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T2 Davide Arecco
 

Come tanti ricorderanno non senza rimpianto, tra i gruppi che più allietavano i nostri impianti stereo nella prima metà degli anni Novanta vi erano i Landberk, artefici di un suono caldo e radicato nella grande tradizione progressiva inglese dei primi anni Settanta. Tra i numi tutelari dell'ormai sciolta band svedese, oltre ai Van der Graaf – dei quali, in "Unaffected" (1995), eseguirono "Afterwards" –vi erano due semisconosciuti acts attivi oltre vent'anni prima. I primi erano i norvegesi Alrune Rod, autori di tre straordinari album di hard prog – "Alrune Rod" (1969), "Hej Du" (1970) ed "Alrune Rock" (1972), pubblicati all'epoca dalla Sonet e ristampati nel 1998 dalla Polygram, meta e cimelio per ogni audiofilo che si rispetti – mentre il nome dei secondi è quello di altri mitici losers, gli oggi dimenticati T2.


Leader del gruppo era il diciassettenne Keith Cross (chitarra e tastiere) e non meno giovani erano gli altri due membri, Peter Dunton (batteria, Mellotron) e Bernard Jinks (basso, voce), entrambi qualcosa di più di due semplici comprimari. Lontani dai numerosi power trio d'ispirazione psichedelica che pullulavano nell'underground britannico a fine anni Sessanta, i T2 esordirono con "It'll All Work Out in Boomland", uscito su etichetta Decca nel 1970. Alfieri di un rock progressivo dalle tinte hard, i tre inglesi si imposero all'attenzione con un debutto realmente folgorante, fatto di assoli travolgenti e fantasiosi. Quattro i brani contenuti nel disco, divenuto con il tempo molto raro e riedito su CD nel 1992 dalla tedesca SPM/Worldwide. Apre la bella "In Circles", che, con i suoi quasi nove minuti, colpisce l'ascoltatore per l'unione di eleganza compositiva e forza strumentale, "laceranti incursioni chitarristiche hendrixiane e continui cambi di registro" (Cesare Rizzi). Il suono è teso, vario e già maturo. Le successive "JLT" e "No More White Horses" – quest'ultima rifatta magistralmente dai Landberk nel loro "Riktigt Äkta" (1992) – si segnalano per la loro complessità e ricchezza, ricordando il raffinato e malinconico folk degli Spriguns. Cascate di note ed improvvise fiammate strumentali caratterizzano anche "Morning", pezzo che, da solo, occupa l'intera seconda facciata. Si tratta di un'epica di oltre ventuno minuti, autentico manifesto dello stile T2, eclettico e contrassegnato dalle devastanti improvvisazioni del leader, nonostante un inizio atipico, da ballata rinascimentale. Il basso, spesso, si alterna, nel ruolo di solista, alla chitarra. Vista la cifra proibitiva dell'originale, è consigliato al prog-nauta di puntare sulla riedizione laser, che presenta tra l'altro le due inedite "Questions and Answers" e "CD", registrate entrambe alla BBC nell'ottobre 1970, dallo stesso fantasioso stile.

Durante il 1970, dopo la storica apparizione all'Isola di Wight e prima della definitiva separazione, i tre inglesi incisero alcuni nastri che (nelle intenzioni) avrebbero dovuto poi formare un secondo album, in realtà mai pubblicato. Quelle registrazioni – andate perdute ed infine ritrovate soltanto molti anni dopo, nel 1997, e pubblicate con il semplice titolo "T2" dalla Acme – non fanno altro che confermare, anche in quel lost album, la perizia notevole del trio. Le trascinanti sfuriate che vedono protagonista la chitarra di Cross non perdono mai di vista una vena intimista e sempre melodica. Il synth che colora "Timothy Monday" e "The Minstrel" ci consegna puro prog, molto sinfonico e nella struttura e nell'orchestrazione. "T2", che sfiora il quarto d'ora, "Fantasy" e "Careful Sam" ripristinano la magia dell'esordio. Cross usa la chitarra "come pochi hanno saputo fare" (Cesare Rizzi).

Destinato a diventare una delle missing persons della prima era progressiva, il giovane enfant prodige lasciò i suoi due compagni di avventura, decretando di fatto la fine dei T2, nel 1971. L'anno seguente, raccolti attorno a sé altri musicisti, Dunton rientrò in sala d'incisione per registrare alcuni nuovi pezzi, rimasti anche essi inediti e non completati dalla nuova line-up, oltre che privi del genio e dell'inventiva di Cross. Chi volesse, oggi può ascoltarli su "Second Bite", altra produzione della Worldwide, apparsa nel 1992.

Prima di ingoiare il suo orgoglio una volta per tutte, Dunton riformò i T2 oltre un ventennio dopo, nel 1993, con un altro chitarrista diciassettenne, tale Ray Lee. Nonostante il confronto con Cross fosse impietoso, il ragazzo non se la cavò poi male e ne venne un discreto live con alcuni brani di studio, "Waiting for the Band". Tuttavia, la qualità sonora non certo impeccabile, la presenza di composizioni vecchie e conosciute, risuonate in modo appena dignitoso e una manciata di nuove canzoni non proprio memorabili (talune paiono semplici schizzi) fanno dell'album un prodotto minore, di seconda fascia anche per chi i T2 li ha davvero amati. Il fatto è, in realtà, che nella memoria dei fans è viva soltanto la memoria di "It'll All Work Out in Boomland". Anche "Second Bite", come detto, è solo la pallida ombra di un disco indimenticabile e irripetibile. Prima di scomparire letteralmente nel nulla e rimanere artista di culto, Cross fece ancora coppia con Peter Ross in "Bored Civilian". Era il 1972, dopo di che il silenzio. A tutt'oggi, dove sia davvero finito Keith Cross, uno dei più leggendari chitarristi del primo progressive inglese, nessuno lo sa o può dirlo

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