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FM Black noise MCA 1978 CAN
 

A dispetto di un nome che suggerisce fantasmi radiofonici – in realtà totalmente assenti – e da non dovere confondere con l'omonimo act inglese dei fratelli Overland – loro sì alfieri dell'AOR – i canadesi FM erano un trio di musicisti dall'eccellente preparazione artistica. Nati a Toronto nel 1976, ruotavano attorno a Nash the Slash (violino, effetti), Martin Deller (batteria, sintetizzatore) e, in particolare, Cameron Hawkins (voce, sintetizzatori, piano e basso). Esordirono nel 1978 con "Take Care" e bissarono l'anno stesso con quest'album, registrato in realtà prima del debutto, nel 1977.

L'inquietante copertina introduce agli scenari fantascientifici che trovano conferma nello stile del gruppo. Introdotta da lunghe note di mellotron, l'opener "Phasors of Stun" rivela un suono dominato dal moog ed immerso in un'atmosfera futuristica. Molto belle le armonie vocali, al pari degli stacchi orchestrali presenti nel finale. Il secondo brano, "One O'Clock Tomorrow", si segnala per il suo incedere molto pomposo. Il suono è freddo e quasi meccanico, le melodie gelide e intellettuali, squadrati e geometrici i ritmi. Molto forte, in tale senso, è l'influenza esercitata sugli FM dal nuovo rock inglese alla Brian Eno. Se l'uso dei cori da una parte e la strumentazione impiegata dall'altra possono rammentare echi rispettivamente di Yes e UK – penso al minaccioso stacco di synth che precede l'alternanza di momenti più cupi ed aperture sinfoniche – colpisce l'ascoltatore soprattutto l'insistito gioco di riverberi. Questi primi due pezzi rappresentano al meglio cosa significasse fare prog alla fine degli anni Settanta, segnatamente circa le scelte timbriche. Segue lo strumentale "Hours". La batteria ci porta nel cuore di un autentico duello tra violino e tastiere, condotto su note alte e non senza fare ricorso a inserti elettronici. L'impiego del Moog ricorda, coi suoi estrosi filamenti, i connazionali Saga – un aspetto inevitabile – mentre l'assolo di batteria che spezza il brano in due parti evoca maggiormente i Rush, altri capiscuola riconosciuti del genere. "Journey" è una sorta di odissea planetaria, più ritmica e caratterizzata da continui cambi di tempo, che mettono in mostra le notevoli doti tecniche del trio. La voce, sapientemente filtrata, pare provenire da spazi lontani. "Dialing for Dharma" e "Slaughter in Robot Villane" sono altri due strumentali. Il primo è più sincopato e vagamente funky nelle linee di basso. Non può che piacere a chi, come me, ama i Twelfth Night new wave di "Smiling at Grief" (1981). Nel pezzo troneggia un rincorrersi inesausto tra le scale vorticose di violino e di tastiere, peccato solo sia sfumato nel finale. Il secondo strumentale, almeno all'inizio, riporta alla mente i Tangerine Dream, per poi rituffarsi in un paesaggio sonoro più tipicamente progressive. Si tratta quasi di neo-classical fusion, la stessa che Allan Holdsworth avrebbe proposto di lì a qualche anno.
La sezione ritmica è metronomica, l'energia e l'intensità non vengono mai meno. Una combinazione efficacissima di classe e potenza, evidente anche in "Aldebaran", la penultima traccia. Gli FM riprendono le prime note di "Phasors of Stun", ma sviluppano successivamente un tema assai più raffinato e romantico, sullo stile dei Camel di "Raindances" (1977). L'ultimo episodio del lotto è la title-track. Si tratta di un epilogo ora sfarzoso ora rarefatto, capace di riassumere felicemente l'approccio complessivo dei tre canadesi. Invidiabile per maturità compositiva e compattezza artistica, "Black Noise" vive di impetuosi crescendo e fasi più pacate, sposando magniloquenza e dissonanze. Si resta, ascoltando il brano finale, davvero in debito d'ossigeno.

All'indomani dell'album, davvero un piccolo grande classico, Nash the Slash lasciò i suoi due compagni d'avventura – i quali produssero ancora "Surveillance" (1979) e "City of Fear" 1980), più orientati verso l'hard melodico alla Triumph – per trasferirsi a Londra. In Inghilterra avviò inoltre una carriera solista all'insegna della sperimentazione e collaborò, tra gli altri, con Gary Numan (1981). Gli FM, dal canto loro, si ricostituirono nella formazione originaria a metà anni Ottanta, realizzando due lavori profondamente contraddistinti dall'atmosfera cool del nuovo decennio. I due nuovi album – "Contest" (1985) e "Tonight" (1987), quest'ultimo con une line-up allargata e la presenza della chitarra – erano sicuramente più vicini al miglior techno-pop con venature progressive (leggasi Ultravox). Chi ha potuto ascoltare dischi come quello, bellissimo, degli americani Blind Owl – autori nel 1987 di "Debut at Dusk" – capirà a cosa mi riferisco qui. "Contest" e "Tonight" non mancarono di regalare agli appassionati una manciata di grandi canzoni. I prog-fans, tuttavia, corrano alla ricerca di questo "Black Noise" – sintesi di ‘buco nero' e ‘rumore bianco' – e non rimarranno delusi. L'album è stato ristampato e si trova con una certa facilità. Una cosa che non sempre si verifica per i capolavori.

Davide Arecco

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