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ARTEMIEV, EDWARD (II parte) Jessica Attene
 

Edward Artemiev
II parte


Il Cinema e l’incontro con Andrei Tarkovskij


Il lavoro quarantennale di Artemiev nell’ambito della cinematografia lo ha reso uno dei compositori più invidiati ed attivi del cinema sovietico. Già prima della fine degli anni Ottanta il numero dei film a cui aveva partecipato superava il centinaio. La sua attività è sempre stata inarrestabile, tanto più che egli stesso diceva quando non lavoro, mi sento distrutto. Fra le sue collaborazioni più importanti troviamo senza dubbio quella illustre con il maestro Andrei Tarkovskij, quella longeva con il regista ed attore Nikita Mikhalkov, al quale il compositore è legato da una amicizia di lunghissima data, ma anche con altri nomi di valore come Samsonov, Konchalovsky e Abdrashitov.
Artemiev inizia ad approfondire la sua esperienza con il cinema nel 1970. Questo ambito si rivelò per lui un vero e proprio laboratorio di sperimentazione. Prima di tutto perché gli permise di scrollarsi di dosso quell’immagine che si era creato di compositore di temi cosmici e poi perché questo era l’unico ambito artistico in URSS che non era soggetto al controllo e alla repressione della censura da parte delle autorità. Rappresentava al tempo stesso una vera e propria sfida: la composizione di colonne sonore era considerata infatti un’attività di serie B, vista soltanto come una fonte facile di guadagno, il cui unico scopo era “dare da mangiare al musicista”, come diceva Stravinsky. Per i musicisti delle nuove generazioni, come Artemiev, il cinema stava invece diventando una parte integrante del processo creativo che andava oltre i comuni pregiudizi. Per il compositore il film era una vera e propria fonte di ispirazione che gli offriva lo spunto per poter trasformare le immagini in suoni ed i suoni stessi in immagini. Non a caso questi accettava di comporre solo dopo aver letto la storia e visto le immagini della pellicola. Tutto lo sforzo creativo era messo a disposizione del film e della storia di cui la musica diventava parte integrante e perfetta complice nel suscitare emozioni. La maestria dell’artista sta nel trovare questo perfetto connubio che può realizzarsi a volte attraverso uno spartito ricco di particolari, altre volte anche con una unica nota in grado di far materializzare un particolare stato d’animo.

Ogni opera di Artemiev possiede, come vedremo, le sue particolarità, per il lavoro di preparazione richiesto, per la scelta degli strumenti, per il rapporto che intercorre fra i suoni e le immagini. In particolare rimarranno nella storia le colonne sonore realizzate per Andrei Tarkovskij che il compositore conosce, grazie ad un amico che glielo presenta, nella primavera del 1970.
Il regista, che visita l’Electronic Music Studio, rimane affascinato dalla musica elettronica e mostra ad Edward il copione del celebre “Solaris“ (1972). Il musicista non avrebbe avuto alcun vincolo compositivo particolare, con l’unica eccezione che sarebbe dovuta comparire la musica di Bach. In realtà Tarkovskij non aveva bisogno di una vera e propria colonna sonora per il suo film ma desiderava che la musica elettronica gli fornisse un panorama sonoro e degli effetti che amplificassero le emozioni e gli scenari della sua opera. Il suono è qualcosa che fa da sfondo all’azione scenica e si integra con essa non prendendo mai il sopravvento ma agendo sullo spettatore in maniera quasi inconscia. Entrano in gioco nell’immaginario di chi guarda tutte le gamme sonore che appartengono al pianeta Solaris, che si comporta globalmente come una forma di intelligenza aliena che ha l’aspetto di un oceano, suoni che ricordano la Terra e le sue forme di vita, che rimandano sia alla natura, sia agli insediamenti umani, e composizioni che riflettono l’emotività dei personaggi, fra cui emerge il tema costruito sul “Preludio-Corale in Fa minore“ di Bach che rappresenta la più alta manifestazione dello spirito umano. Le ampie possibilità di sintesi di ANS, col quale la colonna sonora è stata interamente realizzata, e la creatività di Artemiev si sposano alla perfezione con la poetica del regista, con i suoi ampi scenari, con la sua lentezza, con le sue pause, con il ritmo della narrazione. Il risultato è qualcosa di unico che purtroppo in Italia fu sfregiato dalla cancellazione dei primi quaranta minuti e dal taglio arbitrario di numerose brevi sequenze all’interno della storia.
Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia del 1973 in queste condizioni, il regista pregò inutilmente che il suo nome fosse tolto dai crediti del film. L’edizione integrale del film è disponibile dal 2002 su DVD, con le parti in russo, inizialmente epurate dalla versione italiana, sottotitolate, per cui il consiglio è di vedere ovviamente questa versione che trovo indispensabile per capire il genio musicale di Artemiev. La comparsa di Solaris sugli schermi suscitò ammirazione ed interesse anche nel mondo occidentale ed il compositore ricevette una lettera dalla American Electronic Music Association di Washington con la richiesta di una spiegazione dettagliata circa l’equipaggiamento elettronico utilizzato per la creazione dei suoni. “Solaris” è un film molto particolare anche perché rimane di fatto l’unico di Artemiev in cui la musica elettronica rappresenta l’intera base per la creazione di tutta la colonna sonora.

