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6 DISCHI PER IL 2014 A cura della redazione di Arlequins
 

E’ tempo di bilanci ed esami di coscienza per la nostra redazione, impegnata, come ogni anno, nell’individuare sei dischi (o quasi, in qualche caso) che hanno segnato il nostro 2014. Ricorderemo questo anno anche per la buona musica e lo faremo, come sempre, senza presuntuose classifiche ma con piccoli suggerimenti in ordine sparso. Ecco quindi le nostre liste, come al solito nell’ordine in cui sono giunte in redazione, sperando di poter condividere qualcosa di speciale con voi che ci leggete. Buona lettura e buon ascolto!



MICHELE MERENDA

CORRADO RUSTICI TRIO – “Blaze and bloom – live in Japan”: Assolutamente da citare l’uscita (CD+DVD) dell’ex chitarrista di Cervello e Nova, che in compagnia di musicisti come Peter Vettese e Steve Smith finalmente incide alcune delle esibizioni in terra nipponica ammirate fino a poco tempo fa solo online. Un prog basato prevalentemente su stilemi jazz-rock e fusion, che tra vecchie citazioni di carriera mette in luce le capacità tecniche di un nome forse troppo presto messo nell’angolo dei semplici “ricordi progressivi”. Qualcosa da rivedere qua e là c’è, ma è sicuramente un’operazione da accogliere con grande plauso.

DEWA BUDJANA – “Surya namasakar”: Altro chitarrista che grazie ad una tanto eccellente quanto rinomata sezione ritmica (Jimmy Johnson e Vinnie Colaiuta) dà anche stavolta alle stampe un bell’esempio di jazz-rock/fusion, inserendo come sempre il patrimonio culturale della propria terra. Sembra che l’indonesiano non sbagli un’uscita, regalando agli ascoltatori lavori con connotazioni sempre differenti. Stavolta, il cipiglio è sicuramente più “aggressivo” e maggiormente vicino agli standard del jazz-rock occidentale. Per gli appassionati, quest’ultimo album è ovviamente consigliatissimo.

INNER DRIVE – “Oasis”: Molto bello l’esordio di questa realtà russa, che vede il tastierista Sergey Bolotov assoluto mastermind con tutta una serie di validi musicisti capaci di conferire una “controllata maestosità” ad un prog strumentale che con i suoi accenni sinfonici guarda anche agli stilemi jazz/fusion. Proprio perché si tratta di un’opera prima, fa piacere constatare la capacità di bilanciamento a favore del risultato finale delle composizioni. La prevalenza del pianoforte, accompagnato ora dal violino ed ora dal flauto, dà un senso di tanto romantica quanto accademica signorilità di un tempo che fu.

MARBIN – “The third stage”: In attesa del nuovo album in studio, gli israeliani Markovitch e Rabin pubblicano un set live composto quasi esclusivamente di inediti, composizioni per lo più abbozzate negli anni passati e mai pubblicate. Estrapolando esecuzioni in tarda nottata ad un discreto tasso alcolico da diverse date, i Marbin consegnano un prodotto suonato senza freni inibitori, con delle esecuzioni chitarristiche di Rabin spesso “esagerate”. Per qualcuno, si sono induriti troppo. Per altri, hanno finalmente sviscerato la loro vera natura.

PHOENIX AGAIN – “Look out”: Ci saranno stati sicuramente degli album migliori rispetto al nuovo lavoro del gruppo nostrano, che va comunque segnalato perché si parla di una band dalla storia molto travagliata capace di tornare sulle scene con un nuovo monicker e pubblicare un paio di prodotti dal contenuto molto valido e soprattutto piacevole. Questo prog strumentale sinfonico, infatti, nonostante abbia dei chiari rimandi, suona molto solare e positivo. Insomma, fa molto piacere ascoltarli. Può questo essere un buon motivo per non nominarli?

TOHPATI – “Tribal dance”: Altro chitarrista indonesiano jazz-rock/fusion che sembra non fallire mai l’appuntamento. Più auto-indulgente del connazionale Budjana, il nostro mette in luce una tecnica invidiabile e stavolta cala le sue esecuzioni nell’atmosfera delle foreste del Paese natio. Detto che anche qua abbiamo un axe-man affiancato da un duo basso-batteria che non ha bisogno di presentazioni (Jimmy Haslip e soprattutto Chad Wakerman), i musicisti coinvolti si muovono come meglio credono, forti delle proprie capacità d’esecuzione. Non un album facile… Proprio per questo, è necessario un ascolto attento e approfondito.

