Home

 
IL R.I.O. NEGLI ANNI ‘80 - 1a parte Francesco Inglima
 

Il R.I.O. negli anni ‘80
(1° parte)

Panoramica generale

Anni ’80, “Medioevo” del Progressive rock! Questa è una classica associazione di idee che viene fatta un po’ da tutti gli appassionati. Ovviamente c’è abbastanza del vero in questa affermazione, specialmente se si fa un paragone con la florida produzione degli anni ‘70; eppure c’è stato un sottogenere, seppur di nicchia, che questa crisi non l’ha sentita, anzi in questa decade ha saputo mantenere un livello qualitativo invariato, espandersi in tutto il mondo, reinventarsi e ringiovanirsi e addirittura, se andiamo a considerare il numero delle uscite, migliorarsi rispetto alla decade precedente. Stiamo parlando del ramo più estremo e avanguardistico del progressive rock ovvero il Rock In Opposition, conosciuto comunemente con l’acronimo di RIO. Certamente il suo essere di nicchia e lontano dalle mode l’ha aiutato e l’aiuterà anche nelle decadi successive a risentire assai poco dei cambiamenti di mode. Inoltre è doveroso aggiungere che il RIO agli inizi degli anni ‘80 era ancora in pieno slancio creativo visto che era nato da poco. Anche se non è obiettivo di questo articolo è giusto ricordare che il RIO nasce prima come un movimento in opposizione all’industria discografica schiava delle logiche di mercato, movimento che nasce formalmente il 12 Marzo 1978 con un concerto organizzato da Chris Cutler degli Henry Cow a cui aderiscono in un prima fase gli italiani Stormy Six, i francesi Etron Fou Leloublan, gli svedesi Samla Mammas Manna e i belgi Univers Zero e, in una seconda fase, i francesi Art Zoyd, i belgi Aksak Maboul e gli inglesi Art Bears, nati questi dalle ceneri degli Henry Cow.

Seppur accomunati da una tendenza verso soluzioni poco commerciali, la proposta musicale dei gruppi coinvolti era estremamente variegata e caratterizzata da forti radici territoriali. Gli innegabile influssi Cantebury degli Henry Cow, il folk scandinavo dei SMM, la musica di protesta degli Stormy Six, il chamber rock belga dei gruppi dell’area francofona, l’approccio un po’ “punk” degli Etron Fou Leloublan. Questa disomogeneità di proposte, una volta che le band coinvolte entreranno nel movimento, tenderà a convergere verso progressive rock d’avanguardia, pur mantenendo la forte identità di ogni singola band. In particolare è evidente il passaggio per gruppi come gli Stormy Six dall’album “il Biglietto del Tram” a “L’Apprendista” oppure nel passaggio dai Samla con la S a quelli con la Z o anche negli stessi Etron Fou che tendono a smussare la loro proposta.
Il movimento in realtà si scioglierà presto ma partorirà un genere musicale che si andrà a confondere e fondere con l’avant prog e che continua a vivere fino ai giorni nostri (in questo speciale utilizzerò Avant-Prog e RIO come sinonimi). In realtà, al di là degli intenti e degli aspetti extramusicali, il RIO, o avant prog che di si voglia, si suonava già prima del ‘78. Gli Henry Cow in quella data erano già al termine della loro parabola musicale, ma erano anche altri i gruppi che all’interno del prog avevano sperimentato i percorsi più sperimentali e d’avanguardia: possiamo pensare allo stesso R. Wyatt, i nostri Opus Avantra, alcuni album di Zappa o lo stesso Zeuhl, seppur all’opposto come intenti, musicalmente aveva molti punti in comuni. Ci starebbe anche il Krautrock, che certamente tra tutti era il genere più sperimentale ma che, pur influenzando molti dei gruppi che tratteremo, è un ramo separato.

Tutto questo per dire che seppur ufficialmente appena nato, in realtà il RIO agli inizi degli anni ‘80 veniva da un’esperienza già importante nella decade scorsa. Negli anni ‘80 ovviamente il RIO riparte degli 8 nomi storici e con gli Henry Cow sciolti e dalle cui ceneri nasceranno diverse band e progetti musicali e i singoli membri della band saranno parte attiva allo sviluppo del movimento, fondando etichette, promuovendo band e musicisti da tutto il mondo. C’è inoltre da precisare che oltre a tutto ciò in qualche modo legato all’eredità degli 8 gruppi storici, ci sono molte altre band che si avvicinano al genere in maniera inconsapevole, più per vocazione che per effettiva consapevolezza. Si andrà a mischiare e contaminare con i generi più disparati, dal Jazz al Punk, dal Folk alla New Wave, dall’Elettronica alla Musica da Camera.
A differenza del progressive, che in qualche modo è sempre stato UK-centrico, il RIO è un genere uniformemente distribuito dal punto di vista geografico; per questo motivo procederemo nella disanima analizzando nazione per nazione, in questa prima parte viaggeremo per l’Europa, nella successiva seconda in tutto il resto del mondo. Ad ogni modo possiamo comunque identificare un’area geografica che nella prima metà degli anni 80 può essere considerata, almeno parzialmente, il fulcro del movimento da un punto di vista della qualità delle uscite, stiamo parlando di tutta l’area francofona dell’Europa centrale, ovvero in primis il Belgio e la Francia (che annoverano 4 degli 8 gruppi storici), ma in piccola parte anche la Svizzera.

Europa

Belgio e il Chamber Rock

E’ forse in assoluto proprio il Belgio tra tutti a regalarci maggior soddisfazioni grazie ad una fulgida scena chamber rock. Con gli Henry Cow sciolti e gli Stormy Six agli ultimi sgoccioli, a trascinare il movimento nella nuova decade sono proprio gli Univers Zero e il loro gruppo gemello dei Present.
Con l’arrivo del 1980, dopo il loro primo capolavoro “Heresie” del 1979, i due leader della band il batterista Daniel Denis e il tastierista Roger Triguax decidono di dividere le loro strade pur continuando a collaborare tra di loro. Il primo rimarrà guida indiscussa degli Univers Zero, il secondo creerà una nuova band chiamata Present, con lo splendido risultato finale di avere due band seppur diverse, di pari livello agli Univers Zero di “Heresie”. Entrambi i musicisti sono in pieno fermento creativo, nei primi 5 anni del decennio qualunque cosa facciano è di un livello pazzesco. Gli Univers Zero (in foto) in 5 anni realizzano 2 capolavori e mezzo (anche se in realtà, a contar anche il materiale d’archivio pubblicato successivamente, sono ben di più), i Present fanno bottino pieno con 2 su 2, ma procediamo con ordine.
1981, Denis e compagni non perdono tempo e dopo due anno da “Heresie” ecco “Ceux du Dehors il loro disco perfetto. “Ceux du Dehors “ è il summa di tutta l’estetica dei nuovi UZ. Perde parte della cattiveria e oscurità di “Heresie”, andata a confluire nei Present, ma raggiunge una perfezione formale mai toccata prima. Sfociando nel sensazionalismo, Denis &Co sono spudoratamente bravi e non si nascondono, governano la loro tecnica e capacità compositiva senza mia perdersi in manierismi ed esercizi di stile (cosa che ahimè gli capiterà spesso negli anni ‘90). Abbiamo sempre e solo parlato di Denis, ma non dobbiamo trascurare l’incredibile lavoro di Breckermans che, con il suo fagotto, caratterizza il suono della band.
Il successivo “UZED” non è da meno: spingono ancora il piede sull’acceleratore, con Breckermans che ha lasciato il gruppo per andare nei Von Zamla (ex Samla), Denis rimane l’unico membro originale e padre padrone della band. L’album abbandona ogni mood sinistro e oscuro ed è ancora più bombastico. Aumenta la componente elettrica con una presenza maggiore di synth e c’è anche qualche influenze folk dell’est Europa. Il disco rasenta comunque la perfezione stilistica con una sezione ritmica travolgente.
L’ultimo album del decennio è “Heatwave” ovvero il mezzo capolavoro. Altro disco notevole, ma un leggero passo indietro rispetto ai precedenti; i synth diventano sempre più importanti. Tuttavia il lato B dell’album, coperto interamente dalla suite “The funeral plain”, non ha nulla da invidiare a qualsiasi altra cosa fatta dalla band ed è uno dei loro pezzi migliori in assoluto. Il lato A è oggettivamente meno bello, alle volte un po’ freddo e manieristico. Dopo “Heatwave” la band si scioglie, Denis proverà un avventura solistica nei prima anni ‘90, per poi rifondare la band nel 1995, senza mai raggiungere i livelli precedenti.
Avevo tuttavia detto in realtà di altri gioielli della band, riscoperti solo nelle ristampe successive. Si tratta dell’EP “Crawling Wind”, uscito a cavallo tra “Ceux du Dehors” e “UZED” e con cui ne condivide l’estetica, e “Relaps”, una raccolta di inediti tra 1984 e 1986 uscita nel 2009 chiara dimostrazione come qualsiasi cosa uscisse dalle mani di Denis fosse oro.

