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INCHIESTA SUL MERCATO DISCOGRAFICO ITALIANO (III PARTE) Jessica Attene & Alberto Nucci
 

INDICE

Introduzione
Intervista a Marcello Marinone e a Francesco Zago di AltrOck Productions
Intervista a Matthias Scheller di BTF



Introduzione

Sono passati ormai tre anni da quando abbiamo pubblicato i primi due capitoli sull’inchiesta riguardante il mercato discografico italiano. Ci chiedevamo in che modo la musica digitale influenzasse il nostro mercato discografico e che ruolo avesse il Progressive Rock in questo contesto. Dobbiamo dire che in questo lasso di tempo il mercato discografico sembra essersi indebolito con un calo delle vendite su supporto CD. Stranamente il mercato del vinile sta invece registrando un certo incremento di vendite ma a vincere sicuramente, allo stato attuale, sembra proprio la musica scaricabile, legalmente e illegalmente. Ma in fondo siamo convinti che nell’ambito del nostro sempre più piccolo universo è sempre la qualità a vincere: vediamo i segnali che ci lanciano due realtà discografiche italiane di settore. Abbiamo intervistato per voi Marcello Marinone e Francesco Zago della AltrOck Productions, una piccola etichetta che si occupa delle derivazioni più avanguardistiche del Prog, ideatrice anche di un festival musicale che porta il suo stesso nome, e infine ci siamo rivolti a Matthias Scheller, responsabile della BTF, etichetta discografica e mail order, diretta erede della storica Vinyl Magic, che si occupa essenzialmente di prog italiano. Buona lettura.



Intervista a Marcello Marinone e a Francesco Zago della AltrOck Productions


La AltrOck Productions è un'etichetta giovane che nell'ambito di un genere musicale di nicchia come il prog pone la sua attenzione verso gruppi decisamente non convenzionali e di orientamento avanguardistico. Come è nata l'idea di fondare questa etichetta ed in che modo ti sei proposto di affrontare la sfida che comporta il lancio in un mercato di per sè difficile e poco remunerativo come quello del progressive rock?

Marcello Marinone: Dietro un progetto “temerario” come AltrOck c’è soprattutto la passione, non certo la soddisfazione economica. Come accade molto spesso, il caso ci ha dato sicuramente una mano: nel 2006, con il master di “Labirinto d’acqua” ormai pronto, non avevamo ancora trovato un’etichetta disposta a “produrci”. Così, Francesco ed io decidemmo di “fare il salto” e di non appoggiarci a nessuno, ma di lavorare autonomamente alla stampa e alla promozione del cd. Così nacque l’etichetta, che chiamammo Altrock sulla scia del festival che avevo organizzato nel 2005. Contro le nostre più rosee aspettative, il disco andò bene: presto esaurimmo la prima tiratura e ricevemmo recensioni molto lusinghiere. Questo ci diede fiducia e pensammo di proseguire lavorando anche con altri gruppi. I primi furono i bielorussi Rational Diet e i bolognesi Accordo dei Contrari.

Perché hai deciso di dedicarti in maniera così settorializzata alla musica d'avanguardia? Si sentiva la mancanza di un punto di riferimento del genere nel mercato discografico italiano?

Francesco Zago: Probabilmente ha contato anche questo. Il panorama italiano è abbastanza sconfortante anche per il prog più canonico, figuriamoci per altri filoni più ristretti come il RIO e le altre avanguardie. Se si esclude la Cooperativa L’Orchestra fondata dai membri degli Stormy Six alla fine degli anni Settanta, non ricordo altre realtà italiane che si siano mai dedicate in maniera specifica alle musiche davvero “altre”.

