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PROGRESSIVE NEGLI U.S.A. NEI ‘70s Riccardo Maranghi
 

- INTRODUZIONE -

Scrivere un articolo sul vecchio prog statunitense non è stata certo cosa semplice: ancor prima di iniziare mi sono trovato a dover fronteggiare alcuni problemi di fondo e a dover risolvere alcune questioni preliminari. Prima di entrare nel vivo dell'analisi, è quindi opportuno fare alcune considerazioni introduttive, con le quali vorrei tra l'altro precisare l'esatta portata di questo mio intervento.
Chiunque si interessi in modo non superficiale del rock progressivo americano dei Seventies sa per esperienza che uno dei maggiori problemi che si debbono affrontare è costituito dalla difficile reperibilità del materiale, perlomeno di quello non ristampato su CD: buona parte dei dischi che troverete menzionati in questo articolo uscirono durante gli anni Settanta per piccole etichette, in tirature limitate, ed adesso si trovano saldamente inseriti nelle discografie di collezionisti sparsi per il mondo. Il motivo di questa scarsa diffusione va ricercato in due cause principali: in primo luogo il progressive negli Stati Uniti non ha mai goduto di grosso credito, e, tranne alcuni casi sporadici rientranti più nel genere del cosiddetto pomp (vedi Kansas o Styx), difficilmente le major discografiche americane si sono rivelate disposte ad investire i loro soldi per sostenere band che potevano vendere al massimo qualche migliaio di copie.
In secondo luogo va valutato un aspetto di carattere temporale: il prog statunitense vide infatti concentrate la maggior parte delle sue produzioni negli anni a partire dal 1975; un periodo cioè nel quale il pubblico e la critica avevano cominciato a mostrare segni di insofferenza verso un genere che si riteneva avesse già fatto il suo tempo. La sorte dei gruppi che suonavano progressive in quel periodo era, negli USA come nel resto del mondo, quella di restare confinati nell'underground, senza che vi fosse per loro la possibilità di guadagnarsi la strada verso la ribalta. Questi due fattori combinati hanno dunque portato la conseguenza che le produzioni progressive statunitensi furono per la maggior parte produzioni "minori", fatte con pochi soldi e stampate in pochi esemplari, che raramente riuscivano ad uscire dai confini degli stati di appartenenza dei gruppi.
Oltre a questo problema di base, ho dovuto far fronte anche ad una seconda esigenza: quella di dover limitare in qualche modo i confini dell'articolo. Parlare di TUTTI i gruppi che sono stati etichettati come progressive negli USA avrebbe infatti comportato come minimo la necessità di un numero speciale di questa rivista, ma in realtà sotto la dizione "progressive" si trovano negli Stati uniti raggruppate entità diverse, distinguibili per comodità (e non senza errori) in tre categorie fondamentali:
1) I gruppi facenti parte dei filoni del c.d. pomp o AOR (Adult Oriented Rock), etichette utilizzate per definire una musica sinfonica e, appunto, pomposa, spesso contaminata con l'hard-rock, risultato del compromesso tra elementi del vecchio prog sinfonico inglese ed esigenze del mercato discografico americano e delle trasmissioni via etere. Rientrano in questa categoria bands come KANSAS e PAVLOV'S DOG (sicuramente le migliori: da non perdere "Leftoverture" e "Point of know return" dei primi, e "Pampered menial" dei secondi), AMBROSIA (buono l'esordio, poi si persero nel pop), STYX, ANGEL, LEGS DIAMOND, SUNBLIND LION, NEW ENGLAND, BALANCE, SPYS, SHOOTING STAR, AVIARY, AXE, MORNING STAR, JOURNEY (i primi), ROADMASTER... e mi fermo qui, anche se l'elenco potrebbe continuare ancora.
2) I gruppi che proponevano una musica avanguardistico-sperimentale, prendendo spunto da gente come Zappa, Henry Cow, Capt. Beefheart o la Scuola di Canterbury, piuttosto che dai maestri del rock romantico. Buona parte di queste bands si concentrarono verso la fine dei Settanta nell'area di Washington-DC, spesso senza lasciare alcuna traccia del proprio passaggio. Tra gli esponenti del filone possiamo citare MARS EVERYWHERE, MUFFINS, JASUN MARTZ, FOREVER EINSTEIN, CARTOON, BASILISK ecc.
3) I gruppi che trassero insegnamento dal prog europeo, ed inglese in particolare, senza snaturarne la filosofia ed i contenuti per adattarli alle richieste del mercato. Questi gruppi sono quelli per i quali oggi meglio si adatta la definizione di "rock progressivo", nel senso ormai comunemente accettato e adottato da Arlequins. Sono queste le formazioni per cui valgono le considerazioni fatte nella prima parte di questa introduzione, e soprattutto sono queste le formazioni di cui desidero occuparmi in questo articolo.

