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6 DISCHI PER IL 2015 A cura della redazione di Arlequins
 

E’ ancora tempo di bilanci e di analisi per la nostra redazione; ci siamo impegnati, come ogni anno, nell’individuare sei dischi che hanno segnato l’anno da poco concluso... e, come d’abitudine, ci siamo presi alcuni mesi di riflessione per farlo. Il 2015 è stato particolarmente ricco di buona musica e questo ha comportato per noi tutti delle scelte dolorose per i nomi che siamo trovati costretti a non includere nelle nostre liste. Come sempre non vogliamo sfornare classifiche o playlist, che possono lasciare il tempo che trovano, ma offrire solo delle proposte che rispecchiano senz’altro i gradimenti personali ma che ad essi non sono vincolati. Ecco quindi ancora le nostre liste, come al solito nell’ordine di arrivo in redazione, sperando di poter condividere qualcosa di speciale con voi che ci leggete. Buona lettura e buon ascolto, se vorrete...



VALENTINO BUTTI

MERRY GO ROUND - “Merry go round”: Uno splendido album “vintage” con Hammond, chitarre acide, un pizzico di psichedelica, un’ottima cantante, sonorità calde e pastose e ricordi che vanno subito ai primi anni ’70. Seppur non “storicamente” con sonorità che rientrano nei miei gusti principali, un album che ho apprezzato moltissimo.

LA FABBRICA DELL’ASSOLUTO - “1984: l’ultimo uomo d’Europa”: Gruppi anni ’70 che cercano di “svecchiare” il proprio sound ed un gruppo di giovani/giovanissimi che fa di QUEL suono la bandiera da sventolare orgogliosi. Perché la band romana attinge a piene mani al progressive italiano (o pop se preferite) di quegli anni con rimandi alle Orme, al Rovescio della medaglia, al Balletto di bronzo con esiti più che apprezzabili. Ed è l’album d’esordio!!!

ADVENT - “Silent sentinel”: Ottimi prodotti anche per il 2015 provengono dagli States… E’ il caso del terzo lavoro degli Advent che è un perfetto esempio di album sufficientemente personale pur non mancando (delle ovvie) influenze di gruppi “monstre” del tempo che fu (Gentle Giant, Caravan, i primi Genesis) o più recenti (Echolyn). Forse l’album che più ho ascoltato nell’anno appena trascorso.

3RD DEGREE - “Ones & Zeros: volume 1”: Come per gli Advent, un’altra conferma da oltre oceano giunge dai 3rd degree. Ottime melodie, impasti vocali ottimamente concepiti ed eseguiti, qualche scorribanda hard rock e momenti acustici di grande pregio. Se la gioca con l’album degli Advent per la palma del più ascoltato del 2015.

BAROCK PROJECT - “Skyline”: Splendido album per Zabbini & C. questo Skyline. Ottime orchestrazioni, grandi melodie, momenti intensi con sprazzi strumentali molto belli e coinvolgenti. L’ospite Vittorio De Scalzi aggiunge la sua voce ed il flauto in un brano, dando ancora maggior pregio ad un album veramente ben fatto ed imperdibile. E che conferma la buon salute qualitativa del prog “made in Italy” con numerosi album di valore pubblicati (Unreal City, Ubi Maior, Di Tollo, Ellesmere, Not a good sign e molti altri).

LA COSCIENZA DI ZENO - “La notte anche di giorno”: Ennesimo centro per la band ligure. Stavolta il compito non era facile avendo scelto di strutturare l’album in due soli brani molto lunghi. La sfida è senz’altro vinta e l’album è godibile in tutta la sua durata. L’aggiunta di una sezione d’archi conferisce ulteriore pathos alle musiche ed ai testi di Agnini (sempre molto ambiziosi) e la band al completo è all’altezza della situazione.

ALBERTO NUCCI

JONO EL GRANDE - “Melody of a muddled mason”: Unico neo: troppo corto! Per il resto, il nuovo dischetto di Jono trova un giusto ed efficace compromesso tra la pazzia compositiva tipica del musicista norvegese e un elegante Prog Rock d’annata.