ALBERTO NUCCI

UT GRET - “Ancestors' Tale”: poche chiacchiere: per me l’album più bello dell’anno. Un album che possiamo etichettare RIO ma che presenta momenti melodici Canterburyani deliziosi, con il bellissimo cantato di Cheyenne Mize che dà il quid in più.

MOSAICO - “Vola”: bell’album, ben realizzato e ben equilibrato, con un cantato ricco di personalità e una strumentazione che gli funge da adeguato contorno, senza rinunciare a prendere le redini della canzone nei momenti adeguati.

MAGIC BUS - “Transmission from Sogmore's Garden”: forse un po’ troppo sbilanciato ad omaggiare i Caravan, ma l’operazione, oltre che riuscita, dà luogo ad un album veramente gradevole. Da ascoltare con deciso piacere.

DELUGE GRANDER - “Heliotians”: Dan Britton riesce ancora una volta a tirar fuori dal cilindro un album non banale, assolutamente meritevole dell’ottimo esordio di questo suo progetto, dopo il mezzo passo falso di “The form of the good”.

MALCOLM SMITH - “We Were Here“: i Metaphor sono (erano?) un gruppetto abbastanza interessante… e il loro fondatore, nel suo primo lavoro solista, ha saputo andare anche al di là di quanto fatto con loro, tirando fuori dal cappello un buon album in cui Prog sinfonico e certo RIO non accentuato vanno a braccetto con bei risultati.

SEVEN IMPALE - “City of the Sun”: un gruppo di ventenni, o poco più, che tira fuori un album come questo non va che incoraggiato. Ostico e melodico al tempo stesso, jazzato, Crimsoniano, psych… decisamente una prova meritevole di citazione.

ROBERTO VANALI

UT GRET - “Ancestors' Tale”: decisa e nuova crescita per questa band che propone un RIO non troppo intransigente ampiamente spolverato di Canterbury sound. Il risultato è davvero sorprendente e amabile dal primo all’ultimo minuto.

AD MAIORA - “Ad Maiora”: come italiano da segnalare per il 2014, ho pensato a questo lavoro, forse tenuto un po’ troppo in sordina, ma così pregno di buon progressive da risultare un atto dovuto. La chiara vena di prog sinfonico stampo anni ’70, nella quale si inseriscono porzioni new prog e persino fusion, mi ha soddisfatto fin dal primissimo ascolto.

BILLY BOTTLE & THE MULTIPLE - “Unrecorded Beam”: sorpresa e personale rivelazione dell’anno. Il mio: “Bentornato Canterbury” è doveroso per un disco che ha fatto dell’ispirazione tematica dei suoni che tanto amiamo un piglio di ripresa moderno e davvero sbalorditivo. Un disco interamente da godere e assaporare, ricco di freschezza e di grandi idee.

DELUGE GRANDER - “Heliotians”: sinfonico di vecchia scuola, volutamente vintage con ricerca molto meticolosa di suoni e soluzioni. Con trovate personali e emotivamente molto ricche. Brani lunghi e sospesi, romantici e scorrevoli eppure complessi per un riascolto reiterato e sempre piacevole.

ARANIS - “Made In Belgium II”: questa ormai monumentale band non finisce di sorprendere. E se la mia intenzione era di segnalare esclusivamente esordienti o giù di lì, ho dovuto ricredermi perché la potenza espressiva di questo lavoro e il grado di profondo coinvolgimento della loro musica (anche se in questo caso si tratta di brani di altri autori, reinterpretati) richiedevano l’obbligo di menzione in questa piccola trattazione.

KNIFEWORLD - “The Unravelling”: chiudo con questa giovane band inglese la cui proposta, molto trasversale, recupera in maniera personale e accattivante il sound dei Cardiacs, dei Guapo e dei The Muffins. Aggiungendo stralci di RIO, new wave, glam rock alla Roxy Music e rock sperimentale alla Brian Eno. Una miscela che risulta moderna e antica assieme, ma sempre interessante, divertente e persino sorprendente.

