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6 DISCHI PER IL 2017 A cura della redazione di Arlequins
 

Ancora una volta la nostra Redazione vi propone la propria selezione degli album usciti nell’anno da poco trascorso. Come al solito va ricordato che non si tratta necessariamente dei 6 album migliori dell’anno bensì di 6 proposte di ascolto per degli album ritenuti validi e meritevoli di segnalazione tra le innumerevoli uscite che affollano il parco delle pubblicazioni assimilabili, in qualche modo, al Prog. Come sempre, vi auguriamo buona lettura!



VALENTINO BUTTI

BIG BIG TRAIN - "Grimspound": Ormai non ci sorprendiamo più delle capacità del gruppo di mantenere un livello qualitativo davvero alto, tanto che nel 2017 sono stati addirittura 2 gli album in studio pubblicati. Dalla voce di Longdon, alle tastiere di Manning, passando per gli archi di Rachel Hall, tutto è ormai riconoscibilissimo ma oltremodo affascinante.

WOBBLER - "From Silence to Somewhere": Progressive? Regressive? Regressive? Progressive? L'eterno "dilemma"...Eppure la band norvegese con "From Silence to Somewhere" si conferma ai vertici di un certo modo di fare musica: un occhio al passato (anche tutti e due se volete...) ed una sbirciata all'oggi. Ce n'è abbastanza per rimanerne conquistati.

ARABS IN ASPIC - "Synderes Magi": Quest'anno sono rimasto affascinato (più che negli anni scorsi) dai suoni vintage. Ed ecco Wobbler, Agusa, Siena Root e questi Arabs in aspic che andavano spesso in heavy rotation nel mio sgangherato mini stereo. Musiche cupe ed oscure, il cantato in norvegese, hard rock e psichedelia. Magari nulla di nuovo. Sicuramente nulla di nuovo, ma album di assoluta bellezza

DISCIPLINE - "Captives of the Wine Dark Sea": Un gruppo storico della scena americana che mai ha tradito le attese. Forse più accessibili che in passato, ma la creatività di Parmenter e soci è sempre di valore assoluto.

BUBBLEMATH - "Edit Peptide": Quando ti accorgi di essere talvolta musicalmente inadeguato. Ti imbatti in qualcosa che non sai spiegare, ma ti conquista, non ti lascia più e non sai spiegarti il perché. Mi sono fatto dei nomi per inquadrarli un po': i Gentle Giant più elettrici, gli Echolyn più duri e schizzati, un po' di follia tutta loro. E' il mio album preferito del 2017. E non so spiegarmi il perché...

KAPREKAR'S CONSTANT - "Fate Outsmarts Desire": Incuriosito da un amico burlon-prog mi sono avvicinato a quest'album che ospita, tra l'altro, il sax di David Jackson e la voce della figlia Dorie. A capo del progetto i polistrumentisti Al Nicholson e Nick Jefferson. Il risultato è un mix moderno tra Jetrhro Tull, Genesis, BBT e molto altro. Davvero piacevole.

ROBERTO VANALI

JOHANNES LULEY – “Qitara”: tenuto conto che quest’anno non c’è un disco dell’anno, ma ci sono diversi dischi di ottimo valore che metto più o meno sullo stesso piano, inizio da questo lavoro che è, a mio parere, il più intrigante e divertente. Jazz rock di grande pregio, con strumentisti eccezionali, strizzate d’occhio a vari periodi di carriera di F. Zappa, ma anche di Mahavishnu, di Corea ecc. tutto trattato con rigorosa serietà e professionalità.

TROJKA – “I Speilvendthet”: esordio e sorpresa dell’anno, questo gruppo norvegese mi ha colpito e fatto innamorare fin dal primo ascolto. La primissima impressione è stata quella di ascoltare, a tratti, i Soft Machine dei primi due album, è infatti fortissima la componente psichedelica di fine anni ’60, poi tutto gira in bilico tra folk nordico, flauti, accenni jazz, il tutto condito con un po’ di stranezza e follia. Per un prodotto davvero interessante.

MIRIODOR – “Signal 9”: Non c’è nulla da fare: esce un disco dei Miriodor e inevitabilmente finisce nella mia personale best list. Quel loro sapiente lavorare tra RIO moderato, Canterbury, Jazz, capace di spaziare in maniera sublime e sempre nuova tra tutte le sfumatura dei generi mi colpisce ogni volta.