Mi rimangono da fare soltanto alcune brevissime precisazioni prima di dare il via a questa carrellata di nomi:
- i gruppi che troverete di seguito sono elencati senza un ordine particolare, anche se ho tentato di rispettare una certa omogeneità cronologica e qualitativa;
- dovendo limitare per motivi di spazio le descrizioni a poche righe, farò il più possibile paragoni con nomi conosciuti da tutti.
- nonostante il sottotitolo, l'elenco non si ferma al 1979, ma si spinge fino ai primi anni '80, al fine di non introdurre arbitrariamente un gap tra produzioni che rientrano tutte nel medesimo movimento.

Vi auguro a questo punto buona lettura, sperando che il tour de force a cui vi sottopongo non vi sfianchi. Chiudo ringraziando Stephen Roberts, Geoff Logdson, Greg Pawelko, John Sullivan, Giovanni Giurco ed i ragazzi della redazione.

Il miglior modo di cominciare è probabilmente quello di cercare di individuare nomi che possano essere considerati precursori del movimento progressive americano: è possibile a questo proposito rintracciare una serie gruppi attivi a cavallo tra gli ultimi anni 60 e i primissimi 70 che si distaccano dal fenomeno underground che iniziò a manifestarsi a partire dalla metà del decennio. La California fu lo stato più prolifico in questo contesto, essendo in grado di produrre diverse formazioni che miscelavano uno stile tastieristico alla Nice con tentazioni psichedeliche tipicamente americane, e che in alcuni casi riuscirono a farsi conoscere anche al di là dell'Oceano. Tra gli artisti che possiamo citare vi sono gli IRON BUTTERFLY di "In a gadda da vida", gli IT'S A BEAUTIFUL DAY, i FLOCK e soprattutto i TOUCH, quintetto di cui faceva parte il tastierista di origini italiane Don Fallucci che produsse nel 1969 un ottimo LP in bilico tra Nice e Pink Floyd del periodo psichedelico.
In un epoca ancor precedente (1967) va poi collocato l'esordio di LEE MICHAELS, artista che incise una manciata di album per la A&M. "Carnival of life" - questo il titolo - è un disco che presenta alcuni spunti davvero notevoli, con l'organo spesso protagonista a guidare lo sviluppo di composizioni dotate anche di ottime linee vocali. Sempre in questo contesto possiamo inoltre inserire i POLYPHONY di "Without introduction" ("11th hour" 1971), altra miscela di elementi di prog sinfonico e tastieristico (lo Hammond conduce spesso le evoluzioni strumentali che occupano gran parte dell'LP) e tendenze psichedeliche; nonché i FACEDANCERS. autori se non andiamo errati di un solo LP per la Paramount che alterna giochi vocali alla Gentle Giant (talvolta vengono in mente anche i nostri Acqua Fragile) a momenti più ossessivi e psichedelici, con un ottimo cantante a incorniciare il tutto.
Esaurito questo breve elenco dei possibili capostipiti della scuola progressiva americana, con un salto temporale di qualche anno giungiamo attorno alla metà degli anni ‘70, periodo in cui le produzioni progressive cominciano a comparire con una certa frequenza in terra statunitense. Si tratta comunque per la maggior parte di produzioni di piccole etichette, nate sulla scia dei successi che alcuni gruppi inglesi cominciarono ad ottenere in America (non scordiamoci che dischi come "Thick as a brick" dei Jethro Tull o "Selling England by the Pound" dei Genesis riuscirono anche là a scalare i vertici delle charts), e per le quali vale quanto detto in sede di introduzione.
Citiamo per primi i grandissimi MIRTHRANDIR, sei musicisti del New Jersey autori, nel 1976 (etichetta Mirth), di uno dei dischi più belli tra quelli che troverete elencati in questo articolo. La complessità degli intrecci strumentali, la frequenza dei cambi di tempo e di tema, la perfetta alternanza tra i momenti dinamici e gli splendidi interludi introspettivi, fanno di questo disco un autentico must per tutti gli amanti del progressive; la title-track e la suite "For four", che richiama i Gentle Giant più sinfonici, entrano di diritto nella storia del prog-rock.
Assai buoni pure i FIREBALLET, anch'essi provenienti dal New Jersey e con all'attivo due album per la Passport. Il primo "Night on bald mountain", del 1975, pare quasi un omaggio ai mostri sacri del progressive inglese, e non a caso la produzione è di Ian McDonald: le composizioni si succedono nel richiamare a turno i vari VDGG, Yes, Genesis, Gentle Giant ed EL&P. Manca quindi un po' di personalità, ma l'ispirazione è comunque ottima; notevole poi la reinterpretazione del classico di Mussorgskij che da il titolo all'LP. Col secondo disco ("Two, too...", 1976) si cambia radicalmente registro, con una musica giocata sui toni alti, gli impasti vocali e le citazioni classiche. Una proposta certo più originale, ma meno coinvolgente.