Passiamo ora alla band gemella dei Present (foto). Fondata dal chitarrista Roger Trigaux assieme al pianista Alain Rochette e che vede alla batteria lo stesso Daniel Denis. La formazione, a differenza degli UZ, è la classica line up rock: chitarra tastiera, basso batteria; la musica è un po’ meno classica.
Nel 1980 esce “Triskaidekaphobie“, un disco scurissimo, psicotico e molto minimale. Rispetto agli UZ c’è grosso spazio alle chitarre, fredde e frippiane, dischi sono più elettrici e forse più d’impatto e con una struttura un po’ più convenzionale. In pratica impersonificano l’altra anima di “Heresie”, la costola mancante dei nuovi UZ.
Con il successivo “Le Poison qui Rend Fou” del 1985, i Present riescono, se possibile, addirittura a migliorare il loro esordio. In questo album la loro proposta diventa forse più immediata e forse un po’ più morbida, pur mantenendo una struttura compositiva estremamente complessa e lasciando inalterata la carica oscura ipnotica dell’esordio. A differenza dei cugini, i Present, dopo un leggero appannamento, negli anni riusciranno a ritornare gli stessi standard qualitativi negli anni 2000, grazie anche a nuovi innesti che forniranno sempre nuova linfa alla band.
Abbiamo parlato anche di un’altra band belga che sottoscrisse il trattato RIO ovvero gli Aksak Maboul (foto) del polistrumentista Marc Hollander proveniente dai Cos, un'altra validissima band Canterbury attiva principalmente negli anni ‘70.
Gli Aksak non hanno nulla da invidiare ai due più illustri colleghi, in particolare con il loro secondo album del 1980 “Un peu de l'âme des bandits” che vede come membri della band nientepopodimenoché Fred Frith, Chirs Cutler e Michel Berckmans. Gli Aksak sono un mondo musicale a parte, meno rigorosi e più folli, con massicce dosi di humor che mancavano nella musica degli UZ. Le chiare influenze zappiane e avant jazz fanno di “Un peu de l'âme des bandits” una miscela esplosiva.

Purtroppo dopo questo gioiello la band si scioglie e Marcos Hollander torna con i Cos con i quali nel 1983 rilascerà il loro ultimo album “Pasiones”. Un album molto strano, un mix molto eccentrico e non sempre riuscitissimo di avant prog, jazz, zeuhl, funk e musica latino americana. Marc Hollander continuerà poi la sua collaborazione in una miriade di altri progetti, di alcuni dei quali parleremo più avanti.
Dai Cos esce fuori anche Daniel Schell che, con il suo gruppo Daniel Schell & Karo, realizzerà nel 1988 “If Windows They Have (Made to Measure Vol. 13)”, un disco molto particolare di RIO molto minimale, quasi New Age. La band proseguirà con altre due album negli anni ‘90.
Ci sta poi la folle Catherine Jauniau che, con la collaborazione di Tim Hogkinson, ci regala l’eccentrico album “Fluvial”, tra RIO, Folk e urla varie.

Ma il Belgio non finisce qui, infatti non possiamo non parlare dei Julverne (foto) in cui ritroviamo il fagotto di Michel Berckmans e altri membri degli Aksak Maboul, Present, X-Legged Sally e altre band del panorama RIO belga . Anche loro sono un gruppo chamber rock, ma molto più melodico e solare rispetto a Present e UZ. Dopo il loro primo album “Coulonneux” del ’79, negli nel 1980 pubblicano “A Neuf”, un vero gioiellino e forse il loro lavoro migliore, sicuramente un passo indietro i successivi “Emballade” del 1983 e “Ne parlons pas de malheur” del 1986 in cui la musica diventa alle volte un po’ melensa. Dopo quest’ultimo album si scioglieranno per riformarsi negli anni 2000 e realizzare un altro valido album. La loro musica molto smussata e con influenze folk può essere appetibile anche a chi non gradisce troppo gli estremismi del RIO.

La tradizione RIO belga continua fino a giorni nostri con sempre nuovi gruppi, a partire dagli X-Legged Sally che, seppur non pubblichino album negli anni ‘80, si formano nel 1988 e nel decennio successivo diventano uno dei punti di riferimento della scena chamber rock. Si prosegue poi con band come Finnegans Wake, Flat Earth Society, Humble Grumble e Aranis. Proprio quest’ultimi nel 2012 e nel 2014, con i due album “Made in Belgium” e “Made in Belgium II”, ci regalano un sentito omaggio a tutta la scena chamber rock belga con una serie di cover (molte di pezzi degli anni ’80) di tutti i più grandi compositori che l’hanno caratterizzata.

Francia terra di avanguardia

La Francia -si sa- è sempre stata una nazione attenta alle avanguardie e gli artisti francesi non hanno mai avuto paura di osare e alle volte esagerano anche un po’, ragion per cui il RIO trova terra fertile e sono davvero molti i gruppi che hanno condiviso questo approccio musicale.
Come il Belgio anche la Francia annovera due gruppi che fecero parte al movimento RIO, gli Etron Fou Leloublan (foto) e gli Art Zoyd.
I primi arrivano agli anni ‘80 nel pieno della loro maturità artistica. Rispetto ai precedenti lavori, quelli della nuova decade sono più complessi e strutturati e un po’ meno d’impatto. Discorso non valido però, per il live (contenente materiale inedito) “En public aux Etats-Unis d'Amérique” del 1980, il loro disco più diretto e viscerale. Dopo l’ingresso del tastierista Jo Thirion, nel 1982 subiscono questa piccola metamorfosi e pubblicano “Les Poumons gonflés” con la partecipazione di Fred Frith, al quale ricambieranno il piacere suonando in “Speechless”. La band, guidata dal batterista Guigou Chenevier, raffina la propria proposta, manca l’aggressività punk dei primi lavori, andando più verso un avant prog più sofisticato ed elitario ma sempre un po’ folle, con spunti cabarettistici e con gli immancabili elementi folk.
L’ottimo momento della band si conferma con il successivo “Les Sillons de la Terre” del 1984, molto simile al suo predecessore. Il percorso artistico della band chiude nel 1985 con “Face aux Éléments Déchaînés”, ennesimo album di livello di una discografia che non ha mai conosciuto cadute.
Dalle ceneri degli EFL, Guigou Chenevier è quello che avrà la carriera più ricca ed interessante. Già in parallelo agli ultimi album degli EFL realizza nel 1982 una strano disco di musica per bambini, “Arthur et les Robots“ e, nel 1984, in collaborazione con Sophie Jausserand, “À l'abri des micro-climats”, un album più simile a quanto fatto con la band.
Oltre ai dischi da solista, fonderà prima gli Encore + Grande, che realizzeranno nel 1987 “Total Bliss”, un disco con molta improvvisazione e influenze No Wave, e poi il gruppo Les Batteries di soli strumenti a percussione. Con Charles Hayward dei This Heat e Rick Brown dei Curlew e Chris Cutler, propone un mix intrigante tra RIO e Jazz sperimentale.
Da segnalare anche i dischi da solista del bassista e cantante Ferdinand Richard ed in particolare “En Avant”, con il violoncellista avant folk Tom Cora che ritroveremo pure più avanti.

