Proporre una retrospettiva sui Magma non è certo compito facile, visto che ci sono una serie di problematiche da superare. Troppo lunga la sequenza di eventi, numerosissimi gli aneddoti, infiniti i cambi di formazione della band, enorme il rischio di cadere in errori e di essere banali e/o ripetitivi. Per di più si tratta di uno di quei casi di gruppo che si ama o si odia: è davvero difficile avere mezze misure e così diventa quasi inevitabile esasperare gli entusiasmi e dimenticare, di conseguenza, che non sono poche le persone che non riescono a entrare in sintonia con una proposta musicale così complessa. Ma la storia di questa favolosa entità è ancora attuale, è incredibilmente piena di fascino ed è talmente fondamentale per il progressive rock che merita i massimi approfondimenti (e pensare che una quindicina di anni fa, quando in Italia praticamente nessuno ne parlava, c’era il serio pericolo che i Magma nel nostro paese finissero nell’oblio). Il nome Magma, che fin dagli esordi viaggia accompagnato da un simbolo di ispirazione egiziana e rappresentante il sole, è legato strettamente a quello di Christian Vander, batterista, compositore, cantante e pianista. Un genio, un folle… Un musicista che ha scritto capolavori assoluti, che ha inventato un genere, che possiede un’energia irrefrenabile ed una padronanza unica dello strumento, che ancora oggi si esibisce con vigore invidiabile, che cura ogni più piccolo dettaglio della sua musica, che ha addirittura creato una nuova lingua per comunicare la sua opera… A tal proposito segnaliamo che per semplicità abbiamo preferito evitare la precisa scrittura delle parole di questo linguaggio, il kobaiano, troppo ricche di particolari, tra dieresi e segni fonetici. Ma dicevamo della storia dei Magma… Seguirne ogni più piccolo avvenimento significherebbe scrivere un libro enorme. Proviamo comunque a ricordare le tappe fondamentali della loro carriera, la discografia, le personalità più importanti che hanno gravitato in questo incredibile universo, con la speranza che gli appassionati possano trovare nuove chiavi di lettura, avere un po’ più chiara la pluridecennale carriera della band e che magari, chissà, qualche temerario sia colto dalla curiosità di addentrarsi finalmente in quel ramo del progressive denominato “zeuhl”.
UNIWERIA ZEKT MAGMA COMPOSEDRA ARGUEZDRA (fine anni ’60) Fin da piccolo Christian Vander, nato il 21 febbraio 1948, figlio di un pianista jazz, vive accompagnato dalla musica. Stravinskij, Elvin Jones e Chet Baker sono i suoi primi idoli, ma è la conoscenza delle opere di John Coltrane che in qualche modo gli accende quella scintilla che lo spinge a voler creare qualcosa di unico e irripetibile. A undici anni inizia a suonare la batteria; a tredici anni i suoi genitori si trasferiscono negli Stati Uniti per un lungo tour e si ritrova da solo a Parigi, dove, nella seconda metà degli anni ’60, vive le sue prime esperienze da musicista suonando jazz nei club. Gli aneddoti di questa fase della sua vita si sprecano: riesce a entrare in contatto persino con Jones e Baker e quest’ultimo gli regala una batteria! In seguito, diciassettenne, passa al rhythm and blues e fonda il gruppo Wurdalacks. Successivamente fonda i Chinese, vive una breve avventura con i Cruciferius Lobonz e non supera le visite militari perché gli vengono riscontrati evidenti problemi psicologici! La leggenda vuole che la morte di Coltrane avvenuta il 17 luglio 1967 e la residenza in Italia iniziata poco dopo rappresentino un ideale spartiacque tra le sue prime esperienze di batterista e l’inizio del genio… Nei primi mesi del 1969, dopo diversi mesi trascorsi prima a Milano e poi a Torino, tra continui tormenti interiori, difficoltà economiche e la collaborazione con il Patrick Samson Set, ha come una sorta di rivelazione. Capisce finalmente che la morte di Coltrane non lo deve distruggere, ma deve essere la base per creare qualcosa di unico e decide di tornare a Parigi. Qui passa giorni e notti ad allenarsi al suo strumento affinando la tecnica, suona con fior di jazzisti (Chick Corea, Dave Holland, Jack De Johnette ecc.) ed entra in contatto dapprima con il sassofonista René Garber e poi con il bassista Laurent Thibault. I tre si trovano subito sulla stessa lunghezza d’onda e hanno tutte le intenzioni di creare un gruppo che vada al di là del rock, al di là del jazz, al di là del rhythm and blues, al di là delle avanguardie. Riescono a coinvolgere molti giovani colleghi, tra i quali il cantante Zabu, ma già nel primo anno di attività si nota quella che diventerà una costante dell’intera carriera dei Magma e cioè la difficoltà di mantenere una base di musicisti fissa e stabile. Il primo nucleo della band, costruito con questa voglia di superare i limiti del rock e del jazz, viene denominato Uniweria Zekt Magma Composedra Arguezdra e solo in un secondo momento si arriverà al più semplice “Magma”. Manco a dirlo, i loro concerti sono esplosivi e caotici, ben distanti dagli inni di pace dei figli dei fiori provenienti da oltreoceano e ancora imperanti: la band improvvisa partendo da brani jazz e Vander, mentre suona prepotentemente la sua batteria, si lancia in grida ed imprecazioni. Durante uno spettacolo urla la parola “Kobaia!”. E’ l’inizio del mito… I PRIMI ANNI, I PRIMI ALBUM (1970-1972) Dopo i continui concerti in cui viene proposto un repertorio originale e strabiliante, ottenuto un contratto con la Philips e superati vari cambi di formazione, che portano anche alla fuoriuscita dello stesso Thibault, si arriva finalmente ad una line-up che riesce a registrare il primo album nell’aprile del 1970, pubblicato poi qualche mese dopo. Ne fanno parte, oltre a Vander, Klaus Blasquiz alla voce, Claude Engel alla chitarra (proveniente dagliOmega Plus), al flauto e alla voce, Francis Moze al basso, François Cahen al piano e Teddy Lasry ai fiati. Blasquiz (anche appassionato d’arte e disegnatore), dotato di una vocalità estesa, calda e coinvolgente, il cui carisma e la cui fisionomia (capelli e barba lunghissimi) colpiscono molto, ricoprirà un ruolo chiave nei Magma per molti anni, essendo il front-man nei concerti ed è ancora oggi amatissimo dai fan della band. Ritroviamo anche Thibault, ma in cabina di regia alla produzione. Il disco non ha un titolo e dovrebbe essere considerato eponimo, ma con il passare del tempo gli verrà dato il nome convenzionale “Kobaia”.
La band si mostra subito coraggiosa sia per la proposta sonora, sia perché questa viene presentata con un album addirittura doppio, mossa molto rara per un esordio. Il disco contiene tutti quegli elementi che contraddistinguono i primissimi anni di attività dei Magma, con un jazz-rock ispirato e originale, che raccoglie elementi afro-americani e li avvicina a certe esperienze Canterburyane di matrice Soft Machine, senza tralasciare accenni alle opere di John Coltrane e Pharoah Sanders. Non mancano influenze di musica colta contemporanea, che mostrano i primi germi di quello che sarà lo sviluppo del suono del gruppo. A tutto questo bisogna poi aggiungere che per comunicare i loro messaggi, i musicisti si affidano ad una lingua inventata, che maturerà ulteriormente nel corso degli anni e che viene chiamata kobaiano. E non è finita, perché bisogna ricordare il concept che rappresenta la base del mito raccontato dai Magma, che narra il viaggio di un gruppo di terrestri verso Kobaia, un pianeta che rappresenta una sorta di terra promessa, dopo che la Terra ha subito devastazioni che ne mettono a rischio l’esistenza (emblematica la copertina, dove un enorme artiglio distrugge esseri umani, animali, palazzi, case, edifici religiosi e tanto altro). Dopo averne scoperto le meraviglie, i terrestri provano a tornare sul loro pianeta d’origine per portare un messaggio che resta incompreso e che ottiene in cambio solo minacce e sono costretti a fare marcia indietro senza essere riusciti a raggiungere il loro scopo. E’ un messaggio spirituale e questa caratteristica resterà sempre molto forte nelle opere dei Magma. Fin dal primo album e per tutto il prosieguo della carriera, anche quando la musica si farà estremamente articolata e feroce, Vander darà sempre un ruolo centrale alla spiritualità (ed è qui il legame maggiore con l’opera di Coltrane), ricercandola anche attraverso un perfezionismo esasperato. I brani presenti nell’album hanno durate variabili, ma sono sempre strutturati con una certa complessità, visto che tutti sembrano contenere diverse “sequenze” di motivi che si alternano attraverso variazioni ritmiche e di atmosfera. L’apertura è affidata a quello che ancora oggi è uno degli inni dei Magma, “Kobaia”; subito ritmi vivaci, per un jazz-rock spedito e vibrante, condito dal canto caldo di Blasquiz e in cui non mancano cambi di tempo e spicca, in tal senso, la pausa verso i quattro minuti in cui emerge una parte dura e recitata, prima del crescendo che riporta al tema di base. Altri pezzi forti sono “Aina”, dalle melodie affascinanti guidate dal sax e dalle accelerazioni vertiginose, “Malaria”, contraddistinta all’inizio dalla voce evocativa di Blasquiz e poi pronta a lanciarsi in un jazz-rock articolato e d’avanguardia, dove fiati e piano si intrecciano e si alternano, mentre una chitarra elettrica minacciosa fa eco in lontananza, “Thaud Zaia”, epica all’inizio e più stravagante nella seconda parte. Tra i momenti di maggiore sperimentazione si avvertono innanzitutto i quasi undici minuti di “Aurae”, dove a un canto quasi religioso seguono lenti tocchi di piano, una improvvisa, ma brevissima, esplosione strumentale e una malinconica melodia di flauto, che poi prorompe in momenti di insieme, accelerazioni e cambi di tempo che tolgono il fiato. C’è poi “Nau Ektila”, che è un appello alla natura, con dodici minuti aperti da una certa delicatezza acustica, poi pieni di divagazioni jazzistiche, prima del finale guidato nuovamente da chitarra acustica e flauto (resterà un episodio isolato nell’intero repertorio dei Magma). Soprattutto c’è “Stoah”, aperta dalla recitazione sgraziata (o dalle urla disumane se preferite) di Vander, volutamente fastidiosa e condita poi da dissonanze continue, bizzarrie varie, sprazzi d’avanguardia e dal canto marziale di Klaus.
In questa primissima fase della loro attività, pur caratterizzata da stravolgimenti continui di formazione, i Magma si presentano comunque come un insieme organico e omogeneo di elementi diversi, capaci di apportare differenti idee musicali e che agiscono come un vero gruppo e non come una band sotto il totale controllo di Vander come accadrà qualche anno dopo. In particolare, il lavoro di Lasry, sia come esecutore-compositore, sia con gli arrangiamenti di fiati, e il contributo di Cahen sono fondamentali in questo periodo e c’è addirittura un aneddoto secondo il quale i due, durante un viaggio per un concerto, comunicano al batterista la loro decisione di estrometterlo dal gruppo perché ci sono vedute troppo divergenti su come dovesse essere incentrata la musica dei Magma! Quella disposizione, a quanto pare, viene ritirata in fretta, probabilmente per merito di un’eccellente prova sul palco, visto che Vander non è mai uscito dalla band.
A giugno fanno la loro prima apparizione televisiva, al programma Discorama, dove eseguono “Stoah”, urla Vanderiane comprese. Sotto il nome Transition, si esibiscono come gruppo d’apertura per i concerti dei Deep Purple, scambiandosi ripicche con i fan di Blackmore e soci. Eppure, contemporaneamente cresce uno zoccolo duro di fan, sbalorditi da una proposta così ardita, da una tecnica così stupefacente e vogliosi di scoprire dove è capace di arrivare questo incredibile nucleo di musicisti.