Assolutamente da non perdere è poi "Stained glass stories" (1976, et. Delta) dei newyorkesi CATHEDRAL: un disco epico e pieno di inventiva, a tratti melodico e a tratti dissonante, certo non facile da assimilare, che cerca di sperimentare nuove direzioni per un suono di derivazione eminentemente inglese (Gentle Giant, King Crimson, Yes i riferimenti più prossimi). Da ricercarsi imperativamente da parte di coloro che non amano nel progressive la sterile riproposizione di modelli consolidati. Parlando dei Cathedral è poi doveroso citare "Oceans of art" (1981), album solista del loro chitarrista RUDY PERRONE. In questo disco Perrone si allontana dalle tendenze sperimentali portate alla luce con "Stained", per offrire una musica essenzialmente acustica (la sua chitarra è la protagonista, assieme ad alcuni innesti di flauto e mellotron), che ricorda molto da vicino nelle armonie vocali i Genesis di "Trespass". Un lavoro tutto sommato abbastanza semplice, lontano dalle intricate trame del gruppo di provenienza, ma comunque assai bello.
Spostiamoci quindi nell'Ohio per incontrare un paio di bands seguaci dello stile tastieristico alla EL&P. Innanzitutto i LOAD, terzetto di Columbus guidato dai fratelli Smith, che col suo "Praise the Load" (1976, Owl) si inserisce senza indugi sulla scia dei capostipiti inglesi, data l'assoluta predominanza delle tastiere e la tendenza ai rifacimenti classici. Un'opera di medio valore, fatta di luci ed ombre. Assai migliori invece gli ATLANTIS PHILARMONIC, duo capitanato dall'abile polistrumentista Joe Di Fazio e autore di un solo LP omonimo nel 1974 (et. Dharma). Il loro disco è denso di pathos, epico e sinfonico, e mette in evidenza il drumming dinamico di Royce Gibson e le belle sezioni assicurate dall'ampio parco di tastiere - tipicamente seventies - di Di Fazio. Tra le ampie parentesi di enfasi non mancano tuttavia i momenti di dolcezza ("Woodsman"), sottolineati da piano e mellotron.
Sempre del 1974 è l'unico album dei LEVIATHAN, sestetto di Memphis nel Tennessee, pubblicato su etichetta Mach. Molto bella la copertina, un po' meno il contenuto, visto che nonostante alcuni validi pezzi ("Angela" e "Endless dream”, nei quali si mette in evidenza il mellotron) la struttura delle composizioni si presenta spesso eccessivamente schematica. Un disco passabile, comunque, che mette in mostra anche alcune tentazioni verso l'hard e l'easy listening.
Per quanto riguarda il Kentucky, questo stato produsse almeno due validi gruppi del panorama progressivo americano dei 70: EASTER ISLAND e PRE. I primi pubblicarono un LP in quantità ridottissima nel 1979 (et. Baal, proposto poi con l'aggiunta di inediti da ZNR con il titolo "Now and then"), che ha raggiunto una quotazione di tutto rispetto sul mercato collezionistico. Accanto a qualche momento di relativo appannamento, il disco contiene alcune parentesi di eccezionale intensità, in brani quali la dinamica "Solar sailor", l'epica "Winds of time" e soprattutto l'incipit di "The alchemist's suite", dall'incedere acustico e nostalgico che esplode nell'energia di "Life celebration". Gentle Giant, Genesis e Yes - per la chitarra - i riferimenti più evidenti assieme ad alcune somiglianze coi su citati Mirthrandir, nonostante la minore complessità degli intrecci strumentali. Per i PRE il discorso è diverso, non avendo essi prodotto nessun disco nel corso dei ‘70. La loro musica è comunque apprezzabile grazie al materiale (datato 1973) recuperato e trasferito su CD ad opera della ZNR Records: un prog che paga un evidente tributo nei confronti degli Yes, soprattutto a livello di strumentazione; non molto originale ma con alcuni spunti degni di nota, vuoi anche per l'abilità nell'articolare le composizioni.
Prendendo come spunto la sorte toccata ai Pre, possiamo a questo punto introdurre una considerazione che è avallata dai più profondi conoscitori della scena progressiva americana: esiste negli Stati Uniti una vasta quantità di materiale risalente ai Settanta rimasto totalmente inedito, che attende soltanto di essere riportato alla luce. Si tratta di incisioni sia di gruppi già noti che di gruppi totalmente sconosciuti, che spesso preparavano in casa (teniamo conto che la disponibilità di tecnologie negli USA è tradizionalmente assai superiore a quella del resto del mondo) i master per LP che non riuscivano poi a pubblicare, spesso per la mancanza di supporto da parte delle case discografiche. Questo ha permesso come vedremo alcuni recuperi degni del massimo rispetto, che in alcuni casi si sono rivelati addirittura superiori al materiale prodotti nel corso dei seventies.