Gli Art Zoyd (foto) in questa decade sono estremamente prolifici e raggiungono i loro massimi, mantenendo sempre un livello qualitativo elevato. Sono forse i più simili agli UZ e Present, caratterizzati da atmosfere sinistre e con un certo senso di compiacimento che impedisce loro di raggiungere i risultati ottenuti dai colleghi belgi. La musica attinge a piene mani alla tradizione classica di compositori come Bartock, Berlioz e Stravinsky.
La band, nata nel lontano 1968, è sempre stato un ensemble molto numeroso e con continui cambiamenti di formazione. A guidare il gruppo però troviamo sempre l’accoppiata Thierry Zaboitzeff al basso e violoncello e Gérard Hourbette al violino. I primi due album escono verso la fine degli anni ’70; nel secondo “Musique pour l'Odyssée” del 1979 partecipano anche Daniel Denis e Michel Berckmans che influenzeranno molto il suond della band. Tuttavia è negli anni ‘80 che vivono il loro periodo di massima creatività artistica indovinando una seria di album di alto livello.
Il primo di questa serie è “Génération Sans Futur” del 1980 che vede l’ingresso nella formazione della pianista Patricia Dallio che, da questo momento, rimarrà una presenza fissa e importante del gruppo. Il sound si fa più aggressivo e vira sempre più verso il chamber rock. L’anno successivo ripubblicano risuonato con una formazione differente (con l’aggiunta di piano e sax) il loro disco d’esordio “Symphonie pour le jour où brûleront les cités”. Nel 1982 continua il periodo d’oro con “Phase IV” uno dei loro dischi più famosi. Nel successivo “Les espaces inquiets” del 1983 si nota un inversione di stile. La composizione prima principalmente a panaggio di Hourbette passa maggiormente nelle mani di Zaboitzeff. L’album è più elettrico e tende a recuperare un’anima più rock, iniziano a comparare anche spunti ambient che poi saranno sempre più presenti nei dischi successivi. “Les espaces inquiets” rimane comunque un disco di transizione. il successivo “Le mariage du ciel et de l'enfer” è un balletto versione Art Zoyd, un disco più stile UZ rispetto al precedente e dall’incedere elegiaco; la composizione ritorna ad essere bilanciata fra i due leader. Rimane comunque un altro album che allunga la striscia positiva della band.AD differenza degli UZ la band francese continua con profitto anche nella seconda metà degli anni ’80. Nel 1987 “Berlin” prosegue nella direzione “Les espaces inquiets”, il suono si fa più scuro e aumenta la presenza dei synth con elementi industrial. A chiudere il percorso ci pensa “Nosferatu” del 1989. Il disco nasce come idea di una colonna sonora ideale per il famoso film di Murnau, il suond si fa più statico e la presenza dell’elettronica e di elementi industrial tocca il suo apice. Anche gli Art Zoyd chiudono quindi la decade senza passi falsi. Tuttavia, ahinoi, con la fine degli anni 80 la carriera degli Art Zoyd subirà una flessione sia in termini di prolificità che di qualità.

Andando tra i gruppi “minori”, ma di sicuro interesse, ci sono quelli che hanno ruotato attorno al tastierista Denis Tagu. Look de Bouk (foto), Hellebore e Toupidek Limonade.
I primi sono autori due album “Lacrimae Rerum” del 1985 e “Becs et Ongles” del 1991, più due raccolte successive di materiale d’archivio. Il loro RIO è abbastanza giocoso e accessibile, con spunti di Residents, Comelade e ZNR.
Gli Hellebore, i migliori del lotto, realizzano nel 1985 il solo “Il y a des Jours”, con influenze zeuhl, di musica concreta, elettronica e free jazz e ritmi non troppo frenetici.
Dagli Hellebore nascono poi i Toupidek Limonade che pubblicano, sempre nel 1985, “Il y a des nuits ... et Des Nuits” un disco di un folle chamber rock molto teatrale. La band continuerà la carriera con un altro album nel 1998 e uno nel 2007.
Daniel Koskowitz batterista degli Hellebore forma invece i NEO Museum che nel 1987 escono con “Volume 1”. Abbastanza simili ai gruppo di Tagu, propongono un Jazz-Avant-Prog molto ben suonato.
Altro gruppo interessante sono i Six cylindres en V, band che ha avuto vita molto breve e autori, nel 1984, di un ottimo disco di RIO canterburyano intitolato “Dernier Cri”. Un po’ al limite del RIO troviamo i Gutura con il loro “Des Êtres au Cerveau Apparent” del 1980, molto originale, tra elementi post-punk, chitarre distorte e una folle voce femminile.
Molto particolare è La Société Des Timides À La Parade Des Oiseaux, detta semplicemente anche STPO, nata nel 1984. Negli anni ‘80 registrerà solo un EP e qualche brano sparso in qualche compilation. Il primo album ufficiale sarà solo nel 1990, ma nel 2007 esce “Le Combat Occulté”, un doppio album di materiale d’archivio con un disco tutto pieno di registrazioni degli anni ‘80. La STPO ha un approccio molto dadaista alla musica e spazia pressoché tra ogni genere possibile, gli strumenti vengono portati al limite ma tutto sembra avere uno strano equilibrio.

Va ricordato inoltre che Francia è anche la nazione dello Zeuhl, genere che ha molto da condividere con il RIO. Sono tanti i gruppi che si trovano al confine di questi due generi. Esempio più eclatante e riuscito è certamente quello dei Dün (foto) che, con il loro unico album “Eros” del 1981, oltre ad attingere ai due generi sopra citati, contiene elementi fusion, dello Zappa del periodo di “Hot Rats” e canterburyani. Un mix unico e riuscito che fa di “Eros” uno dei capisaldi di tutto il progressive francese.