Otto anni più tardi Artemiev lavora ad un altro grande film di Tarkovskij, “Stalker“ (1979), seguendo la stessa tecnica di “Solaris”. Suoni ambientali, come il clangore della ferrovia, si mescolano a sensazioni elettroniche per ricreare un mondo immerso nella natura terrestre su cui però aleggia l’imprevedibile e sovrannaturale azione di un’essenza aliena che si avverte solo grazie a misteriosi e continui effetti sul paesaggio. La natura e il sovrannaturale, il terrestre e l’ultraterrestre, la materia e lo spirito, sono aspetti attraverso i quali l’anima dello spettatore fluttua continuamente, grazie anche alla musica, come avviene ad esempio nella bellissima scena della meditazione con l’acqua, elemento chiave nella poetica di Tarkovskij che rappresenta la rigenerazione dello spirito, che fluisce in rivoli e acquitrini e sul cui sfondo scorre il leitmotiv di Artemiev che sembra distorto dalle onde del pensiero di una entità inafferrabile.
Per “Stalker” Tarkovskij, che allora era profondamente attratto dal buddismo Zen, voleva che la musica dovesse rappresentare la diversità fra la cultura occidentale e quella orientale che, secondo quanto afferma Kipling (citazione ricordata dallo stesso regista per spiegare ad Artemiev i suoi intenti), possono coesistere ma non sono in grado di comprendersi reciprocamente. Per fare questo Artemiev utilizzò un canto di un anonimo italiano del XIV secolo, “Pulcherrima Rosa“, indicatogli dallo stesso Tarkovskij, che viene interpretato da un flauto suonato con freddezza ma dotato di una timbrica profonda e penetrante. A questo viene ad associarsi un suono simile alle campane modellato col synth. La cultura orientale viene invece richiamata dal tar, un cordofono molto diffuso in Iran e nel Caucaso, che viene qui suonato con una tecnica tipica della cultura musicale indiana. In particolare della musica indiana viene ripresa la lenta e ciclica ritmicità di una singola tonalità di base che fa da sfondo per le melodie dello strumento solista. Allo stesso tempo ritroviamo anche delle intonazioni che richiamano la cultura musicale sacra azera. Sia il suono del flauto che quello del tar sono stati trasformati da Artemiev in maniera molto sofisticata: per il flauto sono state create diverse modulazioni sonore al synth mentre il tar è stato registrato nella sua forma acustica ad una data velocità e poi riprodotto al rallentatore in modo tale che si potesse percepire “la vita di ciascuna corda”, quasi producendo un effetto di volo. Per essere precisi esisteva una prima versione della colonna sonora di “Stalker” in cui un’orchestra sinfonica accompagnava uno strumento tradizionale orientale ma Tarkovskij, inspiegabilmente per il compositore, la bocciò anche se tutte le registrazioni erano ormai completate, preferendo la seconda versione realizzata con il Synthi-100 e con strumenti acustici manipolati, come abbiamo visto.

Artemiev lavora anche alla colonna sonora del film “The Mirror“ del 1975 in cui però l’apporto musicale fu ridotto al minimo con una libertà artistica per il compositore davvero molto ristretta. In realtà per questo film il regista non aveva proprio previsto la presenza di una colonna sonora, fatta eccezione per alcuni estratti di arie della grande musica barocca come il “Preludio per organo” e la “Passione secondo Giovanni” di Bach, “Israele in Egitto” di Händel e “Stabat Mater Dolorosa” di Pergolesi. Ma il compositore fu capace comunque di imprimere all’opera il suo tocco inconfondibile, riuscendo a dare alle immagini una profondità spirituale e non un mero commento sonoro di sottofondo.

Era prevista anche una collaborazione per il film “Nostalghia“ ma la nostra RAI, che aveva prodotto il film, si rifiutò di firmare il contratto con un compositore straniero che non fosse iscritto alla SIAE e quindi questa opportunità non si concretizzò mai e a noi rimane il dubbio su quale capolavoro ne sarebbe potuto uscire fuori, vista la perfetta armonia artistica che lega la musica di Artemiev al fascino delle pellicole di Tarkovskij.

La morte di Tarkovskij, sopraggiunta dopo una malattia, in una clinica di Parigi, nel 1986, fu per Artemiev un vero e proprio shock. Il musicista si chiuse nel suo studio e compose “Dedication to Andrei Tarkovskij“, una specie di requiem con una citazione presa da Solaris che potete ascoltare nel CD “Edward Artemiev: Solaris, The Mirror, Stalker – Music from motion pictures“, pubblicato dalla Torso Kino nel 1990, e ristampato dalla Electroshock Records nel 2002. Questo album non contiene però la versione originale della colonna sonora di “Solaris” fatta con ANS ma dei rifacimenti con altri sintetizzatori ad opera dello stesso Artemiev, molto intriganti ma, senza togliere nulla al valore di questo album, esso appare inevitabilmente depotenziato rispetto alla visione dei film, proprio per il fatto che immagini e suoni sono profondamente compenetrati fra loro. Circola inoltre un vinile con la colonna sonora di “Solaris” originale ma dobbiamo far notare che si tratta certamente di un bootleg estratto dalla pellicola e non di una uscita ufficiale. Pare inoltre che l’album riporti sull’etichetta il logo contraffatto della Melodiya.