Chiusa la parentesi, riprendiamo il nostro cammino andando alla ricerca di gruppi progressive nell'Ilinois, uno stato nel quale il genere godeva di un certo seguito. Qui troviamo innanzitutto gli YEZDA URFA, altri esponenti di spicco della vecchia scuola statunitense. Per loro due dischi, il secondo dei quali -"Sacred baboon"- composto di materiale risalente ai ‘70 ma pubblicato nel 1989. "Boris", il primo (1975 autoprodotto), è oggi una perla per collezionisti, ma ne sarebbe auspicabile una riedizione, vista la qualità del materiale in esso contenuto. I brani sono per buona parte inclusi in "S. b.", ma sono qui presentati in versioni più rilassate e riflessive, meno frenetiche e virtuosistiche; il che rende questo disco meno stordente rispetto al successivo. I palesi riferimenti a Yes e Gentle Giant sono infatti portati all'estremo con "S.b.", disco decisamente pazzo, fatto di escursioni strumentali frenetiche e funamboliche, solo per brevi tratti intervallate con pause più riflessive. Il gruppo produrrà anche un disco sotto il nome di CRAFTY HANDS nel 1982, decisamente spostato verso il pop.
Validissimi anche i PENTWATER, accostabili agli Yezda Urfa, oltre che per lo stato di provenienza, per il fatto di aver prodotto un solo disco nel corso dei ‘70, a cui poi si è aggiunto del materiale recuperato e proposto su CD. Per loro un progressive assai tecnico e pulito (grande l'abilità dei musicisti), ma non per questo privo d'anima. Bello ma non entusiasmante il disco d'esordio (1978, Beef), mentre da non mancare per tutti gli amanti della perizia esecutiva è il CD "Out of the abyss" (1992, Syn-Phonic), dove il gruppo mostra davvero di che pasta è fatto. Yes, EL&P e Gentle Giant i primi riferimenti che vengono in mente; non troppo evidenti, comunque.
Sempre dall'Illinois venivano gli STARCASTLE, gruppo che, nel giro di tre anni - dal 1976 al 1978 - produsse ben quattro dischi per la Epic raggiungendo anche un certo successo commerciale. Evidentissima l'influenza Yes, specie nei primi tre LP ("Starcastle", "Fountains of light" e "Citadel"), cui si aggiungevano tentazioni pomp tipicamente americane. Di scarso valore, invece, il quarto album "Real to reel", che segna l'allontanamento dal pomp-prog. Sono da menzionare anche gli SHADOWFAX, una band che ha prodotto almeno 5 dischi, ma che si inserisce in questo articolo solo per il primo "Watercourse way" (1976, Passport). L'album in questione è dotato di molteplici facce: in alcuni momenti si ci troviamo di fronte a veloci e serrati dialoghi strumentali dai connotati quasi fusion, guidati dalla chitarra e supportati da una base ritmica dinamica e pulsante; in altri viene a galla un'anima più delicata e riflessiva; in altri ancora la musica assume tratti quasi da atmosfera, con piano e flauto in evidenza. Il risultato finale è forse un po' atipico, ma comunque interessante.
Altra band che merita di essere riscoperta sono i BABYLON, dalla Florida. Un solo disco anche per loro, prima autoprodotto nel 1977, poi uscito per la Mehum nel 1978, che mette in luce evidenti riferimenti ai Genesis del periodo "Wind & wuthering", soprattutto a livello di sonorità. Il gruppo non rinuncia tuttavia ad innesti di personalità, come avviene nella tormentata "Dreamfish", la cosa migliore dell'LP. Segnaliamo la pubblicazione nel 1988 di due LP live ("Live at the Empty Keg 1 & 2") contenenti alcuni inediti (peccato per la registrazione non ottimale). Anche per loro si verificherà una sterzata verso il pop, sotto il nome di HELICOPTER. Una prova più che interessante anche per i SURPRISE, quartetto proveniente dall'area di St. Louis (Michigan). Il loro "Assault on Merryland" (1977, Carousel), concept dalle tematiche fantastiche, è un disco dalla doppia faccia: talvolta romantico e sognante, talvolta aggressivo e quasi hard, sempre comunque avendo particolare riguardo per la melodia. I riferimenti sono da ricercarsi in Camel, Caravan e Genesis, senza sbilanciarsi particolarmente in una particolare direzione.
