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FANTASY Paint a picture Polydor 1973 UK
 

La prima edizione di "Paint a picture" viene definita nel gergo collezionistico come un monster, ossia come una super rarità. La stampa in mio possesso non è purtroppo l'originale Polydor bensì la curatissima (ed è bene specificarlo) ristampa edita dalla tedesca Second Battle nel '91. Col rischio di cadere nella solita retorica, lasciatemi esprimere ancora una volta la mia riconoscenza verso queste mini-label che, con la loro preziosa opera di riedizione, permettono di apprezzare della buona musica che resterebbe altrimenti confinata nel ristretto giro collezionistico (il valore commerciale della stampa originale si aggira sulle 500.000 lire). Ma adesso bando alle ciance e passiamo al sodo. Non fatevi influenzare dalle solite voci che indicano un forte riferimento stilistico agli Yes; niente di tutto ciò. I Fantasy, combinando ad un ottimo gusto melodico una misurata esecuzione strumentale, sono riusciti a creare con "Paint a picture" un lavoro di tutto rispetto, anche se, secondo il mio metro di giudizio, non hanno raggiunto il capolavoro assoluto. La bellissima copertina dalle tinte pastello ci introduce a quelli che saranno i brani impressi sul vinile. Infatti che di voi è un buon osservatore potrà sicuramente notare che per quasi ogni canzone è possibile rintracciare sulla composita cover un elemento che rappresenta il titolo di un brano. Quindi per "Gnome song" troviamo uno gnomo intento a pescare, per "Widow" è possibile notare una vedova, etc. Per passare al vero e proprio aspetto musicale, il disco si sviluppa su di una linea melodica molto delicata, con qualche lieve accento psichedelico che dà maggiore consistenza alla resa acustica dell'opera. Lo stile si identifica in quello classico inglese dei primi anni '70, tanto per intenderci Moody Blues, Cirkus, etc. I brani, per un totale di 10, sono ovviamente abbastanza corti e, secondo me, restano un po' troppo ancorati allo schema di canzone con strofa-ritornello, cosa che comunque non deve essere considerare sempre in termini negativi. Brani degni di menzione speciale sono "Circus", che costituisce una parziale eccezione al discorso appena fatto, dove un'azzeccata combinazione chitarre-tastiere aumenta, con una sostanziosa iniezione di energia, il tenore della composizione e "Politely insane" dagli accenti più sinfonici sottolineati dagli ottoni di J.P. Jackman. Belle anche "Thank Christ" e la delicata "Widow". Un disco quindi dai connotati più rock, sia pur dai toni delicati, che non strettamente prog, ma che merita comunque di essere ascoltato da chiunque ami la buona musica.

Giovanni Baldi

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