Nikita Mikhalkov


La vita artistica di Artemiev si è affiancata anche ad un altro grande regista, Nikita Mikhalkov, col quale si è instaurata una collaborazione duratura ed incredibilmente prolifica: tutti i suoi film infatti, ad eccezione di “Black Eyes”, sono stati realizzati con le musiche di Artemiev. L’amicizia che lega i due artisti nasce da molto lontano: quando ancora il giovane Mikhalkov era uno studente presso l’Istituto di Cinematografia dello Stato, dopo aver ascoltato Artemiev durante una delle sue prove, decise fin da subito che avrebbero lavorato assieme. Gli chiese quindi di scrivere la musica per il cortometraggio realizzato per il suo diploma “A peaceful day at the end of the war” (1971). Mikhalkov era brillante ed estroverso e la sua personalità solare svelò all’introverso e riflessivo Artemiev una nuova immagine della sua musica, sviluppando in lui la capacità di comporre belle melodie. Artemiev accompagnò il regista nel suo debutto per il grande cinema con il film “At Home Among Strangers“. La canzone “Song About Ship”, scritta per il prologo di questa pellicola, mostra in maniera evidente la svolta melodica di Artemiev con il suo disegno semplice ma pieno di gusto per i ritmi, le armonie jazz, l’uso della voce e l’impiego di soluzioni non standardizzate.
Il drammatico “The Slave of Love“ (1975) è uno dei film di Mikhalkov ai quali Artemiev si sente più legato e lo stesso regista lo definisce come uno dei più musicali da lui realizzati. Artemiev ha ricreato, seguendo l’ambientazione del film, lo stile musicale dei primi del XX secolo, mettendo in secondo piano la musica elettronica rispetto a quella acustica. Durante il periodo di preparazione alla realizzazione della pellicola sia Artemiev che Mikhalkov guardarono molti film muti russi in maniera da immergersi totalmente nell’atmosfera dell’opera. “Olga Theme” nasce dalle immagini di una scena del film in cui la protagonista è in giardino con il vento che fa ondeggiare la sua sciarpa leggera. Per la prima volta nella vita del musicista la musica nasceva in maniera semplice ed immediata come se la avesse sempre portata dentro di sé. Questo tema musicale, così aperto a sentimenti romantici e così orecchiabile, si guadagnò ammiratori in ogni parte del mondo e l’autore fu paragonato a grandi come Nino Rota ed Ennio Morricone. Bellissimo in particolare l’utilizzo della tecnica polifonica del cantus firmus, con voci di contrappunto in un pattern sofisticato che abbelliscono la melodia chiave.

Nei tre film successivi “The unfinished Piece for Mechanical Piano“ (1976), “A Few Days from the Life of I.I. Oblomov“ (1979) e “Without Witness“ (1983) la creatività del compositore è stata contratta a colorate citazioni di famosi pezzi musicali come l’aria “L’elisir d’amore” o “Casta Diva” dalla Norma di Bellini. Una limitazione di questo tipo non avrebbe lasciato spazio alcuno all’originalità ma Artemiev riesce a scrivere delle belle parafrasi su temi celebri che si associano splendidamente allo sviluppo della storia. In “Oblomov”, “Casta Diva” è stata riprodotta da Artemiev con la sua strumentazione, in forma non cantata, in maniera diversa da quella del Bellini e con un sound più moderno. L’aria è stata incorporata nel film in maniera così naturale e fluida che quasi non si percepisce il cambiamento timbrico rispetto all’originale.

Il film del 1981 “Kinfolk“ tratta delle relazioni complicate di persone vicine in modo ironico e grottesco. Il leitmotiv del film è emozionante e spirituale, nonostante il taglio umoristico e confusionario. La musica ricorre in momenti diversi del film, apparentemente slegati, e sottolinea la dimensione nascosta della condizione umana che lega invisibilmente le persone anche in condizioni di caos e di difficoltà.

L’ultima collaborazione con Mikhalkow degli anni Ottanta è rappresentata dal già citato “Without Witness” (1984) e dopo una pausa i due tornano a lavorare assieme nel 1990 col documentario “Hitch Hiking“.

Di particolare interesse appare la musica, scritta nel 1991, per il film francese “Urga“, vincitore del Leone d’Oro al festival del cinema di Venezia. La realizzazione della musica per questo film fu preceduta da un grosso lavoro di preparazione e di studio sulla musica mongola e cinese, sulla sua struttura e sulla sua colorazione, che permise al compositore di penetrare in un mondo a lui fino ad allora sconosciuto. La musica che possedeva delle connotazioni etniche molto chiare e stilisticamente coerenti, ricche di pathos, conquistò letteralmente i sentimenti delle popolazioni mongole e non fu un caso che la fama del compositore si spinse in queste terre al punto che questi fu invitato come ospite d’onore a Ulan-Bator, capitale della Mongolia, che anticamente si chiamava appunto Urga. Dal momento che i musicisti mongoli non avevano esperienza nell’ambito di una orchestra sinfonica, anche per mancanza di tempo e denaro, Artemiev ha scelto di ricreare il suono degli strumenti tradizionali, campionandolo e filtrandolo ovviamente attraverso la sua sensibilità, ma in maniera tale che sembrasse genuino, sia per la timbrica che per lo stile. Le melodie oscillano fra il passato ed il futuro e suggeriscono numerosi richiami alla visione spirituale e filosofica dell’universo di queste popolazioni. Bello l’uso del limbe, un antico flauto, che domina l’episodio “The Moon”, fondendosi con una melanconica base di sintetizzatori, ma anche della strumentazione elettronica attraverso la quale Artemiev traduceva il suo modo di sentire le tradizioni asiatiche. Bellissimo è il ponte fra culture diverse che viene gettato nella scena “Somewhere in Russia”, in cui si percepisce il dolce vibrare delle corde del domra.
Lo spirito di questo lavoro è racchiuso anche nella suite “The Phantom of Mongolia“ che è stata sviluppata per essere eseguita separatamente in concerto (il pezzo di nove minuti può essere ascoltato nel CD “Three Odes“). Tutto il lavoro è stato fatto con synth e samplers con l’aggiunta di autentici timbri di strumenti mongoli e cinesi. La prima parte è dominata dai ritmi e dai colori dello shanz, uno strumento a corde, e dalle percussioni che effettuano giochi ritmici complessi che si infuocano con l’andare dei minuti. Nella parte conclusiva viene citata una antica canzone mongola, “Kherlengin Barya”, interpretata dalla voce di una nota cantante locale, con la sua intonazione gutturale che sa di shamanesimo e ascetismo. L’effetto complessivo è molto suggestivo ed originale e colpisce profondamente soprattutto per la grande capacità di intersecare culture, stili e modi di pensare molto distanti fra loro.