Nell’estate del 1970 i Magma registrano dei brani per la colonna sonora del film “24 heures seulement”, che però vedranno la luce solo molti anni dopo come bonus cd in un cofanetto che raccoglie l’opera omnia in studio dei Magma. Con l’aggiunta di Alain “Paco” Charlery alla tromba e di Richard Raux al sax e al flauto, la band mostra un indirizzo stilistico non troppo differente dal disco d’esordio, a tratti accentuando l’aspetto jazz, forte anche del nutrito esercito di fiati a disposizioni, ma senza disdegnare qualche momento più melodico, come la dolcissima “Pascale”, guidata da un delicato tema di flauto. Le composizioni più interessanti sono comunque quelle a firma Vander, “Ourania” e “Africa Anteria”, caratterizzate da un jazz-rock particolarissimo e aperto alla contaminazione, con un ricco e vivacissimo apporto percussivo.
Il 1971 è un anno molto intenso: escono il secondo album “1001° centigrades” e un 45 giri e si segnalano anche la partecipazione ad un doppio LP pubblicato dall’etichetta di Thibault, intitolato “Puissance 13+2” e la registrazione di un disco a nome Univeria Zekt. Ma andiamo con ordine…
Continui dissapori si creano all’interno della band: Engel si era già allontanato, ma giunge anche l’importante defezione di Lasry, che finora ha giocato un ruolo di primo piano in seno alla formazione, e che rimane comunque disponibile per le registrazioni del nuovo lavoro e per la cura degli arrangiamenti di una sezione fiati comprendente i nuovi arrivi del sassofonista Jeff “Yochk’o” Seffer e del trombettista Louis Toesca. All’inizio di aprile, i tre accompagnano Vander, Blasquiz e Cahen negli studi Michel Magne per la registrazione del secondo album, che all’inizio esce semplicemente con il titolo “Magma 2”, ma che poi è diventato “1001° centigrades” nelle successive edizioni. Il disco, stavolta singolo e caratterizzato, tra le altre cose, dall’assenza della chitarra, vede la presenza di sole tre composizioni, tutte di lunga durata. Visto quest’ampio respiro, i musicisti si lasciano spesso andare a lunghe digressioni strumentali che, similmente a quanto fatto col debutto, vanno a toccare jazz-rock, avanguardia, bandismo zappiano e musica mitteleuropea, senza disdegnare quelle asperità che saranno sempre uno dei loro marchi di fabbrica. La contaminazione, però, diventa più pregnante e risulta sempre più difficile “catalogare” la proposta dei Magma, al punto che si può tranquillamente dire che a ormai la band ha creato davvero un linguaggio musicale inedito e innovativo. “Riah Sahiltaahk”, composta da Vander, ne è l’esempio migliore con i suoi ventidue minuti; occupa l’intero lato A e mostra anche accenni degli impasti vocali e di quella solennità che sarà caratteristica importante dei Magma a venire. L’altra facciata del disco vede “’Iss’ Lansei Doia”, firmata Lasry e “Ki Iahl o Liahk” di Cahen ed entrambe spingono sul versante jazz-rock, con commistione continua di suoni elettrici e acustici, mostrando le grandi capacità tecniche dei musicisti. Manca forse il “fattore sorpresa” che caratterizzava l’esordio, ma anche il nuovo disco ha una forza dirompente e mostra musicisti in formissima. Col senno di poi, “1001° centigrades” può essere visto come un album (ottimo) di transizione, tra gli esordi dei Magma e la piena maturità zeuhl che contraddistinguerà la fase successiva. Da un punto di vista tematico, vengono sviluppati ulteriormente gli avvenimenti del primo album, facendo diventare protagonista il kobaiano Riah Sahiltaahk, che, dopo aver tentato invano di portare un messaggio ai terrestri che li convincesse a partire per Kobaia, trova una morte triste e solitaria sul pianeta Malaria. Come spesso accade nel music business ci sono pressioni affinché la musica dei Magma venga proposta anche in formati più diretti ed ecco spiegata l’uscita del singolo contenente l’inedito “Hamtaahk” e “Tendei Kobah”, un breve estratto di “Riah Shiltaahk” (entrambi i brani non arrivano a tre minuti di durata).
Laurent Thibault, nel frattempo, ha creato una propria etichetta discografica, la Thélème, e tra i vari modi in cui la vuole promuovere c’è quello della pubblicazione di una compilation, “Puissance 13+2”, in cui coinvolgere alcuni dei nomi emergenti più interessanti del rock francese. Ergo Sum, Catherine Ribeiro, Catharsis, gli ex Magma Zabu e Claude Engel sono tra i numerosi partecipanti e anche la formazione di Vander ne prende parte con il brano dal vivo “Mëkanïk Kömmandöh”, che è una versione embrionale di uno dei successivi lavori della band. Nello stesso anno viene pubblicato anche un disco a nome Univeria Zekt, registrato nel mese di agosto. La musica dei Magma si è mostrata da subito troppo radicale e Thibault ebbe l’idea di presentare al pubblico una versione leggermente semplificata della band. L’album “The unnamables” fondamentalmente riprende i brani registrati per “24 heures seulement” l’anno precedente (seppur utilizzando per alcuni titoli differenti) e contiene una parte caratterizzata da un jazz-rock più accessibile (per di più viene utilizzata la lingua inglese) e vagamente imparentato con quello dei primi Chicago, ed un'altra con composizioni più vicine alle sonorità dei primi album dei Magma, con tanto di kobaiano, nonché urla irritanti e assolo di batteria in “Africa Anteria”. Al disco partecipano Vander, Blasquiz, Cahen, Moze, Lasry, Seffer, Engel, Zabu, Lionel Ledissez alla voce e Tito Puentes alla tromba. L’LP vede la luce nel gennaio del 1972.
Questi primi anni di attività hanno fatto conoscere al pubblico un gruppo incredibilmente originale, anche troppo. Persino in un panorama in continuo fermento e ricco di inventiva, come era quello del rock di quel periodo, i Magma si affacciano come un’entità a sé stante, difficile da seguire e se i fan e gli appassionati sono in continua crescita, restano numerose le persone che prendono le distanze dalla loro proposta. Bisognerà attendere il 1973 perché avvenga l’esplosione definitiva… GIORGIO GOMELSKY, JANNICK TOP, MËKANÏK DËSTRUKTÏW KÖMMANDÖH E LA DEFINIZIONE DEL SUONO ZEUHL (1972-1973) All’inizio del 1972, dopo l’uscita di un altro singolo contenente una nuova versione di “Mëkanïk Kömmandöh” e “Klaus Kombalad” (basata sulla melodia conclusiva di “Riah Sahiltaahk”), i Magma durante una tournée in Belgio entrano in contatto con alcune realtà musicali del luogo e questi incontri sfociano in nuovi avvicendamenti in seno al gruppo, visto che Jean-Luc Manderlier degli Arkham sostituisce Cahen alle tastiere e che l’astro nascente della batteria Daniel Denis (futuro deus ex machina degli Univers Zero) affianca Vander per un paio di concerti dietro i tamburi (questa versione dei Magma con due drummers, che balenava negli ultimi tempi nella testa di Vander, non soddisfa appieno il leader del gruppo che decide di non proseguire oltre con questa idea).
Ma in questo periodo è la figura di Giorgio Gomelsky, nome di spicco della Swingin’ London e della scena post beat inglese (tra gli altri aveva lanciato Brian Auger, Procol Harum e Yardbirds), che si insinua in maniera pesante nella band: diventa il loro manager e spinge molto per accentrare l’immagine dei Magma sul frontman Blasquiz e, soprattutto, su Vander. I primi risultati di questo sodalizio sono devastanti, visto che decidono di lasciare, dopo Cahen, anche Seffer, Moze (che va a suonare con i Gong), Lasry e Toesca. Ma l’esperienza appena vissuta serve molto a questi musicisti e ricordiamo in particolare l’attività di Cahen che registra degli interessanti album jazz a suo nome, accompagnato anche da leggende quali Miroslav Vitous e Jack de Johnette, che realizza un progetto denominato Don Faton e che fonda, insieme a Seffer e ad altri incredibili collaboratori, gli Zao, autori di un debutto in stile zeuhl e poi di una serie di eccellenti lavori di jazz-rock.
Contemporaneamente si segnalano anche le prime accuse di nazismo. I musicisti si presentano sul palco vestiti di nero, nel marasma distrutto dall’artiglio sulla copertina del disco d’esordio si intravedeva anche una svastica, la musica assume a tratti sapori Wagneriani, si notano certe assonanze tra parole in kobaiano e il tedesco che ricorda gli anni bui del Terzo Reich (“Hel” – “Heil”) e gli atteggiamenti, le pose e le grida di Vander sul palco sembrano ad alcuni delle imitazioni dei discorsi di Hitler. Per di più sono narrati diversi episodi che vedono i musicisti (Vander in primis) litigare col pubblico durante i loro concerti, cosa che spinge spesso gli spettatori ad urlare “Magma facho!”. Nel corso degli anni questa querelle sorgerà con una certa continuità, specie dopo le testimonianze di musicisti che hanno dichiarato di essersi allontanati dal batterista dopo aver sentito certi suoi discorsi di simpatia verso il Fuhrer (in questo periodo è Lasry a dichiarare apertamente che il motivo che lo spinge a lasciare i Magma va visto nella sempre più evidente propensione di Vander a mostrare certe sue idee). Anche su quest’argomento gli aneddoti sono numerosi; ci torneremo brevemente più avanti…
L’attività dal vivo comincia a rappresentare una fase fondamentale per la band. Proprio dai concerti tra fine ’71 e inizio ’72 inizia a prendere forma quella che sarà la successiva opera dei Magma, presentata sulle scene come “Mëkanïk Kömmandöh” e solo abbozzata nelle uscite discografiche cui abbiamo fatto già cenno. Questo tipo di processo si manterrà una costante nel corso degli anni, con i musicisti pronti a creare concerto dopo concerto le loro opere sul palco, a formarle, modificarle, plasmarle in una lenta evoluzione che porta poi alla composizione finita, quando ogni più piccolo dettaglio avrà soddisfatto il leader. Per alcuni lavori è stato necessario attendere addirittura decenni prima di poterli ascoltare nella loro forma compiuta. Altri restano tutt’oggi inediti in studio, anche se sono ben noti agli irriducibili che seguono la band costantemente in concerto e agli appassionati che possono ascoltare le testimonianze presenti su CD dal vivo e sui bootleg. La particolare gestazione della nuova opera firmata Vander, ormai a tutti gli effetti leader e figura cardine dei Magma, vede una prima registrazione nel gennaio del 1973 alla quale partecipano (dopo l’ormai consueta serie di rimpasti che ha visto nel frattempo altri musicisti transitare brevemente nella band) oltre al batterista e a Blasquiz, Jean Pierre Lembert al basso, Jean Luc Manderlier alle tastiere, René Garber al clarinetto e alla voce, Stella Vander alla voce e anche il coro della Stochhaus. Stella Vander, moglie di Christian e definita “l’eminenza grigia del batterista” da Philippe Gonin nel suo libro dedicato ai Magma, aveva avuto un discreto successo come cantante beat negli anni ’60, ma da questo momento consacra la sua vita artistica ai Magma, occupando un ruolo che nel corso degli anni sarà sempre più importante. Questa versione di “Mëkanïk Kömmandöh”, rifiutata dalla Virgin per la scarsa commerciabilità, uscirà postuma nel 1989.
Prima che si arrivi alla versione definitiva dell’opera da dare alle stampe, si segnala un altro momento fondamentale nella storia del gruppo, quando Vander assiste ad un concerto dei Troc e viene fortemente colpito dal loro bassista Jannick Top. In breve tempo i due si trovano a meraviglia e c’è un nuovo membro dell’universo Magma. Top si rivela un musicista formidabile, unico nel suo genere, tecnico, sperimentatore del suo strumento (che accorda in maniera inedita e similmente a un violoncello), preparatissimo anche nell’attività di composizione e con un background forte della frequentazione del Conservatorio di Marsiglia, dove ha studiato violoncello, piano e direzione d’orchestra. E’ con lui che esce l’album definitivo ribattezzato “Mëkanïk Dëstruktïw Kömmandöh”, registrato in Inghilterra, presso i celebri Manor Studios nel mese di aprile e completato in un secondo momento presso lo studio Aquarium parigino. Per l’occasione i Magma sono composti da Vander, Blasquiz, Top, Manderlier, Garber, Claude Olmos alla chitarra, il redivivo Lasry ai fiati, Stella Vander, Muriel Streisfield, Evelyne Raztmovski, Michèle Saulnier e Doris Reinheardt alle voci, con Gomelsky alla produzione. Per la prima volta, il disco è distribuito anche in Inghilterra e negli Stati uniti, dalla A&M.
