Home

 
IZRI, BRAHIM Sacrifice pour un enfant Naga 1981 ALG
 

Anche se a qualcuno di voi potrebbe risultare strano, possono essere a buon diritto collocati nell'universo prog alcune opere musicali nate nel continente africano. Fra queste sicuramente l'album del cantante e musicista algerino Brahim Izri, importante portavoce della cultura e della musica cabila. Nonostante il titolo in francese questo album, il primo di Brahim (stampato in Francia dopo il suo trasferimento in questo paese) è in larga parte cantato in lingua cabila, una lingua del gruppo berbero che però non è fra quelle riconosciute dallo stato algerino. La stessa espressione "Sacrifice pour un enfant" si riferisce ad una cerimonia beduina chiamata "aqiqa" che consiste nel sacrificio, in occasione della nascita di un bambino, di un montone o di un cervo, le cui carni vengono distribuite ai vicini e ai poveri del quartiere. Brahim Izri, morto nel 2005 di cancro, viene ricordato anche per le sue battaglie per i diritti femminili in Algeria.
La musica contenuta in questo album è uno strano crocevia di culture diverse, con ritmi che ci rimandano alle tradizioni berbere e suoni che ricordano in parte la tradizione araba, il tutto proposto in chiave moderna, in uno stile che si colloca a cavallo fra la complessità delle espressioni musicali che hanno caratterizzato gli anni Settanta e le facili mode degli anni Ottanta, che erano appena iniziati. Si mescolano strumenti acustici e sintetizzatori a fare da base alla voce di Brahim che usa uno stile cantautoriale. L'atmosfera è quasi sempre leggera, a tratti spensierata e solo raramente malinconica. Le canzoni sono tutte brevi e scorrevoli. Quella di apertura, la title track, è costituita da una base acustica arpeggiata, arabeggiante, con tastiere vagamente sinfoniche che fanno da tappeto ad una lunga parte recitata in francese da una voce infantile. Molto delicata è la successiva "Jleﻻ fellah", con intrecci acustici e pianistici, ritmiche intriganti e quasi ipnotiche, graziose aperture sinfoniche ed un cantato sinuoso e confidenziale. Più movimentata è la successiva "Iggul", col basso in evidenza ed un ritornello accattivante che fa pensare a qualcosa che si collochi a metà strada fra oriente ed occidente.
Non è facile trovare dei punti di riferimento musicali, anche perché Brahim è stato una specie di innovatore per la musica cabila e l'intreccio fra elementi tradizionali e la musica occidentale porta ad un risultato abbastanza difficile da descrivere. Posso dire che a tratti sembra di ascoltare qualcosa proveniente dal repertorio cantautoriale colto italiano degli anni Settanta, in cui prevale un bel cantato con basi complesse di piano, strumenti acustici e tastiere. In questa descrizione rientra anche la successiva "Iban", dal mood più malinconico. In generale tutto il lato A del vinile è molto lirico, delicato e scorre piacevolmente su arie melodiche e tappeti musicali ricchi ma leggeri. "Tura d'ennuba-w" si fa notare per gli esili intrecci fra flauto e piano, mentre la canzone che chiude la prima facciata del disco è più vicina alla tradizione araba.
Il lato B ha uno spirito più giocoso e spensierato, con suoni che si fanno più elettronici e temi musicali disimpegnati ed allegri che a volte somigliano a melodie per l'infanzia., come l'allegra traccia di apertura "Moh amran" o la successiva "D'amedah" che sfoggia qualche apertura tastieristica che ricorda un po' la PFM. La romantica "Tiqubac" sembra una canzone tratta dal repertorio di Branduardi, con belle percussioni tradizionali ed un grazioso flauto dolce. La traccia di chiusura "Differends culturels" è cantata in duo con Nicole Coronado e rappresenta forse l'episodio più debole dell'album.
Non si tratta della quintessenza del prog sinfonico ma sicuramente di un ottimo album dai tratti etnici con profonde influenze occidentali riconducibili al progressive rock e che per le sue peculiarità merita sicuramente di essere esplorato. Se vi capita una copia a tiro fateci pure un pensierino.

Bookmark and Share

Jessica Attene

Italian
English