Quartetto originario dell'Indiana, gli ETHOS produssero due ottimi album che li collocano tra gli esponenti più personali della vecchia scena statunitense, pur rimanendo evidente l'influenza esercitata dai modelli inglesi. "Ardour" (1976) e "Open up" (1977), entrambi stampati dalla Capitol, sono due eccellenti esempi di rock romantico sposato ad una tecnica esecutiva sopraffina (forse mutuata dal jazz) ed un gusto per gli arrangiamenti inusuali. Una musica complessa, piena di breaks, ma allo stesso tempo dotata di sprazzi melodici affascinanti, e ancora attuale a 20 anni di distanza.
Prendiamoci a questo punto un attimo di respiro per parlare di un personaggio piuttosto noto nel business musicale durante gli anni ‘70, nella sua qualità di produttore forse prima ancora che di musicista. TODD RUNDGREN, oltre ad essere membro dei Nazz e ad aver inciso numerosi album in proprio, ha trovato il modo di far soldi producendo svariate band, tra cui Grand Funk Railroad o Touch (non si tratta degli stessi citati in apertura, ma di un gruppo AOR). Il suo maggior punto di contatto con il progressive è da ricercarsi nel disco "Todd Rundgren's Utopia" del 1974 (Bearsville), un bell'album di rock sinfonico che però non si dimostrò presumibilmente così remunerativo come sperato; ragion per cui Todd e gli Utopia pensarono bene di non ripetere l'esperimento con dischi successivi. Nella discografia di questo artista, possono comunque meritare un ascolto i dischi "Ra", "Healing", "Todd", "Initiation" e "A wizard, a true star".
Rimanendo sempre in un ambito non proprio underground, è possibile incontrare gli HAPPY THE MAN, band della Virginia che è probabilmente una fra le più conosciute della scena prog americana dei ‘70, anche grazie alla presenza tra le proprie fila di un musicista come Kit Watkins (che fu anche nei Camel e che ha anche prodotto numerosi lavori solisti). Autori di tre album ("Happy the man", 1977, "Crafty Hands", 1978 - per la Arista - e "3rd: Better late...", 1983 ma registrato nel 1979) cui si sono poi aggiunti alcuni ripescaggi, gli HTM offrono una musica prevalentemente strumentale, rilassante e dagli evidenti influssi jazz, anche se il jazz degli HTM ha un suono tutto particolare. Forse la loro proposta, lontana dalla pomposità o dal romanticismo dei grandi gruppi inglesi, non soddisferà molti prog-fans, ma probabilmente proprio nella sua originalità sta il suo merito principale.
Accostabili nello stile agli HTM sono poi i GRITS (il loro materiale è stato recentemente recuperato dalla Cuneiform in "As the world grits") e gli HOWEVER (due dischi: "Sudden dusk" - 1981 - e "Calling" - 1984 -, in cui compare come ospite Watkins), bands autrici di un prog che può essere visto come il trait d'union tra la scuola Gentle Giant e il jazz rock canterburiano.
Approdiamo quindi ad uno degli oggetti più misteriosi del prog statunitense: l'unico album degli EARTHRISE (1977), noto più per la sua elevatissima quotazione (quasi 2 milioni di lire) in ambiente collezionistico che per i suoi contenuti musicali. Ciò nonostante, il valore intrinseco dell'opera è tutt'altro che da disprezzare; in quattro lunghe composizioni la band del New Jersey propone un progressive prevalentemente strumentale di decisa impronta tastieristica, dominato dalle sonorità di organo e moog. Un LP che come impostazione può ricordare, oltre a EL&P e qualcosa dei Camel, quello dei Lift, vuoi anche per una certa mancanza di articolazione delle composizioni. Buono, ma non grandissimo come qualcuno vorrebbe far credere.
Visto che li abbiamo appena citati, ci sembra opportuno menzionare i LIFT, band di New Orleans autrice anch'essa di un solo LP ("Caverns of your brain", 1977, Guinness), nonostante abbia sfiorato anche un successivo contratto con Polygram e Warner. Anche per i Lift 4 lunghe composizioni contenenti un progressive molto dinamico e dai connotati spesso virtuosistici (il punto di forza sono i dialoghi strumentali), che spesso soffre tuttavia di una certa schematicità a livello compositivo. Sulla stessa linea di Lift ed Earthrise si pongono anche gli ALBATROSS, altra formazione durata lo spazio di un solo LP pubblicato per la Anvil nel 1975 (o 1976, non c'è data sulla cover). Un disco valido ma non essenziale, che raggiunge il suo apice nella suite "The four horsemen of the Apocalypse" e nel quale risultano evidenti le influenze di Yes (soprattutto) e EL&P (per l'enfasi delle tastiere, e dello Hammond in particolare). Meritano di essere menzionati anche i BRIMSTONE di "Paper winged dreams", un disco del quale non sono riuscito a risalire alla datazione (dovremmo essere comunque attorno al 1975) ma che ci offre una band dotata di buona personalità e di convinzione nei propri mezzi: nessun intreccio strumentale eccessivamente complesso, nessuna palese imitazione, ma soprattutto la volontà di creare una musica piacevole, che ha il suo fulcro negli ariosi cantati assicurati dalla voce di Gregg Andrews e che mi ha a tratti ricordato i tedeschi Wallenstein di "Stories, songs & symphonies".