“Mëkanïk Dëstruktïw Kömmandöh” può essere vista come una composizione unica, anche se è suddivisa in più sezioni legate l’una all’altra senza soluzione di continuità. Sin dalle prime battute si è aggrediti da un assalto frontale, ritmi marziali ed una aggressività sonora devastante, col basso di Top che pulsa in maniera potentissima, come forse mai si era udito prima. Anche il canto in kobaiano si evolve facendosi più elaborato e ruvido ed ora comincia a perdere quelle caratteristiche onomatopeiche degli anni precedenti e ad avere maggiori similitudini con la fonetica dei paesi teutonici e slavi. I cori si fanno più maestosi ed è facile intravedere un parallelo con Orff. Per di più alcuni lati della musica fino ad ora solo accennati diventano più evidenti, come la ripetitività ossessiva dei temi, siano essi vocali, corali, ritmici o guidati da uno strumento. Il sound è altisonante, esasperato, ipnotico, asfissiante, eppure ha un fascino magnetico incredibile. Quella tensione appena palpabile in precedenza esplode qui in tutta la sua violenza, trasmettendo enorme inquietudine. Meno avvertibile, quindi, seppur ancora presente, il legame con il jazz e più palesi, invece, i rimandi alla musica colta contemporanea di Stravinskij e di Bartok. Vander dietro le pelli fa faville più che mai, padrone di una tecnica strabiliante e dimostra come nella sua creatura sia fondamentale il ruolo giocato da strumenti che solitamente sono relegati ad un mero ruolo ritmico come basso e batteria, che invece adesso si trovano a dominare la scena. Con questo disco i Magma raggiungono l’apice della loro carriera e realizzano uno dei capolavori assoluti di tutto il Progressive, che delinea anche quelle caratteristiche del sottogenere che oggi chiamiamo zeuhl (parola kobaiana che significa “celestiale”) e nel quale si cimenteranno vari musicisti che hanno incrociato la loro strada con quella di Vander e anche numerose band da ogni parte del mondo negli anni a venire. Continuando con il mito di Kobaia, il tema dell’opera ruota intorno al profeta Nebehr Gudahtt, alla sua invocazione con cui maledice il popolo terrestre per le cattiverie di cui è capace, invocando l’essere supremo Kreuhn Kohrmann e alla dichiarazione di guerra della Terra a Kobaia, che viene creduto una minaccia.
Poco dopo la pubblicazione, grazie agli accordi tra Gomelsky e la A&M, i Magma partono per una breve tournée negli States, che li vede impegnati per una quindicina di giorni e dove in alcuni concerti sono supportati dai fratelli Randy e Michael Brecker al sax e alla tromba. Qui Vander ha anche la possibilità di rincontrare Elvin Jones, che, tra l’altro gli procura una batteria Gretsch a prezzo vantaggioso. Tornati in Europa, una delle prime tappe è la partecipazione, il 25 agosto del 1973, al festival di Reading per il loro primo concerto in Gran Bretagna, davanti a 45000 persone e nel pieno pomeriggio con un sole opprimente. Il 30 settembre Blasquiz è costretto ad andare in Germania per il servizio militare, ma similmente a quanto accaduto con Vander qualche anno prima, dopo breve tempo viene riformato per forti problemi neurologici! WURDAH ITAH, KÖHNTARKÖSZ E LIVE (1974-1975) Il 1974 è un altro anno di intensa attività per i Magma, che sono ospiti di trasmissioni radiofoniche importanti, come quella di Radio Brema e, soprattutto, la celebre Sound of the Seventies di John Peel per la BBC. Quest’ultima partecipazione, avvenuta il 16 marzo, è anche documentata in un cd uscito poi nel 1999, “BBC 1974 Londres”, contenente due meravigliosi estratti di composizioni ancora inedite:“Theusz Hamtaahk” e “Köhntarkösz”.
Soffermiamoci innanzitutto sulla prima. L’uscita di “Mëkanïk Dëstruktïw Kömmandöh” l’anno precedente è il primo passo dello sviluppo di una trilogia, di cui quest’album rappresenta l’ultimo atto. Nei progetti di Vander l’opera deve essere completata con le altre due parti, rappresentate da “Wurdah Itah” (“Morte della Terra”), che verrà pubblicata a breve e da “Theusz Hamtaahk” (“Il tempo dell’odio”), che è anche il titolo della trilogia e che tutt’oggi deve vedere una registrazione in studio (mentre sono disponibili diverse versioni live sui documenti ufficiali). A questo punto bisogna fare un salto indietro nel tempo e tornare al 1972, quando esce il film “Tristano e Isotta” di Yvan Lagrange, la cui colonna sonora contiene dei demo registrati da Vander, Blasquiz, Garber e Lembert e avuti dal regista tramite Thibault. Vander, ignaro di tutto, nel momento in cui viene a conoscenza della cosa va su tutte le furie, insoddisfatto della resa sonora e considerando il fatto che per lui quelle erano solo delle prove. Nel giro di un paio di anni, sviluppa meglio i temi musicali di quella colonna sonora e va in studio di registrazione nell’aprile del 1974 per incidere quella che diviene la versione definitiva dell’opera intitolata, intitolata “Wurdah Itah” e seconda parte della trilogia su cui ancora sta lavorando. Per l’occasione, ad affiancare Vander (che si occupa anche delle parti di piano) ci sono Klaus Blasquiz, Stella e Jannick Top.
L’album esce a nome Christian Vander, ma viene considerato a tutti gli effetti un parto dei Magma. Il disco segue fondamentalmente la scia di “Mëkanïk Dëstruktïw Kömmandöh”, con un’unica composizione suddivisa comunque in più parti, ognuna con il proprio titolo. Anche in questa occasione siamo di fronte ad uno zeuhl ossessivo e carico di tensione, a partire da parti vocali e corali reiterate, con la sezione ritmica che sa essere allo stesso tempo ipnotica e devastante, mentre il piano si ritaglia spazi importanti sia d’accompagnamento, sia nell’ispessimento di queste atmosfere snervanti. Vista la strumentazione più scarna, “Wurdah Itah” è inevitabilmente meno orchestrale del suo predecessore, ma riesce ugualmente a incarnare l’essenza della musica dei Magma, più che mai vicina a certe proposte colte dell’Europa dell’Est (pensiamo di nuovo a Stravinskij e alla sua “Les noces”). Non bisogna poi dimenticare, sottolineando i legami che ci sono tra le varie parti della trilogia, che la l’apertura della composizione affidata a “Malawelekaahm” rappresenta anche l’incipit di “Theusz Hamtaak”, mentre un tema dell’ultimo brano “De Zeuhl Undazir” viene ripreso anche in “Mëkanïk Dëstruktïw Kömmandöh”.
Poco dopo è la volta della registrazione (iniziata nel mese di maggio) e della pubblicazione, per la A&M, del nuovo album a nome Magma, intitolato “Köhntarkösz”. Quest’ultimo lavoro è fondamentalmente incentrato sulle due parti in cui è suddivisa la title-track, che mostra quasi un nuovo corso per la band, stavolta formata da Vander, Top, Blasquiz, Stella, Gérard Bikialo e Michel Grailler al piano e alle tastiere e Brian Godding alla chitarra. La musica è più rarefatta e conturbante, avanza quasi indolente, scandita dai ritmi comunque potenti, con note e parti vocali evocative e spesso prolungate, a creare sinistre e inquietanti atmosfere. Quest’andamento più onirico e la mancanza dei fiati tengono quindi un po’ a distanza il sound magniloquente e violento della trilogia “Theusz Hamtaak”, pur mantenendone certe caratteristiche (ancora una volta la reiterazione ossessiva di alcuni temi gioca un ruolo primario) che trasmettono tensione ed un’aura di mistero. Il basso di Top, inoltre, va spesso in primo piano e diventa ancora più evidente l’importanza che quest’ultimo e il suono del suo strumento rivestono nell’attuale formazione dei Magma. La chitarra nervosa di Godding e gli interventi eleganti di piano e tastiere fanno il resto e completano l’ennesimo colpo da maestro di Vander. Sul disco sono poi presenti altri due brani più brevi. Uno è “Ork alarm”, a firma Top, che fa intuire certi sviluppi a cui porterà il contributo del bassista in futuro, con violoncello, voce e basso che martellano nervosamente in un’ansia crescente. L’altro è “Coltrane Sundia”, omaggio di Vander al celebre jazzista, dalla cui immortale “A love supreme” viene catturato un breve motivo che dà il via a una canzone guidata dal piano e dalla chitarra, con tratti melodici non banali e con il sentito canto finale.
Vander aveva iniziato a lavorare a “Köhntarkösz” l’anno prima e sul palco si erano già visti assaggi di ciò che sarebbe apparso sull’album. Ma in realtà questa composizione è anche l’inizio di una nuova trilogia e dal vivo il batterista aveva già proposto e continuerà ad eseguire brani inediti di quest’opera che vedranno poi la luce solo nel nuovo millennio, quando le altre parti verranno poi completate. I miti dell’Egitto vanno ad arricchire le nuove tematiche proposte: il protagonista di questa trilogia è infatti Köhntarkösz, un esploratore che scopre la tomba di Ëmëhntëhtt-Ré, faraone considerato il capostipite dei kobaiani ed ha una visione dei suoi segreti che gli permettono di avvicinarsi all’immortalità. Sta di fatto che i Magma sfornano un altro capolavoro, ma devono affrontare un momento un po’ difficile alla fine del 1974, quando Top decide di lasciare il gruppo. Come accennato, il bassista aveva dato una sua impronta forte e avvertibile e il suo ruolo era diventato sotto certi aspetti fondamentale, vista anche la capacità di essere in sintonia con Vander. Ad ogni modo, trovare un degno sostituto che permettesse alla band di proseguire il suo cammino senza intoppi non è certo compito facile. Intanto, nuovi musicisti, alcuni molto giovani, ma tutti di grande talento e vogliosi di lanciarsi in un’avventura indimenticabile, stanno per legare il loro nome a quello dei Magma. Il violinista Didier Lockwood, il chitarrista Gabriel Federow, i tastieristi Benoit Widemann (neanche diciottenne) e Jean-Pol Asseline (quest’ultimo sarà sostituito da Patrick Gauthier nel mese di settembre), vanno a rinforzare l’asse portante di base formato da Christian e Stella Vander e da Klaus Blasquiz. Il problema è sostituire Top, ma il nome giusto c’è ed è una vecchia conoscenza, risalente ai tempi dei Cruciferius Lobonz: Bernard Paganotti.