Nel 1994 Artemiev scrive la musica per “Burnt by the Sun“ (In italiano “Sole ingannatore”), opera abbastanza impegnativa che ha conquistato il gran premio della giuria di Cannes. Il film è ambientato negli anni Trenta, al preludio di quelle che vengono ricordate come le grandi purghe staliniane, e ritrae uno dei periodi più oscuri della storia sovietica. Il colonnello Kotov, devoto alla causa sovietica, vive con la sua incantevole giovane moglie, Maroussia, ma la sua vita idilliaca viene spezzata da Dmitri, un giovane che era stato innamorato della stessa ragazza e che ora lavora per la polizia segreta. I suoi ordini sono quelli di arrestare Kotov accusandolo di spionaggio e questa, che è allo stesso tempo la sua vendetta, si rivela allo stesso tempo la fonte dei rimorsi che lo porteranno al suicidio. La povera Maroussia verrà infine deportata nei gulag. Il materiale musicale è estremamente eterogeneo alternando momenti lirici a fasi di grande tragicità e momenti di violenza che ricordano la figura di Stalin. L’immagine dell’incubo si materializza attraverso la riproposizione distorta di una celebre canzone patriottica degli anni Trenta “Song of the Motherland” di Isaac Dunayevsky. Uno dei momenti più belli è rappresentato da “The forgotten pages”, un piccolo concerto per piano e orchestra stilizzato sulla musica di Rachmaninov. Lavorando per la polizia segreta Dmitry doveva cancellare e distruggere le tracce del proprio passato, fra le quali c’erano anche gli studi al conservatorio e l’amore per la musica. Rachmaninov, che aveva incontrato in quel periodo della sua vita, riemerge con prepotenza attraverso questa musica.

La musica di “The Barber of Syberia“, film del 1998 più disimpegnato, ricalca la maniera Hollywoodiana di scrivere colonne sonore, sincronizzando ogni melodia a ciò che accade sulla pellicola, sfruttando anche le potenzialità dell’orchestra sinfonica. L’immagine della Russia che traspare dalla pellicola è gioiosa, romanzesca e colorata dal folklore. Alla stessa maniera ricorrono le citazioni classiche che hanno a che fare con gli eventi del film, come le “Nozze di Figaro”.

Alcune di queste colonne sonore le potete ascoltare nel doppio CD “Territory of Love – Music from Nikita Mikhalkov’s Films“ pubblicato nel 2005 dalla Electroshock Records.

Le collaborazioni più recenti col regista sono del 2007 con il film “12“, incentrato sul processo ad un giovane ceceno accusato ingiustamente di omicidio, e del 2011 con “Burnt by The Sun 2 – Exodus“, il sequel della pellicola girata nel 1994.

Andrei Konchalovsky


Un altro grande sodalizio artistico nasce alla fine degli anni Settanta con il fratello di Nikita Mikhalkov, Andrei Mikhalkov-Konchalovsky che iniziò la sua carriera cinematografica proprio con Tarkovskij, come attore nel celebre film “L’infanzia di Ivan” del 1962. Lavorare con lui era decisamente più complicato che con il fratello, col quale c’era invece un feeling naturale. Andrei aveva alle spalle cinque anni di studio al conservatorio come pianista e si iscrisse poi all’Università della Cinematografia sovietica ed era inoltre un appassionato di letteratura. Il processo compositivo partiva spesso da citazioni provenienti dal mondo della letteratura o dai capolavori della musica classica ed avveniva sempre in maniera abbastanza complessa. Artemiev veniva spesso sommerso da materiale da ascoltare e dai cui prendere ispirazione per scrivere dei provini che venivano passati al vaglio del regista.

Konchalovsky arruola per la prima volta Artemiev nel 1979 per la composizione della colonna sonora dell’epico ed ambizioso film in quattro parti “Siberiade“, una saga che coinvolgeva due famiglie, una ricca e una povera, di un piccolo villaggio della Siberia, Yelan. Uno degli attori protagonisti era tra l’altro Nikhita Mikhalkov. La serie fu purtroppo bollata dalla critica internazionale come un’opera conformista fatta per compiacere le autorità comuniste ed il gran premio speciale della giuria di Cannes non ne cambiò in meglio la reputazione. Alla fine, con le Olimpiadi di Mosca e gli scandali politici internazionali, l’attenzione verso il film scemò del tutto e la bellissima colonna sonora, realizzata grazie alla sapiente collaborazione dei Boomerang, rischiò di passare del tutto inosservata, se non che fu ripresa dai programmi televisivi, dalle radio e fu utilizzata nei documentari. Ci vollero ben venti anni perché l’opera fosse rivalutata.
La prima a notarla fu l’etichetta francese Le Chant du Monde che offrì ad Artemiev di farne un 33 giri (pubblicato nel 1979) che ben presto diventò una rarità. Artemiev seguì le indicazioni del regista il quale voleva che la musica aggiungesse al film una terza dimensione. L’autore inserisce quattro leitmotiv distinti nell’azione scenica che simboleggiano i quattro elementi primordiali che compongono l’universo: “Earth”, “Ancestors”, “Air” e “Fire”. Il leitmotiv principale è “Earth” che combina il lirismo e la poesia all’eroismo e alla forza di determinazione. Il secondo tema, “Ancestors”, nasce da un basso suono elettronico, vi si ritrovano frammenti di folklore arcaico ed è in qualche modo legato al tema musicale di “Earth”, mentre si discosta volutamente dalle timbriche radiose di “Air” che crea l’immagine di uno spazio in vibrazione. Infine c’è “Fire” che controbilancia il tema di “Earth” con il suo movimento a spirale che ricorda alcune tecniche del periodo barocco. L’immagine del fuoco è evocata dalla potenza della chitarra elettrica. Oltre ai quattro leitmotiv troviamo le sequenze musicali che accompagnano i capitoli del film che si basano su stili molteplici che comprendono anche la musica rock con ritmi pulsanti e percussivi. Nonostante i timbri sonori sofisticati e pittoreschi la musica è stata realizzata in maniera molto tradizionale con un quartetto d’archi, poche percussioni, legni e poche parti con il Synthi-100. Le avanzate tecniche di registrazione e le manipolazioni successive hanno donato alle composizioni un’aura epica e futuristica. Trenta anni più tardi una versione modernizzata della musica di “Siberiade” venne utilizzata in apertura del festival internazionale del cinema di Mosca e ne divenne in pratica l’emblema sonoro dal 2001.
La Melodiya pubblicò la musica di “Siberiade” in una compilation intitolata “Moods“ (C10 21077 002), contenente anche altre colonne sonore, soltanto nel 1984. Tre estratti di questa colonna sonora, comprendenti una bella versione orchestrale interpretata dall’Orchestra della Cinematografia diretta da S. Skripka, li troviamo nel CD “Mood Pictures“ pubblicato nel 2010 dalla Electroshock Records.