MM: Forse sì, anche se giova ricordare l’esperienza di un’etichetta come l’Erosha di Martignoni e se vogliamo anche la Wallace, seppur con una proposta che sfiora a tratti le caratteristiche di AltrOck.
Certamente fonte di ispirazione sono state Cuneiform e ReR, ma devo sottolineare altresì quanto vogliamo rimanere fruibili nelle proposte. Cito ad esempio ciò che disse un artista che stimo molto, Simon Steensland: “Sono a disagio quando mi definiscono un musicista sperimentale, temo di essere accostato a gente che percuote utensili da cucina o canta nei barattoli per i biscotti, un approccio che difficilmente gratifica qualcun altro oltre l’esecutore”. Simon si riferiva alla definizione di musicista d’avanguardia o sperimentale. Spesso questi termini spaventano oltremodo: AltrOck invece vuole che la musica possa comunque essere una forma di comunicazione ed è comunque attenta al pubblico, al proprio pubblico. Non vogliamo produrre musica che non sia comunque concreta, costruita, certi “astrattismi” non sono di nostro interesse.

Quali sono le difficoltà principali che incontri nella gestione della tua etichetta e che risposta stai ottenendo in termini di pubblico e gradimento?

FZ: Non ci possiamo lamentare. Certo non possiamo parlare di grandi numeri, ma siamo soddisfatti perché il pubblico che ci segue ha imparato a riconoscere lo stile e la direzione delle nostre pubblicazioni.

MM: Siamo molto caratterizzati e questo aiuta il processo promozionale e la diffusione dei nostri prodotti. Sono molto contento dei riscontri che riceviamo quotidianamente.

La tua attività si è rivolta anche in ambito concertistico con un festival, l'AltRock Festival, con due edizioni alle spalle. Come giudichi questa esperienza?

MM: Appassionante ma anche frustrante, in termini di pubblico ed economici. A volte mi chiedo perché in Italia sia così difficile proporre musica non convenzionale e di qualità, soprattutto dal vivo. Certo le istituzioni finanziano solo jazz canonico e classica, eventi nei quali suonano sempre i soliti noti (tipica soluzione all’italiana). L’argomento forse necessiterebbe di un’intervista a parte tanto è lungo da sviscerare, mi limito a dire che abbiamo bisogno di un cambio generazionale nel pubblico, forse per fare ciò bisognerebbe avere un po’ più di coraggio e smetterla di proporre tributi, revival del prog che fu e cover band che fanno cover delle cover band. Ho detto cover band? :-)

Le uscite della tua etichetta sono poche e mirate: da quali esigenze nasce questa scelta e che vantaggi porta questa politica, soprattutto vista in opposizione alla tendenza di pubblicare un gran numero di prodotti anche a costo della qualità finale?

MM: È davvero incomprensibile come certe etichette o gruppi si ostinino a sfornare un disco dopo l’altro nonostante la pessima qualità (in termini sia produttivi che musicali). È una forma di dilettantismo deleteria per il cosiddetto “movimento” del prog (sempre che esista davvero un movimento simile) e per tanti musicisti di qualità che si ritrovano a essere paragonati a personaggi e gruppi discutibili. Io e Francesco abbiamo puntato tutto sulla qualità, e non certo sulla quantità: siamo estremamente selettivi sui contenuti musicali e su altri aspetti non secondari (il booklet, ad esempio). Siamo convinti che se fai qualcosa per passione e non per soldi, non puoi permetterti passi falsi.
Tengo a sottolineare che essere professionali non significa fare il musicista per professione… spesso, ahimè, è il contrario.

Come scegliete i gruppi da scritturare?

MM: Abbiamo scoperto diversi gruppi grazie a Internet e MySpace (emblematico è il caso dei Rational Diet, altrimenti irraggiungibili). In modo più tradizionale, ci arrivano anche moltissimi demo. Ma soprattutto è il contatto diretto (anche se solo telematico) a instaurare un rapporto con gli artisti.
Continuo a essere un feroce compratore di musica e cerco sempre di soddisfare i miei bisogni di fruitore ed appassionato. Durante questi “viaggi” spesso incontro proposte davvero interessanti, le sottopongo a Francesco e se le idee collimano nasce una produzione AltrOck.
Ovviamente prima di tutto c’è la musica, deve corrispondere alla nostra visione, ai nostri gusti e alle caratteristiche che ci siamo prefissati. Vogliamo un’etichetta molto riconoscibile, con un’impronta molto forte.

Qual è l'uscita della tua etichetta di cui sei più soddisfatto e perché?