LA COSCIENZA DI ZENO - “La notte anche di giorno”: Il nuovo album della Coscienza Di Zeno conferma quanto di buono abbiamo potuto ascoltare con le precedenti prove. Niente di più (e non è davvero poco!) di un gran bell’album da parte di un gruppo ormai cresciuto e rodato.

MALADY - “Malady”: Una sorpresa che ci riporta ad un classico Prog scandinavo, più svedese che finlandese per molti aspetti. Melodie oscure e malinconiche, come da copione, qualche accenno folk, strumentazione vintage: album piacevolissimo e intrigante.

ICHTHYANDER DAD’S ONLY DOLPHIN - “at One Music Fest 2014”: La vera sorpresa dell’anno. Questa band ucraina dal nome particolarissimo risorge dalle proprie ceneri, dopo essersi sciolti più di 20 anni fa, e ci offre un album dal vivo che ci fa sperare che questa rinascita non sia effimera.

PENSIERO NOMADE - “Da nessun luogo“:Ascoltare questo bel disco in macchina, da solo, di notte mi ha permesso di apprezzarne le splendide atmosfere, le deliziose sfumature e i testi decisamente interessanti. Assolutamente da consigliare.

ELDBERG - “Þar er heimur hugans”: Sono state molte le uscite Prog meritevoli, nell’anno passato; selezionarne solo 6 è stato decisamente doloroso (Ghost Rhythms, Anekdoten, William D. Drake... e altri avrebbero meritato senz’altro l’inclusione nella lista) ma alla fine preferisco menzionare questo bel secondo album del gruppo islandese. Hard Prog di alto livello, con composizioni tutt’altro che dirette e lineari, col solito invitante sapore anni ’70.

GIOVANNI CARTA

DUNGEN - “Allas sak”: Trascorso un lustro dall'etereo e controverso "Skit i allt" i Dungen ritornano in piena forma con un disco forse un pochino più pop del solito ma anche piuttosto concreto e ricco di piacevoli e crepuscolari momenti psichedelici.

QUANTUM FANTAY - “Dancing In Limbo”: Sulla scia dello space rock degli Ozric Tentacles "Dancing in Limbo" è un disco che rispetta tutte le caratteristiche del genere, senza particolari innovazioni ma con grande dinamismo ed energia.

OZRIC TENTACLES - “Technicians of the Sacred”: Un nuovo doppio album per gli Ozric Tentacles che sembrano dilatare il loro mantra all'infinito e per giunta senza annoiare mai, anzi!

ARABS IN ASPIC - “Victim of Your Father's Agony”: Tra le tantissime uscite retro vintage rock i norvegesi Arabs in Aspic hanno dato conferma di essere una buonissima band con il loro hard prog rock venato di psichedelia, in bilico tra Black Sabbath ed Uriah Heep, semplice ma decisamente efficace.

JONO EL GRANDE - “Melody of a muddled mason”: Ero rimasto ancora fermo al secondo "Fevergreens" e sono rimasto pienamente soddisfatto nell'aver recuperato il grande Jono con il suo ultimo divertente cd di jazz rock zappatesco e molto fuori dagli schemi.

JAGA JAZZIST - “Starfire”: Partiti come una delle più originali formazioni del nu jazz i Jaga Jazzist si sono trasformati ben presto in uno strano e stimolante ibrido progressive post moderno in cui è udibile quasi di tutto, come accade appunto in questo labirintico e allucinato "Starfire".

MICHELE MERENDA

ALCO FRISBASS - “Alco frisbass”: Nella lista annuale in cui vengono indicati album che si ritiene abbiano degli elementi particolari da segnalare - quindi non per forza lavori ritenuti in assoluto i migliori -, non si può non fare il nome di questo duo francese, che esordisce con un prog assolutamente canterburyano, capace di mischiare molte influenze e di farle scorrere in maniera tanto pacata quanto convincente. E poi ci ha messo mano l’italianissimo Paolo “Ske” Botta degli Yugen.

