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NEW AGE Neptuned autoprod. 1980 USA
 

Credo di non sbagliarmi nell'affermare che l'unico parto di questa graziosa band americana non sia ad ora stato ristampato: si tratta di un'autoproduzione del 1979 a tiratura abbastanza limitata, realizzata per uso privato. Nonostante il target ristretto possiamo godere di un lavoro interessante, discretamente prodotto e realizzato, pur se artigianale. La copertina, elegante e suggestiva, ritrae un pargolo che si affaccia su una laguna verde smeraldo all'ora del tramonto. I profili rocciosi che si proiettano fuori dalle acque fanno pensare ad un luogo un po' sovrannaturale. La musica è invece terrena, senza gli spunti cosmici che invece sono evocati dal disegno della cover. Si tratta di un Prog sinfonico ruspante e movimentato, con riferimenti alla musica classica e ai classici del Prog in un insieme eclettico riletto con gusto e genio, in una maniera tutta americana.

Il lato A del vinile racchiude 4 canzoni piuttosto brevi, con un picco di 6 minuti raggiunto dalla seconda traccia "Last Horizon". La musica è piuttosto movimentata e grezza, prende spunto dagli Yes meno lungimiranti e dai VdGG. La stessa voce del poliedrico Larry Oliver (il quale è in pratica la mente della band, avendo creato tutto il corredo musicale) ricorda quella di Peter Hammill. Larry è anche quello che muove i tasti d'avorio del piano dell'organo del clavicembalo e ovviamente dei sintetizzatori. Le tastiere non sono comunque barocche e tronfie: queste sono utilizzate per creare quelle suggestioni sinfoniche e classiche che rendono prezioso questo lavoro. Le tracce sono pervase di un vago alone oscuro che comunque ha i connotati di un'ombra appena presente, senza mai gravare sull'animo dell'ascoltatore. Ad arricchire ulteriormente le composizioni, vengono utilizzati, anche se in modo abbastanza parsimonioso, il violino ed il sax.

Il secondo lato del vinile è quello senza dubbio più interessante, con influenze classiche più pronunciate che si manifestano a volte con citazioni puntuali di note arie che aleggiano nella mente di tutti. Il lato si apre con la preziosa suite "Alpha Centaurus" che raggiunge i 10 minuti di durata. L'incipit è affidato fondamentalmente ad un vibrante pianoforte dal tocco Emersoniano che spadroneggia per i primi 3 minuti.
Successivamente il brano si fa più movimentato e, sullo sfondo di una sezione ritmica asciutta, si inserisce un violino dai tratti essenziali e a seguire la voce caratteristica e malinconica di Oliver che sembra dirigere il suo canto verso le stelle lontane. Il pezzo si apre successivamente verso fughe, con interessanti spunti tastieristici. L'esecuzione non è del tutto precisa ma la bellezza dell'album sta proprio nel carattere sanguigno di questa musica che senza dubbio colpisce nel segno. La suite si conclude con un crescendo un po' alla "Starship Trooper" e lascia campo alla title track strumentale, occupata nella sua parte centrale da ricche orchestrazioni sinfoniche alla Kansas con un bellissimo violino che rende questo paragone ancor più verosimile. Il pezzo di chiusura torna su percorsi più lineari con la voce ed il pianoforte di Oliver ancora in primo piano.
Sicuramente un disco ed un gruppo che meritano di essere ricordati.

Jessica Attene

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