INNER EAR BRIGADE – “Dromology”: La loro proposta, anche questa volta, fa centro. La miscela di teatralità zappiana, jazz rock strumentalmente ardito, Mahavishnu Orchestra e tratti più orchestrali, sradicata dall’oggi e riportata 40 anni indietro, colpisce e convince.

ACCORDO DEI CONTRARI – “Violato Intatto”: il mio consiglio per l’Italia prog del 2017 va a loro che rubano di un soffio la piazza all’esordio dei Möbius Strip. Gli AdC sono ormai una certezza e questo nuovo album conferma che il loro jazz rock progressivo elegante, raffinato, puntuale e mai fuori dalle righe è ormai percorso garantito e sempre più apprezzato.

HOLLOW EARTH – “Out of Atlantis”: questo è il disco che è passato più volte nel mio lettore. Forse non il più originale dell’anno, anzi, ma un disco che è riuscito a coniugare in maniera piacevolissima e persino personale la psichedelia dei primi Pink Floyd, l’hard style dei Deep Purple e i tratti sinfonici dei Caravan … e non solo.

JESSICA ATTENE

VEZHLIVY OTKAZ – "Voennye Kuplety / War Songs": ritorno questo per me molto atteso. Si tratta di una grande conferma. Ritroviamo la formula di un RIO cameristico dalle inflessioni Jazz Rock in forma più squadrata e prepotente rispetto al precedente album, "Geese and Swans" / "Gusi Lebedi", capolavoro che forse non viene eguagliato. Non rammarichiamoci però troppo, si tratta comunque di un gran bel disco.

BIG BIG TRAIN - "Grimspound": il gruppo necessita ormai di poche presentazioni e questo album è uno di quelli che probabilmente esprime al meglio il loro stile. Performance di Longdon eccelsa e picchi emotivi davvero intensi. A ragione sono attualmente fra i più amati nell'ambito del prog sinfonico.

TUSMØRKE - "Hinsides": anche qui il gruppo conferma tutte le aspettative. Stile consolidato che vede la compenetrazione fra elementi folk nordici e sinfonici con sonorità squisitamente vintage. La musica, non troppo seria, è di grande appeal. Da ascoltare più volte.

PROCOSMIAN FANNYFIDDLERS - "Happy Accident": amo il loro essere totalmente fuori di testa, il loro caos, il loro irriverente modo di sbrodolarci addosso il loro folle prog folk nordico. Antidepressivi puri.

WOBBLER - "From Silence to Somewhere": anche i falsi sono belli e questi falsi sono d'autore. Un gruppo che riesce a recuperare tutto ciò che può piacere al classico appassionato prog e te lo serve su un piatto d'argento. Veramente difficile non provare piacere ascoltando questa musica.

MEDIABANDA - "Bombas en el Aire": jazz rock d'avanguardia con una splendida voce femminile. Formula particolarmente caustica che ti lascia al tappeto. Soluzioni audaci con molte contaminazioni. Da apprezzare la loro voglia di sperimentare. Il loro modo di lanciarsi sempre sostenuto da grande tecnica.

ALBERTO NUCCI

BIG BIG TRAIN - “Grimspound”: E’ sempre un piacere scoprire ogni nuovo capitolo della discografia dei Big Big Train… ma per “Grimspound” il piacere, a mio giudizio, si è addirittura incrementato, essendo riuscito il gruppo a mettere assieme una collezione di canzoni che ritengo superiore alla pur ottima media delle ultime sue produzioni. Sarà banale, ma l’album che ho maggiormente apprezzato nell’anno è stato proprio questo.

ISILDURS BANE & STEVE HOGARTH - “Colours not Found in Nature”: Non mi aspettavo invece di apprezzare così tanto questa joint venture tra l’oramai storica band svedese e la non apprezzatissima ugola di Hogarth. Canzoni costruite appositamente per la sua voce che riescono a valorizzarla al meglio e nel contempo a toccare i tasti giusti dal punto di vista musicale.

ACCORDO DEI CONTRARI - “Violato Intatto”: ancora una conferma per il gruppo bolognese. C’è ben poco d’altro da dire, se non che forse è il loro miglior album: una garanzia.

FRUTERIA TOÑI - “Tiengo Mis Dias Buenos”: Anche per gli spagnoli si tratta di una conferma, dopo l’ottimo album d’esordio. Anzi… il gruppo si è spinto decisamente oltre, confezionando un album eclettico e ben assemblato, senza voler forzatamente rimanere in ambito Prog ma spaziando efficacemente anche tra generi apparentemente poco ortodossi.

MOGADOR - “Chaptersend”: Il miglior album italiano dell’anno nella categoria Prog Sinfonico, a mio parere. Stranamente poco considerato in giro ma personalmente l’ho ascoltato con deciso piacere.