In questo limbo tra Zeuhl e RIO, oltre ai Dün troviamo altri gruppi molto interessanti tutti con un unico album all’attivo. Si comincia nel 1980 con l’omonimo album dei Noa, ristampato solo recentemente e che spazia tra Art Zoyd e Magma. L’anno successivo troviamo gli Alain Eckert Quartet, formazione che annovera elementi provenienti dagli Art Zoyd ma, a differenza di quest’ultimi, con un mood più “sbarazzino”. Infine, andando avanti ancora di un anno, nel 1982 è la volta del bizzarro e divertente “Pourquoi es-tu si Méchant ?” dei Super Freego in un’improbabile, ma riuscita, fusione tra Magma, B-52s e RIO.
Oltre a tutti questi gruppi, non va dimenticato un artista spesso sottovalutato come Albert Marcoeur. Definito da alcuni in maniera un po’ azzardato come il Frank Zappa francese, è un musicista estremamente originale e autore di una pregevole e lunga carriera, seppur non prolifica come il grande Frank. Attivo dai primi anni ‘70 sia come solista che come membro dei Nemo, è stato uno dei precursori del RIO. Negli anni ‘80 il livello qualitativo delle sue uscite rimane buone a partire da un album realizzato nel 1982 a metà con i This Heat. Mentre la facciata A del gruppo inglese è un po’ deludente, il lato B di Marcoeur brilla in inventiva. Lo stesso si può dire per “Celui où y'a Joseph” del 1983 che sarà anche l’ultimo album della decade. Senza mai deludere proseguirà ancora negli anni ‘90 e ‘00.

Svizzera: Debile Menthol & Co.

Anche in Svizzera, principalmente e ovviamente, nella parte francofona, c’è un’interessante scena RIO. I più famosi sono i Debile Menthol (foto), guidati dalla coppia Cedric Vuille e Jean-Vincent Huguenin. La loro proposta segue la strada tracciata dagli Aksak Maboul, Etron Fou e i Von Zamla, molto d’impatto, eccentrici, con influenze balcaniche. Pubblicheranno due ottimi album, “Émile au Jardin Patrologique” nel ’82 e “Battre Campagne” nel 1985, prima di sciogliersi. “Émile au Jardin Patrologique” è forse il migliore dei due, più tendente al Jazz e realizzato con una line up di 9 elementi. Nel secondo la formazione si riduce a “soli” 7 elementi e il sound, se possibile, si estremizza ancora di più, includendo spunti quasi punk alla Cardiacs.
Dalle loro ceneri nasceranno due gruppi altrettanto interessanti: i Nimal guidati da Huguenin e L'Ensemble Rayé in cui, oltre ad Huguenin, partecipano anche Vuille e altri elementi dei Debile Menthol. Questi ultimi inizieranno a pubblicare album solamente a partire dagli anni ‘90, non rientrando quindi nell’ambito di questo speciale; i primi invece riusciranno a pubblicare uno dei loro tre album prima che termini la decade.
I Nimal sono una vera e propria multinazionale del RIO, tra le sue file infatti troviamo, oltre agli ex Debile Huguenin e Rossel, anche il fisarmonicista e leader dei Begnagrad, lo sloveno Bratko Bibič, il violoncellista americano Tom Cora, che ritroveremo in diverse collaborazioni con Frith, e il batterista americano degli Orthotonics e dei Curlew Pippin Barnett. La musica non delude le attese, la base di partenza è sempre quella dei Debile Menthol ma la presenza di Tom Cora rende la musica più scura e drammatica mentre la fisarmonica di Bibič ne accentua le venature etno-folk.
Sempre dalla genia dei Debile Menthol provengono anche i Kulu Hatha Mamnua in cui militano molti dei luminari della scena RIO svizzera, tra i quali l’onnipresente Vuille. Con il loro avant prog un po’ esotico e le influenze Reggae, sono autori di un unico omonimo album nel 1986 molto particolare.

Nella controparte tedesca della Svizzera troviamo i soli No Secrets In The Family e il loro Rio/Pop cabarettistico con influenze Brechtiane. Realizzeranno 3 album: “In a Certain Light We All Appear Green” nel 1987, “Play & Strange Laughter” nel 1989 e “Kleinzeit” nel 1992.

UK e la progenie degli Henry Cow

Ovviamente le altre band fondatrici del movimento non sono rimaste con le mani in mano e, quando si parla di RIO nel regno di Sua Maestà, si parla quasi esclusivamente degli Henry Cow, padri putativi del movimento. E’ vero, la band si era sciolta sul finire degli anni ‘70, ma dalle loro ceneri nasce un enorme numero di nuove band e progetti tutti molto interessanti e i suoi ex membri durante gli anni ‘80 sono stati iperattivi, non solo in dischi e collaborazioni, ma anche nel promuovere il genere creando etichette e producendo giovani band. Certamente difficile è rincorrere tutti i loro progetti, ma cerchiamo di fare un attimo ordine su quelli che sono stati i più significativi!

Ovviamente non si può non partire dagli Art Bears con 4 ex membri: F. Frith, L. Cooper, P. Blegvad e la splendida voce di D. Krause. A questi va unito il già citato e osannato M. Hollander. Gli Art Bears fecero in tempo ad unirsi al movimento in maniera ufficiale in seconda istanza e quando entrano negli anni ‘80 stanno già agli sgoccioli della loro breve carriera, avendo già pubblicato due ottimi album dei tre totali della loro discografia. Il loro ultimo album uscito nel 1981 è “The World as It Is Today”, disco che è il giusto completamento della strada iniziata con “Praise of Learning”. con la voce della Krause che sembra essere nata per cantare sulle melodie ideate da Frith & Co. Dopo quest’album si sciolgono; Frith e Blegvad intraprendono le loro carriere solistiche mentre Cutler e la Krause, con il ritorno di Lindsay Cooper, si riconfigurano nei News From Babel, più che degni eredi del lavoro svolto dagli Art Bears.
I News from Babel (foto), nella loro altrettanto breve carriera, sono autori di due album che non abbassano minimamente la qualità delle uscite Henry Cow/Art Bears. Rispetto ai loro predecessori, il sound di questo nuovo gruppo è meno spigoloso e più omogeneo. Lindsay Cooper assume il ruolo di compositrice principale e porta una nuova freschezza e raffinatezza al sound RIO del gruppo. A rendere la proposta musicale ancora più accattivante ci pensa anche la presenza dell’arpista Zeena Parkins.
“Work Resumed on the Tower” vede la collaborazione di Georgie Born, Phil Minton and Bill Gilonis, il secondo “Letters Home” vede addirittura la presenza di Robert Wyatt.
In parallelo agli Art Bears e News From Babel, Chris Cutler dà vita al supergruppo anglo tedesco dei Cassiber tra le cui fila si annoverano musicisti eccezionali come Heiner Goebbels alle tastiere e violino e Alsfred Harth ai fiati. Nei tre dischi realizzati si spazia tra Prog e Avant Jazz con grande maestria in cui non mancano anche influenze di Noise Rock. Suonati in maniera eccellente, sono tutti e tre dischi notevoli, appesantiti però da alcuni parti recitate. Il disco d’esordio “Man or Monkey” del 1982 è forse il loro migliore ma meritevoli sono anche i successivi “Beauty and the Beast” del 1984 e “Perfect Worlds” del 1986. La band continuerà negli anni ‘90 con un altro album in studio e uno live.
Come già visto Cutler partecipa ai Les Batteries di Chenevier e sul finire della decade entra a far parte anche del gruppo post punk dei Pere Ubu ma sicuramente la sua attività più meritoria per lo sviluppo del RIO e l’attività con la sua etichetta Recommended Records (ReR) (foto) che pubblicherà e promuoverà un’infinità di album, andando a cercare artisti validi davvero in ogni angolo del globo. Testimonianza di tutto ciò sono una serie di raccolte chiamate “RēR Records Quarterly No1-4” che ci danno una panoramica di tutti gli artisti legati all’etichetta.
Autrice di una troppo spesso trascurata carriera solistica, è la stessa Lindsay Cooper che negli ‘80 è autrice di alcuni album tra cui diverse colonne sonore, tutti molto validi, meno avanguardistici, ma in cui mette un mostra una capacità di songwriting molto delicata e raffinata e in cui non mancano lievi tocchi folk. I primi due “Rags” e “Gold Diggers”, con la collaborazione di molti ex Henry Cow e la voce di Phil Minton, sono uno splendido esempio del suo stile garbato e raffinato. Divertente, ma inferiore è “The Small Screen”, colonna musicale per programmi televisivi. Forse il suo migliore è il quarto album “Music for Other Occasions”, con la collaborazione dei News From Babel al completo e quindi anche la splendida voce di Dagmar Krause.

