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ALTAÏS Altaïs (EP) autoprod. 1986 FRA
 

Diventare un gruppo di culto con meno di quindici minuti di musica pubblicata? Si può! E gli Altaïs lo dimostrano in pieno con un solo EP realizzato nel 1986. Come ben sappiamo gli anni ’80 sono stati un periodo particolare e difficile per l’universo del progressive, ma se si va a spulciare attentamente si possono scoprire dei piccoli tesori come quello che stiamo esaminando. L’unico lavoro di questa band francese è un concentrato di zeuhl di altissima qualità, che meriterebbe una piena riscoperta. Il disco non è mai stato ristampato, ma uno dei tre brani presenti è apparso sulla celebre compilation “Enneade”, compendio che sicuramente ogni appassionato zeuhl avrà nella sua collezione. Gli Altaïs hanno avuto il coraggio di muoversi su questi terreni impervi, dimostrandosi abilissimi nel creare delle gemme brillanti in un periodo in cui persino i Magma non splendevano più come nel decennio precedente. La band era formata da Sandrine Fougere (voce), Philippe Goudier (voce, percussioni), Patrick Joliot (batteria, percussioni), Isabelle Nuffer (voce, piano, tastiere), Michelle Puttland (tastiere) e Jean-Marie Sadot (basso). L’EP si apre con la devastante “Altaïs” (quasi otto minuti, presente anche su “Enneade”), che inizia con vocalizzi femminili e il suono del vento, ma che dopo un minuto e dieci letteralmente esplode in uno zeuhl potente, dove il basso à la Jannick Top, le ritmiche decise, i temi reiterati, i contrasti tra il canto “cavernoso” maschile e quello più aggraziato femminile ed un’atmosfera decisamente asfissiante sono dimostrazione non solo che la lezione della celebre “De Futura” è appresa in pieno, ma anche di come i musicisti siano capaci di svilupparla ulteriormente a modo loro. A seguire abbiamo “Promenade”, che mantiene alta la tensione, con la sezione ritmica ancora dirompente e sopra le righe, mentre piano e synth fanno incredibilmente avvicinare elementi sinfonici e jazzistici (si potrebbe anche pensare alle colonne sonore dei film horror targate Goblin). La conclusione è affidata alla breve “Gravitation zero”, più soft, ma non meno opprimente con cori inquieti e sfondi tastieristici spacey. Come già accennato all’inizio l’EP dura meno di un quarto d’ora in tutto, ma il livello è così elevato che non sorprende del credito che ha nei più devoti seguaci della musica zeuhl.

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Peppe Di Spirito

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