FRANCESCO INGLIMA

ATOMIC APE - “Swarn”: Quel pazzariello di Jason Schimmel (Estradasphere e Secret Chiefs) mette su una orchestra molto nutrita e ci regala un disco godurioso composto da una miscela esplosiva di Jazz, Klezmer, RIO e molte cose un po' folli che tanto ci piacciono.

FACTOR BURZACO - “III”: Tre su tre! Pur cambiando formula ogni volta rispetto al precedente lavoro, la band argentina capitanata da Abel Gilbert e impreziosita dalla splendida voce di Carolina Restuccia non sbaglia un colpo. “Factor Burzaco – III” non scende a compromessi e attraverso le soluzioni più ostiche e sperimentali sa soddisfare sia il cuore che la mente.

FIRE! ORCHESTRA - “Enter”: Free Jazz, Prog, Zeuhl, Funk, Rock, Experimental: il supermega ensemble capitanato dal sassofonista Mats Gustafsson fa centro per il secondo anno consecutivo con un disco ancora più apocalittico e sperimentale del precedente.

KANT FREUD KAFKA - “No Tengas Miedo”: La sorpresa dell'anno! Dal nome della band non gli avrei dato alcun credito, ma già dal primo ascolto mi sono dovuto ricredere. Esempio di come a tutt'oggi si possa fare progressive sinfonico con estrema originalità e personalità!

A PRESENÇA DAS FORMIGAS - “Pé de vento”: Un caleidoscopio di magia, profumi e colori che con raffinatezza e discrezione ci trascina in terra lusitana.

UT GRET - “Ancestors' Tale”: Chi ha detto che il RIO debba essere per forza spigoloso, rumoroso e cervellotico. Gli Ut Gret grazie ad un'abbondante dose di Canterbury e ad una soave voce femminile smussano ogni asperità e ci deliziano con un lavoro godibilissimo e intrigante.

VALENTINO BUTTI

DRUCKFARBEN - "Second sound": Da amante degli Yes ed un po' (tanto) deluso da “Heaven & earth”(e non aspettandomi più molto da loro), ecco che “Second sound” riesce ad appagarmi appieno. Non mancano richiami ai Gentle Giant ed al new prog, ma nel complesso è il periodo “Going for the one” e “Drama” a farlo da padrone con grandi momenti strumentali a supportare la voce “andersoniana” di Naro. Album eccellente nel proprio genere.

THE SAMURAI OF PROG - "The Imperial Hotel": Strano progetto con i tre membri “ufficiali” del gruppo (Bernard, Unruh e Pörsti) che lasciano ai 4 ospiti di turno (Webb, Kåse, Stampalia e Myers) il compito di comporre i 5 brani dell'album (la suite che dà il titolo all'album è una composizione di Webb e dei “suoi” England). Il risultato è omogeneo e di ottimo livello. Un piccolo sunto della storia del prog con Yes, Genesis, Gentle Giant ed altro ancora “rivisitati” alla grande. L'album che ho ascoltato di più nel corso del 2014.

SYNDONE - "Odisséas": A mio avviso una delle migliori band italiane che con “Odisséas” arrivano al terzo centro consecutivo dopo “Melapesante” e “La bella è la bestia”. Un mix di “vecchio” e “nuovo”, una padronanza strumentale invidiabile, una grande “voce”. Album elegante e sofisticato. Imperdibile.

AGUSA - "Högtid": Ottimo esordio per questo gruppo svedese. Suoni orgogliosamente vintage che mischiano psichedelia, hard prog, folk e le atmosfere malinconiche tipiche di molti gruppi scandinavi. Una bella sorpresa che va ad aggiungersi allo splendido live degli Änglagård.

IQ - "The road of bones": Oltre trent'anni di onorata carriera ed eccoli ancora protagonisti. Cambia poco o nulla da un album al successivo, ma riescono (quasi) sempre ad essere convincenti. Si permettono addirittura una versione deluxe, con il cd aggiuntivo forse meglio di quello presente nella versione “normale” ed anche dal suono abbastanza diverso per i loro canoni. Una garanzia insomma.

LOGOS - "L'enigma della vita": Un bel ritorno dopo oltre dieci anni dal precedente lavoro. Tra Orme, Pink Floyd e Genesis, sonorità vintage ed ancora del potenziale da scoprire. La punta dell'iceberg di un comunque positivo 2014 per il prog italiano (Bill In The Tea, Zuffanti, FEM, Narrow Pass, Moongarden, Malaavia, Prowlers, Carpani e ne dimentico ancora molti) sempre troppo sottovalutato.