ANEKDOTEN - “Until all the ghosts are gone”: Da segnalare questo gradito ritorno, intenso e appassionato, che vede la band svedese coinvolta in un prog molto sinfonico con cui ci si rifà sia ai vecchi riferimenti di color Cremisi e sia alle atmosfere dei Pink Floyd dell’immediato post-Barrett. A suo modo, un lavoro che possiede una bella dose di poesia visionaria.

DEWA BUDJANA - “Hasta karma”: Album realizzato con molta fretta, senza poter inserire le fasi di pianoforte che il chitarrista indonesiano aveva individuato come fondamentali. Quindi, ci si è dovuti re-inventare di volta in volta, grazie anche agli assoli del vibrafonista Joe Locke. Sempre ottimo jazz-rock permeato dalla tradizione della propria terra, che qui suona ancora più “denso”, rifacendosi anche alle migliori soluzioni del nume tutelare Pat Metheny.

HERBA D’HAMELÌ - “Interiors”: Si segnala con piacere il sesto album della band catalana, che cantando in lingua madre (il catalano, per l’appunto) dà alle stampe un mix energico che vede tra le sue componenti più appariscenti King Crimson e Camel. Due elementi che si completano a vicenda, smussando sia gli spigoli che le morbidezze delle realtà chiamate in causa. Un lavoro che parla con toni entusiastici di anni ’70, consapevole però di vivere nel presente.

ICHTHYANDER DAD’S ONLY DOLPHIN - “At One Music Fest 2014”: Quando si dice che nella vita non è mai troppo tardi. I nostri tornano in azione dopo una ventina d’anni, senza aver inciso nulla di ufficiale in precedenza se non un demo che peraltro aveva ricevuto buone critiche. La band ucraina (dal nome improponibile!), spalleggiata da bravi ospiti, “esordisce” ufficialmente con un concerto immortalato sia in CD che DVD, all’insegna di ben più che evidenti influenze crimsoniane amalgamate con la migliore tradizione musicale locale.

TOM MOTO - “Allob allen”: Superata la strana e spesso indigesta commistione di punk e funk sbattuta in faccia con l’esordio, il gruppo toscano crea un’unica traccia a sua volta divisa in sei parti, in cui si potrebbe persino pensare alla colonna sonora di un horror sperimentale assolutamente made in Italy. Musica strumentale, che soprattutto grazie all’uso dei fiati crea un’atmosfera da segnalare senza indugio agli ascoltatori che desiderano qualcosa di inusuale.

FRANCESCO INGLIMA

TIGRAN HAMASYAN - "Mockroot": Enfant Prodige della scena jazz contemporanea realizza nel 2015 ben due album, entrambi dei veri gioiellini. Il più bello dei due è il mistico "Luys i Luso", ma forse è un po' fuori contesto tra i 6 dischi prog da consigliare. Non si può dire lo stesso di "Mockroot", con questo disco il pianista armeno parte dal jazz per esplorare un mondo musicale assai eterogeneo fatto di post rock, metal e anche di progressive, con sorprendenti influenze Zeuhl.

MAGMA - "Slag Tanz": Non è certo l'album migliore della loro discografia, ma anche un disco "minore" dei Magma è più che meritevole di entrare nella top list del 2015.

BREZNEV FUN CLUB - "Il Misantropo Felice": Messe da parti le fastidiose parti vocali che un po' rovinavano il pur ottimo esordio, i Breznev Fun Club fanno un deciso passo in avanti con un disco ineccepibile improntato su un RIO cameristico con influenze zappiane e canterburiane.

HOMUNCULUS RES - "Come si diventa ciò che si era": Testi ironici ed intelligenti (qualità assai rara), un gusto pop che rende le melodie molto accattivanti e mai banali, sono solo alcune delle qualità che confermano la band siciliana come una delle realtà più interessanti e originali della scena Canterbury attuale.

JONO EL GRANDE - "Melody of a Muddled Mason": In quest'album troviamo uno Jono meno pazzariello, ma più raffinato. Non so ancora dire se lo preferisco così oppure no, ciò nonostante il risultato è un disco pieno di colori e piccoli dettagli che ti trascina nel mondo magico e un po' strampalato di Jono El Grande.

