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6 DISCHI PER IL 2011 A cura della redazione di Arlequins
 

Godetevi questo che, se i Maya avessero ragione, sarà l’ultimo speciale sulle migliori uscite dell’anno. Le regole ormai le conoscete bene: a ognuno dei nostri redattori è stato chiesto di scegliere 6 e solo 6 album in base a criteri puramente soggettivi. Si tratta degli ascolti più significativi sul piano personale, non necessariamente i più belli ma quelli che colpiscono il cuore e si vorrebbe far ascoltare agli amici. Le liste sono pubblicate in base all’ordine di consegna in redazione. Anche quest’anno ci siamo divertiti e anche rotti la testa per restringere la lista soltanto a sei e la difficoltà di tale parto la potete intuire dai commenti che sono ricchissimi di ulteriori segnalazioni. Speriamo che il risultato di tale impegno sarà da voi apprezzato. Buona lettura e speriamo di rileggerci anche il prossimo anno!




VALENTINO BUTTI

Eccoci anche quest’anno all’attesissimo (almeno per me…) momento del “six of the best”. Come ogni anno la scelta dei migliori o più rappresentativi album dei 12 mesi appena trascorsi si rivela difficoltosa . D’altra parte gli “ordini” sono tassativi : 6 non di più. Fatta una prima cernita e giunto ad una quindicina di titoli, si giunge infine ai 6 “fortunati”, tralasciandone altri che avrebbero meritato pari considerazione. E iniziamo brevemente proprio da questi ultimi, per una breve carrellata: “Cor cordium” dei Glass Hammer, degno successore dello splendido “If”; “Summereve” degli Hostsonaten (che chiude più che bene “il ciclo delle stagioni” del progetto-Zuffanti); i Contraluz (che non conoscevo) che mi hanno affascinato sin da subito con “Novus orbis”. E che dire del ritorno dei Prowlers con “Sogni di una goccia di cristallo” o dell’ennesima conferma delle qualità di Phideaux con “Snowtorch”? O, ancora, dello splendido terzo album dei Raven Sad (“Layers of stratosphere”)? Ho molto apprezzato “Mental hygiene” degli Slychosis da cui mi aspetto un ulteriore salto di qualità che potrebbe sfociare in qualcosa di veramente “grande”. Anche se passato sotto silenzio assolutamente gradevole “Cardinal points” dei Legend a cui, lo confesso, non ho mai dato molto credito. Molto valido “Lights from the deep” degli spagnoli Ignatius, di chiara matrice genesisiana. Si sono fatti valere anche i cosiddetti “dinosauri”. Le Orme, prive per la prima volta di Tagliapietra, hanno sfornato con “Le vie della seta” un album di tutto rispetto. Non male, anche se lo reputo inferiore ai due precedenti “Present” e “Trisector”, il nuovo VDGG “ A grounding in numbers”. Discreto e nulla più “Fly from here” dei “nuovi” Yes. Ottimo, soprattutto il primo dei due cd, il ritorno meno “casalingo” del grande Steve Hackett con “Beyond the shrouded horizon”, fra le sue opere migliori. Non sono mancate naturalmente le mezze o anche grandi delusioni. La virata che appare sempre più convinta (ma non convincente!!) verso sonorità molto dure dei Beardfish con “Mammoth” non mi soddisfa per nulla. Per non parlare di “Passion” dei Pendragon, che nulla ha ormai della band che conoscevamo e che abbiamo apprezzato per parecchi album. Operazione comunque coraggiosa che saprà magari conquistare numerosi nuovi fans. Tornando al “mio meglio”, fuori classifica e quindi “solo” 6 bis i Wobbler che con “Rites at dawn” coniugano molto bene Yes, Gentle giant e i Second Movement di “Blind man’s mirror”… Perché solo 6 bis? Ci salviamo in corner: album di soli 45 minuti… peccato…
Ma ecco i 6 album più meritevoli ed in qualche caso non necessariamente “i più belli” a mio giudizio:


VISIONS - "The inner road": Album d’esordio per questo duo inglese, autori di un album interamente strumentale di intensa bellezza. Fra Camel e new prog, 12 inserti sonori ricchi di gusto e melodia.

COMEDY OF ERRORS - "Disobey": Sicuramente ci sono stati lavori più belli di “Disobey”, ma mi pare giusto premiarli. Ritornati (è proprio il caso di dirlo) da un lontano passato tragato anni ’80, producono un gioiellino new prog davvero gradevole, moderno,raffinato e inaspettato. Ben tornati!!

JELLYFICHE - "Symbiose": Hanno “sporcato” ed indurito il sound, ma hanno saputo mantenere elevatissima la qualità della proposta. Meno floydiano, più Jellyfiche. E con un grande cantante… ma questo lo sapevamo già.

LA COSCIENZA DI ZENO - "La coscienza di Zeno": Sarà una mia fissazione, ma rimango comunque dell’idea che l’Italia sia qualitativamente ai primi posti nella produzione “progressive” da molti anni a questa parte. Ne è la prova l’album d’esordio di questo gruppo genovese che mischia l’antico” con il “moderno”, con liriche intense e mai banali e “udite udite” con una signora voce… Alessio Calandriello… Attesi alla conferma.