SCHOOLTREE - “Heterotopia”: Un’opera rock non convenzionale, anch’essa caratterizzata da un interessante eclettismo musicale. L’ideatrice e la principale mente dietro a tutto ciò è una giovane musicista americana di cui, spero, continueremo a sentir parlare.

FRANCESCO INGLIMA

VEZHLIVY OTKAZ - "War Songs": Probabilmente il loro disco più progressive e più ambizioso. Pur rimanendo in ambito RIO è un disco di maggior impatto rispetto al precedente. Un’unica grande suite sui temi della guerra, un sound aggressivo come non mai a dimostrazione di una band che non accusa flessioni con il passare degli anni.

GESU NO KIWAMI OTOME - "Daruma Ringo": Segnalazione un po' atipica in quanto si tratta di un disco pop di una delle band di maggior successo della scena giapponese odierna. Pur essendo fondamentalmente pop questo album contiene tanto, tantissimo progressive e dei musicisti davvero eccezionali, basti pensare ad un brano come "Darumasan" in cui la band nipponica sembra una versione schizofrenica degli Yes. Consigliato a tutti gli appassionati prog scevri di preconcetti!

PHLOX - "Keri": Il gruppo estone con il loro jazz rock sempre nuovo e diverso si confermano come uno dei migliori gruppi attualmente in circolazione. Forse rispetto ai predecessori è più discontinuo, ma ha dei picchi di qualità assoluta che lo collocano comodamente tra i migliori dischi dell'anno.

ACCORDO DEI CONTRARI - "Violato Intatto": Altra conferma per uno dei gruppi italiani migliori attualmente in circolazione. Questo è il disco della loro maturità, in cui il loro jazz rock molto strutturato diventa impeccabile e inattaccabile.

BIG HOGG - "Gargoyles": Per quanto mi riguarda, una delle rivelazioni dell’anno. Un canterbury poppeggiante estremamente fresco e godibile. Uno degli album che ho ascoltato maggiormente quest’anno.

TUSMØRKE - "Hinsides": Scoperti in ritardo non li ho mai potuti inserire nelle selezioni degli scorsi anni. “Espio la colpa” segnalandoli quest’anno con questo album che forse non è il loro migliore, ma che li conferma come una delle band nordiche migliori in circolazione riuscendo ad abbinare folk e sinfonico con abbondanti dosi di humor.

MICHELE MERENDA

ACCORDO DEI CONTRARI - “Violato Intatto”: Sembrano un po’ tutti concordi nel dire che questo quarto lavoro, ad oggi, sia il più maturo ed equilibrato nella discografia del gruppo bolognese. C’è poco da aggiungere, perché il jazz-rock (quasi interamente) strumentale del quartetto nostrano suona davvero collaudato e presenta pochissimi momenti di stanca, privo di quella “autoreferenziale cervelloticità” in cui è facile scivolare. Tutto quanto di buono è stato fatto fino a questo momento, qui viene condensato e reso al meglio.

ISILDURS BANE - “Off the Radar”: Non si poteva non citare l’ultima uscita della band svedese, piaccia o non piaccia. Gli otto scandinavi (a cui occorre aggiungere anche il noto batterista americano Pat Mastelotto) si confermano ancora una volta simili solo a loro stessi, senza alcun termine di paragone. La proposta non poteva certo essere delle più facili, era inevitabile viste anche le opere precedenti, ma in determinati punti dell’album si rivive l’ispirazione del passato, anche se ciò non risulta essere esattamente una costante.

MACHINE MASS - “Plays Hendrix”: Ci sarebbero stati almeno un altro paio di album chitarristici da segnalare nel 2017, assolutamente ottimi, ma questo dei belga-statunitensi va citato per la sua particolarità. Formazione sempre in evoluzione che ha come nocciolo il duo Delville/Bianco e che affonda le sue radici nei The Wrong Object, assieme al tastierista Antoine Guanet stavolta affronta il magma musicale di Jimi Hendrix, lo scompone, lo studia e poi lo riassembla in maniera se possibile ancora più bollente e distruttiva, confermando la matrice made in MoonJune Records. Evidente l’estrazione jazz, confluita nel sentiero dell’avanguardia. Rispetto dei brani originali e allo stesso tempo interpretazione personale da ascoltare con molta attenzione.