MM: Mah… è come chiedere a un papà a quale figlio vuole più bene! Sono realmente soddisfatto di tutte le produzioni fatte sinora, a livello affettivo non posso che essere più legato a Labirinto d’acqua. Ho fondato Yugen assieme a Francesco, è la mia band… Uno spazio importante nel mio cuore è rappresentato dai Rational Diet, un po’ l’emblema della visione di AltrOck. Però, ripeto, sono molto legato a tutte le nostre produzioni.

FZ: Be’, ovviamente sono estremamente soddisfatto di “Labirinto d’acqua” e “Kurai”… Fra gli altri gruppi ho apprezzato moltissimo i Rational Diet, in particolare “At Work”. Quando il mondo dell’accademia e quello del rock si incontrano, come in questo caso, il risultato non può che essere sorprendente.

Cosa hai un programma per il prossimo futuro? Hai un sogno, anche proibito, per la tua etichetta?

MM: Un sacco di progetti nuovi, il nuovo Yugen con… i Thinking Plague (!) come ospiti, un nuovo Factor Burzaco, il secondo Garamond, i Ciccada… il 2010 sarà molto eccitante.
Un sogno forse ce l’ho, veder suonare le mie band in contesti importanti come il RIO Festival in Francia.

FZ: Lasciamo perdere i sogni proibiti… meglio pensare a quelli più concreti, anche se estremamente impegnativi. Come ad esempio realizzare il prossimo disco di Yugen.

E' vero che il settore delle vendite di dischi è in calo rispetto a pochi anni fa? Se si quali pensi siano le cause?

MM: Problema complicato da capire, certo il download illegale è a mio parere, soprattutto per piccole realtà come le nostre, un male incurabile, un vero e proprio dramma. Credo che nei cosiddetti appassionati dovrebbe esserci maggiore coscienza nel capire che comprando la musica che amano la aiutano a sopravvivere. Soprattutto se è musica di nicchia. Vasco Rossi venderà la sua “musica” lo stesso, anche se un suo disco viene scaricato illegalmente…

FZ: Se mi occupassi di musica commerciale, ossia costruita a tavolino per scalare le classifiche e riempire lo stadio di San Siro ogni estate, forse non ci dormirei la notte. Ma non sono questi i miei obiettivi, né come musicista né come… “discografico” (nota le virgolette). Francamente non saprei rispondere a questa domanda. Non darei però la colpa, come si fa sempre più spesso, a Internet, bla bla bla. Se il pubblico non compra la musica è perché non pensa valga la pena spendere dei soldi per acquistarla e per fruirne (acquistando un cd o andando a un concerto). Quindi i discografici (quelli senza le virgolette) dovrebbero pensare di più ai contenuti dei loro “prodotti”, chiedendosi perché alla gente non interessa più certa musica, e senza nascondersi dietro la scusa di Internet, Emule, l’11 settembre, la crisi mondiale e via dicendo.

Quali fattori secondo te influenzano le vendite nel Prog?

MM: Difficile capirlo, i numeri dicono che vengono premiate le produzioni che scimmiottano gli anni Settanta, con tanto di maschere e merletti. Insomma un sano revival all’italiana…

Avresti una soluzione per rilanciare le vendite nel prog?

FZ/MM: Pensiamo che se l’obiettivo rimane quello di rilanciare le vendite, falliremo miseramente. Il prog (e affini) non è musica fatta principalmente per vendere o intrattenere. Ma crediamo che se punteremo tutto sulla qualità, il pubblico se ne accorgerà, e premierà anche le scelte più audaci. Così è probabile che anche le vendite aumenteranno. Se invece continueremo a scimmiottare il passato (magari pensando di vendere di più) o a crogiolarci nel dilettantismo (spesso usando la “passione” per mascherare le lacune), allora le musiche non commerciali hanno i giorni contati.




Intervista a Matthias Scheller di BTF



Come è avvenuta la tua trasformazione da semplice ascoltatore a discografico?