GIOVANNI CARTA

KAYO DOT - “Coffins on Io”: il settimo disco dei Kayo Dot è forse il loro più accattivante, avant-goth rock e darkwave progressiva per un lavoro forse meno sperimentale che in passato ma decisamente elegante e raffinato.

HYPNOSPHERE - “Timedrift”: questa nuova collaborazione tra Lambert ed il musicista elettronico Alien Nature è un intensa immersione nelle sonorità cosmiche più rock dei Tangerine Dream periodo "Encore", con uno sguardo rivolto anche agli AshRa, Jean Michel Jarre e Radio Massacre International.

DREAM THE ELECTRIC SLEEP - “Heretics”: tipico progressive rock moderno, epico, aggressivo e dalle tinte indie folk americane, con grandi potenzialità commerciali ma insieme con delle proprie peculiarità in grado di soddisfare anche chi cerca qualcosa di più impegnato e profondo.... Il mio apprezzamento è cresciuto ascolto dopo ascolto...

ROBERT SCOTT THOMPSON - “Arcana”: pura ambient music, meravigliosamente prodotta e con una sua particolare poetica sonora che si affianca ai lavori di Steve Roach, Brian Eno, Robert Rich ed Alio Die... Un lavoro affascinante però forse non un tipo di musica adatto a tutti, specialmente per certi passaggi decisamente.... "spettrali" e criptici!

ATOMIC APE - “Swarm”: progressive klezmer lounge in opposition sulla scia di Mr. Bungle, Secret Chiefs 3, John Zorn ed Estradasphere; disco esilarante e stimolante!

BOB DRAKE - “Lawn Ornaments”: quest'ottavo disco solista di Bob Drake è un'opera deliziosamente caotica ed enciclopedica nel suo classico stile di canzoni brevi ma estremamente ricche di soprese negli anarchici arrangiamenti, forse più psichedelici del solito... Chi si sente orfano dei Cardiacs potrebbe emozionarsi all'ascolto di questo cd!

NICOLA SULAS

ENTITY - "Il falso centro": Un ottimo album di progressive sinfonico venato di jazz realizzato da musicisti validi ed esperti, a dimostrazione che il progressive in Sardegna è ancora vivo e vegeto.

LAGARTIJA - "Amore di vinile": Un altro lavoro che lascia il segno per una band che crea musica sospesa in una sorta di prog-non prog, che preferisce essere scarna piuttosto che abbondare inutilmente, rilassata e piacevole da ascoltare.

KENSO - "Uchinaru koe ni kaiki seyo": A distanza di anni, i Kenso confermano ancora una volta di essere i migliori in Giappone. Questo senza cambiare il proprio stile incredibilmente ricco e fantasioso, come il rock progressivo dovrebbe sempre essere per non annoiare.

DAVE BAINBRIDGE - "Celestial fire": Un bel lavoro solista del musicista degli Iona, che recupera atmosfere progressive epiche e sinfoniche con la giusta dose di fantasia, evitando di cadere nel manierismo becero e circondandosi di ottimi musicisti per realizzare un album sicuramente da ricordare.

JESSICA ATTENE

A PRESENÇA DAS FORMIGAS - "Pé de vento": Fado, melodie sinfoniche, il calore del Portogallo per un disco che è un coloratissimo viaggio musicale fra le bellissime terre lusitane. Un pizzico di freschezza e novità nel nostro panorama progressivo.

FLËUR - "Shtormovoe preduprezhdenie (Storm warning)": splendido ritorno per la band ucraina di progressive rock "neoclassico" che riscopre una nuova ispirazione sull'onda delle emozioni forti e drammatiche che accompagnano le recenti vicende di guerra del loro paese. Disco intenso, fragile, ed elegante. Da cercare ed ascoltare più volte.

GENS DE LA LUNE - "Epitaphe": album doppio piuttosto articolato, di ispirazione sinfonica che mescola aspetti teatrali, poetici e musicali. Un disco che fa volare il pensiero ai tempi d'oro degli Ange ma dotato di un proprio carattere che rappresenta al momento il vertice artistico del gruppo francese.

IAMTHEMORNING - "Belighted": album di piacevole ascolto, molto umorale e romantico, ricco di elementi classicheggianti ma dal taglio moderno. Produzione perfetta e suoni piacevolmente levigati per un disco ispirato, fruibile e dotato di un grande fascino.