Impossibile invece non perdersi tra i lavori di Fred Frith (foto). Gli anni ‘80 sono un continuo fermento di idee e il musicista britannico, trasferendosi negli USA, diventa un punto di riferimento assoluto della scena d’avanguardia americana degli anni ‘80. Cerchiamo quindi di limitare il range ai dischi che maggiormente rientrano nel ambito che stiamo trattando.
Non possiamo non iniziare con i suoi dischi solisti ed in particolare di due capolavori come “Gravity” del 1980 e “Speechless” del 1981. Due dischi seminali e geniali che presentano entrambi la stessa formula bipolare, ovvero per ogni lato del disco si fa accompagnare da una band diversa. Nel primo, a parte il supporto su tutto l’album di M. Hollander, si fa accompagnare dai Samla sul lato A e dai Muffins sul lato B. “Gravity” è uno dei lavori più accessibili di Frith e forse anche il migliore. Il disco è un omaggio alla musica da ballo in tutte le sue forme, nell’album convergono influenze più disparate a partire, ovviamente, dalla dance music, per passare alla musica tradizionale persiana fino al folk est europeo. Su ”Speechless” troviamo invece gli Etron Fou Leloublan come gruppo spalla per il lato A e i Massacre nel lato B. La proposta è più spigolosa e sperimentale e di conseguenza più ostica ed elitaria.
Il terzo album “Cheap at Half the Price” del 1983 riprende le influenze folk di “Gravity” ma, a differenza di quest’ultimo, è però più cantato. Il risultato è un disco con un vago sapore quasi pop, ma la voce di Frith non certo un suo punto di forza, penalizzando un po’ l’album. Migliore è il doppio del 1988 “The Technology of Tears”, che vede la collaborazione di John Zorn (con il quale successivamente formerà i Naked City). Il disco è più sperimentale dei suoi predecessori, ma estremamente consistente e stimolante. Il decennio non si chiude nei migliori di modi, con la colonna sonora “The Top of His Head”, disco molto fiacco in cui prevale la componente ambient. Seppur leggermente fuori tempo massimo non possiamo segnalare lo stupendo documentario con relativa colonna sonora “Step Across the Border” appunto incentrato su Frith mentre registra, si esibisce e improvvisa. Documentario in cui parteciperanno tanti altri musicisti che ritroveremo in questo speciale come Iva Bittova, Pavel Fajt, Rene Lussier, Haco, Tim Hodgkinson, Tom Cora e John Zorn.
In parallelo alla carriera da solista, Frith fonda o promuove nuove band, suona e collabora pressoché con tutti. Per quanto riguarda i gruppi che lo vedranno partecipe, si parte nei primi anni ‘80 con i già citati Massacre assieme a Bill Laswell e Fred Mahrer, che realizzano nel 1981 “Killing Time”, un disco di No Wave con sprazzi Noise Rock però si discostano un po’ dal genere RIO.
Altrettanto interessanti i dischi degli Skeleton Crew (foto), band nata dalla collaborazione con il geniale violoncellista Tom Cora. Nella band parteciperà per un breve periodo anche David Newhouse dei Muffins. Nel primo album “Learn to Talk” del 1984 ci suonano praticamente solo Frith e Cora. Il disco ha contaminazioni post punk e residentsiane (band con la quale ha ovviamente collaborato). Per il secondo album, “The Country Of Blinds” del 1986, da duo diventano trio con la partecipazione dell’arpista Zeena Perkins. Nel disco la Perkins oltre all’arpa suonerà anche la fisarmonica, l’organo, la batteria e canterà, arricchendo di molto il sound del gruppo. Ad ogni modo l’approccio del disco rimane simile al precedente. Purtroppo si scioglieranno dopo il secondo album, perché, secondo Frith, iniziano a suonare un po’ troppo come una normale banda rock and roll (dichiarazione alquanto opinabile).
Da segnalare anche la bizzarra collaborazione, tra Art Rock, Folk e Avant Prog, con Richard Thompson (Fairport Convention), John French (Captain Beefheart) e Henry Kaiser che nel 1987 partorirà l’album “Live, Love, Larf & Loaf” con all’interno anche un’improbabile versione di “Surfin’ USA” dei Beach Boys.
Ci sarebbero poi alcuni live dell’accoppiata Frith e Cutler, ma è improvvisazione abbastanza spinta e sono forse un po’ pesanti anche per un appassionato RIO.
Anche Tim Hodgkinson non rimane con le mani in mano ma, mentre i suoi ex compagni con progetti come Art Bears o New From Babel proseguono in qualche modo la strada intrapresa dagli Henry Cow, Hodgkinson fonda i The Work (foto) che rompono in modo abbastanza netto con la casa madre. Infatti propongono un art punk cacofonico in cui gli elementi avant prog sono una componente quasi secondari. I The Work, dopo un EP “I Hate America” e l’album “Slow Crimes” del 1982 (più diversi live), si sciolgono per riformarsi alla fine del decennio e pubblicare nel 1989 “Rubber Cage”.
Tra i due dischi Hodkinson forma gli Het, realizzando nel 1984 un solo album, “Let’s Het”, minimalista e tribale, molto alla Residents. Molto simili ai The Work (anche perché sono quasi gli stessi componenti) sono i The Momes, autori loro di “Spiralling” (1989) che è forse il migliore tra tutti questi citati. Ci sarebbe da menzionare anche “Splutter”, un disco da solista abbastanza deludente di improvvisazione.

Interessante anche l’attività di John Greaves (legata spesso alla collaborazione con Peter Blegvad) che pubblicherà i suoi primi due dischi da solista “Accident” e “Parrot Fashion” nei primi anni ‘80. Entrambi i dischi mettono in luce la sensibilità e la raffinatezza dell’artista gallese, combinando gli elementi RIO ad un pop sofisticato con elementi canterburyani. Farà anche parte del gruppo The Lodge con Blegvad, Jakko Jakszyk e Lisa Herman che, con il loro unico album “Smell of a Friend” del 1988, rimangono sempre in bilico tra pop e avant prog. L’apice della sua carriera però lo raggiungerà solo negli anni ‘90 con lo splendido album “Songs”.
I dischi invece di Peter Blegvad (che in realtà è americano, ma per motivi di parentela con gli Henry Cow lo inserisco qui), in cui spesso collabora, appunto, Greaves, sono di stampo più cantautoriale seppur sempre pervasi di elementi avant. Tra tutti “The Naked Shakespeare” del 1983 è il disco più interessante.

Cos’altro c’è in Inghilterra? Oltre alla progenie degli Henry Cow ben poco, ormai la musica nel Regno Unito ha preso un’altra strada, ma anche se non 100% RIO non si possono trascurare i This Heat (foto) e i loro successori, i Camberwell Now. I This Heat sono senza dubbio una delle band un originali e innovative del periodo ed i primi a combinare elementi punk all’avant prog e all’industrial creandosi una strada tutta loro, ripresa poi da molte altre band. Dopo lo scioccante omonimo album del ‘79, nel 1981 pubblicano “Deceit”, il loro capolavoro, in cui inglobano maggiormente gli elementi punk e attingono anche alla word music. Purtroppo la band si scioglie, ma il fondatore Charles Hayward continuerà la strada intrapresa da This Heat con i Camberwell Now, autori dell’album “The Ghost Trade”, che però non raggiungerà mai le vette della band madre.