Il 9 febbraio 1975 inizia il nuovo tour che porta alla realizzazione di uno dei più bei dischi dal vivo della storia del progressive, semplicemente intitolato “Live” (ma noto anche come “Hhai” o “Köhntark”), registrato alla Taverne de l’Olympia di Parigi nel mese di giugno e pubblicato nello stesso anno dalla Utopia, etichetta creata nel frattempo da Gomelsky. L’album, doppio, contiene le due parti di “Kohtarkosz”, “Kobaia” (in una versione più “morbida” che ne fa parzialmente perdere la carica) ed estratti di “Mëkanïk Dëstruktïw Kömmandöh”. Il gruppo si mostra solido, Paganotti supera ampiamente la prova del “post Top” con una eccellente performance, grazie al suono potente del suo basso, ma tutti i musicisti sono in forma perfetta. Per di più chi non riesce a seguire dal vivo i Magma può finalmente capire quanto i loro concerti siano entusiasmanti e allo stesso tempo creativi, visto che c’è la possibilità di ascoltare alcune composizioni inedite che fanno intuire il modus operandi già descritto in precedenza e fatto di sperimentazione e trasformazione sul palco, di continui accorgimenti e variazioni prima di raggiungere una versione finale. Una di queste rappresenta una pagina tra le più belle della carriera della band ed è denominata “Hhai”, quasi nove minuti di musica davvero celestiale e solenne, con Vander a declamare prima la parte cantata per poi sedersi dietro i tamburi e lanciarsi, insieme agli altri strumentisti, in un vertiginoso turbinio strumentale che resterà indimenticabile. E’ un momento travolgente, che diventa appuntamento fisso durante le esibizioni della band. Altro inedito è “Lihns”, un brano registrato in realtà in studio, guidato dal piano e dal canto (di Vander) e senza la batteria, quindi con un indirizzo che spinge verso una dimensione sonora particolare, più tranquilla e acustica, che ci presenta dei Magma inediti e sotto certi aspetti anticipatori degli Offering. Presente come bonus dell’edizione in cd anche “Ëmëhntëhtt-Ré (announcement)”, che è una parte che svilupperà meglio in futuro la trilogia “Köhntarkösz”, contraddistinta da cori d’atmosfera e da quell’ossessività ormai caratteristica precipua della musica dei Magma. Si nota anche come nelle versioni live di brani già noti siano comunque presenti dei riarrangiamenti interessanti, mostrando come si prestino a trasformazioni che possono essere anche entusiasmanti. Il contributo di Lockwood in tal senso è fondamentale, col timbro del suo violino elettrico che abbellisce ulteriormente composizioni già straordinarie e perfettamente in sintonia con gli altri musicisti, soprattutto quando si lancia in un incandescente e prolungato assolo tra le note dei diciannove minuti prodigiosi di “Mekanik Zain”, in cui sono rielaborati temi di “Mëkanïk Dëstruktïw Kömmandöh”.
I Magma hanno anche modo di incontrare dopo un concerto, in questo periodo, il regista surrealista Alejandro Jodorowsky, che mostra estremo interesse per la loro musica, al punto da proporre alla band di scrivere la colonna sonora del suo prossimo film “Dune”. Purtroppo, a causa di problemi economici, questa collaborazione non avrà mai luogo. VANDERTOP (1976) Insomma, sembra che nonostante i continui sconvolgimenti di formazione, la vita dei Magma resti in pienissima salute. Eppure un momento di depressione di Vander, che comincia a pensare che la sua attività sia inutile e che agli ascoltatori fondamentalmente non interessi la sua proposta musicale, verso la metà del 1976, rischia di mandare tutto all’aria, quando decide di smembrare il gruppo nel pieno dell’attività, cosa che comporta anche l’allontanamento personale di vari musicisti dell’epoca, primo tra tutti Paganotti. Quest’ultimo, insieme a Gauthier, forma un nuovo gruppo, sotto certi aspetti stellare. Denominati Weidorje incidono un omonimo e splendido album di purissimo zeuhl che vedrà la luce nel 1978.
Torniamo per un istante a Jannick Top. Nel 1974 il bassista aveva lavorato su alcuni suoi pezzi, denominati “Epithecantropus erectus” e “Utopia Viva”, suonando tutti gli strumenti (tranne la batteria, per la quale si era affidato a Jean Schultès), cantando e lavorando anche in studio, manipolando e sperimentando con il suono. I due brani, editati, escono nel 1975 su un 45 giri, grazie al quale si può ascoltare un sound caratterizzato da uno zeuhl incredibilmente potente, con la sezione ritmica in primissimo piano e assolutamente devastante, mentre i vocalizzi gutturali e onomatopeici di Top fanno il resto. Su “Epithecantropus Erectus” si possono notare i germi di quella che diventerà “De Futura”, la sua composizione più famosa, la cui forza distruttiva è già chiaramente avvertibile. Nonostante la separazione dai Magma avvenuta non molto tempo prima, il legame con Vander è tutt’altro che rotto e nel 1975 il bassista forma l’estemporanea Utopic Sporadic Orchestra, un ensemble di ben diciotto elementi, coinvolgendo anche il batterista e diversi musicisti transitati nei Magma e con cui presenta in anteprima dal vivo la sua “De futura”, al festival jazz di Nancy.
Frattanto i Magma sono a tutti gli effetti sciolti, ma c’è la necessità di adempiere a degli accordi presi in precedenza e suonare in concerto per diverse date. Magma “deve” vivere ma Vander, almeno per il momento, non vuole sentire il peso dell’attività del gruppo interamente sulle sue spalle e si rivolge nuovamente a Jannick Top, offrendogli una sorta di ruolo di co-leader. Il bassista ritorna e pone le basi per un nuovo album, “Üdü Ẁüdü”, registrato tra il maggio e il giugno del 1976. Stavolta i Magma si presentano quasi come formazione aperta che varia di brano in brano e che coinvolge numerosi musicisti e cantanti. Ritroviamo persino Paganotti, che firma “Weidorje” ed è coinvolto da Vander con la speranza di sviluppare in futuro una line-up che preveda contemporaneamente la presenza e il suono del basso suo e quello di Top (ma questa idea non verrà mai concretizzata).
L’apertura affidata alla title-track sembra quasi un ritorno al passato, ai primi anni di attività, con un andamento ritmico molto vivace guidato da una drum-machine e influenzato dalla tradizione brasiliana e africana, parti vocali brillanti e fiati ad accompagnare. “Weidorje” riporta ad uno zeuhl altisonante, sia nell’atmosfera che nella performance canora di Blasquiz, mentre Vander e Paganotti fanno sentire il vigore dei loro strumenti. “Troller tanz” e “Zombies” sono composizioni di Vander che viaggiano spedite, energiche, con dinamiche particolari che ne faranno anche importanti appuntamenti nei concerti. “Soleil d’Ork” invece è un brano di atmosfera di Top, in un’ambientazione sonora stravagante, sorta di lenta danza tribale di invocazione del sole, nella quale compare anche un flauto. E poi c’è lei! Ad occupare l’intero secondo lato del disco c’è quella “De Futura” cui abbiamo fatto già cenno, opera di Top e presentata qui da quest’ultimo impegnato a tutti gli strumenti e coadiuvato da Vander alla batteria e Blasquiz alla voce. Quanto accennato da “Epithecantropus Erectus” prende ora forma completa e si dilata fino a 18 minuti di prorompente energia e indescrivibile splendore, da ascoltare a volume elevatissimo! Top e Vander picchiano duro come non mai e la musica zeuhl raggiunge uno dei suoi vertici assoluti. “Opera di glaciale bellezza e di un rigore interno implacabile” dirà il batterista a proposito di “De Futura”. La carica di tensione, i riff granitici, i ritmi incandescenti e ossessivi, i suoni e le note snervanti delle tastiere e i vocalizzi cavernosi (niente kobaiano) impressi in quei solchi resteranno uno dei vertici artistici dei Magma che, nonostante il periodo particolare che stanno vivendo, riescono a sfornare un altro album monumentale.
Un celebre episodio che testimonia quanto il gruppo fosse ancora vivo avviene al festival jazz-rock di Castellet, quando, dopo la loro esibizione, Michael Shrieve, ex batterista di Santana, deve salire sul palco e dice a Vander: “sarà dura suonare dopo di voi”.
L’importanza di Top diventa talmente grande che il gruppo in qualche modo si trasforma e diventa VanderTop con l’ausilio di Blasquiz, Lockwood, Federow e Graillier. E’ con questa sigla infatti che viene intrapreso un tour verso la fine dell’anno. Nei concerti la band eseguiva varie composizioni del repertorio dei Magma, ma anche una lunga e ipnotica composizione di Top, intitolata “La musique de sphères”. Questa tournée avrebbe dovuto toccare anche vari paesi europei e gli Stati Uniti, ma i due musicisti si rendono conto in breve tempo che il progetto non può durare a lungo e dopo diverse esibizioni tra ottobre e novembre, VanderTop viene meno. Da questo momento e per lungo tempo, Top si dedicherà principalmente a colonne sonore di film e musiche per la televisione, oltre ad un lavoro costante di session-man e arrangiatore per altri artisti, senza disdegnare qualche collaborazione sporadica con i vecchi compagni di avventura. APPRENDISTI STREGONI In sei anni i Magma hanno pubblicato dei dischi a loro modo seminali. Inevitabilmente, il loro zeuhl ha influenzato non poco un buon numero di musicisti che in questo periodo muovevano i primi passi, soprattutto in Francia. Se gli Art Zoyd, insieme ai belgi Univers Zero di Daniel Denis, sfioravano solo il genere e andavano a spingere quel movimento R.I.O. europeo che puntava però su un connubio tra rock e musica da camera, altri artisti non solo mostravano che le lezioni di Vander erano state apprezzate, ma provavano anche a proporle a loro modo. Senza dimenticare gli Zao di Seffer, attivi già dal ’73, tra la seconda metà degli anni ’70 e il decennio successivo gruppi come Archaia, Potemkine, Vortex, Rialzu, Eskaton, Dun, Rahmann, Eider Stellaire, Uppsala, Shub-Niggurath pubblicano dischi molto apprezzati dagli appassionati. Non solo. Diversi musicisti transitati nei Magma si riuniscono in nuove band o puntano su progetti solisti di grande qualità. Volendone ricordare qualcuno citiamo “Stress” di Benoit Widemann uscito nel 1977, “Bebè Godzilla” di Patrick Gauthier nel 1977, “Drones” di Jean-Philippe Goude nel 1980 (a cui partecipa la crema dello zeuhl: Blasquiz, Paganotti, Gauthier, Widemann e molti altri). Già citato anche il progetto Weidorje, durato purtroppo poco: Bernard Paganotti e Patrick Gauthier, insieme a Michelle Ettori, Kirt Rust, Alain e Yvon Guillard e Jean-Philippe Goude formano questo gruppo nel ’76, che registra un omonimo album pubblicato due anni dopo e contenente tre brani di purissimo ed energico zeuhl, col basso in bella evidenza e la magistrale composizione “Elohims voyage” a dettare legge con diciotto minuti di cavalcate altisonanti. GLI ULTIMI GRANDI COLPI DELLA PRIMA FASE (1977-1979) I Magma intanto sembrano vivere un momento di transizione: la storia sembra ripetersi e il rischio di stasi c’è, ma Vander è riuscito a ricaricare le pile e ha voglia di portare avanti quello sente sempre più come “suo” progetto musicale. Ricomincia il “valzer” dei musicisti e verso la fine dell’anno nuovi elementi si affiancano e si alternano a lui, persino un secondo batterista, visto che il leader vuole cominciare a dedicarsi anche al piano e al canto. Prima di poter ascoltare un nuovo disco in studio bisogna attendere due anni, ma il 1977 vede un’interessante uscita discografica: “Inedits”, per la casa discografica Tapioca. Come il titolo lascia intuire si tratta di una raccolta di brani inediti. La cosa interessante è che si tratta di ripescaggi e improvvisazioni catturate dal vivo in momenti diversi, in un arco di tempo che va dal 1972 al 1975, con diverse formazioni dei Magma all’opera. La resa sonora è lungi dall’essere ottimale e in molti parlano di questo lavoro come un bootleg ufficiale, ma il piatto resta molto gustoso e fa capire ulteriormente l’importanza della dimensione live per la band. Sono infatti presenti brani che venivano spesso suonati in concerto come l’onirica “Sowiloi”, o come “Om Zanka”, “Gamma” e “Gamma Anteria” (quest’ultima in una versione registrata in studio), che rappresentano una parte importante dell’ossatura di “K.A”, opera in gestazione già negli anni ’70, ma che vedrà pieno compimento solo nel nuovo millennio. Da segnalare, tra le varie cose, anche due brani di Top, indirizzati verso sperimentazione e potenza sonora. Nonostante la qualità audio tutt’altro che impeccabile, quindi, i contenuti sono interessantissimi e mettono una volta di più in mostra tutte le caratteristiche che i Magma hanno fatto conoscere fino ad ora.
Tra l’altro il gruppo comincia ad eseguire dal vivo un nuovo brano che a tutt’oggi non ha visto una registrazione ufficiale. Si tratta di “Morrison in the storm”, un omaggio a Jim Morrison dei Doors, con un’atmosfera sonora che richiama la celebre “Riders on the storm”. I concerti del 1977 pongono poi ulteriori basi per lo sviluppo della trilogia “Köhntarkösz”, visto che vengono proposte sequenze di brani senza soluzione di continuità (“Ëmëhntëhtt-Ré part 1” – “Hhai” – “Zombies”) che rappresenteranno una parte importante della struttura dell’album “Ëmëhntëhtt-Ré”, ovviamente continuando a sperimentare sui vari temi.