Tra le rarità del prog statunitense va inserito anche l'album dei VICTOR PERAINO'S KINGDOM COME (1975), band capitanata dall'ex tastierista di Arthur Brown. Mellotron, sonorità spaziali, chitarra acida, flauto e voce enfatica sono i connotati principali di questo disco, che contiene, accanto ad alcuni momenti di banalità, alcune parentesi degne di tutto rispetto, quali la crimsoniana "Lady of the morning", "Empires of steel" o la genesisiana "At last a crew". Da segnalare l'EP "We're next", pubblicato dalla band nel 1981.
Non dissimile dalla proposta dei VPKC è quella di NEIL MERRYWEATHER, musicista che, dopo aver capitanato una sorta di supergruppo sulla fine dei '60 (Dave Mason e Steve Miller fra gli altri), con la sua band produsse nel 1974 (Mercury) il disco "Space Rangers", per il quale, eccetto che per il flauto, può valere quanto detto per "No man's land", aggiungendo un pizzico di hard in più. Sempre per la Mercury uscì l'anno successivo "Kriptonyte".
Riserviamo una brevissima citazione anche ai KOPPERFIELD di "Tales untold", altro disco del 1974 spostato verso l'hard (sorta di incrocio fra Deep Purple e EL&P), ed ai GABRIEL BONDAGE, gruppo di Chicago autore di due dischi - "Angel dust" (1975) e "Another trip to Earth" (1977) - per la Dharma che mette in mostra una tendenza a mescolare soluzioni progressive (responsabile il tastierista Ron Schwartz, innamorato del suono di EL&P) con melodie easy, verso le quali la band pare naturalmente portata. Gli HARLEQUIN MASS, originali dell'Oregon, propongono a loro volta un prog piuttosto leggero, dalle melodie ariose, che può richiamare Yes, Renaissance, e in particolare gli inglesi Druid, per la tendenza ai cantati leggiadri e vagamente pop. Voce femminile e alcune tentazioni folk fanno da contorno al loro unico disco, stampato privatamente (Mass prod.) nel 1978 e ristampato su CD dalla Mellow alcuni anni fa.
Un disco poco conosciuto anche tra i più attenti estimatori del progressive è "Neptuned" dei texani NEW AGE - pubblicato nel 1979 come stampa privata -, ed è sicuramente un peccato, visto che si tratta di un'opera assai bella (e purtroppo anche molto quotata). Ampia è la strumentazione impiegata (notevole utilizzo viene fatto di piano e violino, e c'è anche il sax); la musica assume spesso connotati nervosi e tormentati, che possono in qualche modo ricordare grandi bands del passato quali VDGG o King Crimson. Non mancano tuttavia i momenti sinfonici, ed ogni tanto ci si può accorgere di qualche citazione classica ben amalgamata nel contesto delle composizioni. Si può invece fare tranquillamente a meno dell'omonimo album dei RELAYER (da non confondersi con la band attuale), sempre del 1979 (et. HSR) e sempre dal Texas, i quali, nonostante il promettente nome, offrono una versione del prog piuttosto scialba, citando Styx e Yes. Nel 1979, anno sorprendentemente prolifico per il progressive americano, esordirono su vinile anche i CHAKRA col loro unico disco omonimo, oggi divenuto una perla per collezionisti. Un'opera più che buona, che palesa evidenti riferimenti a Yes e Rush, con i quali i Chakra condividono la tendenza al tecnicismo strumentale ed alle escursioni sulle tonalità alte.
Nonostante la loro proposta sia più spostata verso il pomp che verso il progressive (e contenga quindi evidenti influssi pop), vale inoltre sicuramente la pena citare gli ANANTA, gruppo autore di due dischi sul finire dei ‘70 ("Night and daydream" - 1978 - e "Songs from the future” - 1980 -). Il secondo in particolare merita decisamente l'ascolto, contenendo nella suite omonima dialoghi strumentali e parti cantate da far invidia ai migliori Kansas, rispetto ai quali il sound degli Ananta è comunque più inglese. Da non confondere poi con il supergruppo britannico che porta lo stesso nome, gli ASIA da Minneapolis (South Dakota) propongono un prog piuttosto duro basato sugli intrecci tra le chitarre, con l'aggiunta di alcune parti di tastiera, di mellotron in particolare. Una musica accostabile come concezione a quella dei Rush di "A farewell to kings", contenuta in due LP ("Asia" e "Armed to the teeth", entrambi su stampa privata del 1979 e del 1980 e ristampati nel 1999). Merita inoltre ricordare che il gruppo scaturiva dai precedenti WHITE WING, autori di un LP per la Asi nel 1976.