Nel 1987 Artemiev ricevette una chiamata di Andrei Konchalovsky da Los Angeles che gli chiese di scrivere un pezzo di musica sacra per il film “Duet for One“, con Julie Andrews, che il regista stava girando e che parlava della storia di una violinista colpita dalla sclerosi multipla. In quel periodo Artemiev rimase molto colpito dalla lettura della Divina Commedia di cui possedeva una pubblicazione americana con le illustrazioni di Robert Raushenberg che aveva rappresentato la propria versione dell’Inferno attraverso immagini moderne molto forti, con tanto di fucili e proiettili. Nasce così “Requiem“ e “Credo“, tratta da quest’opera e inserita nella colonna sonora del film, esprimeva tutta la disperazione, la sensazione di solitudine e di shock, di fronte alla fredda indifferenza del mondo, che derivavano da quella lettura. Una versione di questo brano compare sempre nel CD “Mood Pictures”.

Proprio grazie a Konchalovsky, Artemiev entrò nel mondo cinematografico di Hollywood. Il compositore si trovò quindi a familiarizzare con gli ambienti delle grosse produzioni cinematografiche americane, come la Warner e la Columbia, avendo a disposizione i loro equipaggiamenti sofisticati. Si ritrovò inoltre a lavorare, secondo le usanze di Hollywood, con una orchestra sinfonica, cosa che prima di allora aveva fatto solo di rado. Il modo di concepire le colonne sonore in questi ambienti era inoltre diverso, dal momento che la musica era considerata, in maniera non troppo artistica, come un commento o un supporto alle singole azioni del film. Risale a questo periodo la realizzazione di spartiti dettagliati per l’orchestra per i film “Inner Circle“ (1991) di Konchalovsky e per il thriller “Double Jeopardy” (1992) di Larry Shiller che si è rivelata una specie di sfida. Artemiev ottenne poi numerosi altri incarichi ma il problema fondamentale era che il compositore veniva visto nel nuovo mondo come un principiante e praticamente doveva costantemente dimostrare la propria competenza per convincere i produttori. Oltretutto la partecipazione a film di basso budget non gli permetteva di far emergere al massimo le proprie qualità artistiche.

Nel 1989 Artemiev si ritrova a scrivere la colonna sonora per il film “Homer and Eddy“ che Konchalovsky stava girando in Europa. Il regista riuscì a convincere in qualche modo la produzione ad affidare a lui il compito e in appena quattro ore fu trovata una soluzione musicale per quattro episodi del film e in breve fu terminata anche la colonna sonora. La storia di due vagabondi, un giovane con ritardo mentale e una ladra (Whoopi Goldberg), con un finale tragico, fu dipinta musicalmente con l’aiuto dei synth attraverso partiture che esprimevano drammaticità, lirismo e folklore.