Bisogna però aspettare ancora un po’ prima che Vander riesca a contornarsi di un nucleo di musicisti che possa procedere alla registrazione di un nuovo album, “Attahk”. Reclutati Guy Delacroix (basso), Lisa Deluxe (voce), Tony Russo (tromba) e Jacques Bolognesi (trombone), che si affiancano al batterista, a Blasquiz, a Stella Vander, a Garber e a Widemann, la band è in studio tra il settembre e il novembre del 1977 e la pubblicazione avviene nel maggio del 1978. Nel nuovo disco ci sono alcune piccole svolte nel sound dei Magma. Innanzitutto si nota un ruolo un po’ più marginale di Blasquiz, visto che per la maggior parte le parti vocali soliste se le accolla Christian Vander. La musica poi si fa in qualche modo più elegante evidenziando in maniera più forte certe influenze finora appena accennate, come il rhtyhm and blues, il soul e il gospel (dopo “Attahk” si parlerà persino di “Tamla-zeuhl”!). Acquistano importanza anche i cori femminili, con Stella affiancata da un’altra cantante. Non ci sono più lunghissime composizioni ma brani più “condensati”. Ma attenzione! Non aspettatevi canzoncine melodiche: questi cambiamenti, questo approccio un po’ diverso rispetto al passato non comportano, fortunatamente, un brusco calo qualitativo. I sette pezzi che formano “Attahk” sono tutti splendidi, a partire dall’opener “The last seven minutes”, vibrante e dirompente, con un riff iniziale memorabile, ritmi frenetici, la voce stralunata di Vander, i raffinati cori femminili e i due bassi suonati da Delacroix, spesso protagonisti, risultano decisamente impetuosi. Gli altri titoli che vedono un legame maggiore con i Magma del passato sono “Liriik Necronomicus Kanht”, “Maahnt” e “Nono”, non violenti e ossessivi come i loro predecessori, ma comunque caratterizzati da un jazz-rock di notevole energia e da dinamiche particolari e imprevedibili. “Spiritual”, “Rindae”, e la lunga “Dondai” (otto minuti) sono invece i brani che in qualche modo segnano un nuovo corso, in cui melodia e voce la fanno da padrone, pur non facendo mancare una certa aura di mistero e di tensione. La strutture si fanno più semplici e la strumentazione più scarna e acustica, spesso col piano in evidenza, anticipatrice in qualche modo degli Offering, ma il fascino resta notevole. Insomma, il nuovo disco è molto buono, anche se mostra non poche differenze con quanto i Magma ci avevano abituato. Nota a margine per la copertina, opera del celebre H.R. Giger (l’ideatore della figura del mostro del film “Alien”, nonché autore di varie cover in ambito rock, tra le quali rimane celebre quella di “Brain Salad Surgery” di Emerson, Lake & Palmer) e raffigurante due nuovi personaggi dell’universo magmatico, Urgon e Gorgo.
In quello stesso anno esce il primo libro dedicato al gruppo, intitolato semplicemente “Magma” e scritto dal critico Antoine de Caunes.
La band intraprende un tour (c’è anche una puntata in Italia con due date: al Palasport di Brescia e al Palalido di Milano), con una formazione che vede Christian e Stella Vander, Blasquiz, poi Maria Popkiewicz e Lisa Deluxe ai cori, Jean-Luc Chevalier alla chitarra e al basso, André Hervé alle tastiere e Michel Hervé al basso. Il repertorio è ormai incentrato sui brani di “Attahk” e anche su inediti, ma non mancano esecuzioni di quelli che ormai sono dei classici e momenti solistici, come testimonia il live “Bourges 1979”, uscito nel 2008. L’immagine comincia anche a cambiare: non c’è più il truce nero che li aveva sempre accompagnati, ma colori più vivi e costumi sfarzosi e particolari, che sfoceranno anche nel kitsch negli anni a seguire. Nel 1979 Vander, insieme a Widemann, Gauthier e Dominique Bertram forma l’Alien Quartet, con cui comincia ad esibirsi suonando standard jazz e che riproporrà spesso in futuro, con organici differenti.
A questo punto il diktat di Vander è totale e i Magma sono diventati a tutti gli effetti una sua “creatura”. Anche l’unico che aveva resistito dalla formazione del primo album, Klaus Blasquiz, non riesce più a continuare al fianco del batterista e decide di lasciare il gruppo. Le motivazioni delle incomprensioni nate sembrano risiedere nella poca propensione del cantante a lasciarsi andare all’improvvisazione tanto voluta da Vander. RETROSPEKTIW E ZESS (1980-1981) Vander, ormai padrone incontrastato dei Magma, si butta a capofitto nell’attività live: dopo i concerti del biennio 1978-1979 in Europa, nel 1980 vuole festeggiare per bene il decennale di attività della band, organizzando per il mese di giugno una serie di spettacoli celebrativi all’Olympia di Parigi. Sul palco, in esibizioni di sei ore, si alternano numerosi musicisti (ben venticinque) che nel corso degli anni gli sono stati vicino in questa incredibile avventura. Alcune di quelle serate vengono registrate per la pubblicazione di due dischi dal vivo. Nel 1981, così, escono dapprima “Retrospektiw III” e poi il doppio “Retrospektiw I-II”.
Il primo contiene brani ancora inediti in studio. Facciamo innanzitutto la conoscenza di “Retrovision”, lungo brano di quasi venti minuti molto proposto dal vivo negli ultimi anni che prova a condensare le varie anime dei Magma, dallo zeuhl più veemente alle parti vocali e corali più dirette, stavolta gradevoli, in qualche modo influenzate dalle esperienze soul-rock e funky della Motown. La composizione è davvero godibilissima e si avverte pienamente quanto stiano diventando importanti le voci femminili nel sound dei Magma. C’è poi una brillante versione di “Hhai” che già conosciamo per la sua presenza nel precedente disco dal vivo. Infine, c’è “La Dawotsin” (in realtà frutto di una registrazione in studio), nota anche per un aneddoto curioso. Secondo Vander, ai tempi della registrazione di “MDK”, mentre i Magma provavano in studio la nuova opera, nonché l’inedita “La Dawotsin”, un “certo” Mike Oldfield si ritrovò ad assistere alle loro session e si appropriò spudoratamente di alcuni temi ascoltati in quell’occasione. La sorpresa per Vander fu ascoltare quei temi poco tempo dopo sul disco “Tubular bells”… I due musicisti non si sono mai soffermati troppo sull’accaduto, né Vander si è mai mosso legalmente; pur tuttavia, ascoltando “La Dawotsin” su “Retrospektiw III”, è possibile notare certe somiglianze con quelle note introduttive rese celebri anche dal film “L’esorcista”. Nella breve versione di quattro minuti qui contenuta spiccano l’ipnotico piano, l’assenza di batteria e il canto in kobaiano del leader. “Retrospektiw I-II” invece contiene, oltre una bella versione di “MDK”, anche quella “Theusz Hamtaak” che dà il titolo alla prima trilogia della band e che finora non aveva trovato spazio su disco. Finalmente anche chi non è mai riuscito ad assistere ai concerti dei Magma può ascoltare quest’opera di valore (eseguita per l’occasione con ben tre bassi!) strutturata, similmente a “MDK” e “Wurdah Itah”, come unica composizione suddivisa in più pezzi. Riemergono le caratteristiche delle altre due parti della trilogia, con alternanza di reiterazioni vocali e di melodie, con passaggi strumentali furiosi, con ritmiche spesso sopra le righe e quel misto di rock d’avanguardia e musica classica dell’Est Europa. Un cerchio si chiude con l’ennesimo colpo di genio dei Magma.
La formazione cambia di continuo, ma un altro momento importante della carriera dei Magma avviene nel maggio del 1981, con una serie di concerti al Bobino che vengono registrati per delle pubblicazioni audio e video, avvenute però solo nel decennio successivo. Se la visione può spiazzare per alcuni costumi pacchiani usati in scena, bisogna ammettere che da un punto di vista musicale i Magma dimostrano chiaramente di avere ancora tanto da dire. Sul palco ci sono i coniugi Vander, Lisa Deluxe alla voce, Yvon e Alain Guillard ai fiati, Guy Khalifa alle tastiere e alla voce, Benoit Widemann alle tastiere, Jean-Luc Chevalier al basso e alla chitarra, Dominique Bertram al basso e Doudou Weiss che dà una mano al leader dietro la batteria. Ascoltando “Bobino 1981” si notano ancora di più le varie anime dei Magma. Resta alla base un ensemble fuori dal comune, capace di tutto, ricchissimo strumentalmente (con il ritorno dei fiati che danno una spruzzatina di funky) e con alcuni passaggi devastanti soprattutto nella sezione ritmica (spesso ci sono due bassi suonati contemporaneamente). Si intravede la svolta soul, con brani come “Who’s my love”, “You” e “Otis”, dedicata a Otis Redding, uno dei tanti amori musicali di Vander. Ci sono belle versioni delle ormai consolidate “Hhai” e “Retrovision”. Si nota la capacità di creare musica dal vivo, con inediti di valore come “Zain” e “Urgon Gorgo”, tra zeuhl potente e jazz-rock, ma soprattutto con l’estratto (di oltre trenta minuti!) di “Zess”, ennesimo capolavoro. L’inizio, non dissimile a quanto ascoltato con “Ëmëhntëhtt-Ré” su “Live”, è affidato ai cori femminili su tastiere d’atmosfera e accompagnati dai fiati, per quasi cinque minuti misteriosi. A questo punto si inserisce Vander che declama un testo spirituale che riprende tratti della cosmogonia magmatica e partono quasi contemporaneamente un ritmo martellante e un riff di tastiere che proseguiranno fino alla fine del chilometrico brano con pochissime variazioni e qualche intervento sporadico di chitarra elettrica, di nuovo dei fiati e, nel finale, dei cori femminili. La caratteristica della reiterazione, spesso presente nelle composizioni dei Magma, raggiunge qui forse il suo apice e il suo estremo, ma il risultato è incredibile e coinvolgente e la mezz’ora sembra passare in un baleno. LA FINE DI UN’ERA CON “MERCI” (1982-1985) Vander si dedica anche ad altri progetti: continua a suonare con gli Alien, che col tempo si assesteranno e si modificheranno nel Christian Vander Trio, con Emmanuel Grimonprez al contrabbasso e Emmanuel Borghi al piano. Ma è con Dider Lockwood, Jannick Top e Benoit Wideman che forma il supergruppo Fusion che, dopo alcune apparizioni in pubblico, nel mese di agosto va in studio per la registrazione di un omonimo e bellissimo album.
Intanto cambiano i tempi e anche le esigenze del music-business che spinge proposte completamente differenti. Vander sembra non intenzionato più a lottare per quell’universo che aveva creato più di un decennio prima. Si dedica sempre meno alla batteria, puntando più alle radici e alle basi della musica, indirizzandosi verso il canto e verso il pianoforte. Nel 1983 si ricorda a giugno l’ultimo concerto della prima fase dei Magma, a Marsiglia e nello stesso anno nasce il progetto Offering, di cui parleremo a breve. La band se la prende comoda per la registrazione di un nuovo album, le cui session avvengono in diversi periodi tra il 1982 e il 1984 e la cui uscita in Francia arriva nel giugno del 1985 (una prima pubblicazione era avvenuta per il mercato tedesco alla fine del 1984, con un missaggio differente per tre brani).