Svezia e il Folk-RIO marchiato Zamla

In tutta la Scandinavia la nazione che ci regala più soddisfazione è ovviamente la Svezia. Qui troviamo un RIO fortemente impregnato di componenti Folk, spesso giocoso, alle volte più scuro.
Personaggio chiave di questa scena è certamente Lars Hollmer, leader dei Samla Mammas Manna (altro gruppo fondatore del movimento) e in assoluto uno dei più importanti musicisti di questo genere. Siamo nel 1980, i Samla hanno già messo le zeta diventando Zamla Mammaz Manna per indicare il loro cambio di programma e l’adesione al RIO, ma anche gli Zamla sono ormai alla fine del viaggio e nel 1980 fanno giusto in tempo a completare il loro percorso con l’ultimo grande album "Familjesprickor". Il disco è il giusto bilanciamento tra i Samla che furono e i Von Zamla che saranno la loro versione RIO. La band di Hollmer non rinnega le proprie componenti folk e le innesta in complesse strutture avant prog. Il RIO versione Zamla è meno scuro e minaccioso della corrispettiva versione franco-belga.
La band a questo punto si scioglierà, tuttavia Hollmer, con il chitarrista finlandese Eino Haapala fonda i Von Zamla (foto) per continuare la strada intrapresa. La nuova band è un mix riuscitissimo e folle tra folk, gli spunti circensi di Hollmer e il rigore e l’estetica degli UZ. Realizzano due dischi strepitosi, il primo “Zamlaranamma” è l’apice di tutta la loro produzione. Rispetto ai Samla (Zamla) diminuiscono la parti di improvvisazione e la musica è più strutturata con la fisarmonica di Hollmer a tirare le fila.
Il successivo “No Make Up” vede un cambio di formazione da 4 a 6 elementi in cui si va ad aggiungere nientepopodimeno che Michel Berckmans dagli UZ. Il disco però risulta un passo indietro rispetto al precedente, perdendo un po’ di quella freschezza che caratterizzava il lavoro precedente. Nel 1999 esce il disco “1983” contenente materiale d’archivio che raggiunge i livelli del primo.
Lars Hollmer (foto) è poi autore di un’ìmportantissima e ricchissima carriera solistica, in cui è libero di esprimere la propria musica, senza vincoli e lontano da qualsiasi etichetta. Con la sua amata fisarmonica realizza gioiellini troppo spesso trascurati. Tra il 1981 e il 1984 realizza 4 album “XII Sibiriska Cyklar”, “Vill Du Höra Mer”, “Från Natt Idag” e “Tonöga”.
Questi dischi sono caratterizzati da una maggiore immediatezza e semplicità rispetto ai Von Zamla, prevale spesso la natura giocosa dell’artista; Hollmer si mette a nudo senza troppi fronzoli.
Nel 1986 mette su la Looping Home Orchestra e realizza l’anno successivo “Vendeltid”, una eccellente via di mezzo tra l’Hollmer solista e i Von Zamla. Questo progetto andrà avanti anche negli anni ‘90 e vedrà anche la partecipazione di Fred Frith e la pubblicazione di uno stupefacente disco live. Verso la fine degli anni ‘80 si eclissa leggermente, per tornare più in forma che mai negli anni ‘90, ma questa è un’altra storia.


Tuttavia la Svezia non è solo Samla/Zamla/Hollmer: all’inizio della decade esce un altro capolavoro, “Barndomens Stigar” dei Kultivator (foto). Disco oscuro e affascinante, “Barndomens Stigar” si trova in un limbo fra RIO, Jazz, Zeuhl e Canterbury in cui però non mancano anche spunti più propriamente folk.
Purtroppo la band si scioglie, ma il leader e tastierista Johan Hedrén lo ritroveremo in un altro gruppo importante della scena avant svedese, gli Ur Kaos, assieme a un altro personaggio chiave della scena svedese, Lach’n Johnson (foto).
Gli Ur Kaos realizzeranno tre dischi, di quali solo il primo e omonimo ricade nell’arco temporale qui trattato. La musica ha molte influenze post punk, gothic e dark, tanto da ricordare in alcuni punti gruppi come i Bauhaus. Un altro riferimento importante sono i This Heat, ma meno rumorosi e più malinconici. Sicuramente è un disco interessante, ma forse lo sono ancora di più i dischi da solista di Lach, “Music for the Dying Forest” (1985) e “Songs from Cities of Decay”(1989), entrambi delle vere gemme nascoste. Anche in questi dischi esce fuori la vena scura e gotica dell’autore e ricordano molto i lavori con i Ur Kaos. L’avant prog si contamina con la psichedelia in un risultato finale coinvolgente e affascinante, specialmente nel primo dei due album. Più o meno sulle stesse coordinate troviamo anche il primo gruppo di Lach, ovvero gli Zut Un Feu Rouge, autori nel 1983 dell’EP “Kafka vs. Chaplin“ e nel 1985 dell’album “Who's Afreud”; c’è poi anche la raccolta “Explain this Country”, uscita nel 2007, contenente i primi due album più un po’ di materiale d’archivio.
Negli anni ‘90 realizzerà altri due album con gli Ur Kaos e sarà supportato da Chris Cutler nell’interessante progetto “Songs Between Cities and Waterholes”.

Ritornando più verso un folk RIO alla Samla, vanno citati i Myrbein autori nel 1981 di “Myrornas Krig”, un delizioso album derivativo.

Per completezza chiudiamo la panoramica svedese con i Kräldjursanstalten che, nel 1980 e 1981, realizzano un EP (“Nu är det allvar!!”) e un album (“Voodoo Boogie”) che potrebbero ricordare una sorta di versione avant-prog di Capitain Beefheart.
Nel resto della Scandinavia c’è molto poco, si potrebbero citare i norvegesi When che in qualche modo sono legati a C. Cutler, ma il loro strambo rock sperimentale che fa molto uso del sound collage è solo parzialmente catalogabile come RIO.

Italia, Stormy Six e L’Orchestra

E in Italia? Quando si parla dei gruppi storici del RIO italiano, spesso ci si sofferma unicamente sugli Stormy Six. Colpevolmente ci si scorda di tutta una scena molto originale e interessante, nata intorno a metà degli anni ‘70, di cui il gruppo milanese è stato sola la punta dell’iceberg. Gran parte del merito di tutto ciò va attribuita alla cooperativa musicale “L’Orchestra” (foto), di cui Franco Fabbri (Stormy Six) era il presidente e che, a partire dal 1974, ha promosso ogni genere di musica non commerciale, producendo dischi e organizzando eventi.
“L’Orchestra” è stata l’unico esempio in Italia di etichetta discografica gestita direttamente dagli stessi artisti. In questo contesto scevro (o quasi) di ogni interesse commerciale sono stati pubblicati dischi, italiani e non, che hanno fatto la storia della musica RIO (Henry Cow, Etron Fou, Art Bears, etc…) e sono emersi gruppi che purtroppo non hanno mai avuto tutto il successo che meritavano.