GRAN TURISMO VELOCE - "…di carne…di anima…": Discorso simile a quello fatto per La coscienza di Zeno può essere fatto per quest’altro gruppo esordiente. Album tipicamente e “candidamente” italiano, a volte a sfiorare l’hard rock, ma che attinge anche alla stagione aurea del pop italiano. Anche per GTV degna di nota la voce di Claudio Filippeschi. Che ci sia un cambio di tendenza e che anche lo “strumento voce” torni a contare anche per i nostri gruppi? Anche per loro: attesi alla conferma.

DISCIPLINE - "To shatter all accord": Anche per questa band americana un ritorno dopo parecchi anni di silenzio. Non amavo e non amo “Push & profit” il loro primo album, non conosco (l’ho da poco ordinato) “Unfolded like staircases” che mi descrivono come un capolavoro. Sta di fatto che questo “To shatter all accord” (che contiene brani già apparsi in sede live) è splendido e mi piace sempre più ad ogni ascolto. Ma la cosa particolare è che non so il motivo… mi piace e basta.


MICHELE MERENDA

Un 2011 musicalmente ottimo che, a dimostrazione di ciò, ha regalato agli amanti di certe sonorità tante pubblicazioni che si sono brillantemente equivalse, pur differenziandosi nei sottogeneri. Oltre a perpetuare schemi consolidati da decenni, diverse band hanno saputo apportare inventiva e quindi contribuito a ridisegnare (almeno in parte) certi parametri.
In questo felice mare magnum, le sei uscite discografiche degne di particolare segnalazione sono le seguenti:


THE NERVE INSTITUTE – "Architects of flesh-density": One-man band dietro il cui inquietante moniker si cela il giovane polistrumentista Mike Judge, attivo già con altre sigle. Un album difficile, da sentire con calma, in cui i King Crimson più duri mettono a disposizione la propria scientificità con esperienze intellettualmente vive come Area, Allan Holdsworth e il Frank Zappa più “serio”. Una grande sfida in cui si fa incontrare la “chirurgia” con la creatività. Pienamente vinta, ovviamente.

I TRENI ALL’ALBA – "2011 A.D.": Seconda uscita per il quartetto piemontese-valdostano, incentrata su un concept strumentale che sottolinea i momenti di un’apocalisse contemporanea… e quotidiana. Batteria, pianoforte e due chitarre per la maggior parte del tempo acustiche. Originali, fuori da certi standard ed allo stesso tempo piacevolmente ascoltabili. Forse potrebbero venire in mente certe cose dei Samla Mammas Manna, ma con un’assennatezza che sostituisce la follia.

ONE SHOT – "Live in Tokyo": Eccellente live di una costola dei Magma che dallo zeuhl della band madre vira sul versante jazz-rock, portando avanti un approccio tecnico ed aggressivo che non soltanto risulta costantemente ineccepibile, ma per tutta la durata del concerto mantiene l’ascoltatore incollato allo stereo, tra scale infuocate e controtempi iper-cinetici.

RESISTOR – "The secret island band jams": Terza puntata per la band di Steve Unruh, polistrumentista folk-rock/prog che a nome “Resistor” ha già pubblicato due album in buona parte distanti dalle esperienze soliste. Per una volta Steve mette da parte la sua bella voce e fa parlare gli strumenti, in jam avvincenti articolate in quell’isola in cui regna ormai solo la buona musica. Ottimi tutti gli altri musicisti, che mai come in questa uscita mettono in mostra preparazione, cultura musicale (ce n’è tantissima) e buon gusto. Una pietra miliare per Unruh, che dà al mercato discografico un’opera totalmente differente dalle precedenti.

SLIVOVITZ – "Bani ahead": Il gruppo proveniente da Napoli ci delizia con un terzo album sempre incentrato su un RIO/jazz-rock parecchio fantasioso e, perché no, decisamente evoluto. Manca la voce femminile del lavoro precedente, che con i suoi vocalizzi dava maggior calore alle composizioni, ma la musica che va dal Mediterraneo ai Balcani (come il nome suggerisce) risulta sempre molto originale ed incisiva. Gran bella realtà, in cui, oltre ai classici strumenti, vi sono il sassofono, la tromba e l’armonica che conferiscono quei piacevoli cromatismi del tutto assenti in altre situazioni.

DISCIPLINE – "To shatter all accord": Album dalla grandissima intensità, concepito dalla mente del genialoide Matthew Parmenter, cantante e polistrumentista. Dopo due album ed un lungo silenzio in studio, i Discipline danno alla luce ciò che forse risulta essere il miglior tributo alla filosofia dei Van Der Graaf Generator. Difatti, la figura di Parmenter sembra confondersi sempre di più con la lunga ombra di Peter Hammill, divenendo poi qualcosa che assurge a vita propria. Pochi brani, spesso molto lunghi, che crescono di intensità grazie ai musicisti che lo coadiuvano e che riescono a comprendere alla perfezione il suo pensiero. Da ascoltare senza fretta e senza timore di essere all’improvviso emotivamente rapiti.

