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ROUSSEAU Giovanni Baldi
 

La storia dei ROUSSEAU inizia nel 1979 quando alcuni musicisti, stufi della musica superficiale e vuota che li circondava, decisero di affrontare tutte le avversità che il proporre un genere musicale così difficile come il progressive poteva comportare. Comunque la musica dei ROUSSEAU non vuole essere soltanto una impulsiva reazione alle vuote canzonette dei primi anni ottanta, ma anche un ragionato percorso alternativo che rifugge la frenesia contemporanea e dai limiti ambientali di un luogo, quello tedesco della Ruhr, fra i più inquinati ed industrializzati del nostro continente. Nelle delicate melodie del gruppo l'ascoltatore può quindi trovare un riparo, libero di lasciare correre i propri pensieri sulle delicate vibrazioni sonore di questa musica.
Quanto detto sembra essere anche confermato dal titolo del loro lavoro d'esordio "Flower in asphalt". Lavoro che farebbe pensare ad una carriera musicale molto intensa visto che tale debutto su vinile avviene dopo poco più di un anno di attività (nel 1980), cosa che poi non è stata, viste le difficoltà che il gruppo ha incontrato nel diffondere le proprie opere. "Flower in asphalt" nasce infatti come una co-produzione fra il gruppo e l'etichetta tedesca minore Streyer Disco (che ha pubblicato anche altri lavori progressivi quali i ROBESPIERRE), lasciando così la gestione della distribuzione ai livelli amatoriali che una piccola label poteva garantire nonostante la grossa potenzialità dei contenuti dell'opera. Certo è che ci allontaniamo parecchio da ciò che all'epoca poteva essere considerato vendibile per il grosso pubblico. La sensibilità per la melodia, per la delicatezza armonica che il quintetto dimostra di possedere con questo lavoro è unica. La caratteristica fondamentale dello stile dei ROUSSEAU è infatti da ricercarsi in quella scuola di Canterbury più romantica e melodica che vede nei CAMEL e nei CARAVAN il principale punto di riferimento. Sono infatti questi due gruppi, e specialmente quello di Latimer, che hanno probabilmente influenzato maggiormente le composizioni della band impostate comunque in chiave più moderna. E' possibile sentire anche qualche vago eco genesisiano ma non più di una lontana reminiscenza. Infatti già il brano di apertura "Skylight" richiama abbastanza esplicitamente quelle stupende armonie di "The snow goose". La title-track "Flower in asphalt" mette in evidenza l'ottima strumentazione della band in parte "ereditata" dai seventies appena passati con Mellotron e Hammond (suonati da Rainer Hofman) su tutti, in parte influenzata da nuovi stili e correnti musicali; un'ottima traccia questa che lascia però qualche dubbio sulla eccessiva "spensieratezza" di alcuni passaggi. Ottimo l'inserimento del flauto di Christoph Huster e la morbida esecuzione della sezione ritmica con Ali Pfeffer alla batteria e Georg Hutmacher al basso. Molto belle anche le seguenti "Le grand reveur" (una delle canzoni più belle dell'intero repertorio dei ROUSSEAU) e la dinamica "Fool's fantasy" che ben si adatta ad essere il tema portante di un'opera teatrale poi prodotta dalla band.