A ben otto anni dal predecessore “Attahk”, “Merci” è senza dubbio l’album più debole della discografia della band. Si sono perse quasi completamente quell’energia e quella fantasia che per anni avevano stupito e le tracce di soul e gospel avvertite finora prendono il netto sopravvento. A dimostrazione che ormai Vander ha il pieno controllo del gruppo, in questo lavoro non suona la batteria che riveste, guarda caso, un ruolo molto più marginale che in passato e, oltre che ad esibirsi alla voce, al piano e alle tastiere, lo troviamo anche in cabina di regia come produttore. Una comunicabilità maggiore, inoltre, è garantita dall’utilizzo del francese e dell’inglese per i testi, supportata dal canto del leader, forse mai così lineare e lontano da quei versi allucinati a cui aveva abituato. Il brano “Otis”, già ampiamente utilizzato dal vivo è emblematico di questo nuovo indirizzo, contraddistinto anche da arrangiamenti più funky e da timbri in generale più algidi. La sola “Eliphas Levi” riporta un po’ ai fasti migliori, con undici minuti molto interessanti, in cui riemergono jazz Coltraniano (c’è anche una citazione di “My favourite things”) e zeuhl sognante, molto vicino a quello che si incontrerà con la proposta degli Offering. Numerosi i musicisti, tra vecchie e nuove conoscenze, che partecipano all’album alternandosi nelle 6 canzoni presenti e ritroviamo persino Klaus Blasquiz in “I must return”. Il disco in sé e per sé non è per niente male e nemmeno può essere considerato una bieca operazione commerciale ma resta il momento meno brillante di una discografia stellare ed è sicuramente il meno amato dai fans. Sempre nel 1985 si segnala la pubblicazione di un’antologia intitolata “Mythes et légendes vol.1”. OFFERING E veniamo agli Offering… Già dal 1983, l’enorme voglia di esplorare altri sentieri, di seguire nuove avventure, di proporre un sound più essenziale, che mostrasse le radici della sua musica, spinge Vander a creare questo nuovo progetto. Insieme alla fedelissima Stella, si lancia in una sorta di ensemble aperto, nel quale confluiranno numerosi validi musicisti e che pubblicherà tre meravigliosi album tra il 1986 e il 1983. Lo spirito è chiaro fin dal nome, con il quale è evidente l’omaggio a John Coltrane. Se la musica del celebre jazzista statunitense era avvertibile solo a sprazzi nei Magma, con gli Offering la situazione è ben diversa e Vander si immerge in un jazz sicuramente influenzato dalle opere del sassofonista, ma che non dimentica l’esperienza con i Magma (e si continua ad avvertire anche l’eco di Pharoah Sanders, altro punto di riferimento importantissimo). Gli Offering, in effetti, possono essere visti come un’evoluzione dei Magma, come un discorso complementare e tappa fondamentale per lo sviluppo e la messa a punto di certe idee. Ma parlavamo delle “basi”… Il processo di composizione di Vander è sempre stato essenzialmente incentrato sulla voce e sul pianoforte e nel corso degli anni ha fatto non pochi progressi con il canto. La strumentazione degli Offering resterà quasi sempre acustica: voci, piano, flauto, trombe, percussioni (la batteria compare solo sporadicamente). Il jazz Coltraniano prende nuova forma, si inseriscono certe ossessività magmatiche, tra temi ripetuti a lungo, momenti in cui le parti vocali si fanno stridenti e cenni alla musica colta dell’Europa Orientale (Bartok in primis), per un risultato finale originale e affascinante, che pur avendo delle piccole similitudini con le atmosfere di “Merci”, ne sta in realtà ben a distanza, mantenendo caratteristiche che portano ad un ascolto di non facilissima fruibilità e lontano dalla commerciabilità. Già in “Offering I-II”, album doppio d’esordio datato 1986, avvertiamo questa enorme qualità. Vander è spesso protagonista assoluto, alterna canti melodici e allucinati, accompagnato spesso dal flauto di Guy Khalifa e con Stella che tra momenti solisti ed altri ai cori regala meraviglie con la sua ugola. Se è curioso notare che “Love in the darkness” è una versione molto più interessante di un brano presente su “Merci”, è “Joia”, con i suoi diciassette minuti, a rappresentare la massima espressione di questo lavoro, con i suoi tratti tormentosi, ma che non perdono mai quell’aura mistica erede del capolavoro di Coltrane “A love supreme”. In effetti ogni tanto gli Offering non esitano a proporre citazioni estratte dalle opere del celebre jazzista, come avviene anche nel secondo album “Offering III-IV” del 1990, in cui spicca l’incredibile “Another day”, lunghissima composizione di quarantacinque minuti. Forse il lavoro migliore resta l’ultimo “A Fiieh”, datato 1993. Questo disco però si caratterizza anche per più spiccate tendenze zeuhl, come dimostrano l’apertura classicheggiante “Hymne kobaien”, che riprende un tema di “Wurdah Itah”, o la tensione pianistica e corale di “Cosmos” che sfocia in “A Fiieh”. Ed è proprio la drammatica title-track ad incantare col canto caldo e lunatico del leader che è particolarmente coinvolgente e ben coadiuvata da una parte ritmica trascinante e dall’accompagnamento di cori femminili espressivi e carichi di pathos. Da ricordare anche gli oltre trenta minuti di “Purificatem” in cui attraverso una forma libera di jazz viene fuori la capacità di Vander di trasmettere spiritualità con la sua musica. Gli Offering conoscono anche una discreta attività live e presenziano a importanti rassegne jazz. Anche in queste occasioni il palco diventa per Vander momento di sperimentazione e di composizione e di alcune delle sue opere future si possono trovare tracce proprio in questo periodo. Nel marzo del 1995, dopo un concerto a Epernay, gli Offering andranno per un po’ in letargo e si sveglieranno occasionalmente per altre esibizioni dal vivo. Esiste anche un doppio cd che testimonia una loro performance del 1987 al teatro Dejazet di Parigi ed un cofanetto che raccoglie tutti gli album in studio, con l’aggiunta di una lunga bonus track che è un rifacimento della composizione “Out of this world” di Coltrane. LES VOIX, PREPARANDO IL RITORNO… (1990-1996) Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, oltre agli Offering, Vander si dedica spesso al jazz, con un trio o un quartetto a suo nome, pubblicando anche alcuni dischi e indirizzandosi verso gli standard del genere. Ci sono anche alcune sue produzioni soliste di diversa natura, come “To love” (1988), dalla strumentazione ancora più ridotta tra voci (presente anche Stella), piano e pochi effetti sonori, “Les voyages de Christophe Colomb” (1993), dai connotati ambient e “colonna sonora” di uno spettacolo multimediale e i dischi destinati ai più piccoli, “A tous les enfants” (1994) e “Baba Yaga la sorcerie” (1995, versione di “MDK” per coro di bambini e orchestra diretti da Gaston Tavel). In questo stesso periodo è anche impegnato nella composizione dell’album “Les cygnes et le corbeaux”, che avrà però una lunga gestazione fino a vedere la luce solo nel 2003. Inoltre, su iniziativa di Stella Vander e Francis Linon, nel 1987 viene fondata la Seventh Records, che si occuperà della pubblicazione e della ristampa degli album dell’universo Magma. Nel maggio del 1990 poi, dopo sette anni, viene riutilizzato il nome Magma per un concerto alla Cigale di Parigi organizzato per festeggiare il decennale della band che esegue “Mëkanïk Dëstruktïw Kömmandöh”. Ma si tratta di un’occasione estemporanea, che non vede alcun seguito nel breve periodo. Il primo passo verso la nuova messa in moto dei Magma avviene nel 1992 a Douarnenez, quando Vander si presenta sul palco accompagnato da una formazione di otto cantanti, due tastieristi e un contrabbassista, che esegue un repertorio basato su composizioni dei Magma e degli Offering, con questa strumentazione particolare, in cui grande risalto hanno proprio le voci. Il 14 e il 15 ottobre 1995, per festeggiare i venticinque anni di attività, questa line-up denominata Les Voix si esibisce a Epinay-sur-Seine, eseguendo classici del repertorio dei Magma. Vander comincia a dare sempre più corpo all’ipotesi di una ricostruzione della storica sigla per la ripresa a tutti gli effetti di una continua attività. Si comincia a circondare di musicisti che possano recuperare in pieno il cuore pulsante della band e prima della fine del decennio si arriverà a formare un nucleo di base che sarà uno dei più longevi della storia della band. E il ritorno arriva, nel 1996, con concerti dal vivo che riprendono il vecchio materiale dei seventies. Inizialmente Vander voleva coinvolgere anche Blasquiz, che però non si mostra molto interessato ma che gli fa il nome di quello che diviene il nuovo cantante, Bertrand Cardiet. In breve si assesta una line-up con i coniugi Vander, Cardiet e i nuovi arrivi Simon Goubert (tastiere), Philippe Bussonet (basso), Franck Vedel (chitarra), Isabelle Feuillebois (voce e vecchia conoscenza della band) e Jean-Francois Deat (tastiere)
Nella sua iperattività, Vander forma anche il gruppo Welcome nel 1994, insieme a Simon Goubert, puntando su una formazione con due batterie, due contrabbassi, due sassofoni ed un piano e con il quale tiene diversi concerti, realizzando poi il cd “Bienvenue” nel 1996. Con la ripresa dell’attività si pensa inoltre di mettere in circolazione una nuova antologia che faccia conoscere un po’ la band ai più giovani e viene così pubblicato “Kompila”. I Magma vedono intanto altri cambiamenti interni e i tastieristi vengono sostituiti da Emmanuel Borghi (già collaboratore di Vander da diverso tempo), mentre il nuovo chitarrista risponde al nome di James MacGaw. CONCERTI, TRENTENNALE, I CIGNI E I CORVI (1998-2002) I Magma riprendono in pieno l’attività e suonano continuamente dal vivo, facendo riscoprire pagine musicali straordinarie del passato. Vander vuole mettere ordine ad una parte del repertorio che aveva lasciato un po’ in sospeso negli anni ’70 e ’80. Un’idea è quella di registrare una versione definitiva di “Zess” che ha continuato a elaborare nel corso del tempo; si parla anche di un nuovo album in programma, dal titolo “Magma Aeterna” ma poi alla fine prevale la voglia di proporre in maniera più sistemata le due trilogie “Theusz Hamtaak” e “Köhntarkösz”.
Nel 1998, tuttavia, Vander decide innanzitutto di registrare due nuovi pezzi con i suoi nuovi compagni di avventura. Esce così il mini-CD contenente “Floe Essi” e “Ektah”, due brevi brani di jazz-rock vigoroso, che riprende però anche la vecchia potenza dello zeuhl dei Magma. Quasi nove minuti di musica in tutto ma tanta qualità, anche se resta un episodio un po’ isolato nella discografia della band. A dimostrazione di quanto Vander creda in questo ritorno e quanta fiducia abbia nei musicisti che ne fanno parte, “Floe Essi” è una composizione di Bussonet che dimostra immediatamente di essere all’altezza dei suoi celebri predecessori e che instaura un feeling con il leader che dura ancora oggi. Inoltre si avvicina il 2000… Nuovo secolo… Ma anche trenta anni di Magma… Vander vuole celebrarli per bene! Al Trianon di Parigi, nel mese di maggio, sono organizzate alcune date in cui i Magma propongono la trilogia integrale di “Theusz Hamtaak”. Perso per strada Cardiet, ci sono stati due innesti fondamentali che arricchiscono ulteriormente il parco cantanti: Antoine e Himiko Paganotti. La nuova line-up, per i concerti del trentennale, è poi integrata dalla presenza di Julie Vander, figlia di Christian e Stella, Jean-Christophe Gamet e Claude Lamamy ai cori e da una sezione fiati. Le tre opere acquistano nuovo vigore e si incrementa la maestosità della musica. Escono un elegante box-set di tre CD ed un DVD che immortalano l’avvenimento e ci permettono di gustarcelo. Il concerto è davvero meraviglioso ed in particolare la versione di “Mëkanïk Dëstruktïw Kömmandöh” è strepitosa e, a parer di chi scrive, resta la migliore mai pubblicata.
Nel 2001 torna a far parlare di sé Jannick Top, che con la sua etichetta Utopic Records pubblica una serie di cd che ci fanno conoscere meglio il suo legame con lo zeuhl. Spicca in particolare “Soleil d’Ork”, contenente i due brani del singolo del 1975, più altro materiale registrato a metà degli anni ’70, ma sono molto interessanti, per quanto riguarda il mondo Magma, due live del periodo VanderTop e la registrazione di “De Futura” della Utopic Sporadic Orchestra a Nancy nel 1975.
