Home

 
NIEMEN Katharsis Muza 1976 POL
 

Nati a Varsavia nel 1967, i Niemen sono forse stati il più grande gruppo progressive polacco. Antesignani di una scena che, tra la fine dei Seventies e l'inizio del decennio successivo, avrebbe consegnato alla storia anche i più noti Exodus e i Bank, ruotavano attorno alla figura carismatica dell'omonimo tastierista, cui negli anni si affiancarono vari musicisti, in un continuo avvicendamento di collaboratori. L'esordio avvenne nel 1967 con "Dziwny Jest ten Swiat", impregnato di umori beat. I long playing successivi - "Sukces" (1968), "Czy Mnie Jeszcze Pamietasz" (1969), "Enigmatic" (1970), "Volume I" (1971), "Ode to Venus" (1972) - proseguirono lungo la stessa strada, accentuando via via le componenti tardo-psichedeliche e jazz-rock. Le cose iniziarono a cambiare con la comparsa del loro primo capolavoro, "Marionetki" (1972), pubblicato anche in Germania orientale dalla Amiga e negli Stati Uniti dalla CBS - in questo caso col titolo di "Strange is This World" - e salutato dalla critica con entusiasmo. Il disco proponeva una personalissima rivisitazione del suono ELP, con soluzioni che anticipavano i connazionali SBB. Una scelta stilistica confermata (in parte) dal successivo lp, "Aerolit" (1974), sempre imperniato sulle tastiere, ma meno pomposo e più elettronico. Sono di quell'anno, infatti, "Phaedra" dei Tangerine Dream e "Autobahn" dei Kraftwerk, lavori che aprirono nuove frontiere alla musica sintetizzata. Nel 1976, i Niemen realizzarono "Katharsis" per la Muza, la medesima etichetta per la quale uscirono tutti i loro dischi. E' l'album della maturità. Passato attraverso vari generi, il gruppo pare aver trovato se stesso. La strumentazione impiegata è di prim'ordine. Niemen si occupa di effetti, drum-machine, chitarre (poche invero) e soprattutto Mellotron, EMS synth e mini-Moog. Come dire prog ed elettronica fusi insieme, il tutto filtrato attraverso un amplificatore Revox 440, secondo la lezione magistralmente esposta da Eno e Fripp in "No pussyfooting" (1973). Non mancano, come negli altri album, i riferimenti colti. Stavolta tocca ai versi di Percy Shelley, il grande poeta del romanticismo inglese. Apre "Odkrycie Nowei Galaktyki", con un giro di Moog-bass quasi funky su cui si innestano brevi divagazioni elettroniche. "Mleczna Droga" ha un piglio ancora più sperimentale. La composizione è, anch'essa, molto spezzettata e letteralmente dominata dai sintetizzatori. "Planeta Ziemia", introdotta dal suono degli oscillatori, è più meditativa e suadente, nella parte centrale percorsa da disturbi di frequenza. Squarci siderali preludono a esplosioni di suoni sintetici, con - sullo sfondo - un monotema ossessivo e lancinante. Emerge un Mellotron alieno, vagamente crimsoniano e capace di dare al pezzo tinte sinfoniche nell'epilogo. "Fatum" è astratta e labirintica, squadrata e geometrica, caratterizzata solo nel finale da momenti più romantici. "Pieczec" è un affresco sonoro altrettanto freddo ed intellettuale, quasi avanguardistico. Geniale l'uso (distorto) di un carillon. "Z Listu Do M" è un brano tutto giocato su synth e percussioni. Meno imprevedibile dei precedenti, si rivela maggiormente strutturato in base ai crismi della forma canzone. Non a caso, è cantato. Interessanti, in proposito, i giochi vocali, collocati sul finire. "Proba Ucieczki" è sempre dominata dalle tastiere, gelide ed analogiche, del leader. Melodie ripetute sul genere Neu / Harmonia s'infilano nel nostro cervello per non uscirne più, alternando soluzioni post-folk a svolte atonali. E' la volta, quindi, della title-track. Dotata di un inizio liquido, è la composizione più ostica e coraggiosa del disco. Passi di marcia vengono mixati con escursioni tastieristiche. Suoni trattati (di batteria) e note in libertà anche in "Epitafium", il secondo pezzo cantato dell'album. Con il suo crescendo sinfonico e epico, può ricordare certe cose dei nostri Opus Avantra. Molto belle le parti recitate su un delicato sottofondo di Mellotron. "Dorozka Na Ksiezyc" ripresenta movenze lato-funk e nastri ad anello, giostrando su sequenze iterative e parti improvvisate. Vengono alla mente i tedeschi Can, di "Tago Mago" (1971). In definitiva, con questo "Katharsis", i Niemen osarono come pochi altri hanno fatto, proponendo una utilizzazione incredibile e mai più sentita da allora delle tastiere. I due capitoli di "Idée Fixe", pubblicati separatamente nel 1977 e nel 1978, confermarono il sound del momento. Quando uscirono "Post Scriptum" (1979) e la raccolta "Best of" (1980), i Niemen già non esistevano più. Il verbo dell'esuberante e straordinario keyboards-player è tutto in questo disco, difficile e ammaliante, complesso e avventuroso.

Davide Arecco

Italian
English