Il periodo che seguì la realizzazione di "Flower in asphalt" portò con se la speranza di poter realizzare il sogno di vivere facendo musica, di poter finalmente imporsi al grosso pubblico. Ma nonostante una serie di apparizioni in video e alla radio e a molteplici recensioni positive non dobbiamo scordare che l'esordio dei ROUSSEAU si colloca in un periodo abbastanza infelice per il progressive e per la musica tutta. Le esibizioni dal vivo ottennero invece un certo successo gratificando almeno parzialmente il duro lavoro della band. Le difficoltà si fecero comunque sentire anche a livello di organico. Infatti nel 1981 Jòrg Schwarz, forse stufo di tanti sforzi infruttuosi, lasciò il posto a Christoph Masbaum chitarrista di derivazione jazz-rock. L'inserimento di questo nuovo elemento, sembrò rigenerare la creatività della band; infatti, dopo poco tempo, i cinque cominciarono a lavorare alla realizzazione di nuovi pezzi per entrare, due anni dopo nel 1983, di nuovo in studio di registrazione per realizzare la loro seconda fatica "Retreat". Quello che risalta subito all'orecchio dell'attento ascoltatore è l'influenza che l'inserimento del nuovo chitarrista ha avuto sull'ispirazione melodica del gruppo: lo stile jazzato adottato da Masbaum conferisce un maggiore "calore", quasi latino, ai freddi solchi vinilici di "Retreat" (si senta al proposito l'iniziale "L'âge d'or" o "China"). Rispetto al precedente "Flower in asphalt" non si possono certo ravvisare bruschi cambiamenti stilistici; le caratteristiche della musica rimangono sempre quelle tipiche dei ROUSSEAU: un delicato incedere melodico dalle tinte pastello, con la creazione di atmosfere oniriche degne della migliore scuola di Canterbury (vedi sempre i CAMEL). Forse la novità più eclatante è l'inserimento di parti cantate all'interno di tre delle dieci tracce totali.
Il microfono capita fra le mani di Herbert G. Ruppik che aveva già lavorato con il gruppo realizzando la cover del disco d'esordio nonché quella di questo "Retreat" con uno stile perfettamente rappresentativo della musica dei due lavori. Il tentativo di inserire delle tracce cantate si può dire solo parzialmente riuscito: nonostante a livello tecnico Ruppik non manifesti carenze notevoli da quello espressivo la sua voce mi lascia alquanto dubbioso, forse per una sua mancanza di carattere. Non male comunque il brano "Incomplete" dove il cantato sembra meglio integrarsi allo stile dei ROUSSEAU mentre un po' inferiori alla media del disco gli altri due "One of a thousand" e "Flight" (quest'ultimo una canzonetta semplice fino all'eccesso). Degne di nota particolare nota sono le canzoni "Breakfast at Tiffany's" e "Windsong": splendide!
La storia dei ROUSSEAU è però ancora priva di risultati concreti che in qualche modo ripaghino la band dei molteplici sforzi fatti per portare aventi la propria musica. Siamo infatti nei primi anni '80 e il nuovo movimento progressivo non è si ancora completamente consolidato. Sarà infatti proprio con la nascita del new prog che il gruppo comincerà a raccogliere i sudati frutti del proprio lavoro.
1985: esce il primo numero della fanzine francese Harmonie interamente dedicata al progressive con un occhio particolare alle band sconosciute ai più. Già in questo primo numero viene riservato un ampio spazio al valido ensemble tedesco con un articolo di due pagine e mezzo. Sarà grazie al binomio Musea-Harmonie che molti gruppi di new prog troveranno la propria ragione di esistere e tra questi anche i ROUSSEAU. A partire dal 1986 dal Giappone, dall'Italia, dalla Francia, dagli U.S.A., ecc. cominciano ad arrivare le richieste di distributori che devono fronteggiare l'avida sete di progressive che all'epoca poteva essere soddisfatta con poche nuove uscite. Così Musea decise di ristampare su vinile "Flower in asphalt" e in quello stesso periodo, nella progressive compilation "Double Exposure", viene incluso "Breakfast at Tiffany's" come pezzo rappresentativo dei ROUSSEAU.
Dopo la realizzazione di "Retreat" la band portò sulle scene germaniche l'opera rock di propria concezione intitolata "Fool's fantasy". Alla fine di tale tour il bassista Hutmacher abbandona il gruppo per esigenze familiari. Nel 1987 anche il chitarrista Masbaum annuncia la sua intenzione di lasciare la band per dedicarsi ad un nuovo progetto che realizzasse completamente la sua vocazione jazz-rock con il gruppo dei JUST IN TIME. Nello stesso anno il gruppo decide di entrare in studio per registrare il nuovo lavoro, autoprodotto ma distribuito da Musea, intitolato "Square the circle" che nelle intenzioni del gruppo rappresenta il fare l'impossibile...