A conferma della bellissima annata, vi sono senza dubbio altri titoli da citare, che non avrebbero affatto demeritato se posti tra i sei precedenti. Pensiamo in primis a tutta una serie di ottimi album italiani come “Void” dei THE REDZEN, “Summereve” degli Höstsonaten, “I compagni di Baal” de L’IMPERO DELLE OMBRE, “Le ore, i giorni, gli anni” dei MOOGG, “Grantorinoprog” dei GRAN TORINO o “Particelle” dei LAGARTJIA. A ciò aggiungiamo il doppio semi-acustico “Quartus artifactus” degli uzbeki FROM.UZ, “Tundra” dei giapponesi KOREKYOJIN, “Enjambre sismico” dei cileni ABRETE GANDUL “Imperio de cristal” dei peruviani FLOR DE LOTO, “Ever after” degli israeliani SANHEDRIN e “Judgement” della one-man band americana NOT OTHERWISE SPECIFIED.
Magari un gradino leggermente più sotto in quanto i loro lavori non mantengono livelli costanti (si tratta comunque di inezie), ma sempre meritori, “Ursus” degli spagnoli ALBATROS, “Stundum” dei danesi PAPIR, “Orange” dei tedeschi DARK SUNS e “Underwater” dei russi DIVERSION VOICE.
Discorso a parte per altre tre ottime uscite: “Visioni, deliri e illusioni” degli italiani WICKED MINDS, “Life’s road” dei THREE SEASONS ed il live “Root Jam” dei SIENA ROOT, entrambi gruppi svedesi. Il primo è un tributo al prog italiano, forse il migliore fatto fino ad oggi; gli altri due entrano nel progressive per vie traverse, essendo principalmente hard rock bands che hanno nella tradizione blues il proprio punto di forza ma facendo parte di una realtà musicale parecchio ampia. Sfornando sempre e comunque prodotti dalla qualità assoluta.



ROBERTO VANALI

Sei dischi secchi, secchi; senza classifica, senza primo, secondo e terzo, solo il piacere dell’ascolto che il progressive sa dare. Un anno, il 2011, che è stato ancora generoso di cose buone, forse senza grandissimi picchi memorabili, ma con molte uscite di ottimo valore. Parecchie le conferme sia da sgamati autori che proseguono l’attività fin dagli albori del progressive (vedi VDGG, Hackett, Thollot, Yes, le Orme), sia da personaggi più recenti, ma con già una o più uscite di valore alle spalle (vedi Phideaux, October Equus, Cheer Accident, Abrete Gandul, White Willow). Come sempre le belle sorprese di esordienti (o quasi) sono quelle più amiamo e quindi andiamo a vedere la selezione che proverei a consigliare per quest’anno, ribadendo che il mio è un consiglio dove prevale il mio gusto, piuttosto che un asciutto parere, che vorrebbe ricercare a tutti i costi una “top ten”:

UT GRET - "Radical symmetry": Per me la principale sorpresa dell’anno. Una band molto eterogenea per musiche dalle forti impronte RIO e avant progressive, ma con dentro spunti folk e acustici di grande personalità. Coniugano in maniera perfetta moderno e antico.

PANE - "Orsa maggiore": Professionalità e serietà di linguaggio, tratti poetici e lirici, musica interamente acustica, spunti variegati e capacità tecnica al servizio dell’espressività. Questi i tratti peculiari di una band e del loro ultimo lavoro che sono stati, per me, una piacevolissima sorpresa.

CAMEMBERT - "Schnörgl attahk": Ovvero, come riuscire a fare avanguardia e musica sperimentale oggi. Senza concessioni eppure con una sana e rara leggerezza di linguaggio. Nella loro proposta tanto Frank Zappa e già questo basterebbe per lasciarsi andare, ma c’è ben di più, grazie all’utilizzo di spunti di serio e compassato jazz acustico, di rotolante folk e di immaginifico Canterbury sound. Un piacere totale.

SKE - "1000 autunni": Variegata proposta dell’amico Paolo Botta, ricca di spunti piacevoli e interessanti, più spesso leggeri e fluttuanti, ma che sanno entrare anche con decisione solida. Temi musicali molto vari che sembrano voler tracciare un excursus di quello che da sempre ci è piaciuto nel progressive e il tutto senza il minimo di ruffianeria, anzi, con tocco di delicata personalità che ha saputo destreggiarsi tra prog sinfonico, anni settanta, Canterbury sound e visitare gli aspetti più accessibili del RIO e del prog di avanguardia, decisamente un lavoro da rispettare nella sua completezza.

LA COSCIENZA DI ZENO - "La coscienza di Zeno": Questa è la posizione del “mio” disco sinfonico dell’anno. Ampiamente trattati e apprezzati a livello internazionale. Questa band ha saputo rispolverare nella maniera più consona il progressive sinfonico italiano, ma arricchendo la propria musica con ottimi testi e decisamente ben cantati e parti strumentali mai scontate.

