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6 DISCHI PER IL 2013 A cura della redazione di Arlequins
 

E’ arrivata la primavera e, come da un po’ di anni ormai, per la nostra redazione è tempo di guardarsi indietro verso l’anno musicale appena trascorso. Sei nomi, non uno di più né uno in meno, che hanno lasciato il segno nelle nostre orecchie sempre più assetate di Prog. Come al solito non stiamo qui a stilare classifiche ma a cercare di mettere da parte quello che musicalmente del 2013 vorremmo portare ancora per molto con noi, sperando anche di fornire a chi legge qualche stuzzicante suggerimento. Le liste, come sempre, sono pubblicate nello stesso ordine in cui sono state consegnate in redazione. L’ordine dei dischi è, ancora una volta, rigorosamente sparso. Fatene buon uso.



VALENTINO BUTTI

INGRANAGGI DELLA VALLE – “In hoc signo”: Una delle sorprese dell'anno appena trascorso. Album d'esordio. Subito un concept. Ottimo cantante, ottimi strumentisti. Accenni jazz-rock e fusion oltre al prog più tradizionale anni 70. Effervescenza a tratti da jam band. Esordio meraviglioso.

BIG BIG TRAIN - “English electric part 2”:Troppo facile sarebbe stato inserire “Full power “ (cioè English part 1 + part 2 + alcune bonus) uscito sempre nel 2013, limitiamoci quindi alla seconda parte uscita a se stante. Si c'è forse qualche concessione più che in altre occasioni all'easy listening (di altissima fattura), ma “East coast racer” vale da sola l'album. Attualmente i BBG sono , a mio avviso, la miglior prog band in circolazione. Non deludetemi con “Station master” :-)

LIFESIGNS – “Lifesigns”: New prog? Si forse... ma di livello molto superiore alla media fatto da “veterani” della musica con esperienze anche diversissime fra loro. E visto il background di qualcuno di loro ero persino dubbioso sul risultato finale. Ho rischiato l'acquisto e mi è andata di lusso. Forse l'album che ho più ascoltato nel corso dell'anno. E le soluzioni scelte dai musicisti non sono così semplici come sembra...

IL FAUNO DI MARMO - “Canti, racconti e battaglie”: Un bell'album orgogliosamente anni 70 di sano hard rock e non solo per un altro gruppo all'esordio con questo monicker almeno. Uriah heep, Jethro Tull, Biglietto per l'inferno, Quella vecchia locanda....se amate questi gruppi è il disco che fa per voi.

UNREAL CITY - “La crudeltà di Aprile”: Su questo album ho letto di tutto. Dal peggio al meglio. Probabilmente la realtà sta nel mezzo. Per me altra grande sorpresa con suoni vintage, dal sapore dark, testi interessanti ed ottime parti strumentali. E, non dimentichiamolo, 4 ragazzi alcuni neanche ventenni...

VIENNA CIRCLE - “Silhouette moon”: Due fratelli inglesi polistrumentisti (Paul e Jack Davis) dai gusti molto raffinati che trasmettono in musica. Dalle eteree atmosfere floydiane e “porcospine” senza dimenticare i Sigur ròs in alcuni momenti. Album molto raffinato e senza cadute di tono.

ALBERTO NUCCI

THE WHITE KITES - "Missing": Un album che mi ha piacevolmente sorpreso già al primo ascolto. Un susseguirsi di ambientazioni psichedeliche e Prog sinfoniche ben miscelate e servite con ottimo gusto. Considerato anche il fatto che, per vari motivi, quest'anno non ho potuto dedicarmi al solito numero di ascolti degli anni passati, per me questo disco si piazza al primo posto del 2013.

JACK O' THE CLOCK - "All My Friends": Anche quest'album mi è piaciuto da subito, con il suo folk/RIO del tutto personale. Come gradimento personale, solo di un niente al di sotto del top.

MAGENTA - "The Twenty Seven Club": Nuovo album e ottima prova per l'ormai storica band albionica. Godibile (quasi) dal primo all'ultimo minuto.