Non possiamo tuttavia non iniziare la nostra disamina sulla scena italiana non partendo proprio dagli Stormy Six (foto). Il gruppo italiano, appena reduce dal loro capolavoro “L’Apprendista”, si ripete nel 1980 con la “Macchina Maccheronica” che è anche il disco più propriamente RIO della loro produzione. Nell’album partecipa l’ex violoncellista degli Henry Cow Georgie Born. Il disco, rispetto ai predecessori, è più denso e complesso ma riesce a mantenere parte di quella forza d’impatto e quelle melodie accattivanti marchio di fabbrica del gruppo italiano.
Il successivo e ultimo album della loro discografia, “Al Volo”, vira leggermente verso territori più vicini all’Art Rock e New Wave, rimanendo comunque molto valido. Dopo “Al Volo” la band si scioglie e non si hanno tracce rilevanti dei loro membri, tranne una collaborazione di Fabbri con i Cassiber che, per l’occasione, diventeranno Cassix, di cui si ha qualche traccia solo in una delle raccolte della ReR.
Ma come già detto l’importanza degli Stormy Six, e in particolare di Franco Fabbri, sta anche nella gestione de L’Orchestra; infatti è proprio all’interno di questo collettivo che troviamo diversi gruppi interessanti, su tutti gli Ensemble Havadià (foto), nati dalle ceneri del Gruppo Folk Internazionale, che realizzano un album omonimo nel 1981 e un EP “Specchi” nel 1982. In particolare è proprio il primo album il vero tesoro nascosto della scena RIO italiana. Potrebbero essere visti come un giusto mix tra Opus Avantra e Stormy Six, ma gli Ensemble Havadià sono molto di più. La loro musica attinge a pieno dalla tradizione italiana, ovviamente dal folk, ma anche dall’operetta.
Molto interessanti e particolari anche i Mamma Non Piangere, guidati dal fratello di Tommaso Leddi degli Stormy Six, Lorenzo, che tra il ‘79 e l’80 realizzano i loro due album. Il loro è un RIO estremamente umoristico e insolito, fondendo il RIO con folk, filastrocche per bimbi e balli da sala.
Ovviamente non possiamo dimenticarci dei Picchio Dal Pozzo che, sempre all’interno de L’Orchestra, pubblicano nel 1980 il loro secondo album “Abbiamo Tutti i Suoi Problemi”. Rispetto al canterburyano esordio, la musica diventa volutamente più complessa, criptica e asciutta abbracciando le influenze RIO. E’ un disco di difficile assimilazione ma estremamente gratificante e senza dubbi uno degli apici dell’avant prog italiano.
L’Orchestra purtroppo chiuderà i battenti (per motivi che si possono ben immaginare) nel 1983 e la microscena italiana accuserà il colpo.

Ad ogni modo nei primi anni ‘80 troviamo altri gruppi interessanti. Ad esempio gli Art Fleury (foto) che, con il loro album d’esordio del 1980, “I Luoghi del Potere”, ricordano molto i This Heat, ma anche i Faust. Il loro è un mix sperimentale tra RIO, industrial ed elettronica. Il secondo album del 1981, “The Last Album”, è prodotto per la Sunrise Studios (la stessa di Univers Zero e Art Bears). La band vira verso un approccio più song oriented intraprendendo una strada che li porterà al terzo e meno interessante album “New Performer” che è decisamente New Wave.
Influenze RIO le possiamo trovare anche nei Confusional Quartet; anche loro hanno una forte componente New Wave che però si fonde con del Jazz rock, Zeuhl e un RIO alla Samla e Aksak Maboul.
Nella seconda metà degli anni ‘80 esce fuori un altro gruppo interessantissimo, La 1919, autori in questa decade di due album. Il primo, “L'Enorme Tragedia” del 1985, è un disco molto sperimentale con sonorità industrial. Decisamente più avant prog il secondo del 1989 “Ars Sra”. Il gruppo continuerà negli anni ‘90 collaborando addirittura con C. Cutler e C. Hayward.
Infine c’è da segnalare il ritorno sulle scene di uno dei gruppi precursori dell’avant Prog, ovvero gli Opus Avantra, con “Strata”, pubblicato nel 1989, che regge ben il confronto con gli altri album della band veneta.

E negli altri paesi dell’Europa Occidentale?

Il resto dell’Europa Occidentale propone ben poco e spesso bisogna usare un po’ di fantasia per trovare qualche band che possa rientrare nel novero. Ad esempio in Portogallo potrebbero essere citati il gruppo elettronico, sperimentale e minimalista dei Telectu, autore di una lunga e interessante discografia che arriva fino ai giorni nostri.
Più attinenti sono gli spagnoli Clónicos (foto); il loro è un avant-jazz-rock con contaminazioni no-wave, punk e folk iberico. La loro proposta molto godibile prevede l’utilizzo di molte percussioni tradizionali, sintetizzatori e strumenti di propria produzione. La loro carriera spazia dalla seconda metà degli anni ‘80 alla prima metà degli anni ‘90. Negli anni ‘80 esordiscono (nel 1985) con “Aspetti Diversi”, cui seguirà il secondo album “Figuras Españolas” del 1987. Realizzeranno altri due album negli anni ‘90 prima di sciogliersi.
Sempre in Spagna e con una proposta simile troviamo anche i Koniec che spaziano sempre tra jazz rock e avant prog con qualche spunto punk ed elettronico. Nel 1984 realizzano l’ottimo “Senza Parole” a cui poi seguiranno altri due album sulla stessa linea negli anni ‘90.

Anche una nazione come la Germania, che in ambito di rock sperimentale è sempre stata all’avanguardia, se ci limitiamo al RIO ci regala ben poco. Con un po’ di sforzi potremmo far rientrare come RIO un gruppo interessantissimo come gli Uludag con il loro avant folk prog di stampo orientale.

Il risveglio culturale nell’Europa dell’Est

Decisamente più interessante la scena dell’Europa orientale ed in particolare quella Ceca. Durante gli anni ‘80 siamo in piena Perestrojka ed inizia ad essere più semplice per i gruppi locali riuscire a pubblicare la propria musica.
Il caso più eclatante è certamente quello dei cechi Plastic People Of The Universe (foto) che meriterebbe uno speciale a parte e che però eviteremo di approfondire (per chi è interessato consiglio il libro “Rock Oltre Cortina” di Alessandro Pomponi). Attivi da fine anni ‘60, sono osteggiati e vessati dal regime; negli anni ‘80 riescono liberamente a suonare la loro musica e a pubblicare (non senza qualche vicissitudine) i propri album. Nel 1986 sono costretti dalle autorità a cambiare il loro nome e, per un breve periodo di tempo, usano il moniker Pulnoc. La loro musica è forse leggermente meno interessante della loro storia, ma rimangono comunque un esempio di un mix tra rock, blues, jazz, folk e avanguardia molto originale.
Con la fine del comunismo, sul finire degli anni ‘80 la scena musicale Ceca si mostra particolarmente in fermento, in fatti in quegli anni emerge un gruppo talentuoso di artisti che non ha nulla da invidiare alle nazioni occidentali, molti dei quali si addentrano nei territori RIO con estrema naturalezza. In particolare sono da segnale due gruppi: i Dunaj e gli Už Jsme Doma. I Dunaj (foto) sono una vera legenda del rock d’avanguardia, e non solo, della Repubblica Ceca. Al loro interno ci sono tre veri e propri fuoriclasse, come il batterista Pavel Fajt, il polistrumentista Vladimír Václavek e soprattutto la cantante e violinista Iva Bittová. Sia con i Dunaj che nei loro progetti solisti non deludono mai con il loro avant folk cameristico. Limitando l’analisi agli anni ‘80 vanno senz’altro menzionati “Impuls” dei Dunaj, “Bittová & Fajt” e “Svatba” dell’accoppiata Bittová e Fajt.