CICCADA - "The Finest of Miracles": Folk e sinfonico si amalgamano a meraviglia grazie ad arrangiamenti raffinati ed eleganti. A mio avviso è il disco sinfonico dell'anno!

NICOLA SULAS

AUTUMN ELECTRIC - “Star being earth child”: Un riuscitissimo e intrigante miscuglio di influenze per un album che ad ogni ascolto suona sempre più convincente. Tra progressive sinfonico, folk e pop in un equilibrio musicale privo di sbavature.

CAYLIN - “Voyager”: Caylin Lloyd è una brava e talentuosa chitarrista americana che dal partire dalla suite "I pianeti" di Gustav Holst crea la sua personale visione dello space-rock, fatta di una trama musicale molto ricca ed evocativa che fonde alla perfezione rock, musica classica e progressive.

FEAT. ESSERELÀ - “Tuorl”: Album d'esordio per un trio di bravissimi musicisti bolognesi che dimostra come si possa rendere divertente un complesso calderone riempito di progressive, jazz, rock e abbondanti dosi di follia.

HOMUNCULUS RES - “Come si diventa ciò che si era”: Il Canterbury sound italiano in tutto il suo splendore nel secondo album degli Homunculus Res, che fanno centro ancora una volta con la loro musica intricata e carica di goliardia.

JAGA JAZZIST - “Starfire”: Un trip musicale intenso, articolato e privo di schemi, capace di partire dal jazz per lanciarsi verso l'elettronica in una successione di brucianti esplosioni musicali.

YUKA & CRONOSHIP - “The 3d planetary chronicles”: Terzo traguardo per la band giapponese, che riesce a confermarsi come una delle più interessanti realtà del progressive melodico grazie alla capacità di scrivere musica che raccoglie la lezione del passato realizzando qualcosa che sa di fresco e moderno.

ROBERTO VANALI

AKINETON RETARD - "Azufre": Innanzi tutto l’unico difetto del disco: decisamente corto, poco sopra la mezzora. E poi i lati positivi rivelati da una miscela di Zappa, Santana e Weather Report, amalgamata in un brillante e pulito esempio di modernismo progressivo.

HOMUNCULUS RES - "Come si diventa ciò che si era": Segnalazione italiana dell’anno. Da una cinquina, dalla quale mi sono districato con decisa fatica, è uscito questo lavoro interessante e molto intrigante di sperimentalismo ben bilanciato e mai fuori dalle righe, tenuto un po’ a freno da sapori fusion e canterburyani. Spiace per La Coscienza di Zeno, seconda di qualche decimale di voto.

SANGUINE HUM - "Now We Have Light": Non molto apprezzati nel giro progressive, credo siano piaciuti tanto solo a me con la loro formula pop rock progressive Canterbury. Strano perché gli ingredienti li ho trovati tutti al loro posto, ben studiati eppure freschi, spontanei e così gradevoli da farsi lasciare nel lettore per giornate intere.

MALADY - "Malady": Altro disco che ho apprezzato moltissimo, tra cupe atmosfere nordiche, ricche di bruma e di collosa e amabile melodia. Un disco che riesce a fare tradizione solo con qualche mese di vita. Anche questo avesse avuto qualche minuto di durata in più…

PTF - "What is constant": Ancora una band nipponica capitanata da un violinista per un lavoro forse non ricchissimo di fantasia e meno ipertecnico di altre realtà, ma gradevolissimo e fresco sia nella fase compositiva, sia in quella esecutiva. Musica impostata tra prog sinfonico e molto melodico e fusion. Ascoltabilissimo e godibilissimo.

ALCO FRISBASS - "Alco frisbass": Nel mio personale pagellino di quest’anno, solo tre dischi hanno meritato l’otto e mezzo e, essendo tre dischi live, nessuno dei tre è in questa lista. Poi c’è stato un otto più a un disco uscito quest’anno, ma datato 2010 e, subito dopo il voto migliore è stato per questo disco e la sua bellissima miscela di fusion, sperimentalismi, Canterbury e vari equilibrismi tra moderno e tradizionale. Molto bello.