JINETES NEGROS - "Tawa Sarira": Sinceramente non mi avevano particolarmente colpito le prove precedenti. Il gruppo, a parer mio, è migliorato non poco.

UNITRI - "Minas, Cantos e Quintais": Una gustosissima combinazione di Prog sinfonico e jazz rock alla brasiliana.

LA MASCHERA DI CERA - "Le Porte del Domani": Menzione quasi d'obbligo, ma decisamente meritata. Un album ambizioso che non delude le aspettative.

FRANCESCO INGLIMA

PHLOX - “Vali”: Dal vivo si trovano nella loro dimensione naturale e Vali ne è la riprova assoluta. Suonano Jazz Rock con intensità ed energia come nessun altra band oggigiorno!

JACK 'O THE CLOCK - “All My Friends”: E' un disco unico,di difficile catalogazione, intelligente, complesso, ma non cervellotico. Riesce a fondere due mondi lontani come il folk americano e il RIO come se fosse la cosa più naturale di questo mondo.

MOTORPSYCHO – “Still Life with Eggplant”: Arrivati al 15mo album il livello rimane elevatissimo e già questo è un risultato pressoché unico. "Still Life with Eggplant" è un ritorno alle origini verso sonorità più sporche e psichedeliche, sicuramente meno avventuroso del precedente, ma certamente più verace. Aggiungiamo che "Ratcathcer" è forse la canzone dell'anno.

FIRE! ORCHESTRA – “Exit!”: Un orchestra di musicisti smisurata in un disco esagerato e bombastico. Un mix incendiario di Free Jazz, Zeuhl, Rio, Avant Jazz e musica contemporanea.

THE WRONG OBJECT – “After the Exhibition”: I Wrong Object spingono il piede sull'acceleratore e non scendono a compromessi regalandoci un disco travolgente e granitico.

CAMELIAS GARDEN – “You Have a Chance”: Il 2013 è stato un anno molto interessante per il prog sinfonico italiano, voglio quindi segnalare quello che è stato l'album che ho ascoltato con più piacere. Il prog sinfonico dei Camelias Garden, fortemente contaminato col folk, ha un songwriting fresco e originale. Tutto ciò fa di "You Have a Chance" un disco delizioso, che non stanca mai.

ROBERTO VANALI

MIRIODOR - “Cobra Fakir”: numero uno dell’anno, fatte tutte le liste possibili, cancellate e riscritte, comunque ne è uscito vincitore. Una band che ogni volta conferma di essere in uno stato di grazia compositiva senza pari e senza stanchezza: Canterbury, RIO e jazz, assieme, ma non solo per un ascolto sempre fresco e gratificante.

INGRANAGGI DELLA VALLE - “In hoc signo”: il mio italiano dell’anno. Disco molto vario, accattivante, trascinante, suoni molto belli e ricercati. Il fatto, poi, che si tratti di poco più che ragazzi tecnici e molto preparati e che dispongano pure di un gran cantante, fa non poco la differenza.

THE WRONG OBJECT - “After the exhibition”: splendida conferma per il combo belga che con straordinaria coerenza centra l’obiettivo di convincere con musica complessa e mai scontata, se vogliamo, ancor più arricchita di atmosfere rispetto al già fantastico precedente.

SETNA - “Guerison” altra conferma di grande smalto. Un disco che non cede minimamente al facile e all’accessibile con quella splendida miscela di Zeuhl, jazz canterburyano e progressive psichedelico.

THE DUSTMAN DILEMMA - “First trip to the roaring plains”: sorpresa dell’anno fatta di fresche tematiche che vanno a ripescare nella memoria del miglior jazz rock francese, londinese e di Canterbury.

HENRY FOOL - “Men singing”: Il loro mix di temi progressivi del passato quali jazz rock e space rock psichedelico, con momenti quasi folk e altri pregni della follia dei Gong, uniti a quelli più recenti di fattezze post rock e psichedelico per me è stato davvero convincente.