Ci trasferiamo dunque in California, terra discretamente prolifica quanto a progressive rock. Oltre ad ospitare buona parte di quelli che abbiamo definito i precursori del progressive rock americano, lo stato di Los Angeles sembra essere il terreno più favorevole per una rinascita del progressive ai giorni nostri. Tra i gruppi attivi durante i ‘70, sono da ricordare innanzitutto i QUILL di "Sursum Corda", disco rarissimo stampato in origine nel 1977 (si parla solo di una ventina di copie promozionali!) e composto di due lunghe suites, contenenti una musica in stile EL&P eseguita dalla classica formazione tastiere/basso/batteria. Più spostati verso ambientazioni fantasy-fantascientifiche i CITADEL, quartetto in cui spiccano le figure dei fratelli Gary e Kiki Withman che produsse nel 1978 l'album "The citadel of Cynosure & other tales" (Clear Vinyl), accompagnandolo con un libretto illustrato di ben 22 pagine. Un compromesso fra pomp e progressive che non disdegna (come accadeva negli Starcastle) la ricerca di melodie orecchiabili, un po' penalizzato dalla scarsa qualità dell'incisione.
Sconfiniamo a questo punto negli anni ottanta, ma si tratta di un passaggio solo formale, non avendo conosciuto il progressive americano quella fase di stasi che in questo periodo caratterizzava, anche a livello underground, le scene di altri Paesi. Una prova discreta anche se non eccelsa è quella dei POLESTAR I di "Flying through the universe", disco del 1980 (Rascals) che
miscela tentazioni "spaziali" in stile teutonico/floydiano ("F.t.t.u.", "Sinful place") con spunti romantici, non lontani dalle mitiche atmosfere dei Genesis di “Trespass” ("Stars & planets", "Plastic ecstasy"). Una vena spaziale ancor più accentuata emerge dai lavori dei MAC ARTHUR, due dischi usciti rispettivamente nel 1981 e 1982. Il secondo di essi ("II", ispirato dall'opera "Planets" di G. Holst) evidenzia una propensione verso le ambientazioni siderali, supportate a dovere dalle sonorità del synth e dalle pulsazioni del basso; il vero fulcro del sound è comunque la chitarra di B. Heffelfinger, sempre molto incisiva. Sul disco di esordio non posso purtroppo pronunciarmi, data la sua assoluta irreperibilità: chi lo ha ascoltato lo descrive tuttavia come sulla stessa linea del successore.
Per gli ASTRE di "Foresight" (1981) si può invece parlare di un disco disomogeneo, nel quale vengono in luce diverse anime: quella emersoniana ("Hole in the sky"), quella genesisiana ("Thru the looking glass", "Before the gods") e quella crimsoniana ("Lar-Asia"), con in più una suite conclusiva che dà sfogo alle tentazioni sinfoniche del gruppo; mentre del 1981 è anche "In the following half light" (Rem) dei NETHERWORLD, band dell'area di San Francisco: un disco bello ed ispirato, pieno di breaks e cambi di tema, nel quale il calore mellotron si sovrappone alla freddezza dei sintetizzatori e delle chitarre taglienti. La drammaticità di alcune situazioni (complice il cantato di Denny Gorden) può ricordare i VDGG o i francesi La Rossa, mentre altrove, quando la musica si fa più distesa e riflessiva, affiora prepotentemente il fantasma dei Genesis.
Californiani erano anche gli IXT ADUX, autori nel 1982 di "Brainstorm" (Madame X), disco privo di tastiere ma egualmente progressivo; una musica essenziale in cui il maggiore riferimento è rappresentato dalla seconda incarnazione del Re Cremisi, paragonabile a "Larks' tongues in aspic" per la bella alternanza tra i momenti soffusi e quelli più tirati. In un conteso musicale non dissimile da quello degli Ixt Adux si pongono i ST. ELMO'S FIRE, che hanno lasciato ai posteri un solo LP (1980, Corposant) registrato dal vivo all'Agorà di Cleveland, Ohio. Probabilmente per loro, più che di progressive, sarebbe corretto di parlare di un tormentato hard-rock con accenti crimsoniani, anche a causa della povertà sonora dovuta alla registrazione.
Nello stesso periodo dei gruppi menzionati operarono gli HOLDING PATTERN, band fondata dal batterista Robert Hutchinson (che vantava anche esperienze con ex-Easter Island) il cui sound ruotava attorno alla chitarra di Tony Spada, per cui si può parlare di una musica strumentale in stile Camel, ma che ha nella pomposità degli arrangiamenti un tratto nettamente distintivo da tale tendenza. Per loro solo un mini LP ed un singolo (1981 e 1983), tuttavia vale la pena di cercare la sfarzosa raccolta con numerosi inediti "Majestic", pubblicata nel 1990 da Art Sublime. Lo stesso Spada ha poi inciso nel 1993 l'album solista "Balance of power", mentre pare che il gruppo al completo si stia preparando per una rentrée.
