fausto ha realizzato un’opera che può essere paragonabile soltanto a ciò che il grande José Afonso è riuscito a fare con “Cantigas de Maio”: riformare la musica popolare portoghese donandole nuove vesti, nuovi colori, aprendone i sentieri verso nuovi orizzonti. Il risultato è unico ed eccezionale, l’imperativo è quindi quello di scovare il doppio vinile originale o anche la sua ristampa su doppio CD, corredata da un booklet di 40 pagine, uscita nel 1998 per la Columbia e ora fuori catalogo.

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Jessica Attene

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