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BERITS HALSBAND Berits halsband Forsa Ljud Records 1975 SVE
 

La Svezia degli anni Settanta ha dato vita a numerosissime band di ispirazione jazz rock, alcune delle quali molto originali, soprattutto grazie alle contaminazioni col proprio repertorio folk. Purtroppo gran parte di questo materiale, nonostante il suo riconosciuto valore, non è stato a tutt’oggi ristampato. Una quota di queste band, possiamo citare ad esempio Egba, Kornet, Solar Plexus (ma l’elenco è davvero lungo), aveva dei contratti con etichette major che hanno riposto i master nel cassetto e fino ad oggi non sembrano assolutamente intenzionate a ristamparli. I Berits Halsband (nome che in italiano significa “la collana di Berit”) invece hanno una storia un po’ diversa che li ha portati a realizzare questo loro unico album per una piccola realtà.
Il gruppo si formò nel 1974 e viveva insieme in una fattoria a Bohuslän, nella Svezia sud-occidentale. A quei tempi, grazie al loro piccolo tour bus, di cui andavano tanto orgogliosi, iniziarono a fare qualche concerto in giro per la Scandinavia, toccando Stoccolma nel 1975. Visto il successo ottenuto i Berits Halsband decisero di registrare la propria musica su LP e contattarono uno studio di nuova costruzione, il Forsa Ljud. L’equipaggiamento non era all’avanguardia ma comunque di buona qualità. A disposizione avevano solo un due piste, pertanto la registrazione avvenne necessariamente in presa diretta, senza possibilità di sovraincidere o mixare, cosa un po’ problematica per una band molto numerosa come questa, e ogni canzone dovette essere ripetuta diverse volte fino ad ottenere una buona qualità sonora. Il disco rappresenta anche un vero e proprio test di registrazione per il piccolo studio ed è così che gli 8 musicisti che allora componevano la band e tutto il personale di studio compaiono assieme in una bella foto di gruppo nel retro-copertina.
Potreste pensare ad un lavoro forse un po’ troppo artigianale ma il risultato è invece di buona fattura, nonostante i modesti mezzi di registrazione. La qualità sonora è buona e abbastanza profonda e la musica è sicuramente di squisita realizzazione. Si tratta di una calda miscela di jazz rock screziata di impressioni folk scandinave e umori psichedelici, suonata con grande affiatamento e tecnica. Le composizioni sono solo 4, due per lato, con un pezzo di lungo respiro che è seguito da uno più breve. “Myror i köket”, la traccia di apertura (11 minuti circa) è davvero impressionante. Vi troviamo riferimenti al jazz rock svedese, Egba in primis, ma anche ai Soft Machine, con impasti psichedelici e folk che ci rimandano ai Kebnekaise. Sulla base di una specie di brodo psichedelico che lentamente ribolle, la musica si espande e lievita, emanando vapori esaltanti, si inseriscono via via gli strumenti solisti, la tromba (Bengt Ekevärn e Tommy Adolfsson), la chitarra di Olof Söderberg, che intesse fraseggi speziati, il leggiadro flauto di Mats Anton Karis, che sembra quasi uno spiritello che si nasconde in un bosco stregato. Il secondo pezzo, “Elhamokk”, che chiude il lato A, dura 9 minuti e possiede connotati folk più accentuati, con richiami più diretti agli Arbete Och Fritid.
Il lato B si apre con un lungo brano di quasi 18 minuti, “Flaxöras hemliga återkommst”, molto complesso, con scenari che si trasformano continuamente attraverso distorsioni, improvvisazioni, contaminazioni, richiami tribali, in un insieme estatico e coinvolgente che presenta riferimenti che ci conducono a Miles Davis di “Agharta”. Il pezzo di chiusura, “Halvägs hildur”, il più breve con i suoi comunque non esigui 8 minuti, presenta una matrice sonora più fluida ed impasti più oscuri, dominati dal piano elettrico, che sembra scivolare su una superficie di petrolio, viscosa e torbida, con un sound meno spigoloso e meno contaminato.
Purtroppo questo disco, mai ristampato, non si trova con facilità ed i prezzi possono raggiungere cifre abbastanza spinte. Se vi capita a tiro, senza che vi dobbiate svenare, sappiate che saprà ripagarvi con 48 minuti di musica interessante, di valore e che presenta oltretutto le sue caratteristiche peculiari. Non sappiamo molto della vita dei musicisti che hanno partecipato a questo progetto, posso solo dirvi che il trombettista Tommy Adolfsson ha suonato anche con gli Arkimedes Badkar e gli Iskra e che un brano non contenuto in questo vinile è stata inserito nella compilation “Tonkraft 1972-74”, pubblicata nel 1980 e dedicata ad un celebre programma radio svedese dell’epoca.

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Jessica Attene

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