THE NERVE INSTITUTE - "Architects of flesh-density": Questa è, invece, la posizione del disco che ho ascoltato di più, che con maggiore frequenza si è fatto “tirare fuori” dallo scaffale. È ancora una proposta trasversale ad avermi convinto per ricchezza e varietà di schemi. Schemi che partono da jazz rock canterburyano (ma possibile che lo avverta solo io?), avanguardia, king Crimson, Frank Zappa e jazz rock fusion dei grandi americani. L’one man band che si cela dietro a “The Nerve Institute” deve necessariamente essere un devoto del grande Allan Holdsworth, ma anche di Phil Miller, di Fripp, di Zappa. Ma i rigiri sonori che infila nelle complesse trame del disco sembrano spesso essere appendici strappate dai lavori di Bill Bruford di fine anni ’70. Disco da sentire e risentire senza stanca.

Alla fine dei conti chi resta fuori sono nomi importanti che hanno fatto, nel 2011, un egregio lavoro, spesso ottimo. Ed ecco quindi da citare, quali notevoli riconferme: Planeta Imaginario, Wobbler, Trettioåriga Kriget, After Crying, Resistor, Djabe e, per certi versi e pur aspettandomi di meglio, Faust e Jono el Grande. Poi uno stuolo di ottimi italiani in parte esordienti, in parte vecchi volponi e in parte con brevi carriere alle spalle: Accordo dei Contrari, Moog, Calomito, DAAL, Zerothehero, Höstsonaten, Slivovitz. Per alcuni nomi qualche parola in più e un grande elogio per Humble Grumble, per il ritorno compositivo e serio di Dave Sinclair, per i buoni spunti (chi l’avrebbe mai detto) degli Agents of Mercy e, infine, per la proposta innovativa e su cui porre buone aspettative dei Junkfood.


ALBERTO NUCCI

Tanti buoni dischi in questo 2011, la media qualitativa è abbastanza elevata ma mancano secondo me dei top. Oltre ai nomi che elenco qui sotto, vorrei anche segnalare i bei lavori della Coscienza di Zeno, dei Moogg e di SKE e dei Pane, senza dimenticare i vecchi Van Der Graaf Generator, i Wobbler, i russi Quorum e Little Tragedies, i turchi Gevende... e tanti tanti altri. Menzione anche, nel suo piccolo, per l'album di Mario Cottarelli.

PHIDEAUX - "Snowtorch": Ennesima ottima conferma per il gruppo guidato da Xavier Phideaux. Poco da dire: ogni sua nuova produzione sembra essere destinata a guadagnarsi meritati apprezzamenti da parte di tutti i consessi Prog mondiali.

WHITE WILLOW - "Terminal Twilight": Grande ritorno. Un album che, pur non essendo tutto alla stessa altezza, si piazza senz'altro nelle prime posizioni.

CAMEMBERT - "Schnörgl attahk": Bell'album, godibile dall'inizio alla fine, intricato ma non cervellotico, ben suonato e carico di entusiasmo.

SANHEDRIN - "Ever after": Per chi ama i Camel! Difficile rimanere indifferenti, secondo me, a un Prog melodico e sinfonico come questo.

TRETTIOÅRIGA KRIGET - "Efter efter": Anche per loro un gran bel ritorno. La band negli anni ha perso i suoni ruvidi degli anni d'oro, guadagnando in raffinatezza ma non perdendo né ispirazione né la carica che la contraddistingue.

FERENC TORMA - "Pusztába kiáltok": Mi piace segnalare questo bell'album, anche se non rientra forse nei migliori 6, in quanto il chitarrista degli After Crying ha saputo confezionare un lavoro ben realizzato, eclettico e lungi dall'essere un banale lavoro solista.


FRANCESCO INGLIMA

Il 2011 è stata un'annata davvero prolifica di ottimi album, in particolare provenienti dalle aree latine (Italia, Sudamerica, Spagna, ecc...). Tuttavia di eccellenze assolute ce ne sono state molto poche. Trovare solo 6 nomi non è stato semplice e solo sui primi due nomi non ho avuto dubbi, per gli altri 4 erano in concorrenza quasi una ventina di album. Impossibilitato nella scelta ho deciso di autoimpormi alcuni vincoli come evitare album live, ristampe e album non propriamente prog. A malincuore ho quindi lasciato fuori splendidi album come "Live in Tokyo" degli One Shot e "Live at Nearfest" dei Moraine, i Pocket Orchestra e anche "50 words for snow" di Kate Bush. Infine ho deciso di scegliere i 6 album non basandomi unicamente sul valore assoluto, ma anche sull'empatia e il numero d'ascolti. Ma ora bando alle ciance ed ecco i 6 agognati titoli:

TRETTIOÅRIGA KRIGET - "Efter efter": Avevano già dimostrato con i dischi precedenti di vivere una nuova primavera, ma con Efter Efter, album di classe sopraffina, riescono ulteriormente a migliorarsi. Melodie raffinate, colate di mellotron rendono unico questo disco che trasuda "svedesità" da ogni poro.