ANTONIO PIACENTINI

CAMELIAS GARDEN – “You have a chance”: Un disco bello, fatto (e prodotto) da persone belle. Suoni con un sapore antico che parlano alle nuove generazioni… e non è una cosa scontata.

UTOPIANISTI – “Utopianisti II”: Markus Pajakkala è un matto vero, e questo lavoro incredibile è la conferma. Un disco che gli amanti dei suoni zappiani (e non solo) non dovrebbero farsi sfuggire.

CARTOON – “Unbeatable”: Lo sport preferito dell'appassionato tipo è trovare un modo per riportare questo tipo di musica in auge. I Cartoon forse hanno trovato il modo... ossia NON fare un disco prog. Il problema è che in quel paio di pezzi in cui si ricordano da dove sono partiti, spazzano via (per cantato, tecnica e songwriting) la maggior parte dei gruppi che attualmente vanno per la maggiore (Moon Safari su tutti ma non solo).

LA MASCHERA DI CERA – “Le porte del domani”: Lo sport preferito dell'appassionato tipo è trovare un modo per riportare questo tipo di musica in auge. La Maschera di Cera forse ha trovato il modo... reinventare finali musicali ai classici del rock progressive ... l'appassionato comunque è contento o al limite incuriosito... e se ascolta pure quello che c'è dentro il cd (e non è scontato) trova cose belle fatte da un gruppo di professionisti musicali veri, che non deve inventarsi niente perché ognuno, nel suo campo, è tra i migliori in quello che fa.

HAKEN – “The mountain”: So che quando si parla di prog metal all'appassionato tipo vengono le bolle in faccia e che se poi si parla di Inside Out lo sfogo cutaneo può raggiungere livelli da ricovero. Ma il termine prog metal a questo gruppo sta stretto (ascoltare per credere) e se Inside Out una volta ogni tanto significa qualità sonora... ben venga.

NOT A GOOD SIGN – “same”: Il classico disco da far sentire a chi ti dice…"vabbè ma oggi in Italia chi suona al livello di quelli degli anni 70?"

NICOLA SULAS

HOMUNCULUS RES - "Limiti all'eguaglianza della parte con il tutto": Un gran bel disco, canterburiano nel corpo e nello spirito. Divertente, vario e spensierato.

RANESTRANE - "A space odissey - Part one: Monolith": Una conferma. Classe e qualità da vendere, unite ad una formula musicale vincente.

UNREAL CITY - "La crudeltà di aprile": Nel bene e nel male sono stati i protagonisti del 2013 progressivo in Italia. Il loro album d'esordio mostra tutta l'esuberanza, l'ingenuità e il notevole potenziale che un gruppo di giovanissimi può avere.

THE WHITE KITES - "Missing": Sicuramente una sorpresa. Un mix di follia psichedelica e progressiva davvero gustoso.

THE WRONG OBJECT - "After the exhibition": Lo spirito di Frank Zappa aleggia indistruttibile nella musica ma quest'album ovviamente va oltre esso, proponendo una miscela di jazz-rock progressivo collaudata e fantasiosa.

YUKA AND CRONOSHIP - "Dino rocket oxygen": Prog melodico in apparenza scontato, che ad un ascolto attento rivela invece una notevole cura e una capacità di scrittura da manuale.

MICHELE MERENDA

ARABS IN ASPIC – “Picures in a dream”: Ok, la musica proposta dai norvegesi non è mai stata innovative. Un hard-prog (spesso più hard rock che prog in senso stretto del termine) dichiaratamente settantiano, che però, nonostante l’assenza di eclatanti virtuosismi solistici, trascina maledettamente. Insomma, questi scandinavi hanno qualcosa da dire. Certo, nel loro quarto lavoro continuano a ripetere idee già espresse da altri. Ma dimostrano di aver saputo assimilare bene certi concetti e di non ripetere mai la lezione a pappagallo. Fatto scontato? Andateglielo a dire ai cloni dei cloni che impazzano per la maggiore! Oggi come oggi, non è semplice far piovere fiori colorati da plumbee nubi sabbathiane...