Le mie scuole progressive sono state essenzialmente due: la prima è quella di Kaliphonia di Raoul Caprio. Nei primissimi anni novanta è stato un crocevia di artisti, fan, collezionisti davvero unico. Quanti pomeriggi passati a discutere, a dibattere nel soppalco di Via Aosta il tutto con uno stereo audiofilo che suonava prog a palla....
Successivamente sono passato dalle forche caudine del newsgroup IAMRP. Un calderone infuocato e folle, ma con personaggi di grandissimo spessore, Mauro Moroni in primis, e dal quale non si poteva che imparare molto, almeno in termini di cultura progressiva.
Uno entrava da Kaliphonia o si iscriveva a IARMP con in testa solo Yes, Marillion e Pendragon e usciva con i Coto en Pel, gli SBB o i Moving Gelatine Plates.
Con buona pace dei detrattori in quegli anni (fine millennio) ha anche iniziato la mia amicizia con Renato Scuffietti e la collaborazione con Radio Popolare con una trasmissione di prog che ormai va avanti da oltre dieci anni. L'unico demerito di From Genesis to Revelation è forse la poca autoreferenzialità, andiamo avanti ogni lunedì sera da 10 anni e abbiamo organizzato almeno 50 concerti nella prima metà degli anni zero, ma non se lo ricorda quasi nessuno :-)

Vuoi raccontarci come è iniziata la tua avventura con la BTF?

La BTF è stata la distributrice dei dischi della mia prima etichetta, la defunta Rock Revelation. Successivamente ho svolto attività di consulenza che - quasi senza accorgermene - si è allargata sempre di più. Visto che le mie vicende professionali dei tempi erano ben avviate ma per nulla soddisfacenti, il passo di diventare discografico (quasi) a tempo pieno è stato dovuto.

Quale è precisamente ora il tuo ruolo in BTF?

Sono direttore artistico e responsabile delle produzioni.

Pensi che col tempo siano cambiate le tendenze musicali ed i gusti di chi ascolta prog in Italia, in che modo?

Secondo me gusti e tendenze non sono cambiate poi così tanto. Chi ascoltava prog mediocre dieci anni fa, lo fa ancora oggi. Sicuramente internet ha dato una visibilità impensabile a tanti gruppi e a tante realtà misteriose ed elitarie (tanto per fare un esempio il trovare i dischi dei Magma nel 1990 era una impresa costosa e difficile). Tutte queste chicche oggi sono diventate liberamente accessibili, quindi le nature musicali curiose non possono che trovare mille gratificazioni nella rete.

Come scegliete i gruppi da scritturare?

Faccio prima a dire in base a quale criterio non scegliamo i gruppi: quello commerciale. Ho rifiutato gruppi che successivamente hanno avuto riscontri eccellenti, ma che semplicemente non mi piacevano. Non sono un bravo talent-scout, è solo che come etichetta principalmente dedita alle ristampe posso levarmi lo sfizio di pubblicare gruppi solo perchè mi piacciono personalmente. E' per quello che il nostro roster è così eterogeneo rispetto ai tanti sottogeneri prog.

E' vero che il settore delle vendite di dischi è in calo rispetto a pochi anni fa? Quali pensi siano le cause?

Certamente c’è stato un calo di vendite, e pure drammatico. Penso sia quantificabile almeno del 50-60%.
Le cause sono varie , diciamo che l’evidente calo qualitativo delle uscite a metà anni novanta ha influito, tanto quanto la possibilità di masterizzare i CD a poco prezzo, col definitivo colpo di grazia dato dai peer to peer e/o blog che consentono il download di tutto lo scibile prog in maniera tanto illegale quanto gratuita.
L’unico motivo per il quale si sopravvive è che internet ha creato un mercato globale impensabile qualche anno fa. Ma pensare di vivere unicamente di questa musica oggi è impensabile, sia per un musicista, sia per un discografico.

Quali fattori secondo te influenzano le vendite nel Prog?

Se lo sapessi probabilmente venderei il doppio dei dischi.

Quali sono i dischi BTF che si vendono meglio anche senza una grossa promozione?

Le ristampe dei classici, ovviamente, qui la promozione la fa la storia.

Quali dischi in questi anni hanno venduto meglio, magari in maniera inaspettata, e quali hanno venduto meno rispetto alle attese?

Entrare in questi dettagli sarebbe velare i miei segreti commerciali :-) Scherzi a parte ammetto di avere avuto tante sorprese in senso positivo. Recentemente mi hanno sorpreso i Pandora, un solido gruppo di prog italiano con venature hard che ha fatto impazzire il Giappone.

