Home

 
MOSAIK Mosaik autoprod. 1981 SVE
 

Sicuramente ricorderete gli Atlas, band che realizzò nel 1979 un unico album, "Blå Vardag", ristampato in CD dalla APM con l'aggiunta di qualche bonus track. Forse, dopo i Kaipa, gli Atlas erano l'ensemble sinfonico più noto ed apprezzato in Svezia ed il loro LP è una delizia melodica con intrecci di tastiere di una grazia superba. Ecco quindi che questi Mosaik diventano incredibilmente interessanti, in considerazione del fatto che rappresentano l'evoluzione degli Atlas, accogliendo fra le proprie fila ben quattro, su cinque, dei membri di questo gruppo. Ritroviamo quindi Ulf Hedlund al basso, Micke Pinotti alla batteria, Janne Persson alla chitarra ed Erik Björn Nielsen alle tastiere. Attorno a questo nucleo si sono aggregati altri musicisti: un paio di cantanti, Dan Bornemark e Karl Witting, un sassofonista nella persona di Peter Nilsson, il violinista Tomas Gunnarsson ed un secondo chitarrista: Hans Annellsson. Sotto questa nuova forma la rinata band pubblicò l'omonimo album, autoproducendolo, in un totale di 500 esemplari, realizzando una copertina coloratissima e accesa e disegnando a mano le etichette applicate sulle due facciate del vinile. La durata dell'album è insolitamente lunga per un LP: abbiamo infatti quasi 60 minuti di musica, raccolti in un totale di dieci tracce.
Un gruppo più folto non necessariamente indica una miscela sonora più ricca ed articolata: se è vero che notiamo una certa parentela con "Blå Vardag", specie in alcuni episodi, osserviamo comunque una variazione stilistica più ampia nell'arco delle composizioni con una prevalenza di sonorità acquerellate, melodie delicate, a volte appena tratteggiate, delicate pennellate sinfoniche e gentili influenze fusion, queste ultime praticamente assenti nel disco degli Atlas. Questo album è decisamente insolito, sia nel contesto del panorama prog svedese in assoluto, molto avido di ensemble votati all'aspetto sinfonico della nostra musica, sia in relazione all'anno di uscita così tardo per un tipo di musica che stilisticamente si sarebbe meglio collocato a metà degli anni Settanta. Dopo "Återfunnen" (Trovato) un'intro breve e delicatissima con chitarra acustica e flauto, troviamo il pezzo più apertamente sinfonico e meglio cesellato dell'album, quello che meglio raccoglie l'eredità del vecchio gruppo: "Björnstorp" . Il clima ci riporta direttamente ai Genesis di "Selling England" con un Mellotron romantico che riempie il sound con gentilezza. Gli intrecci chitarristici ci riportano ai connazionali Kaipa e nella parte centrale viene collocato un intermezzo di batteria che spezza un po' l'andamento del pezzo, senza comunque comprometterne l'unitarietà compositiva. "Kirstens rum " (La stanza di Kirsten) è un brano dai suoni freddi e scheletrici, romantico e suggestivo, con le sue melodie minimali disegnate da un pianoforte elegante in cui si inseriscono gli arpeggi appena accennati della chitarra. Nella parte conclusiva si affaccia anche un sax timido che esprime un inquietante senso di solitudine spostando l'asse della musica quasi verso il soft jazz. In "Tiden bara går " (Il tempo passa soltanto) facciamo conoscenza della voce di Dan Bornemark che, sgraziata e dimessa, si insinua stonata fra le belle trame violinistiche Holdsworthiane di Tomas Gunnarsson. Essere stonati era prerogativa della maggior parte dei cantanti progg svedesi, quindi la performance poco elegante di Dan non doveva sconvolgere più di tanto i suoi connazionali: quello che per noi viene percepito come un violaceo cazzotto in un occhio, per la Svezia dell'epoca era pura normalità, ma per fortuna il pezzo è breve e possiamo sorvolare benissimo su questo cantato. E' il momento di un altro soffuso pezzo di atmosfera, "Önnestad ", basato unicamente su trame di sax e piano: come avrete notato il nutrito gruppo di musicisti non è mai presente al completo in tutte le tracce che spesso sono dei quadretti pennellati da appena due o tre elementi. "Ett oskrivet blad " (un foglio non scritto) chiude il lato A del vinile ed ancora una volta abbiamo un pezzo minimale per pianoforte e rari arpeggi di chitarra acustica.
"Pappa har gått vilse" apre il lato B e si tratta di una cover in lingua svedese di "Daddy's All Gone" di James Taylor. In questo caso la voce è quella di Karl Witting che comunque non è meno stonato di Dan. Meglio sorvolare anche su questa performance e passare direttamente alla traccia successiva, la più lunga ed articolata del disco, "Re-Båpp ", con i suoi quattordici minuti di durata. In questo caso abbiamo un raffinato e scoppiettante pezzo prog-fusion alla Egba, con quelle tipiche influenze latine e quelle escursioni fluide e vibranti al piano elettrico, con le sue sonorità caratteristiche, molto sfruttate in Svezia, ed un lavoro di contrappunto alla chitarra solistica degno di Coste Apetrea. Si prosegue in maniera rilassata con i 6 minuti di "Trio", un altro brano semplice per pianoforte, chitarra acustica e sax baritono, dalle melodie gentili e appena delineate. In chiusura un pezzo che si riferisce in parte al disegno della copertina, anche se i colori non corrispondono precisamente: "Mosaik: gul, röd, orange" (Mosaico: giallo, rosso, arancio) con le sue melodie insolite e bizzarre per flauto e chitarra che avanzano adagio in maniera un po' tormentosa, con note prolungate e allungate come in una specie di lamento incomprensibile.
L'impressione globale è che questo disco sia stato costruito come un mosaico in cui le tessere non si incastrano perfettamente le une con le altre e in cui sfugge la figura d'insieme. Abbiamo quindi tanti episodi più o meno slegati, alcuni volutamente minimalisti, altri più sfavillanti, nella maggior parte dei casi si tratta comunque di composizioni eleganti e godibili.

Jessica Attene

Italian
English