UT GRET - "Ancestors’ tale": questo gruppo è maestro nel far sembrare semplici cose particolarmente complesse. Prendete una voce femminile meravigliosa ed affabile, mescolatela a RIO, musica da camera e romantici sinfonismi, usate un songwriting vivace e stuzzicante ed ecco sfornato un vero e proprio gioiello.

ESTHEMA - "The long goodbye": uno splendido modo di mescolare folk a elementi jazz e sinfonici. Disco speziato, aromatico e piacevole, interamente strumentale. Terzo lavoro in studio per il gruppo americano che conferma le sue grandi doti.

PEPPE DI SPIRITO

MAGMA - “Riah Sahiltaak”: Ok, dura solo una ventina di minuti. Ok, non è proprio un album nuovo, visto che Vander ha voluto creare una nuova versione di una composizione risalente al 1971. Ok, avevamo già potuto gustarla su DVD. Eppure anche questo disco a nome Magma non delude le aspettative e mantiene una qualità mostruosa. Rispetto al brano originale il sound si fa più ruvido e maggiormente vicino al materiale più classico della band, che inanella l’ennesimo capitolo esaltante nella sua discografia.

FABIO ZUFFANTI - “La quarta vittima”: Fabio Zuffanti celebra se stesso e venti anni di carriera con un disco solista di puro e splendente progressive rock. Si contorna di ottimi musicisti e regala una serie di composizioni eccellenti e ricche di grande personalità tra rock sinfonico e romantico, senza disdegnare incursioni nel jazz-rock e nei suoni crimsoniani.

GATTO MARTE - “Madame Penguin”: Uno dei pochi gruppi italiani nati negli anni ’90 capaci di sfornare album con una certa continuità. “Madame Penguin” va annoverato tra i migliori della loro discografia, per merito di un chamber rock che sa ancora sorprendere. Splendida l’unione tra strumenti acustici ed elettrici e sempre gradevole e coinvolgente quella leggerezza che non rende pesante una proposta articolata e spesso vicina alla musica “colta”.

SOLARIS - “Marsbeli kronikak II”: La band ungherese decide di dare un seguito al capolavoro degli anni ’80 “Marsbeli kronikak” e riesce nell’impresa di realizzare un disco credibile, in continuità con il blasonato predecessore e mantenendo intatto e affascinante il proprio marchio di fabbrica. Un rock sinfonico personale con incursioni vagamente spacey, col flauto sempre in bella evidenza e pronto a darsi il cambio alla guida con tastiere e chitarra elettrica.

ACCORDO DEI CONTRARI - “AdC”: Ormai sono una garanzia. Non sbagliano un colpo ed anche con il terzo album mostrano di essere artefici di un jazz-rock infuocato e variegato e degnissimi eredi dei maestri italiani (ma non solo) del genere degli anni ’70. E similmente a questi ultimi e a colleghi più recenti come DFA, Deus Ex Machina e Freeway Jam riescono pienamente ad abbinare tecnica e feeling in una proposta prettamente strumentale.

SUSAN CLYNES - “Life is…”: A volte bastano una voce e un pianoforte per incantare. E quest’artista belga ci riesce alla grande con “Life is…” ed una serie di brani che mostrano allo stesso tempo delicatezza, eleganza, forza e spirito di ricerca. Musica classica, avanguardia non estrema e pop di classe si mescolano in maniera magistrale e il risultato finale è da applausi.

ANTONIO PIACENTINI

KNIFEWORLD - “The Unravelling”: perché è la direzione che forse avrebbero preso i Cardiacs in questo millennio se ancora fossero attivi.

IQ - "The road of bones": perché a distanza di 30 anni mi ricordano quale sia il motivo per il quale ascolto questo tipo di musica.

OPETH - ”Pale communion”: perché come tanti altri usciti in anni precedenti è un disco che unisce mondi sonori diversi arrivando a far appassionare a questa musica gente che non l’avrebbe mai fatto. E perché è un grande disco.

AGUSA - ”Högtid”: perché anche se non inventa niente di nuovo, è piacevolissimo e “svedese” fin dentro alle viscere ed è quello che alla fine ho ascoltato di più quest’anno.

GREENWALL - “Zappa Zippa Zuppa Zeppa”: perché Andrea Pavoni è uno che nel mondo rock progressive italiano parla soprattutto con la musica. E in questo lavoro ce n’è proprio tanta bella.