KBB – “Age of pain”: Quinto album (loro ci tengono anche a contare il live ufficiale) per il quartetto nipponico. Violino-tastiere-basso-batteria che continuano sulle ottime coordinate tracciate soprattutto a partire dal secondo lavoro in studio. La tradizione del proprio paese si fonde con molta naturalezza tra spunti di musica classica e di jazz, andando poi a sfociare in energiche svisate rock. Bravissimi e veramente piacevoli da ascoltare. Si potrebbe dire che di sovente fanno bene alla salute. Quindi, meritevoli di essere menzionati.

MARBIN – “Last chapter of dreaming”: La MoonJune ha fatto un colpo da maestro a metterli sotto contratto dopo un esordio molto tranquillo. Giunti al terzo album, i due israeliani Danny Markovitch (sassofono) e Dani Rabin (chitarrista, diventato bravissimo!) suonano con altri musicisti statunitensi ed oggi danno vita a grandi pezzi che orbitano nella tradizione klezmer trasposta in chiave jazz-rock. Si superano quindi le frontiere e si dà un senso al concetto di “Progressive”, grazie a delle composizioni divertenti, scorrevoli e piacevoli da sentire. Non è di certo una bestemmia.

TAYLOR’S UNIVERSE – “Evidence”: Nel 2013 la compagine del danese Robin Taylor era uscita sul mercato con “Worn out”, già degno di comparire in questo resoconto finale. Lo stesso anno esce però “Evidence”, possibilmente migliore del precedente. Prolificità creativa è un eufemismo per chi sembra aver stretto un patto con qualche forza ultraterrena, a suon di jazz-rock scanzonato ma allo stesso tempo incredibilmente professionale. Tra l’altro, gli assoli di chitarra e di tastiera stavolta hanno qualcosa in più del solito. Senza mai dimenticare il sassofono…

THE WRONG OBJECT – “After the exhibition”: I belgi tornano con il loro jazz-rock duro, difficile, che in questi casi (per togliersi da qualsiasi impaccio) si tende a definire zappiano. Una grande intensità emotiva, che porta gli amanti del genere ad ascoltare le composizioni tutte di un fiato. Nonostante la grande difficoltà delle partiture, le si segue senza perdersi un passaggio.

UTOPIANISTI – “Utopianisti II”: Markus Pajakkala, polistrumentista finlandese genialoide, irriverente e sarcastico, crea un progetto che musicalmente esprime al meglio tutte le sue prerogative caratteriali. Molti fiati dal suono “circense”, motivo ulteriore per pensare a certi pezzi di Frank Zappa. Probabilmente l’esordio aveva meno cadute di tono, ma questo ritorno sulle scene, nonostante vi siano stati nel 2013 album anche migliori, merita comunque di essere menzionato e conosciuto per le sue trovate spesso fuori dal comune.

PEPPE DI SPIRITO

UNREAL CITY - La crudeltà di Aprile: Un perfetto disco di rock sinfonico, tastieristico (ma con chitarra pronta a rifinire alla grande), vintage al punto giusto, con venature dark, erede del rock progressivo italiano annni '70 (senza disdegnare qualche tocco emersoniano). La giovanissima età dei musicisti è un altro punto di forza, insieme al talento compositivo ed esecutivo del nuovo keyboards-wizard Tarasconi.

WRONG OBJECT - After the exhibition: Jazz-rock infuocato, fede zappiana, un pizzico di sperimentazione. Michelle Delville rivoluziona il gruppo, che si conferma comunque splendida realtà con un album di grandissima qualità.

PENSIERO NOMADE - Imperfetta solitudine: Ulteriore passo in avanti per il progetto di Salvo Lazzara. Disco raffinatissimo, moderno, vicino a certo jazz d'atmosfera, ma ricco di contaminazioni e di trovate di classe.