PEPPE DI SPIRITO

MAGMA - "Slag tanz": I Magma più tellurici, con una nuova composizione di una ventina di minuti di zeuhl duro, spigoloso e combattivo. Non sbagliano mai!

OSANNA - "Palepolitana": Non solo una rilettura dello storico disco, ma anche un nuovo album pieno di composizioni fresche, bellissime, dirette, che recuperano un po' tutte le caratteristiche mostrate dagli Osanna negli anni '70 e in tempi più recenti. Un omaggio a Napoli sentito e riuscito.

UNREAL CITY - "Il paese del tramonto": Secondo album per la band capitanata dal talentuoso tastierista Emanuele Tarasconi. Ottima conferma con un rock sinfonico di grandissima qualità, legato al passato sia per i punti di riferimento che per il sound. Ce ne fossero di gruppi capaci di proporre questo tipo di musica come fanno loro...

YUKA & CHRONOSHIP - "The 3rd planetary chronicles": Altro bel modo di proporre rock sinfonico, stavolta dal Giappone. La brava tastierista Yuka si circonda di musicisti abilissimi, capaci di incantare con un mix di rock sinfonico, melodia e, di tanto in tanto, qualche sferzata più potente.

STERN COMBO MEISSEN - "Bilder Einer Ausstellung": Ok, non è proprio il massimo dell'originalità proporre una rilettura in chiave rock dei celebri "Quadri ad un'esibizione" di Mussorgsky. Ma la storica band tedesca riesce a sfornare un disco assolutamente convincente e travolgente, ben coadiuvata dall'orchestra.

YAGULL - "Kai": Bella conferma anche per il progetto di Sasha Markovic, che, ben coadiuvato da una pianista, pubblica un altro lavoro contenente bozzetti acustici di grande fascino, legati alla musica classica, al jazz, al folk, ma anche al rock con un paio di riletture molto personali di brani di Black Sabbath e Cream.

JESSICA ATTENE

GHOST RHYTHMS - “Madeleine”: Album complesso e suggestivo, cinematografico e struggente, una vera sorpresa che consiglio soprattutto agli amanti di Hitchcock, fonte di immensa ispirazione per questo ampio gruppo francese che si muove con carisma e disinvoltura fra il jazz e la musica da camera.

WILLIAM D. DRAKE - “Revere reach”: Un disco che è pura poesia. Un collage di canzoni variopinte e piene di piccole sorprese con riferimenti al vecchio repertorio dei Cardiacs, gradite aperture sinfoniche ed indecifrabili alchimie.

JONO EL GRANDE - “Melody of a muddled mason”: Non poteva mancare fra le mie preferenze questo distillato di lucida follia, questa volta dai riflessi sinfonici particolarmente accentuati. Jono non ha assolutamente perso il suo smalto e appare più ispirato che mai, anche se l'album, purtroppo, è più breve di quanto desiderassi.

ELEPHANT9 (with Reine Fiske) - “Silver mountain”: Una conferma per questo splendido binomio che ci ripropone una formula caustica di jazz acido e rock di sicuro impatto emotivo. Istinto, sregolatezza e genio. Album davvero coinvolgente.

MAGMA - “Slag Tanz”: E' impossibile che un nuovo album dei Magma possa attraversare le nostre orecchie senza lasciare traccia. Sono ancora loro e questo basta.

CICCADA - “The finest of miracles”: Ancora un album che ci colpisce in modo delizioso, con intrecci fitti e delicati, influenze folk, preziosi ricami sinfonici ed una bella voce femminile. Un gradito ritorno dopo uno splendido esordio.

ANTONIO PIACENTINI

STEVEN WILSON - “Hand. Cannot. Erase.”: Perché "Routine" è un pezzo emozionante, che ti rimane dentro. E anche se lo sport nazionale di questo mondo è sperculare Steven Wilson (io compreso eh) mi piace ricordarlo per un disco che anche se non tra i suoi migliori e tra i migliori dell'anno (non solo in campo prog).

