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CRUCIS Massimo Costa
 

Nel corso degli ultimi anni la supremazia musicale del Brasile sugli altri paesi sudamericani si è rivelata a dir poco schiacciante: nomi come SAGRADO, QUATERNA REQUIEM, LOCHNESS, III MILENIO e SEPULTURA (questi ultimi paladini dell'heavy metal) si sono affermati anche al di là dei confini nazionali, rafforzando una leadership che già negli anni '70 cominciava a delinearsi per merito di storiche formazioni quali O TERÇO e TERRENO BALDIO. Tale egemonia era però contrastata a quel tempo dalla fecondità di una scena - quella argentina per l'appunto - assai sensibile agli ammaestramenti provenienti da oltreoceano; quali validi rappresentanti del variegato panorama musicale locale è d'obbligo citare gli hard-rockers PLUS (stupendo il loro LP del 1978, "Melancolica muchacha"), PESCADO RABIOSO, FRENTE DEL PUERTO ed AQUELARRE (pionieristici i loro due album datati 1972), gli "italiani" BANANA ed ESPIRITU, bands sinfoniche di buona levatura influenzate da PFM ed affini, nonché i ricercatissimi ALAS, discepoli dei britannici GENTLE GIANT. Ma la band argentina di maggior fortuna (postuma) e talento è senza ombra di dubbio CRUCIS, un quartetto autore nel breve volgere di un paio di anni di alcune incisioni di notevolissimo spessore artistico e tecnico, destinate a restare per sempre (complici le riedizioni giapponesi su CD) negli annali nel nostro beneamato genere.
I CRUCIS si formano nel lontano 1973 in ambito universitario, per iniziativa del tastierista Allibai Kerpel e dal virtuoso percussionista Gonzalo Farugia, entrambi studenti presso la Facoltà di Lettere dell'Università di Buenos Aires, ma soprattutto accaniti estimatori del cosiddetto "British rock" (DEEP PURPLE, YES ed ELP le loro preferenze dichiarate). Essi, allo scopo di completare i ranghi della nascente formazione, ingaggiarono due musicisti ben noti nel fiorente circuito hard-rock della capitale, vale a dire il bassista Gustavo Montesano, ex membro degli ATAQUE FRONTAL, e lo stratosferico chitarrista Pino Marrone, già distintosi con gli ACERO Y CRISTAL e gli ombrosi ANIMA NEGRA, soprannominati dalla critica locale i "BLACK SABBATH argentini".
Musicista di classe superiore, ingiustamente sacrificato all'interno di un gruppo fin troppo ligio a sonorità dark primordiali, Marrone accettò con entusiasmo l'offerta proveniente dai CRUCIS. L'emanazione locale della RCA non tarda molto a notare un simile coacervo di talenti, scritturandoli per l'incisione dell'omonimo album d'esordio (1975), splendida gemma dalle sonorità ora hard ora sinfoniche ora perfino jazz-rock. L'avvio, bruciante, è affidato all'opener "Todo tiempo posible": le tastiere ritmiche di Anibal Kerpel si intrecciano con la perfida chitarra di Pino Marrone, il tutto preludio ad un'accelerazione possente impressa da una sezione ritmica
super-compatta. Gli altri punti di forza di un LP senza cedimenti di sorta risiedono sicuramente in "Deteminatos espejos", un tour de force jazz-rockistico di rara intensità, "Ironico ser", brano di chiara ispirazione profondo porpora (cfr. le tastiere alla Jon Lord) con in più una fuga chitarristica classicheggiante che avrebbe suscitato l'entusiastica ammirazione dello stesso Blackmore, e "Recluso artista", brillante esercitazione di progressive sinfonico a dimostrazione dell'estrema, raffinata poliedricità dei suoi autori. L'album in questione giunse ad occupare la nona posizione nelle classifiche di vendita argentine, letteralmente sospinto da una critica a dir poco entusiastica, la quale non faticava ad individuare nel quartetto di Baires il fenomeno da esportazione che ancora mancava alla pur florida scena locale.
Passano solo pochi mesi ed i CRUCIS sfornano il loro secondo capolavoro, l'eccelso "Los delirios del Mariscal", edito dalla stessa RCA nell'inverno del 1976 e corredato dalla famosa, magnifica copertina del pittore argentino Juan Oreste Gatti, già responsabile della bella cover del primo album. Questo disco segna a mio personalissimo avviso un'ulteriore maturazione tecnica ed artistica del gruppo che - messa un po' da parte la viscerale irruenza degli esordi - decide di cimentarsi con la costruzione di brani maggiormente dilatati. Le due suites "Abismo terrenal" (12'30) e "Los delirios del Mariscal" (10'10) risultano essere i picchi creativi dell'album, presentando un Pino Marrone al meglio della sua forma, autore - da autentico cesellatore della sei corde - di assolo memorabili. La title-track è emblematica per quanto riguarda il nuovo corso dei CRUCIS: l'atmosfera crepuscolare dei primi minuti sotto l'incalzare dell'affiatatissima sezione ritmica si trasforma in un terreno ideale per l'esibizione del solito, straripante Pino Marrone, qui sulle tracce di un altro virtuoso chitarrista a lui contemporaneo, Mario Millo, leader degli australiani SEBASTIAN HARDIE. Anche al secondo Lp riuscì la scalata alle classifiche nazionali, arrivando ad insediarsi in settima posizione e riscuotendo per altro un buonissimo successo di critica e di vendite pure negli altri paesi latino-americani, Messico compreso.
Al periodo immediatamente successivo la pubblicazione del secondo vinile è poi possibile far risalire la comparsa di un live-album semi-ufficiale, edito con il tacito consenso della band dalla fantomatica etichetta Deguello Records in una tiratura di pochissime centinaia di esemplari. Esso contiene la registrazione di uno spettacolare concerto tenutosi a Mar Del Piata nel gennaio del 1977, la cui scaletta presentava devastanti versioni di "Determinatos espejos" e "Los delirios del Mariscal", nonché l'inedita mini-suite "La estrela polar", sorta di incrocio fra i magici URIAH HEEP del periodo "Demons & Wizard" ed i KING CRIMSON di "Starless".
Da qui in poi le notizie diventano sempre più frammentarie, lo stesso scioglimento (avvenuto pare per contrasti insanabili all'interno della band) potendosi datare in linea di massima intorno al 1979, dopo la conclusione di un impegnativo e stressante tour attraverso l'America Latina (Cile, Ecuador, Venezuela e Perù). Restano due vinili d'eccezione, che mi sentirei di consigliare spassionatamente a tutti i cultori del buon rock in generale, alieni da ogni tipo di discriminazione etnico-linguistica del tipo "il cantato in spagnolo mi disturba non poco" (sic).
Un ringraziamento in particolare all'amico Francisco Moreno Ruiz, brillante collezionista ed appassionato argentino, senza l'aiuto del quale questa retrospettiva non sarebbe stata possibile.

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