SOPHYA BACCINI'S ARADIA - Big Red Dragon: Alla seconda prova solista, Sophya si circonda di grandi musicisti e sforna un altro album in cui mostra le sue qualità. Fa avvicinare nuovamente progressive e musica classica e lirica, spaziando tra rock sinfonico, spunti hard rock, arie da romanza e melodia mediterranea.

SETNA - Guerison: Acquistato il cantante dei Neom, portano avanti il discorso intrapreso col debutto, attraverso uno zeuhl elegantissimo, capace di avvicinarsi anche a suoni canterburiani, ad una fusion mai estrema e persino ai Floyd d'annata. Esemplari nel creare una visione personalissima della musica inventata dai Magma!

MASCHERA DI CERA - Le porte del domani: Dando un finale alternativo al mitico "Felona e Sorona" corrono non pochi rischi, superati egregiamente con una prova che mostra il giusto rispetto nei confronti dell'opera più famosa delle Orme, con rimandi ispirati, riuscendo a mantenersi distanti dalla clonazione e, cosa non da poco, proponendo un sound ormai riconoscibilissimo.

JESSICA ATTENE

JACK O’ THE CLOCK - "All my friends": folk, avanguardia e un cantato affabile. Un album che mescola ingredienti apparentemente inconciliabili, gradevole, intenso, stuzzicante e divertente. Una ventata di aria fresca.

JACK DUPON - "Jésus l’aventurier": ennesima prova di follia per questo gruppo francese che offre incastri ritmici impossibili e parti vocali teatrali e sopra le righe. Un disco avventuroso di sicuro intrattenimento.

PHLOX - "Vali": grossa conferma per la band estone. Jazz rock intrigante reso ancora più vivace dal formato live.

RAIMUNDO RODULFO - "Open mind": un album che fa splendere il sole sulle giornate grigie. Sinfonicità senza fine e colori strumentali lucenti e variegati con tonalità folk.

TIRILL - "Um himinjǫður": ecco invece un album dolcemente malinconico, crepuscolare e intimistico. Una bella conferma anche per Tirill.

GRAND GENERAL - "Grand general": jazz rock umorale suonato da validi musicisti condito da un goccio di psichedelia e un po' di gelo nordico. Un album che genera grossa empatia.

GIOVANNI CARTA

DJAM KARET - “The Trip”: In effetti basterebbe solo il titolo per descrivere questo disco! Una jam session psych-progressiva sognante ed astrale suonata con la tipica e camaleontica attitudine dei Djam Karet, per questa occasione lanciati in orbita da sonorità più rilassate e narcotizzanti, in senso lisergico, del solito: i riferimenti possono essere quelli dei grandi classici ma la mentalità è puramente Djam Karet, con un'estetica non lontana dai loro lavori più ambientali e sperimentali.

JOHNNY UNICORN - “Sadness and Companionship”: Bizzarro exploit del simpatico tastierista dei Phideaux: due suite in bilico tra il demenziale ed il delirante, con una buona dose di kitsch, in cui viene frullato e mischiato impavidamente un pò di tutto, dal più datato synth-pop dei primi anni ottanta ai Cardiacs, passando per Zappa e degli Spock's Beard dotati di spiccato senso dell'umorismo. Raro caso in cui un disco di prog rock contemporaneo può riuscire a strappare qualche risata!

MATER THALLIUM - “Mycobacterium”: Nati da una costola dei Procosmian Fannyfiddlers, i Mater Thallium rientrano nella tradizione del progressive rock scandinavo contemporaneo più depressivo, qui orientato verso sonorità heavy-doom... Disco non perfetto ma che nel suo insieme presenta diversi notevoli spunti gotici che si fanno ricordare...

THE KNELLS -“Same”: Avant-post prog ambizioso e pretenziosissimo che potrà sicuramente far rizzare i capelli a qualcuno ma cantato e suonato divinamente, diretto e concepito da Andrew McKenna, probabilmente uno dei migliori chitarristi in circolazione.