Nel 2002 viene finalmente pubblicato “Les cygnes et le corbeaux”, album solista di Vander frutto di una lunghissima gestazione. Il CD è contenuto in una confezione in vinyl-replica con un artwork meraviglioso. Christian è impegnato al canto, è accompagnato da alcuni collaboratori alle parti vocali (immancabili le presenze di Stella e di Isabelle Feuillebois) ed il resto lo fanno il piano e un’orchestra campionata. Il prologo rimanda un po’ agli Offering, ma è la sequenza denominata “L’appel” e formata da dieci tracce che si susseguono senza soluzione di continuità che ci mostra il genio: melodie e impasti vocali femminili stupefacenti, leggere note di piano, orchestrazioni immaginifiche, crescendo imperiosi ed eleganti regalano oltre un quarto d’ora di musica favolosa. Il resto dell’album non raggiunge gli stessi livelli, ma si assesta su standard qualitativi elevati, tra echi di zeuhl, stravaganze, passaggi strumentali mai banali, intrecci curiosi di archi e fiati, con un solo tamburello come accompagnamento percussivo. Soprattutto c’è la sperimentazione vocale di Vander, la cui prova canora mostra un’ulteriore evoluzione e lampi di classe straordinari. Musica classica? Zeuhl? Spiritual? Progressive? Avanguardia? Tutto questo e nulla di questo! “Les cygnes et les corbeaux” è un’opera unica nel suo genere, ancora oggi non pienamente capita e che invece merita di essere ricordata, riassimilata e diffusa. Se vi ritenete ascoltatori con la mentalità aperta non esitate ad avvicinarvici!
Come nota a margine ricordiamo anche che in questo periodo Bussonet, MacGaw e Borghi, insieme al bravissimo batterista Daniel Jeand’heur danno vita agli One Shot, quartetto che realizza quattro fenomenali album di jazz-rock progressivo. K.A E I CONCERTI AL TRITON (2003-2005) Nei concerti che i Magma eseguono negli anni successivi trova spesso spazio una composizione lunghissima e quasi completamente inedita denominata “K.A”. Abbiamo già fatto diversi cenni a brani proposti dalla band negli anni ’70 e che hanno trovato spazio qua e là sulla discografia, tra cui “Om Zanka” e “Gamma Anteria”. Questi pezzi sono parte di questa nuova opera che in realtà non è così nuova, visto che la sua ideazione risale addirittura al 1972 e che sporadicamente era stata anche già proposta dal vivo nell’anno successivo. Ma all’epoca Vander non era pienamente soddisfatto della resa e per tanto tempo aveva lasciato nel cassetto questo lavoro, eseguendo di tanto in tanto solo degli estratti, a volte inserendoli anche nelle esecuzioni di “Kohtarkosz”, come dimostra il live registrato alla BBC di cui abbiamo parlato. Col nuovo millennio rimette mano a questa sua creazione e trova gli arrangiamenti che lo soddisfano.
Dopo aver rodato la composizione per bene durante i numerosi concerti, tra il febbraio del 2003 e l’ottobre del 2004, in diverse fasi, “K.A” viene registrato. Come afferma anche lo stesso Vander, il nuovo album può essere visto come l’anello mancante tra “Mëkanïk Dëstruktïw Kömmandöh” e “Köhntarkösz”. E questo vale sia da un punto di vista tematico che musicale. Questo lavoro infatti narra la giovinezza di Köhntarkösz e rappresenta la prima parte della trilogia dedicata a “Köhntarkösz” che vede la sua seconda parte nell’album del ’74, mentre la terza è ancora in una fase di work in progress.La suite è suddivisa in tre parti. L’apertura, dopo un breve coro misterioso, parte con ritmi incalzanti e intrecci vocali entusiasmanti che mostrano un aspetto quasi “solare” e un po’ inedito per i Magma. Eppure sono ben presenti delle caratteristiche tipiche della loro musica, a partire da una certa ossessività nella reiterazione di temi e strofe cantate. I primi venti minuti mantengono quest’enfasi continua con voci e batteria a farla da padrona. Nella seconda parte il sound si fa più lento; si notano i legami con gli album “Köhntarkösz” e riemerge “Wurdah Itah”. Ma è con la terza parte che si arriva al capolavoro, in particolare quella sezione già nota come “Om Zanka” che con i nuovi arrangiamenti trae nuova linfa ed è arricchita di nuove sfumature. L’atmosfera si fa più misteriosa e la sequenza strumentale guidata dalle tastiere, con la batteria a rifinire e a spingere poi verso un crescendo di stupefacente bellezza, in cui tornano anche i solenni cori femminili, riporta i Magma ai fasti dei tempi migliori ed è l’ennesima opera d’arte che regalano ai fan. Il finale, con l’invocazione “Alleluja”, mostra il lato spirituale dei Magma, senza perdere la forza incandescente dello zeuhl. Tanti grandi colossi del progressive storico in questi stessi anni si sono ripresentati con nuovi album, ma forse nessuno di questi è stato tanto convincente e tanto vicino qualitativamente ai capolavori dei seventies come “K.A”! Per di più, la perfetta produzione offre un suono cristallino ed il tutto è presentato in un’elegantissima confezione digipack apribile in tre parti. I Magma, quindi, dimostrano in pieno di non aver perso un briciolo della vecchia energia e il nuovo disco viene giustamente e meritatamente osannato sia dagli amanti della band che dalla critica.
L’attività concertistica è sempre intensa, i Magma sono spesso invitati anche a importanti rassegne prog d’oltreoceano e incredibilmente l’ossatura della formazione di base, con Christian e Stella Vander, Manu Borghi, James MacGaw, Philippe Bussonet, Antoine e Himiko Paganotti e Isabelle Feuillebois si assesta e diventa quella che maggiormente è stata stabile nella storia della band, coadiuvata spesso da un secondo tastierista, Frédéric D’Oelsnitz. Tecnicamente si tratta di musicisti mostruosi che riescono sempre a dare il massimo, sembrano essere in perfetta sintonia con l’esigente leader e dimostrando le loro eccezionali capacità sia in studio che sui palchi dove si esibiscono di continuo. In breve tempo sono riusciti ad entrare nel cuore dei fan e sono stati capaci dell’impresa di reggere il confronto con le qualità immense dei loro celebri predecessori. Si giunge al 2005 e, ormai come ogni quinquennio, c’è da festeggiare. Sono trentacinque gli anni di attività e nel mese di maggio sono organizzati una serie di concerti al Triton di Parigi. Quattro settimane e quattro repertori diversi che esplorano le diverse fasi della band e che diventano occasione per riabbracciare anche vecchi amici. Nella prima settimana viene proposto un set tratto dai primi due album, più “Theusz Hamtaak” e alcuni brani mai incisi in studio che i Magma eseguivano in quel periodo. E così via fino all’ultima settimana, in cui si eseguono “Zess”, brevi estratti di “Merci” e l’integrale “K.A”. Sul palco alla line-up di base citata prima si affiancano di volta in volta i vari Klaus Blasquiz, Jannick Top, Benoit Widemann… I concerti sono meravigliosi e sono immortalati su quattro altrettanto splendidi DVD, intitolati “Mythes et Légendes”. ËMËHNTËHTT-RÉ E GLI ULTIMI CAMBIAMENTI… (2006-2010) Terminate le celebrazioni, il successivo obiettivo di Vander è quello di completare la trilogia a cui si sta dedicando. Recuperando materiale già edito e composizioni rimaste nel cassetto e suonate poche volte dal vivo anni addietro e aggiungendo nuova musica, in breve tempo la versione definitiva di “Ëmëhntëhtt-Ré” (viene aggiunta una “t” al titolo) è pronta. Al solito, il primo banco di prova è quello del palcoscenico e nei concerti del 2006 i Magma cominciano a presentare l’opera dal vivo. Per l’inizio delle registrazioni è necessario attendere che il nuovo studio Uniweria Zekt sia pronto e solo nel gennaio del 2007 partono le sessions. Dureranno a lungo, per diversi motivi: la minuziosità con cui agisce Vander, una sempre densa attività dal vivo, i numerosi impegni dei vari musicisti ed un nuovo cambio di formazione. Sì, anche quello che sembrava essere il nucleo più solido di sempre dei Magma, nel febbraio del 2008, viene meno con le defezioni di Borghi e dei due Paganotti (che pure riescono a completare parte delle incisioni del nuovo album) che, a quanto pare per motivi extramusicali, non riescono più a resistere al fianco di Vander.
E qui è diventa doveroso aprire una parentesi. In un colloquio su facebook, Borghi si lascia scappare che il motivo della sua defezione è dovuto al fatto che ormai non riesce a reggere più la vicinanza con Vander che continua a rivendicare le sue idee filo-Hitleriane. Il tamtam tra gli appassionati si scatena nel momento in cui una trascrizione della chat in questione comincia a circolare e su un blog dedicato ai Magma nasce una lunga discussione, a cui partecipano anche lo stesso Emmanuel Borghi, Dave Kerman dei Present e altri musicisti, tra cui persino dei membri dei Magma (che preferiscono restare anonimi ma che un qualsiasi fan attento riconosce facilmente) che difendono Vander, pur non smentendo il fatto che il batterista abbia certe idee. In effetti, fin dai primi anni di attività della band, le accuse di nazismo e antisemitismo si sono sprecate. Tra aneddoti e testimonianze gli indizi che spingono in questa direzione sono davvero tanti (anche in epoca recente, in cui spicca una citazione di Goebbels su un DVD, ma sarebbe inutile andare a cercarli tutti), eppure non mancano varie contraddizioni, in particolar modo quando viene tirato in ballo anche un discorso sul presunto razzismo di Vander. Il batterista infatti ha sposato una donna ebrea e si è circondato spesso di musicisti ebrei (Seffer, Lasry, Cahen), così come non bisogna dimenticare che adora la black music e molti artisti di colore ed è grande amico di Elvin Jones, tutte cose che sono in forte contrasto con certe ipotesi che girano. Riesce difficile pensare che l’intera opera dei Magma si basi sulla volontà di diffondere l’ideologia nazista, come alcuni hanno sostenuto, ma qualcosa di vero ci deve essere se con tanta insistenza queste voci sono venute a galla con una certa frequenza nel corso degli anni. Alla fine penso diventi tutto un fatto di percezione, di riuscire a tenere separato l’uomo dalle sue creazioni. E’ possibile mantenere le distanze tra la realtà musicale e i pensieri discutibilissimi della stessa persona capace di comporre grandi opere d’arte? Chi riesce a farlo continua a godere pienamente della musica. Sarebbe davvero dura accettare di vedere la musica dei Magma come un veicolo di simboli nazisti… E’ consolante pensare che, se lo scopo di Vander fosse quello di spingere gli ascoltatori verso il suo credo, con molti fan ha fallito di sicuro il suo intento.
Ma lasciamo questo spinoso argomento e ritorniamo ai Magma, che hanno bisogno di nuovi elementi e così, nel marzo del 2008, entra nella band il tastierista Bruno Ruder, seguito a breve dal cantante Hervé Aknin e dal vibrafonista Benoît Alziary. La nuova line-up continua l’attività live ed il rodaggio va alla grande, con concerti apprezzatissimi. Mentre proseguono le registrazioni del nuovo album, esce “Studio Zund”, un cofanetto con dodici CD. Sono presenti tutti gli album in studio della band (“Wurdah Itah” compreso) e due CD denominati “Archiw”, contenenti la colonna sonora di “24 heures seulement”, risalenti al 1970 e di cui abbiamo già parlato e delle versioni alternative dei brani del primo album, nonché di “Mëkanïk Dëstruktïw Kömmandöh” e di “Ephilas Levi”. Un’altra pubblicazione interessante è “Infernal Machina” di Jannick Top, nuova opera straordinaria di granitico zeuhl da parte del bassista, che riprende e modernizza il lavoro iniziato con “De Futura” e si avvale della collaborazione, tra gli altri, dei coniugi Vander, dei fratelli Paganotti e di James MacGaw. Nel 2009 inizia anche il tour dei quarant’anni e il regalo dei Magma, stavolta, unito all’esecuzione integrale di “Ëmëhntëhtt-Ré”, consiste nella presentazione di due nuove composizioni che vengono continuamente eseguite. La prima, che apre i concerti, ha come titolo provvisorio “Slag Tanz” e consiste in uno zeuhl spigoloso, “cattivo” sotto certi aspetti, che modernizza certe spinte risalenti a “Üdü Ẁüdü”. L’altra, che dura circa mezz’ora, è invece denominata “Félicité Thosz” ed è un episodio più particolare, arioso, con melodie da brivido, sia vocali che strumentali, slanci di aggressività tipicamente magmatici, una prova maiuscola di Stella ed un intermezzo di solo piano di Ruder. Le nuove composizioni sono accolte caldamente e dovrebbero costituire l’ossatura del futuro album dei Magma che, ancora una volta, vede la sua prima gestazione durante i concerti. Per il mercato giapponese esce il doppio CD “Live in Tokyo”, contenente delle esibizioni nella terra del Sol Levante risalenti al 2005, con i Magma che eseguono “K.A” nel primo dischetto ed una performance de Les Voix nel secondo.