SOLARIS - “Marsbeli kronikak II”: non amo le cover, i progetti fini a se stessi, le autocelebrazioni fondate praticamente sul nulla..ma qui c’è veramente tanta bella musica anche se riporta logicamente indietro, per temi e scelte sonore, a cose già sentite tanto tempo fa.

MAURO RANCHICCHIO

ELBOW - "The Takeoff and Landing of Everything": una band che può a mio avviso essere inclusa a buon diritto nel novero del prog, con questo sesto album conferma che l'ispirazione è ancora in fase crescente, a 15 anni dall'esordio. Qualche inedita influenza crimsoniana arricchisce stavolta una proposta che trova nella produzione solista di Gabriel i suoi più vistosi riferimenti.

IQ - "The Road of Bones": dopo 30 anni, li ritroviamo con i 4/5 della formazione di The Wake, e con una torrenziale vena compositiva che li porta a riempire due interi CD (la versione doppia è a mio avviso la vera incarnazione dell'opera). La ricomposta sezione ritmica, a giudicare dai suoni, sembra ringiovanita di decenni, il nuovo tastierista Durant è il sostituto naturale per quel ruolo, le atmosfere sono oscure e l'album mostra una coesione ammirevole.

ABEL GANZ - "Abel Ganz": forse la migliore sorpresa da questa band veterana della scena inglese, che ha visto un completo rinnovamento dei suoi ranghi pur mantenendosi fedele al new-prog venato di folk che ha contraddistinto il nuovo corso inaugurato dal precedente “Shooting Albatross”.

GONG - "I See You": a posteriori, il nuovo capitolo della saga Gong si può definire il canto del cigno di Daevid Allen, ma ho apprezzato l'album (con il Maestro ancora in vita) per il suo intrinseco valore musicale, che al pari, se non meglio, del precedente 2032 riesce a fondere tutti gli elementi che portano a ritroso come un fil rouge alla trilogia Radio Gnome Invisible, con innesti più contemporanei, complice la comparsa in formazione di elementi giovani e creativi, in questo caso Kavus Torabi (Cardiacs) e Fabio Golfetti (Violeta de Outono). Chissà se il ricambio generazionale renderà possibile il proseguimento della storica band sulla scia dei semi creativi lasciati dal fondatore...

ROBERT REED - "Sanctuary": l'album solista del main man dei Magenta si potrebbe definire un esercizio di stile, ma se lo stesso Tom Newman, ingegnere del suono su Tubular Bells e capolavori seguenti, dichiara di aver rivissuto in studio i gloriosi giorni del giovane Oldfield, mi sento libero di definire quest'opera il naturale seguito di “Incantations” (soprattutto se paragonato alla deludente nuova uscita del vero Mike).

ILUVATAR - "From the Silence": graditissimo ritorno di una band di new-prog di Baltimora di cui si erano perse le tracce alla fine dello scorso millennio, ottimo gusto negli arrangiamenti, una voce potente e personale, una scrittura ben al di sopra della media che ci fa sperare nel carattere duraturo della reunion.

SILVIA GIULIANI

MORAINE - "Groundswell": Secondo lavoro in studio per la band di Seattle. Album adrenalinico e dal groove deciso che racchiude, senza alcuna caduta di tono e con molta precisione, prog-jazz, fusion e hard rock.

SOLARIS - "Marsbeli Kronikak II": Continuum di “Marsbeli Kronikak” dell'84, è un album di ottima fattura, che rispecchia perfettamente lo stile dei Solaris che ben conosciamo. Sebbene ci siano state, nel corso degli anni, inevitabili modifiche alla line up, i cari ungheresi si mostrano ancora una volta come musicisti di grande spessore, incastonando magistralmente i suoni futuristici delle tastiere e quelli più melodici di violino e flauto.

AGUSA - "Högtid": Buon disco d'esordio per la band svedese. Nulla di estremamente originale, ma sicuramente molto gradevole, specie per gli amanti di un certo folk "nordico" e della psichedelia comunemente intesa.

KANT FREUD KAFKA - "No tengas miedo": Senz'altro un ottimo debutto; un rock sinfonico ben strutturato e suggestivo che oscilla continuamente fra atmosfere limpide e serene e vortici bui e inquietanti.



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