MIRIODOR - “Same”: Veterani del R.I.O. avant jazz rock più umano ed accessibile, non sbagliano un colpo e si ripresentano con questo disco ricco di spunti strumentali raffinati ed eccentrici, con risvolti forse più ludici e godibili rispetto all'eccellente ma più "claustrofobico" e gelido Avanti!

Empty Days - “Same”:Altra emanazione musicale derivata dagli Yugen, per Empty Days si potrebbe fare un discorso simile a quello dei The Knells tanto questo disco ha ambizioni puramente artistiche ed anticommerciali, con la differenza che i nostri italiani mantengono fieramente una radice sonora ancorata al progressive sinfonico più classico. Quindi se certe aperture sinfoniche non sorprendono per originalità ma si apprezzano per la loro bellezza evocativa (con un mellotron da incorniciare), alcuni passaggi sperimentali puramente "dark" risultano quasi agghiaccianti talmente sono tetri ed opprimenti. La copertina è tratta da un dipinto di Salvatore Garau.

MAURO RANCHICCHIO

STEVEN WILSON - "The Raven that Refused to Sing and Other Stories": La popolarità di Wilson è in ascesa ad oltre 20 anni dal debutto dei Porcupine Tree, caso più unico che raro. La formula sinfonica classica con un tocco jazzato pare essere la sua veste ideale, dopo gli eccessi metallici e la ripetitività accusati dal gruppo madre.

BIG BIG TRAIN - "Full Power": Un piazzamento in classifica per il gruppo di Greg Spawton sembra ormai d'obbligo, questa versione contiene entrambi i capitoli "English Electric", pubblicati a cavallo di due anni, ma avendo omesso di menzionarli un anno fa, meritano un riconoscimento oggi per la pubblicazione in forma coerente e completa.

KASHMIR - "E.A.R.": Una band di art-rock danese, quasi misconosciuta dalle nostre parti, ma che può vantare attestati di stima da parte di Bowie e Reed. Un album non facile considerato il suo target teoricamente mainstream, più orientato più alla sperimentazione e alla ricerca sonora rispetto ai precedenti, forse un episodio di transizione, sicuramente un ulteriore passo verso la crescita della band.

LA MASCHERA DI CERA - "Le Porte del Domani": Il seguito ideale di "Felona e Sorona", idea forse non originalissima, ma mai concretizzata prima su disco (almeno per quanto se sappia). La riproposizione dei suoni prog italiani anni '70 è il manifesto del gruppo (i cui componenti danno sfogo ad altre passioni in progetti diversi), non c'è da stupirsi che parrebbe una registrazione ritrovata di 40 anni fa. E' il buon gusto con cui si prepara il "pastiche", che lo rende appetibile.

ALDO TAGLIAPIETRA - "L'Angelo Rinchiuso":
Secondo capitolo, in tutto e per tutto, di un percorso sonoro iniziato con il precedente "Nella pietra e nel vento", Aldo ritrova i giovani componenti del gruppo "Former Life" ad accompagnarlo in questo viaggio, i brani sono composizioni quasi cantautoriali, ma rivestite con arrangiamenti tipicamente prog-sinfonici. Continuazione ideale de Le Orme di "Il Fiume", "Elementi" e "L'Infinito", ma con la predilezione della forma canzone.

P.F.M. - "P.F.M. in Classic": Ammetto di aver accolto con scetticiscmo, quasi con fastidio l'idea di una riproposizione di temi classici da parte della Premiata. L'idea di gruppi prog che ripropongano arie di grandi compositori in chiave rock, pareva essere defunta con gli olandesi Ekseption, che praticavano l'arte con alterne fortune. Quasi mio malgrado, ho dovuto ricredermi ascoltando questo doppio album (o triplo vinile), che con i ripetuti ascolti è entrato addirittura in questa lista. Si parte da composizioni note (la maggioranza) e meno note (al grande pubblico) per trovare lo spunto per divagazioni strumentali godibilissime, un po' come avvenne con la oro rilettura de "La Buona Novella" di De André.



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