Nel 1997 Artemiev realizza la colonna sonora di “The Odyssey“, una serie TV americana diretta da Andrei Konchalovski. All’inizio l’idea era quella di incorporare frammenti di musica antica con strumenti ricostruiti in conformità alle immagini pittoriche pervenute fino a noi ma questa strada si rivelò impercorribile per le scarse notizie esistenti su questo tipo di musica e per l’assenza di coinvolgimento emotivo da parte dell’artista verso di essa. Per conservare le fragranze etniche è stato deciso infine di utilizzare soltanto quegli strumenti della tradizione mediterranea che sono miracolosamente sopravvissuti, come ad esempio il mizmir, un tipo di flauto abbastanza rudimentale il cui suono può essere ascoltato tutt’ora nei riti greci e turchi, oppure un violino cretese a tre corde che produce un suono lamentoso molto penetrante. Inoltre furono utilizzate arpe, lire e un’ampia gamma di flauti di vario materiale. Il produttore del film offrì ad Artemiev l’opportunità unica di invitare musicisti provenienti da ogni parte del mondo che avessero la competenza necessaria per utilizzare questa strumentazione. Alcuni di loro suonavano soltanto ad orecchio e fu laborioso inserirli nel contesto della London Philarmonic Orchestra che veniva inoltre completata dall’equipaggiamento elettronico.
Il film è accompagnato da due ore e mezza di musica, tutta suonata nello stile Hollywoodiano, come commento all’azione scenica per dare enfasi agli eventi e la sfida è stata quella di non ridurre la musica a un puro background ma di esaltare il suo valore artistico.
Il grande tema musicale del mare, associato ai lunghi viaggi di Odisseo, compare in forma più o meno evidente in moltissime occasioni. L’immagine è spesso di pace e di calma ma anche di tempesta (“Scylla & Charibdis”), ricordando persino le capacità descrittive di Korsakov nella concitata “Storm” ma anche nella bella “Talking to Poseidon”. In questo caso Artemiev ha utilizzato una tecnica che aveva pensato già da tempo e cioè quella di registrare le parti di violoncello e di contrabbasso con una tonalità più alta di un quarto e poi portate artificialmente in basso rispetto al loro suono naturale dando l’idea di un abisso senza fine.
Molto intriganti gli effetti elettronici vibranti e scintillanti che evocano la presenza di Eolo e dei suoi venti. Allo stesso modo gli effetti elettronici evocano il fascino insidioso delle Sirene che in questo caso hanno delle voci sintetiche che sembrano provenire dagli abissi e che hanno un effetto psicotropico di confusione e stordimento della mente più che qualcosa di attraente e affascinante, riportando in una certa maniera alle visioni di Solaris.
Molto belle le percussioni ed i ritmi serrati che evocano il campo di battaglia di Troia, con i suoni squillanti e sfavillanti dell’orchestra che danno l’idea di una saga grandiosa. Alcuni di questi temi sono utilizzati anche in “Achille’s Funeral”, più plumbea e drammatica, grazie anche al sordo vibrare delle trombe di origine mongolica, e in Temple of the Dead”. La bella compenetrazione fra strumenti etnici ed orchestra raggiunge uno dei suoi vertici nella splendida “Calypso”, ornata da un canto femminile fatto di dolci vocalizzi dal fascino esotico.
Un altro tema musicale ricorrente è quello legato a Itaca che si ascolta per la prima volta nell’introduzione, accompagnato dal ritmo vivace dei tamburi asiatici al quale si uniscono la vibrazione delle corde dell’arpa e il suono misterioso del flauto che sembrano trascinarci verso tempi antichi. La melodia portante di Itaca emerge come un sogno attraverso le nebbie che si diradano e riaffiora nei momenti di maggiore tensione e di crisi dell’eroe per poi accompagnare l’incontro con l’amata Penelope alla fine del racconto, facendosi infine più caldo ed avvolgente grazie ai cori dei violini.
La musica della serie televisiva compare nel CD “The Odyssey“ pubblicato nel 1998 dalla Electroshok Records che è stato accolto con molto entusiasmo. La colonna sonora, in definitiva molto classica, racchiude esperimenti di avanguardia e musica elettroacustica che vengono interamente messi al servizio per la creazione di immagini mentali. L’opera vive di vita propria al di là della pellicola cinematografica ed è in grado di far emergere le scene dell’antico poema epico senza il bisogno di nessun supporto visivo vero e proprio.

Fra gli altri progetti più recenti realizzati assieme a Konchalovsky ricordiamo inoltre la colonna sonora del film “La casa dei matti“ (Dom Durakov) del 2002, vincitore del Leone d’Argento al festival del cinema di Venezia, e “Lo schiaccianoci in 3D“ (film ungherese-britannico, uscito in Italia nel 2011), un fantasy che utilizza le musiche del celebre balletto ed altre composizioni di Tchaicovsky riarrangiate da Artemiev con la collaborazione di Tim Rice.

L’Opera Rock Delitto e Castigo


Artemiev ha realizzato assieme a Konchalovsky uno dei suoi progetti musicali più ambiziosi che però non riguarda il mondo del cinema e cioè l’opera rock per il teatro “Crime and Punishment“, ispirata al celebre romanzo di Dostoevsky “Delitto e Castigo”, che ha assorbito ben trenta anni di impegno per essere portata a termine. Il risultato può essere ascoltato in un lussuoso doppio CD con confezione cartonata, corredata da un doppio booklet (purtroppo solo in lingua russa), stampato nel 2007. Per trovare l’origine del progetto dobbiamo tornare diversi anni indietro nel tempo: nel 1978 il regista Andrei Konchalvski propose infatti ad Artemiev di scrivere un’opera che avrebbe desiderato portare sul palcoscenico. Aveva già un libretto pronto basato sul romanzo di Dostoevsky “Delitto e Castigo” con versi di Yuri Ryashentsev. Il libretto piacque così tanto ad Artemiev che scrisse immediatamente e tutto d’un fiato uno dei motivi portanti dell’opera ma dopo questo fuoco iniziale il lavoro si raffreddò e sedimentò per una ventina di anni.
Nel 2001 la scintilla si riaccese e Artemiev, rimessosi al lavoro, riuscì a completare l’opera in soli due anni, il primo per le parti vocali ed il secondo per perfezionare quelle strumentali. La forma che Artemiev pensò era quella dell’opera destinata però non ad una elite ma ad un pubblico più ampio. L’opera si basa sulla fusione di diversi linguaggi e comprende temi della tradizione folk, elementi rock ed anche una forma di cantato, detta Sprechtimme ideata da Schoenberg, una sorta di discorso volontariamente intonato e in armonia con gli elementi orchestrali. A mettere insieme l’opera intervengono l’orchestra sinfonica, un ensemble folk, un gruppo rock, i cantanti solisti, il coro, i sintetizzatori, assieme ad un apparato tecnologico di riproduzione e processazione avanzato. Ne risulta una intersezione fra musica d’orchestra, rock, avanguardia, folklore e opera. Gli elementi elettronici in particolare servono a mettere in maggior rilievo i contrasti e i vari aspetti del carattere dei personaggi. I ritmi complessi del folklore russo, secondo la tecnica di Stravinsky della metrica variabile, con proporzioni numeriche complesse, donano un effetto movimentato alla musica che trasmette una forte emotività. Le scene oltretutto variano in maniera molto rapida e l’utilizzo della tecnica del flashback offre una ulteriore mobilità anche sul piano temporale fra passato e presente.
Strutturalmente l’opera è organizzata in due atti con un totale di tredici episodi, otto il primo e cinque il secondo, suddivisi a loro volta in un totale di 25 più 27 tracce. Il primo atto si incentra sulla preparazione del delitto e sul suo compimento mentre il secondo si focalizza maggiormente nell’ambito della sfera psicologica del rimorso e della graduale metamorfosi spirituale subita dal protagonista Raskolnikov. In maniera monumentale i due atti terminano simmetricamente, con il coro maestoso che glorifica l’eroe. Una voce si stacca dal suo contesto alla fine del primo atto, chiamando Raskolnikov “assassino”. Mentre al termine dell’opera è il personaggio stesso a mettersi in ginocchio implorando perdono, consapevole ormai della sua condizione spirituale. A fare da raccordo agli eventi viene individuata la figura dell’organista di strada che svolge il ruolo di narratore imparziale delle vicende e ci porta direttamente nel vivo della città brulicante di Pietroburgo, in un ambito ricco di personaggi. Proprio il suono dell’organetto compare nell’introduzione che è ambientata nella brulicante piazza Sennaya con la gente del popolo che offre un insieme pittoresco ed eterogeneo che traspare chiaramente e ingegnosamente anche attraverso la musica. Il tema musicale dell’organista di strada ricorre nell’arco dell’opera a fare da collante e in generale l’intera opera appare ben articolata, fluida, mobile, avvincente. Questo doppio CD rappresenta uno dei momenti più belli della carriera di Artemiev, anche se la mancanza dell’azione scenica e le liriche in russo lo rendono forse poco metabolizzabile per chi non conosce la lingua. Le affinità con il Progressive Rock sono più che superficiali e la complessità dell’opera la rende certamente interessante e meritevole di essere approfondita.