FACTOR BURZACO - "II": Non hanno avuto paura di osare e non si sono adagiati sulla formula vincente del loro splendido esordio. I Factor Burzaco hanno estremizzato ancora di più la loro proposta, ma pur presentando una musica ostica e complessa riescono ad affascinare e coinvolgere con la loro anima latina. Tutto questo grazie anche ad una vera fuoriclasse della voce come Carolina Restuccia.

PHIDEAUX - "Snowtorch": Il disco sinfonico dell'anno! Nulla di nuovo, ma un perfetto compendio del genere senza mai scadere nel manierismo o nella ruffianeria.

KOREKYOJINN - "Tundra": Supergruppo giapponese con tre musicisti mostruosi che suonano come se fossero in dieci. Tecnica non fine a se stessa per un disco d'ascoltare tutto d'un fiato.

SKE - "1000 autunni": 1000 sono gli autunni, ma 1000 sono anche le sfaccettature e i colori di questo album. Un vero omaggio al genere progressive in tutte le sue forme, dal sinfonico al Cantebury passando per il RIO.

OVNI - "Salvadoreño\Alien": Come valore assoluto non è da primi sei posti, ma questa è una scelta puramente di cuore per uno dei dischi che ho maggiormente ascoltato quest'anno. Un po' ingenuo e discontinuo, Salvadoreño\Alien è un rock sinfonico genuino nella migliore tradizione latino-americana. Un album che va dritto all'anima senza fronzoli ed eccessi.

Allo stesso livello (se non meglio) dei 6 titoli citati ci sono sicuramente gli ultimi lavori degli Scherzoo, Humble Grumble, Accordo dei Contrari, La Coscienza di Zeno, Dave Willey & Friends, Contraluz, October Equus, The Nerve Institute e Gevende. Penalizzati dai pochi ascolti, ma potenzialmente da best 6: Camembert, Orquesta Metafisica, Maquina Cinematica, Ut Gret e North Sea Radio Orchestra. Sono meritevoli di una citazione: Planeta Imaginario, Marbin, Jack Dupon, Gutbucket, Flor De Loto, Abrete Grandul, Gosta Berlings Saga, Nicklas Barker, il side project crimsoniano di Jakszyk, Fripp e Collins, Arteria, Garden Wall, Akt e Ranestrane.


MAURO RANCHICCHIO

WHITE WILLOW - "Terminal twilight": Il ritorno di Holm-Lupo e soci riprende il discorso dove era stato interrotto con Signal to Noise, anzi, il ritorno di Sylvia al microfono fa rivivere le atmosfere misteriose di Sacrament… un album "denso" ed ispirato, con passaggi strumentali notevoli.

VAN DER GRAAF GENERATOR - "A grounding in numbers": La scelta di strutturare l'album in brevi frammenti ha inizialmente spiazzato tutti noi, memori delle mini-sinfonie di Hammill e soci; eppure è stata la mossa che ha permesso al disco di suonare come qualcosa di nuovo e non come il lavoro di un gruppo orfano del sassofonista, come a volte era “Trisector”.

SKE - "1000 autunni": Per chi non ha il coraggio o la pazienza sufficienti per apprezzare come si deve gli splendidi ma labirintici lavori degli Yugen, ecco un gioiellino donatoci dal loro tastierista, omaggio al genere sinfonico e alla gioiosamente vaporosa scena canterburiana, con qualche spruzzata di avanguardia tanto per rammentarci la sua provenienza. Un debutto che rasenta la perfezione stilistica.

DISCIPLINE - "To shatter all accord": Quando nessuno sperava più nella reunion, vista anche l'avviata carriera di Matthew Parmenter, ecco tornare una delle colonne portanti del prog made in USA degli anni '90, con un lavoro che non delude grazie alla vena compositiva e vocale istrionica del loro leader e al contributo di comprimari da non sottovalutare. Il fantasma di Peter Hammill abita queste stanze, ma la personalità dei nostri è abbastanza forte da scacciare facili similitudini.

WOBBLER - "Rites at dawn": Il prog sinfonico senza "se" e senza "ma"… dopo un album breve e interlocutorio come Afterglow, questo è il vero successore dello splendido Hinterland. Le infuenze Yes si fanno più marcate e si va a finire in territori affini a quelli battuti dagli ultimi Glass Hammer. Eccellente.

OPETH - "Heritage": L'album della svolta? Akerfeldt si libera una volta per tutto dai luoghi comuni del death metal e abbraccia contaminazioni sinfoniche, folk, occasionalmente jazzate… così facendo potrebbe aver snaturato definitivamente la sua band - e immagino l'album a molti non sia piaciuto - personalmente apprezzo e spero in un seguito.



NICOLA SULAS

Un 2011 che ha visto protagonista soprattutto la musica italiana, con una serie di pubblicazioni che mettono in evidenza un panorama vario e articolato, tra conferme e nuove validissime proposte.