ANEKDOTEN - "Until All The Ghosts Are Gone": perché a distanza di 30 anni mi ricordano quale sia il motivo per il quale ascolto questo tipo di musica.

BAROCK PROJECT - ” Skyline”: Mentre oggi il mondo prog chiacchiera, Zabbini suona... e suona alla grande.

WILLIAM D. DRAKE - ” Revere Reach”: Lui ha fatto tante cose belle nella sua vita, questa che riesce ad unire atmosfere dei Cardiacs fino ad arrivare a quelle create con i North Sea Radio Orchestra è una delle più belle. Un vero gioiello.

PENSIERO NOMADE - “Da nessun luogo”: Testi stupendi, musica ispirata. Esperienze musicali diverse che si uniscono per fare cose belle. Ecco... se il mondo del prog oggi fosse tutto così, forse un disco italiano che non sia di una mummia tra 10/15 anni lo troveremmo in classifica.

FACTOR BURZACO - “3.76”: L'avanguardia dal volto umano. Quello di Carolina Restuccia. Disco difficile, complicato, molto teatrale. Trenta e passa ospiti che si uniscono alla formazione base. Forse non il loro lavoro più bello (che per me rimane il primo) ma un bel tassello verso la consacrazione (spero) tra le stelle del Rock In Opposition (e non) odierno.

MAURO RANCHICCHIO

ANEKDOTEN - "Until All the Ghosts are Gone": Un ritorno a lungo atteso e che non delude: quasi un compendio del loro percorso artistico, per quanto la maturità abbia ormai da tempo limato le asperità di Vemod e Nucleus, d'altronde ormai lontani vent'anni e più, per quanto neghiamo di ammetterlo!

THIEVES' KITCHEN - "The Clockwork Universe": La band multinazionale fondata da Phil Mercy e Amy Darby è ormai quasi una succursale degli Änglagård, di cui ritroviamo tre elementi del presente e del passato. E il loro Mellotron. Il salto di qualità compiuto con The Water Road trova ancora conferma in questo nuovo, sofisticato lavoro dai profumi canterburiani, ma trasposti nel presente.

ECHOLYN - "I Heard you Listening": Non un lavoro di immediata assimilazione, al primo ascolto rischia di lasciare l'impressione di un passo indietro dal precedente doppio eponimo. Mai sottovalutare la musica degli Echolyn: alla lunga si rivela un lavoro compatto, omogeneo, coerente, con una certa aggressività mutuata dai tempi di The End Is Beautiful. Poetico e potente, con liriche che meritano un attento ascolto/lettura.

ADVENT - "Silent Sentinel": Nove anni trascorsi dal debutto Cantus Firmus, e temevamo il peggio, invece giunge un sequel incredibilmente maturo; la derivazione Gentle Giant dichiarata nel nome della band si rivela fondatissima, ma risulta essere solo uno dei molti aspetti di una proposta sfaccettata, ma sempre radicata nel prog sinfonico dei bei tempi.

STEVE HACKETT - "Wolflight": Personalmente lo considero l'ideale controparte al precedente Beyond the Shrouded Horizon: stesse intenzioni cinemat(ograf)iche, stessi aromi world music, stesse ambientazioni notturne e decadenti. Ed ovviamente stessa chitarra cristallina. La ripetizione è dietro l'angolo, e forse per il prossimo disco Steve dovrà optare per una svolta, ma per ora godiamoci queste languide note sotto una luna mannara.

GLASS HAMMER - "Breaking of the World": Cosa aggiungere riguardo l'ormai storico gruppo di Steve Babb e Fred Schendel? Archiviato forse il periodo Davison, al momento impegnato con gli Yes a tempo pieno, i Glass Hammer proseguono sulla linea del precedente Ode to Echo, prediligendo un suono meno pomposo e spigoloso, impiegando al meglio un assortimento di lead vocalist e distanziandosi parecchio dal ruolo di Yes-clone affibiatogli ai tempi di If e Cor Cordium. Quasi un ritorno alle origini.



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