La carriera di Artemiev è al momento in cui scriviamo sempre in evoluzione e la pensione appare sicuramente ancora lontana. Chissà quindi cosa mai sarà in grado di inventarsi questo grande maestro in un prossimo futuro…

Discografia


LP: ANS Synthesizer (АНС СИНТЕЗАТОР - Электронная музыка ) – Melodiya D25631-2 – 1970 (URSS)
Contiene la colonna sonora del film “Kosmos” ed altre composizioni realizzate col sintetizzatore ANS da diversi artisti: Kallosh, Nemtin, Kreichi. Vi è anche una versione del Preludio Corale di Bach eseguita da Nemtin sempre con il sintetizzatore ANS.

LP: Siberiade - Le Chant du Monde LDX 74719 – 1979 (FRA).
Colonna sonora originale del film diretto da Konchalovsky.

LP: Metamorphoses: Electronic interpretations of classical and contemporary works (Метаморфозы - Электронная интерпретация классической музыки) – Melodiya C10-13889-90 – 1980 (URSS)
Interpretazione di pezzi di musica classica e contemporanea eseguiti col Synthi-100 assieme a Vladimir Martynov e Yuri Bogdanov.

LP: Moods (Картины-Настроения) – Melodiya C10-21077-002 – 1984 (URSS)
Colonne sonore dei film “Siberiade”, “Where The Whales Are Gone”, “Moon Rainbow”, “Night Of Birth”, “Inspector Gull”, “Hot Summer In Kabul”, “Hunting The Foxes”, “Mystery Of The Peru Indian”, eseguite col Synthi-100 con la partecipazione del gruppo Boomerang, di Yuri Bogdanov e della USSR Cinematography Simphony Orchestra condotta da Yuri Serebryakov.

LP: Ode to the Bearer of Good News (Ода Доброму Вестнику) – Melodiya C60-21277-005 – 1984 (URSS)
Cantata realizzata in occasione delle Olimpiadi di Mosca del 1980 con il gruppo Boomerang.

LP: The Warmth of the Earth (Тепло Земли) – Melodiya С60-23029-000 – 1985 (URSS).
Ristampato dalla Musea su CD nel 1999 (FGBG 4309 AR) con due tracce aggiuntive (vedi testo nello speciale).

CD: Solaris, The Mirror, Stalker – Torso Kino CD 5001 – 1990.
Il CD, contenente brani dalle colonne sonore dei film di Tarkovsky, è stato ristampato diverse volte. La ristampa maggiormente reperibile è quella della Electroshock Records realizzata nel 2002 (ELCD 012). La musica di “Solaris” non è quella originale realizzata con ANS.

LP: The Musical Offering (Музыкальное Приношение) – Melodiya С60 30721 000 – 1990 (URSS)
Composizioni realizzate da autori vari con il sintetizzatore ANS. Contiene i brani di Artemiev “Mosaic” e “Twelve glimpses at the sound of music: one timber variation” (vedi testo).

CD: Urga - Philips 510 608-2 - 1991 (FRA)
Colonna sonora originale del film di Mikhalkov.

CD: Looking East - Electronic East - Synthesizer Music From Estonia And Russia - Erdenklang – 29612 - 1992 (GER)
Compilation di musica elettronica con composizioni di autori russi ed estoni fra cui Sven Grünberg, Erkki Sven Tüur e Mikhail Chekalin. Artemiev partecipa con i brani “The Road To Nowhere” e “The Well of Eternity” tratte dal film “The End of Eternity”. I due brani compaiono anche nella compilation “Mood Pictures”

CD: The Inner Circle - Milan Records – 73138 35613-2 – 1992 (USA).
Colonna sonora originale del film di Konchalovsky.