La band, che fino a quel momento aveva goduto di una certa stabilità si trova ad affrontare una situazione alquanto precaria. La prima "falla" da tappare è quella del chitarrista mancante. Dopo molte audizioni viene scelto il nuovo componente dei ROUSSEAU Uwe Schilling, che da fan del gruppo (aveva acquistato i precedenti lavori e aveva assistito ad una loro esibizione live) diventa membro integrante della band. Il basso viene temporaneamente gestito da Masbaum che se da un lato è interessato a sviluppare percorsi sonori diversi, dall'altro trova grosse difficoltà a tranciare il cordone ombelicale che lo lega ai ROUSSEAU. Alla voce ritroviamo Ruppik (che fra l'altro ha realizzato la copertina anche di questo lavoro) in due pezzi dei quali ha composto le liriche e nei quali si esibisce con la chitarra acustica: "Fade away" e "Isle of light". Negli altri due pezzi cantati ("Masquerade" e "As if painted") fa la comparsa un nuovo vocalist Dieter Muller le cui caratteristiche sono abbastanza simili a quelle di Ruppik.
Nel complesso il lavoro risulta un po' inferiore ai due precedenti: certe melodie suonano troppo facili e talune sonorità lasciano un'impressione di eccessiva povertà forse per un certo inaridimento della vena compositiva della band. Per alcuni aspetti sembra possibile poter paragonare la musica di questo "Square the circle" ad alcune opere di Alan Parson Project più che alle melodie latimeriane dei precedenti.
Il disco viene finito e commercializzato nel 1988 ottenendo positivi responsi dalla rinata audience progressiva. Con il termine della registrazione ha però termine anche il rapporto musicale con Masbaum che lascia i ROUSSEAU definitivamente seguito dopo poco dal flautista Huster, il cui apporto era essenziale nella delicata economia sonora delle composizioni.
Il gruppo, ora ridotto ad un trio formato da Ali Pfeffer alla batteria, Uwe Schilling alla chitarra e Rainer Hofmann alle tastiere si dedica ad una nuova opera teatrale che viene portata sulle scene dal 1989 al 1992 e da cui viene ricavato un album pubblicato dal gruppo sotto il nome di SCHLAFLOSE NACHTE (ovvero "notti insonni") data la notevole differenza rispetto a quanto già realizzato con il nome ROUSSEAU.
Nel 1989 al gruppo viene proposta la partecipazione alla compilation di Musea "Seven days of a life" per la quale hanno curato il terzo brano "Wednesday": uno strumentale che riporta la band ad alti livelli con una eccezionale combinazione melodico-esecutiva nella quale viene in evidenza il grosso lavoro di Schilling con la sua Fender Stratocaster. Purtroppo l'assenza del flauto che tanto caratterizzava la melodia, si fa sentire in modo notevole nonostante per l'occasione sia stato chiamato un ottimo violoncellista: Stefan Pieper.
Attualmente la band sta registrando un nuovo lavoro per il quale sono stati chiamati Ulrich al basso e Martin Schröder come flautista. La data di uscita è prevista per questo 1995... Stiamo tutti impazientemente attendendone l'uscita per suggellare il successo di una delle poche band che ha tenuto alto il blasone progressivo negli anni più bui per il nostro genere musicale.
Il consiglio finale è quello di provvedere immediatamente all'acquisto di queste tre opere vista anche l'estrema facilità con la quale le sono reperibili, essendo state oggetto di riedizione laser da parte di Musea. Vorrei concludere con quel di messaggio che troneggiava sul retrocopertina di
"Flower in asphalt" : "If there is only one, who's dreaming, it will stay a dream forever. All of us dreaming will be the beginning of reality".

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