LA COSCIENZA DI ZENO – "La coscienza di Zeno": Il rock progressivo sinfonico in tutta la sua magnificenza, con in più un appeal potenzialmente devastante dovuto alla qualità delle composizioni, tutte basate su ottime idee. Un bellissimo esordio che conferma ancora una volta la possibilità di produrre qualcosa di nuovo in questo campo senza annoiare.

MOOGG – "Le ore i giorni gli anni": Canterbury si trova in Italia. Questo può venire in mente ascoltando l’album del quartetto di Brescia, che fa degli intrecci strumentali spianati su un tappeto di velluto jazz-rock macchiato pesantemente di fluidi progressivi il proprio punto forte. Un’alternativa spettacolare al classico suono italiano.

SKE – "1000 autunni": Il progressive “colto” che può far avvicinare gli appassionati a forme di ascolto meno consuete. RIO, sinfonico, jazz-rock, musica da camera e tanto altro amalgamati sapientemente ed in maniera raffinata per un ascolto piacevole e stimolante.

ANDHIRA – "Nakitirando": Una musica senza confini, che riprende la tradizione popolare e la riusa in maniera originale per costruire un irresistibile sintesi tra folklore, jazz, il suono classico ed progressive, con protagonista la Sardegna portata per mano in giro per il mondo.

LAGARTIJA – "Particelle": L’alternativa italiana al progressive sinfonico, tra suoni malinconici, cura nella composizione dei brani e un buon grado di originalità. Ottimo in generale ma appetibile soprattutto per chi preferisce un suono moderno tendente al post-rock e all’ambient, con un risultato capace di entrare in testa e restarci a lungo.

ACCORDO DEI CONTRARI – "Kublai": Secondo album per i ragazzi bolognesi. Una conferma e un deciso passo avanti nella qualità delle composizioni, oltre ad un ospite d’eccezione come Richard Sinclair per un disco da non perdere basato su un jazz-rock progressivo strumentale di classe.

Tanti altri album, tutti italiani e di elevata qualità, meritano una citazione, a conferma che il nostro paese riesce ancora ad essere uno dei più interessanti nella scena prog mondiale. Tra gli autori più significativi, da citare almeno Doracor, che riesce a mantiene fresco il proprio stile grazie ad un'elevata qualità compositiva, il solito Fabio Zuffanti, che chiude con “Summereve” il suo progetto a nome Hostsonaten sul ciclo delle stagioni, ed il convincente ritorno dei Sithonia. Una piccola sorpresa anche per il nome storico delle Orme, che tornano con Jimmy Spitaleri a proporre un progressive tradizionale e melodico di ottima qualità.


JESSICA ATTENE

E' sempre difficile selezionare soli sei album fra le mille cose ascoltate in un anno ma devo dire che questa volta l'impresa mi è sembrata più difficile del solito. Le uscite di ottimo livello sono state infatti molte ma raramente ho trovato elementi che potessero far pendere l'ago della bilancia in maniera decisa in un verso o nell'altro. Alla fine ho selezionato alcuni album ma avrei potuto metterne altri del tutto diversi, in maniera intercambiabile, senza troppi problemi. Meglio così.

TRETTIOÅRIGA KRIGET - "Efter efter": Un album di gran classe che sancisce il grande ritorno di un gruppo storico. Colate di Mellotron che si fanno strada morbidamente su sonorità ruvide nel loro classico stile.

ACCORDO DEI CONTRARI - "Kublai": Jazz-rock fatto col cuore, un album che ho ascoltato più e più volte che ho da subito previsto di inserire in questa mia lista.

GÖSTA BERLINGS SAGA - "Glue works": Un album che non prende subito ma che rivela alla lunga un grosso potenziale. Un disco che trae origine dalla migliore tradizione svedese, dalle forme sfumate ed avvolgenti, fatto di ampi paesaggi sonori che nascondo particolari tutti da scoprire.

CAMEMBERT - "Schnörgl attahk": Mi aspettavo grandi cose da questo album, avendo trovato il loro EP di esordio decisamente interessante e devo dire che le mie aspettative sono state ripagate. Non è comune poi trovare un arpista solista che suona come una furia! Jazz-avant rock con influenze canterburyane ed uno stile molto vivace e divertente.

WHITE WILLOW - "Terminal twilight": Un album appassionante con sonorità che adoro. Alla fine ho deciso di includere questo disco a discapito di altri a mio giudizio di pari valore perchè è quello che ho ascoltato più spesso e che in qualche modo ha catalizzato le mie preferenze.

INCHANTO - "Le stanze di ambra": Gruppo della Val d'Orcia che mescola sonorità antiche, folk e atmosfere sinfoniche. Il ritorno del folk-prog e per giunta di ottima fattura italiana. Un disco che ho scoperto in coda all'anno e che mi ha preso molto.