Interessantissimi e molto divertenti anche gli Už Jsme Doma che, con il loro irriverente mix tra Punk e RIO, esordiscono nel 1987 con “Uprostřed Slov”. Rinomati in patria soprattutto per i loro trascinanti concerti, continueranno la loro carriera senza mai cedimenti fino ai giorni nostri.
Si addentrano, anche se solo parzialmente, in territori avant prog i Pražský výběr, in particolare con l’album “Straka v hrsti”, registrato del 1982 ma che, censurato per motivi politici, uscirà solo nel 1989. L’album, di base new wave, presenta spunti elettronici e progressive.

Anche in altre nazioni dell’Europa Orientale troviamo band molto interessanti, come i Begnagrad (foto) del fisarmonicista Bratko Bibič in Slovenia. Il loro primo, unico e omonimo album del 1982 è un vero e proprio gioiellino di RIO con influenze folk balcaniche. La loro musica colpisce molto anche Chris Cutler che dichiara che, se il movimento RIO non si fosse sciolto, gli avrebbe sicuramente chiesto di farne parte.
Dopo questo album la band si scioglie e Bibič si unisce ai già citati Nimal, mentre alcuni altri elementi della band formano i Quatebriga, assieme al polistrumentista Milko Lazar, che rimarranno attivi fino alla fine degli anni ‘90. Rispetto ai Begnagrad il livello è inferiore, proponendo un RIO sempre molto frenetico in cui però incorporano maggiormente elementi jazz.

Nella vicina Serbia c’è da segnalare Stevan Kovacs Tickmayer che realizzerà due album con la sua Tickmayer Formatio: “Monumentomanija maleroznog prvoborca” del 1987 e “Urban Music” del 1988, molto più vicini alla classica minimalista che al rock. Il disco migliore però lo realizza da solista ed è l’ottimo live del 1988 “Spes” in cui il suo approccio classico si avvicina maggiormente al Jazz e all’Avant Prog. Negli anni ‘90 si unirà agli Science Group assieme a Fred Frith, Chirs Cutler e Bob Drake.

In Polonia, nati nel 1982, ci sono da segnalare i Reportaż che hanno collaborato anche con gli Skeleton Crew di Frith e hanno avuto il supporto di Chris Cutler. Definiti in maniera molto azzardata gli Henry Cow polacchi (inutile dire che il livello è inferiore), ma sono comunque degni di un certo interesse e hanno una discografia abbastanza ricca che arriva fino agli anni 2000. Limitandoci agli anni ’80, riescono a pubblicare nel 1987 per l’etichetta italiana ADN, caso più unico che raro per un gruppo “comunista”, il disco “Muzika”. Seguiranno poi nel 1988 un disco omonimo e “Up The River”. Tutti e tre i dischi mostrano una band che attinge a piene mani dalla produzione dei gruppi storici dell’Europa Occidentale, Henry Cow su tutti. La musica è abbastanza teatrale e in alcuni punti un po’ pretenziosa, con una voce narrativa che non rappresenta certo un valore aggiunto.
Una scena molto interessante la troviamo anche in Russia che, più di tutte le altre nazione, risente degli effetti benefici sulla libertà d’espressione della fine del comunismo.
Pionieri del genere RIO in Russia sono i misconosciuti Sonans, attivi dagli anni ‘70 che però non riescono a pubblicare album ufficiali e di cui si riesce a recuperare solo qualche bootleg e un EP. Il loro è un Chamber Prog seppur un po’ ingenuo e abbastanza accademico, molto valido e interessante.
Certamente più famosi e più facile da reperire sono gli Horizont (foto). Gruppo di dopolavoro di una fabbrica di trattori, sono attivi dagli anni ‘70 ma riescono a pubblicare due album molto belli solo nella seconda metà degli anni ‘80.
Il primo “Summer In Town” del 1986 è un prog sinfonico molto articolato, con influenze di Enid, ELP o gli estoni In Spe, ma anche di compositori classici come Prokofiev. Il secondo “The Portrait of a Boy” del 1989 se possibile è anche superiore. Gli Horizont si addentrano ancora di più nei territori RIO, pur mantenendo una struttura sinfonica. Il disco ha atmosfere più cupe e ricorda maggiormente i grandi gruppi RIO belgi.
Altro personaggio di spicco è Sergey Kuryokhin, iperattivo in mille progetti negli anni ’80, sfiora il RIO solo marginalmente. I suoi dischi in questo periodo spaziano dal Free Jazz al minimalismo, fino alla musica d’avanguardia più spinta.

Nella seconda metà degli anni ‘80, così come per la Rep. Ceca, anche in Russia la scena musicale esplode facendo emergere una miriade di band interessantissime. Molti di queste, pur non potendosi definire RIO, mescolano con originalità e naturalezza elementi d’avanguardia, elementi folk, post punk e art rock. Da segnalare in particolare spesso un approccio cameristico anche in contesti molto distanti dal prog e dal RIO. Tra queste band possiamo ricordare certamente gruppi come Auktyon, Zvuki Mu e Vezhlivy Otkaz. Quest’ultimi tra tutti sono quelli che più si avvicinano all’estetica RIO, anche se i dischi degli anni ‘80 risultano ancora un po’ acerbi rispetto a quelli degli anni successivi.

25 Album Consigliati

Fare una lista di album consigliati è stata una delle cose più difficili; mi sono subito autolimitato ad un disco per band, poi ad un certo punto ero quasi tentato di consigliarne 50, ma mi è sembrato eccessivo e dispersivo. Quindi mi sono deciso e sono ritornato all’intento inziale di 25 e non inserendo per forza quelli che ritengo più belli, ma i 25 album che possano dare una panoramica completa di tutte le sfaccettature di un genere, seppur di nicchia, estremamente variegato. Spero proprio che questa lista sia di vostro gradimento e possa aiutarvi ad addentrarvi un una scena colpevolmente misconosciuta, ma che vi riserverà molto piacevoli sorprese.

1. Le poison qui rend fou (1985) - Present
2. Ceux du Dehors (1981) - Univers Zero
3. Gravity (1980) - Fred Frith
4. Un peu de l'âme des bandits (1980) - Aksak Maboul
5. Deceit (1981) - This Heat
6. Zamlaranamma (1983) - Von Zamla
7. Abbiamo Tutti I Suoi Problemi (1980) - Picchio Dal Pozzo
8. Eros (1981) – Dün
9. Barndomens Stigar(1981) - Kultivator
10. Macchina Maccheronica (1980) - Stormy Six
11. Les Poumons gonflés (1982) - Etron Fou Leloublan
12. The Portrait of a Boy (1989) - Horizont
13. Familjesprickor (1980) - Zamla Mammaz Manna
14. Begnagrad (1982) - Begnagrad
15. Letters Home (1986) - News from Babel
16. Music for the Dying Forest (1985) - Lach’n Johnson
17. Vill Du Höra Mer (1982) - Lars Hollmer
18. The World as It Is Today (1981) - Art Bears
19. Génération sans future (1980) - Art Zoyd
20. Ensemble Havadià (1981) - Ensemble Havadià
21. Il y a des jours (1985) - Hellebore
22. Uprostřed Slov (1989) - Už Jsme Doma
23. Man or Monkey (1982) - Cassiber
24. A Neuf (1980) - Julverne
25. Nimal (1987) - Nimal


QUI la 2a parte



Bookmark and Share

Italian
English