CD: Soleil trompeur - Auvidis Travelling – K 1011 – 1994 (FRA).
colonna sonora originale del film “Burnt by the Sun” di Mikhalkov.

2CD: Territory of Love (Территория Любви) - Ладъ – LDR-417038/9, Три Тэ – LDR-417038/9 – 1995 (RUS)
Musiche tratte dai film di N. Mikhalkov.

CD: Odyssey - Electroshock Records & Hallmark Entertainement – 1997 (RUS/USA).
Colonna sonora della serie televisiva di Konchalovsky.

CD: The Barber of Siberia Sony Classical – SK 61802 – 1999 (USA)
Colonna sonora originale del film di N. Mikhalkov.

CD: ANS Electroshock Music Vol. IV Archive Tapes Synthesizer ANS 1964-1971 Electroshock Records ELCD 011 – 1999 (RUS).
Compilation contenente i brani di Artemiev “Mosaic”, “12 Looks At The World Of Sound” e la colonna sonora del film “Cosmos”.

CD: A Book of Impressions Electroshock Records ELCD 018 - 2000 (RUS)
Contiene brani composti da Artemiev che vanno dal 1975 al 1996: “Out There, where”, “I’d Like to Return”, “Ritual”, Three Regards on Revolution”, “Touch to the Mystery”, “In the Nets of Time”, “Noosphere”, “Mirage”, “Intangibile”, “Peregrini”.

CD: Three Odes ElectroShock Records ELCD 030 – 2002 (RUS).
contiene le odi: “Ode to the Herald of Good” (realizzata in occasione delle Olimpiadi di Mosca), “Phantom of Mongolia” e “There & Here”.

CD: A driver for Vera and Mother ("Водитель Для Веры" и "Мама") Megaliner Records - rs-05/04 – 2004 (RUS)
Colonna sonora originale dei film.

CD: So weit die fusse tragen (As far as My Feet Will Carry Me) – Electroshock Records - ELCD 045 – 2005 (RUS)
Colonna sonora originale del film di Hardy Martins.

CD: Shadows of a Theater - Electroshock Records ELCD 046 – 2005 (RUS)
Contiene le colonne sonore dei film “Burial of the Rats” di Dan Golden (1994), “These Three Faithful Cards” di A. Orlov” (1988) e “A Visit to Minotaurus” di E. Urazbayev più le musiche per le opera teatrali “Kabala of Hypocrites” (Moliere) diretta da A. Shapiro e basata sulla novella di Bulkakov (2000) e “Entrance to the Labyrinth” diretta da V. Kremnev (1989).

2 CD: “Territory of Love” - Electroshock Records - ELCD 047/048 – 2005 (RUS).
Musica tratta dalle colonne sonore dei film di N. Mikhalkov: “Hitch-Kike”, “An Unfinished Piece for a Mechanical Piano”, “A Slave of Love”, A Few Days from the Life of I.I. Oblomov”, “Urga”, “Kinfolk”, “At Home Among Strangers, Stranger at Home”, “Burnt by the Sun”, “The Barber of Siberia”. La selezione dei pezzi non corrisponde perfettamente a quella della precedente edizione russa.

CD: Doctor Zhivago - Megaliner Records 2006 (RUS).
colonna sonora originale del film di A. Proshkin.

2 CD: Crime and Punishment (Преступление и наказание) – Aleksandr Vaynshteyn (numero di catalogo non indicato) - 2007 (RUS
Musica tratta dall’opera rock teatrale ispirata al romanzo di Dostoevsky

CD: Mood Pictures - Electroshock Records 2010 ELCD 061 (RUS).
Brani tratti dalle colonne sonore originali dei film “Siberiade”, “A Butcher”, “Fox Hunting”, “A Driver for Vera”, “Moon Rainbow”, “The End of Eternity”, “Night of a Birth”, “Facet”, “By the Eyes of the Wolf” e “Legends of Peruvian Indians”, più un estratto dalla composizione “Requiem” e un brano tratto dalla sinfonia “Peregrini” con T. Kuindji alla voce.

CD: Invitation To Reminiscences Electroshock Records – ELCD 057 – 2010 (RUS)
Contiene il ciclo di poesie cantate in lingua Lituana “White Dove”, “Summer” e “Astral Downpour”, brani tratti dalle colonne sonore originali dei film "Temples of the World", "Limita", "Sin", “Crazy Gold” e “12” e dalle serie televisive "Telegraph Agency of the Soviet Union is Authorized to Declare", "Doctor Zhivago" e "State Frontier" più i pezzi strumentali “Holiday” e “Under The Stars Of The Southern Sky”

2 CD: Connecting Spaces (Соединяя Пространства) – Electroshock Records – ELCD (album ad edizione limitata non in vendita) – 2011 (RUS)
tracce registrate dal vivo nel corso del Siberian Tour ed eseguite dalla Barnaul Symphonic Orchestra (nella città di Barnaul), dalla Novosibirsk Symphonic Orchestra (nella città di Novosibirsk), dalla Kemerovo Symphonic Orchestra (nella città di Kemerovo), dalla Tomsk Symphonic Orchestra (nella città di Tomsk) e dalla Omsk Symphonic Orchestra (nella città di Omsk). Sono stati eseguiti brani tratti da alcuni film di Mikhalkov e Tarkovskij e da alcune serie televisive e opere teatrali, fornendo un ampio excursus attraverso le opere di Artemiev.


Si ringrazia sentitamente Artemiy Artemiev che ha messo gentilmente a disposizione tutto il materiale biografico e fonografico.

Per la stesura dell’articolo è stato preso come riferimento principale il libro “Edward Artemiev’s Musical Universe” di Tatiana Yegorova (Bagrius 2007).

Many thanks to Artemiy Artemiev for the kind collaboration.


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