Fra gli esclusi eccellenti che mi è dispiaciuto depennare cito i seguenti: Phideaux (mi è costato tantissimo tagliarlo) Moog, La Coscienza di Zeno, Pane, Slivovitz, SKE, Gens De La Lune, Sanhedrin, Tirill, Infront, Kebnekajse, Humble Grumble, Jack Dupon, Planeta Imaginario, After Crying, Orquesta Metafisica... e poi ci sono sicuramente molti altri che ora non ricordo e che inevitabilmente salteranno fuori fra qualche tempo facendomi mordere le mani...


PEPPE DI SPIRITO

Continua a uscire tantissima musica! Da un lato è sempre piacevole confrontarsi con produzioni che spesso soddisfano pienamente la nostra fame di prog. Dall'altro ascoltare e assimilare tutto per bene diventa sempre più difficile, così come è difficile fare delle scelte. Alla fine punto su questi album:

ACCORDO DEI CONTRARI - "Kublai": Un salto di qualità enorme dopo il pur validissimo esordio. Jazz-rock progressivo di grandissima classe, lontano da qualsiasi manierismo e pronto a indirizzarsi anche verso Canterbury. Per me il top assoluto del 2011.

SCHERZOO - "01": Il disco zeuhl dell'anno! Francois Thollot si siede dietro la batteria, crea un vero e proprio gruppo e si lancia in una proposta strumentale che unisce la potenza magmatica e la raffinatezza del jazz, con il sax in bella evidenza.

PROWLERS - "Sogni in una goccia di cristallo": Tornare sulle scene dopo oltre dieci anni e riuscire a mantenere i livelli di quella favola che era "Sweet metamorfosi"? Si può, con una nuova meraviglia capace di unire una personalissima visione del rock sinfonico ed una psichedelia moderna e non estrema.

YES - "Fly from here": Quanti anatemi mi verranno lanciati per questa scleta? Dite quello che volete e forse sarà anche che mi aspettavo una pagliacciata dopo le ultime scelte della band, ma questo è un signor disco! Merito soprattutto della stupenda suite che dà il titolo al cd e che è un gioiello inaspettato, coinvolgente e in pieno Yes-style. Li davo per spacciati, mi sono dovuto piacevolmente ricredere.

GARDEN WALL - "Assurdo": Si avvicinano ai venti anni di carriera. Anni trascorsi a non adagiarsi sugli allori offertigli dalla critica ad ogni passo discografico. E nel 2011 non cambia il discorso: un nuovo disco "diverso", imprevedibile, ricchissimo di valide idee. Un compendio delle loro più disparate influenze e della contaminazione di stili, tra bizzarrie, estremismi e finezze, che hanno già mostrato più volte nei lavori precedenti.

KATE BUSH - "50 words for snow": Indeciso fino all'ultimo se inserire o meno questa piccola meraviglia. Difficile dire se Kate Bush possa rientrare o meno nel progressive. Di sicuro tantissimi progfan la amano da sempre. Di sicuro questo è il disco che sotto certi aspetti più la avvicina a questo mondo. Brani spesso lunghi, piano e voce protagonisti, ritmi jazzati e favole fantasiose per quello che potrebbe essere anche il miglior disco in assoluto di questa straordinaria artista.

Qualche citazione, tenendo conto della vastità delle uscite, diventa inevitabile. Comincerei col rimarcare ancora una volta quante belle novità provengano dall'Italia, tra conferme ed esordi: Akt, Calomito, Catafalchi del Cyber, la Coscienza di Zeno, Daal, Ego, Goad, Gran Turismo Veloce, Jacula, Junkfood, Lagartija, Mad Crayon, Mappe Nootiche, Milanese-Andrioli, Moogg, Cristiano Mussi, Orme, Ranestrane, Raven Sad, Saint Just Again, Ske, Slivovitz. E' stato poi un anno decisamente positivo per il rock sinfonico grazie ai vari dischi di Discipline, Eternal Wanderers, Glass Hammer, Karfagen, Phideaux, Quorum, Sanhedrin, ecc. Al solito, escono tantissimi live di enorme qualità, sia d'archivio (Alien, Stella Vander, Marillion), sia come testimonianze recenti (il meraviglioso One Shot, poi Djabe, Moraine, Rush, Siena Root, Sigur Ros). Chiudo con altre uscite che un appassionato non dovrebbe lasciarsi sfuggire: Abrete Gandul, After Crying, Camembert, Gosta Berlings Saga, Steve Hackett, Orquesta Metafisica, Tirill, Troc, Christian Vander, White Willow, Steven Wilson.


ANTONIO PIACENTINI

Quest’anno col prog e col mondo prog c’ho un po’ litigato. Sarà che dopo tutti questi anni uno si aspetta un salto di qualità, quel salto di qualità che non arriva mai e che forse nemmeno si cerca realmente..vabbè..considerazioni a parte ecco i miei 6 dischi da ricordare di quest’anno,dischi che vanno al di là da generi e sottogeneri ma che sono solo rimasti nel lettore più degli altri :

IONA - "Another realm": Il miglior disco del gruppo scozzese e uno di quelli che credo stazionerà nel mio lettore anche oltre il 2011 (d’altronde stiamo già a metà del 2012...). La miscela prog folk che ha contraddistinto tutta la carriera del gruppo qui si arricchisce con elementi ancora più legati alla tradizione celtica e alla terra dalla quale provengono. Voce stupenda e una chitarra che non fa rimpiangere il miglior Rothery dei tempi d’oro.