Niente di eccezionale al contrario il disco di esordio del 1983 dei SYSTEM (conosciuti anche come REALM, nome sotto il quale hanno stampato nel 1992 "The path"), soprattutto a causa della ridottissima strumentazione impiegata (solo tastiere batteria e voce!), che chiaramente limita fortemente le capacità espressive del gruppo: in sostanza, sentiti i primi 5 minuti, è come aver ascoltato l'intero LP. La musica si ispira a Wakeman ed agli Yes. Prima di chiudere citiamo anche i MELOFIN, una band poco conosciuta portatrice di un prog melodico influenzato dai Jethro Tull, specie nelle parti vocali. Per loro un solo disco dal titolo "Ivan tale", stampato privatamente nel 1984.
Raggruppiamo infine sotto un'unica voce la proposta di alcuni gruppi inseriti per certi punti di vista impropriamente nell'ambito del progressive, ma che risultano utili per comprendere come verso la metà degli ‘80 la spinta progressiva degli anni precedenti stesse cominciando ad esaurirsi, e come gli stessi gruppi che si inserivano o venivano inseriti nel genere avessero cominciato a variare il contenuto delle proprie proposte, nella gran parte dei casi intervenendo sugli arrangiamenti e accorciando la durata delle composizioni. Bands paradigmatiche in questo senso possono essere considerate i TETELESTAI (per loro un concept album nel 1984, che ci offre una musica tormentata e basata essenzialmente sulle chitarre, dal momento che le tastiere sono virtualmente assenti; evidente è il parallelo con Peter Hammill), i TRANCEFORM (probabilmente i migliori: il loro "Stranger in the same land" - 1982 - contiene una musica per buona parte acustica, limpida e sognante, talvolta vicina ai Supertramp), gli ORCHESTRATOR (duo autore nel 1984 di "New world music", LP contenente appunto una musica proiettata verso il futuro, che fa ampio uso di synth e batteria programmata, e che ha nelle melodie il proprio punto di forza. Diciamo pure che siamo più vicini al pop e ad Alan Parsons che al progressive) ed i QUEST (autori nel 1982 di "Artist's view", un mini LP abbastanza leggero nei contenuti che miscela una musica stile Camel con una fusion alla Ponty; sono da poco rientrati sulla scena con un CD).

E' giunta sicuramente l'ora di concludere questo mio intervento, che probabilmente tutto sarà fuorché esente da pecche e lacune. La mia intenzione era quella di fornire una mappa utile per orientarsi all'interno della vecchia scena progressive statunitense, sta poi ai lettori più volenterosi andare a colmare gli spazi da me lasciati vuoti... dal canto mio cercherò di dare una mano a costoro fornendo una lista di nomi in cui mi sono imbattuto nel corso delle mie ricerche, ma che purtroppo non sono riuscito a rintracciare o che comunque non ho ritenuto necessario includere.
In ordine rigorosamente casuale cito Grandfallon, Oho, Chalis, Id, Mutha Goose, Dream, Alshia, Arkangel, Marianus, Sense, Freddie St. Jude, Michael Salvatori, Beyond, Clockwise, Crystal Haze, Crossroads, Dreaming Atlantis, Empathy, Father Son & Holy Ghost, Everfriend, Galaxy, Fowle, Poster & Briggs, Aircraft, Bounty, Jommy Hotz, Revival, Naux, Northwind. Only A Mother, The Seventh Dawn, Soma, Steaming Coils, Uhf, Topper, Tracks, With Angels and Arcangels, Zeta Reticuli, Zolar X... può bastare?

DISCOGRAFIA ULTRA-SELEZIONATA (privilegiando le ristampe):

Atlantis Philarmonic: same (Dharma LP/Laser's Edge CD)
Babylon: same (Mehum LP/Syn-Phonic CD)
Cathedral: Stained glass stories (Delta LP/Syn-Phonic CD/LP)
Easter Island: Now and then (ZNR CD)
Ethos: Ardour (Capitol LP)
Fireballet: Night on bald mountain (Passport LP)
Happy the Man: Crafty hands (Arista LP)
Ixt Adux: Brainstorm (Madame X LP)
Mirthrandir: For you the old women (Myrth LP/Syn-Phonic CD)
Pentwater: Into the abyss (Syn-Phonic CD)
Touch: This is touch (Deram LP/Renaissance CD)
Yezda Urfa: Sacred baboon (Syn-Phonic CD/LP)

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