A novembre, dopo tanta attesa, viene invece pubblicato finalmente “Ehmentett-Re”, finito di registrare un paio di mesi prima. Nei credits, oltre alla nuova line-up, figurano anche i dimissionari Paganotti e Borghi, nonché i coristi Claude Lamamy, Marcus Linon e Pierre-Michel Sivadier. Anche questo disco è suddiviso in più parti ma va considerato come un’unica, lunga e complessa composizione. Parte di questa è sicuramente nota ai fans, visto che si tratta di una sequenza di vecchi brani, sparsi in vario modo sulla discografia della band. Si comincia con “Ëmëhntëhtt-Ré I”, aperta da quei cori e quei colpi di batteria già noti per la bonus-track presente su “Live”, per un estratto nel cd de Les Voix e per uno dei DVD della serie “Mythes et légendes”. Subito dopo si lega “Rindae” (dall’album “Attahk”) alla quale fanno seguito, senza soluzione di continuità, i venti minuti di “Ëmëhntëhtt-Ré II”, che contengono un estratto dell’opera che era uscito come bonus-track sul CD di “Üdü Ẁüdü”, espanso a dovere con una parte già inclusa nel finale di “K.A”, ma qui eseguita più velocemente, e seguito da “Hhai” e “Zombies”, che arrivano alla loro versione definitiva. Il sound ha più colore, perviene a una pienezza completa, pulsa vivo sotto i colpi ritmici e assume connotati particolari anche grazie al timbro caldo del vibrafono che si inserisce alla perfezione. Questa prima metà del CD fa già capire l’enorme lavoro di arrangiamento che c’è dietro (cosa confermata dal DVD “Phases”, allegato al CD, che ci mostra alcune fasi di registrazione in cui si può vedere chiaramente l’incredibile meticolosità di Vander e il rigore esecutivo che pretende dai musicisti). La terza e quarta parte, inedite, fanno riemergere al meglio il classico zeuhl, carico di tensione, aggressivo, vibrante, con i soliti impasti vocali solenni e la solita sezione ritmica roboante. “Funerarium Kanht” è una lentissima, lugubre e asfissiante marcia funebre che porta al breve finale recitato di “Sehe”. Similmente a quanto successo con “K.A” i Magma toccano di nuovo vertici artistici straordinari, che poco hanno da invidiare al glorioso passato!
Il 2010 è dedicato fondamentalmente ai concerti, dove continuano ad eseguire la stessa scaletta, dando ancora fondamentale importanza alle nuove composizioni “Slag Thanz” e “Felicité Thosz”. L’unica uscita discografica è stata un CD degli Alien, con registrazioni sia live che in studio risalenti al 1983 e al 1988.
Cosa aspettarsi dal futuro dei Magma? Non si può essere sicuri di nulla con quel leader così folle e così geniale. Potremmo forse ascoltare la versione definitiva di “Zess”, o la registrazione dei nuovi brani, o il ripescaggio di chissà cosa dal passato, o addirittura qualche imprevedibile nuova meraviglia frutto di un’ispirazione improvvisa, o, ancora, il semplice assestamento di una band che punterà esclusivamente alle esibizioni live. Difficile dire se un animo tormentato come quello di Vander “senta” di aver raggiunto il suo scopo in oltre quarant’anni di attività e difficile capire quanta voglia abbia di mettersi ancora in gioco, ma è certo che nella loro pluridecennale carriera i Magma hanno davvero creato qualcosa di unico e inimitabile ed già oggi abbiamo a disposizione numerosi documenti per ore ed ore di musica meravigliosa che ha lasciato un segno forte ed indelebile. Discografia MAGMA: 1970 - Magma (Philips, aka “Kobaia”) 1971 - 1001° Centigrades (Philips, uscito in una prima versione come “2”. Le copertine delle due versioni sono diverse) 1973 - Mëkanïk Dëstruktïw Kömmandöh (Vertigo/A&M) 1974 - Wurdah Itah (Barclay, aka “Tristan et Yseult”, attribuito al solo Vander) 1974 - Köhntarkösz (Vertigo/A&M) 1975 - Live (RCA Utopia aka “Hhai”, aka “Köhntark”) 1976 - Üdü Ẁüdü (RCA/Tomato) 1977 - Inédits (Tapioca) 1978 - Attahk (Eurodisc/Tomato) 1981 - Retrospektiw Vol. 3 (RCA) 1981 - Retrospektiw Voll. 1 & 2 (RCA) 1984 - Merci (Jaro, per il mercato tedesco, poi 1985 Label du Bon Indépendant-Pathé Marconi) 1985 - Mythes et Légendes vol. 1 (Label du Bon Indépendant-Pathé Marconi, antologia) 1989 - Mëkanïk Kömmandöh (Seventh Records, versione con il coro della Storchhaus registrata nel 1973) 1992 - Les Voix – Concert 1992 – Douarnenez (Seventh Records) 1994 - Théâtre du Taur – Concert 1975 – Toulouse (Seventh Records) 1995 - Bobino – Concert 1981 – Paris (Seventh Records) 1996 - Théâtre 140 – Concert 1971 – Bruxelles (Seventh Records) 1996 - Concert 1976 – Opéra de Reims (Seventh Records) 1997 - Kompila (Seventh Records, antologia) 1998 - Simples (Seventh Records, mini cd con i singoli degli anni ’70) 1998 - Floe Essi / Ektah (Seventh Records, mini cd) 1999 - BBC 1974 Londres (Seventh Records) 2000 - Theusz Hamtaahk (Seventh Records, box-set 3 cd) 2000 - Spiritual (Charly Records, antologia) 2004 - K.A (Seventh Records) 2004 - Uber Kommandoh (Atom Music, antologia) 2008 - Bourges 1979 (Seventh Records) 2008 - Studio Zund (Seventh Records, box-set antologico 12 cd) 2009 - Live in Tokyo (Seventh Records, per il mercato giapponese) 2009 - Ëmëhntëhtt-Ré (Seventh Records)
Partecipazioni: Puissance 13+2 (1972, Thélème, ristampa cd 1993 Musea), con il brano “Mëkanïk Kömmandöh” Music is my honey (1973, Thélème) Enneade (1987, Musea) con il brano “You”
Discografia OFFERING: 1986 - Offering Part 1 – Part 2 (Jaro/Seventh Records) 1990 - Offering III-IV (Seventh Records) 1993 - A Fiièh (Seventh Records) 1998 - Paris – Théâtre Déjazet 1987 (Seventh Records) 2003 - Magma presents Offering (Seventh Records) box-set di 4 cd contenente gli album in studio, più l’inedito “Out of this world”)
Discografia UNIVERIA ZEKT: 1972 – The unnamables (Thélème)
Collana AKT (documenti dal vivo e materiale inedito vario pubblicati dalla Seventh Records): 1992 - Les Voix – Concert 1992 – Douarnenez 1992 - Vander/Top/Blasquiz/Garber – Sons – Document 1973 – Le Manor (lunga improvvisazione registrata dai Quattro musicisti ai Manor Studios dopo l’incisione di “Mëkanïk Dëstruktïw Kömmandöh”) 1993 - Christian Vander – Les voyages de Christophe Colomb – Musiques des Automnales Reims 1992 1994 - Magma - Théâtre du Taur – Concert 1975 – Toulouse 1995 - Magma - Bobino – Concert 1981 – Paris 1995 - Magma - Bobino – Concert 1981 – Paris (video) 1996 - Baba Yaga la Sorcerie 1996 - Magma - Théâtre 140 – Concert 1971 – Bruxelles 1996 - Magma - Concert 1976 – Opéra de Reims 1997 - Magma - Mëkanïk Kömmandöh 1998 - Offering – Paris – Théâtre Déjazet 1987 1998 - Graillier/Cullaz/Goubert – It was a very good night 1999 - Magma - BBC 1974 Londres 2000 - Christian Vander – Korusz (2 cd registrati dal vivo in epoche diverse e contenenti una serie di assolo di batteria di Vander; uscito anche in un’edizione limitata con copertina lunga cartonata e libretto di 32 pagine) 2008 - Magma – Bourges 1979 2011 - Alien – Antibes 1983
Discografia CHRISTIAN VANDER: 1973 – Fiesta in drums (Palm – bootleg) 1973 – Christian Vander et les trios Jef (Palm – bootleg) 1974 – Tristan et Yseult (Barclay, colonna sonora, aka Wurdah Itah) 1988 – To love (Seventh Records) 1993 – Les voyages de Christophe Colomb (Seventh Records) 1994 – A tous les enfants (Seventh Records) 2000 – Korusz (Seventh Records) 2002 – Les cygnes et le corbeaux Christian Vander Trio: 1990 – Jour après jour (Seventh Records) 1993 – 65! (Seventh Records) Christian Vander Quartet: 1999 – Au Sunset Alien: 2011 – Antibes 1983 Lockwood/Top/Vander/Widemann (Fusion): 1981 – Fusion (JMS, con due copertine differenti) 2001 – Paris 1980 (Utopic Records) VanderTop: 2001 – Paris 76 (Utopic Records) 2001 – The best on tour 76 (Utopic Records) Vander/Top/Blasquiz/Garber: 1992 – Sons – Document 1973 – Le Manor (Seventh Recordds, lunga improvvisazione registrata dai Quattro musicisti ai Manor Studios dopo l’incisione di “Mëkanïk Dëstruktïw Kömmandöh”) Welcome (Goubert/Vander Septet): 1996 – Bienvenue (Seventh Records)
Discografia selezionata JANNICK TOP: 1975 – Utopia Viva/Epithecanthropos Erectus (Utopia, singolo) 2001 – Soleil d’Ork (Utopic Records) 2008 – Infernal Machina (Utopic Records) Utopic Sporadic Orchestra: 2001 - Nancy 75 (Utopic Records) STS (Salmieri/Top/Seva):
1998 - Systeme Solaire (GT Productions) 2001 - Paris 98 (Utopic Records) 2004 - Live 2000 (Utopic Records)
Discografia STELLA VANDER (sono esclusi i dischi degli anni ’60 usciti a nome Stella): 1991 – D’epreuves d’amour (Seventh Records) 2004 – Le coeur allant vers (Ex-Tension Records)
Videografia: 1988 – Christian Vander – Un home, un batterie ((Seventh Records, video didattico) 1995 – Magma – Bobino – Concert 1981 (Seventh Records) 2001 – Magma – Theusz Hamtaahk – Trilogie au Trianon 2000 (Seventh Records) 2006 – Magma – Mythes et Légendes – Volume I (Seventh Records) 2006 – Magma – Mythes et Légendes – Volume II (Seventh Records) 2007 – Magma – Mythes et Légendes – Volume III (Seventh Records) 2008 – Magma – Mythes et Légendes – Volume IV (Seventh Records)
Bibliografia: 1978 – Antoine De Caunes – “Magma” (Albin Michel) 2010 – Philippe Gonin – “Magma – décryptage d’un mythe et d’une musique” (Le Mot et le Reste)
Dischi tributo: 2007 – Hamtai (Welcome Records) 2009 – Hur (Soleil Zeuhl)
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