GARDEN WALL – "Assurdo": In un mondo musicale normale fatto da appassionati normali sarebbe il disco della consacrazione,quello che celebra la carriera di un gruppo (uno dei pochi) che ha sempre cercato una via personale alla musica. Da ascoltare e fare ascoltare a chi pensa che fare prog è (solo) usare un Mellotron

RANESTRANE - "Shining": L’idea del cine concerto mi piace tanto, ma sarebbe un peccato ridurre il valore di questo disco solo a questo aspetto. Melodie azzeccatissime, un cantante italiano (finalmente) che canta e canta bene. Progressive mischiato col pop (sì, si può fare...) per un disco che non stanca mai... anche senza le immagini del film.

NORTH SEA RADIO ORCHESTRA - "I a moon": Un gioiello. Non è solo chamber music, non è solo folk, non è solo pop, né solo elettronica... è uno di quei dischi che ti fa riconciliare con la musica. Che dà un senso a tutti quei cd brutti che hai comprato per cercare qualcosa che veramente ti piace. E’ il “Soldatino” della tris di Febbre da Cavallo.. non ci crede nessuno né ci punta nessuno... ma è vincente.

DAZKAREH - "Ruido do silêncio": Lo so non li conosce nessuno.. almeno qui... ma stanno al quinto disco e la loro miscela di musica tradizionale portoghese (che non è solo fado) unita ad atmosfere moderne, l’unione di world music con atmosfere rock progressive, gotiche e pop, me lo fa preferire rispetto a tante altre cose.

IL SESTO GRUPPO: Il sesto gruppo in realtà non c’è: è un misto delle cose italiane ascoltate quest’anno che hanno molto di buono ma alle quali (logicamente per me) manca comunque qualcosa. Il sesto gruppo ha la freschezza dei GRAN TURISMO VELOCE, la pazzia dei DAAL, la splendida e struggente chitarra dei RAVEN SAD, la perseveranza di DORACOR,la tecnica degli ACCORDO DEI CONTRARI e MOOG, l'esperanto anche musicale dei REVERIE, la vena compostiva di SKE, quella melodica de LA COSCIENZA DI ZENO. Una cosa che hanno in comune è la passione che sprizza da ogni microsolco.

PS: comunque Phideaux, Wobbler, Andhira, Sanhedrin e Humble Grumble son piaciuti tantissimo anche a me.


GIOVANNI CARTA

Anche il 2011 non è stato avaro di emozioni e sorprese... tra le diverse uscite del 2011, questi sei titoli sono riusciti a catturare la mia attenzione in maniera decisiva:

GARDEN WALL – "Assurdo": Il ritorno dei Garden Wall ha risentito della “cura” Lizard nella produzione, smussati gli eccessi del passato, Assurdo è forse il loro disco migliore, in cui viene condensato il meglio della loro carriera insieme all’introduzione di nuove soluzioni musicali e moderne sonorità... inoltre Alessandro Serravalle ci offre una delle sue migliori e convincenti interpretazioni vocali...

IAN BODDY AND PARALLEL WORLDS – "Exit strategy": Questa collaborazione speciale tra Ian Boddy e Bakis Sirros ha prodotto un’opera complessa e monumentale: ambient- elettronica dai tratti sinfonici di grande suggestione gotica e post moderna.

17 PYGMIES - "Celestina II: second son": Secondo capitolo della trilogia spaziale “Celestina”, i 17 Pygmies si confermano come una delle più belle ed intense realtà psichedeliche degli ultimi anni. In questo disco approfondiscono la loro vena più sinfonica e neoclassica in maniera del tutto personale e con una notevole sensibilità poetica.

ANTIKLIMAX – "Green largo": Questo quarto disco di Vincent Benesy è un piccolo gioiellino di musica elettronica artigianale, completamente autoprodotto, dopo il distacco produttivo dalla Musea; minimale e melodico, dotato di una sottile vena apocalittica e malinconica tutt’altro che dozzinale, con buoni riferimenti ai classici di Brian Eno, Vangelis e Klaus Schulze.

FRANCESCO GIAMPAOLI – "Mi sposto": La seconda uscita solista di questo eccellente bassista è un raffinato ed eclettico disco strumentale in sottile equilibrio fra jazz da camera, folk rock e musica etnica, con un’estetica “post-rock” a confondere piacevolmente le acque. Un disco stimolante e a suo modo sorprendente.

HENDERSON/OKEN – "Dream theory in the IE": Ennesimo progetto parallelo relativo ai Djam Karet, Mike Henderson e Chuck Oken Jr. hanno registrato una session live strumentale per sole chitarre e tastiere: il risultato è vicino ai Djam Karet più astratti ed elettronici, quasi una sorta di folk-rock ambient dai tratti esotici e dalle grandi capacità evocative.



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