Abbiamo assistito alla scomparsa di negozi di dischi più o meno specializzati o alla riduzione dello spazio dedicato al prog in altri negozi, la stessa Vinyl Magic era a suo tempo un negozio vero e proprio, come ti spieghi questo fenomeno? In particolare come è avvenuta la scelta di abbandonare il classico negozio in favore del mail order? Il flusso di affari è migliorato attraverso le vendite online?

Il classico negozio è stato abbandonato per motivi meramente economici, la struttura del negozio di dischi di un tempo non funziona più perché manca una base di clientela che ti tiene in piedi comprando il prodotto di massa. Un negozio di dischi di nicchia può ancora funzionare, ma soltanto se gestito al massimo risparmio, dove le figure di buyer, proprietario e negoziante coincidono. Altrimenti è un'impresa improba. D'altronde come biasimare l'appassionato che da casa può ordinare (o aggiudicarsi) dischi da tutto il mondo, a prezzi concorrenziali e che gli vengono recapitati direttamente a casa?

Cosa ne pensi dei negozi di dischi "virtuali" come Mindawn che in pratica vendono i dischi sotto forma di file?

Penso che la fruizione futura della musica sia interamente liquida, mentre il supporto fisico si limiterà a prodotti elitari e costosi (vedi cofanetti, vinili a 180g, cd in SHM ecc.) chiudersi a questa evoluzione è miope ed autolesionista.
Pur provenendo da una cultura e una generazione legatissima al supporto fisico (basti pensare alla montagna di uscite su vinile della BTF) non posso chiudermi a questa evoluzione, difatti siamo online sui maggiori portali di download. A questi livelli sarebbe anacronistico e stupido chiudersi dietro alle proprie convinzioni, personalmente, pur possedendo e usando molto un Ipod, non ho mai scaricato un brano in vita mia, ma li ho tutti rippati dalla mia collezione. E comunque potendo scegliere preferisco ascoltare un disco con un impianto e non con il PC o con la cuffietta. Ma so benissimo che buona parte delle nuove generazioni non hanno nessuna forma di legame con il concetto di musica fisica, con la cultura del suono ecc ecc.
Per me questa generazione ha gli stessi diritti di ascoltare la mia musica di quella che compra i miei papersleeve ed è per questo che la voglio mettere nelle condizioni di scaricare i nostri prodotti, legalmente.

Avresti una soluzione per rilanciare le vendite nel prog?

No. Forse un sistema che renda impossibile il download selvaggio potrebbe aiutare, ma so bene che entriamo nel campo della utopia. Dico solo una cosa: godetevela finché dura e supportate le label e gli artisti, anche perché con questa tendenza dubito che fra 5 anni ci sarà ancora una realtà discografica prog attiva in Italia.

Credi che il pubblico prog italiano sia ancora molto "esterofilo"? Come ti spieghi questo fenomeno?

Il pubblico prog italiano è tendenzialmente esterofilo. Il motivo principale che racchiude tutti gli altri è il senso di inferiorità spesso generalizzato rispetto ai modelli esteri. La stampa Italiana del passato non ha certo contribuito ad alleggerire questa situazione. Noto che recentemente c'è una lieve inversione di tendenza, ma forse è solo un'impressione.

Al di là delle vendite, di quali produzioni BTF sei particolarmente contento?

E’ come chiedere a una mamma a quale figlio vuole più bene! Sicuramente le produzioni alle quali tengo maggiormente, sono quelle dove, oltre al consueto rapporto artista-discografico, si sono sviluppate delle amicizie all’ombra della produzione.
Recentemente sono particolarmente orgoglioso del nuovo disco del Biglietto per L'Inferno e del ritorno della Raccomandata con la quale abbiamo realizzato un cofanetto deluxe che potrebbe entrare negli annali del collezionismo prog. Ma come non parlare dei dischi fatti con Fabio Zuffanti, del libro di Augusto Croce, dell'esauritissimo DVD del Banco o dei due megacofanetti dedicati a nomi storici del prog italiano in imminente uscita? E non inizio neppure con i vinili, sennò non la finiamo più.

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