MAGIC BUS - “Philipp the Egg”: Vero, l’originalità ad ogni costo è un’ambizione notevole ed ammirevole, ma si può comunque regalare musica convincente rifacendosi al passato in maniera arguta. Non è una novità, il sestetto britannico viene fatto rientrare stilisticamente nella (ampia) Canterbury scene, accostandolo soprattutto alle terre “grigie e rosa” dei Caravan. Ma subito dopo i riferimenti volutamente smaccati, c’è di più. Canterbury si diceva, quindi anche Gong e tanti altri (come il titolo dell’album suggerirebbe, peraltro). Belle soprattutto le lunghe code strumentali, capaci di entusiasmare più di quei gruppi che in maniera sfacciata si rifanno a nomi ancora più altisonanti, ultimamente inneggiati un po’ da tutti.

PHOENIX AGAIN - “Unexplored”: Ecco un lavoro da consigliare a chi si volesse avvicinare al prog attuale senza incorrere in traumi di alcun genere… Anche questa volta la proposta del gruppo italiano si fa ascoltare con molto piacere, risultando totalmente accessibile e allo stesso tempo mai “sempliciona”. Vi sono i classici stilemi che l’appassionato del genere vorrebbe sentire, soprattutto per chi è rimasto affezionato a certe strutture ormai (purtroppo?) standardizzate. Molto godibile e a suo modo gioviale, soprattutto quando partono gli assoli. Buoni anche gli inserimenti acustici.

TAYLOR’S UNIVERSE - “Almost Perfected”: La prolificità di Robin Taylor non conosce battute d’arresto e la qualità non ne risente affatto. Anzi, sembra che ogni volta si abbia di fronte il miglior prodotto del musicista danese, che continua ad essere affiancato da validissimi colleghi. Le proposte si fanno sempre più accessibili e musicali, pur rimanendo in quella ironia sarcastica e sghemba che oscilla tra jazz-rock e psichedelia. Un personaggio che meriterebbe di essere conosciuto maggiormente.

GIOVANNI CARTA

PIXIE NINJA - "Ultrasound" : Progetto che vede la partecipazione anche di Mattias Olsson, con "Ultrasound" siamo in una sorta di zona del crepuscolo dove spesse coltri di nebbie vintage, un po' Goblin e King Crimson, si contaminano con sonorità elettroniche ed attitudine da soundtrack horror, non troppo distante dagli umori gotici dei Morte Macabre.

SEVEN THAT SPELLS - "The Death and Resurrection of Krautrock: Omega": Terzo ed ultimo capitolo di un'epica trilogia partita come celebrazione del kraut rock ma che ha seguito le strade piuttosto peculiari di un rock psichedelico contemporaneo a forti tinte hard e dai richiami balcanici (i Seven That Spells sono infatti croati).

COBRA FAMILY PICNIC - "Magnetic Anomaly": Bel disco di space psych rock direttamente da Tucson, Arizona, pregno di vibrazioni cosmiche, con le dovute sonorità kraut-acide ed efficacia lisergica garantita.

THE UNIVERSE BY EAR - "The Universe by Ear": Esordio per questo trio svizzero che si pone in un'interessante posizione ibrida di progressive-stoner-alt rock, disco eclettico che forse potrebbe fare storcere il naso a qualcuno ma che non lesina in fatto di profondità progressiva.

MAJOR PARKINSON - "Blackbox" : Altri norvegesi che amano rimestare nel torbido, il loro ultimo album si potrebbe definire come una sorta di rivisitazione goth-rock dei Cardiacs, eccentrico nella sostanza e dotato di un'estetica musicale alquanto macabra, morbosa ed allo stesso tempo assai ludica e spiazzante.

SO SLOW - "3T": Dalla nutrita e turbolenta scena alternativa polacca si sono messi in evidenza i So Slow con un ultimo disco di psichedelia monolitica e deviata verso sonorità claustrofobiche ed elettroniche, un ottimo esempio di come certe istanze più estreme del post rock/core si accostano spesso ad un linguaggio progressive.

ANTONIO PIACENTINI

WOBBLER - "From Silence to Somewhere": Tutto quello che può piacere ad un appassionato prog che ha conosciuto questo genere negli anni '90 lo trovi in questo disco. E dal vivo loro rimangono una sicurezza.

JINETES NEGROS - "Definitiva Mente": Il gruppo argentino propone l'ennesimo disco ad alto livello, qui in versione concept. E Marcelo Ezcurra è una delle più belle voci del rock progressive.

THINKING PLAGUE - "Hoping Against Hope": Disco relativamente più "semplice" per la band americana, con una straordinaria Elaine Di Falco a tenere le redini come sempre.

HADAL SHERPA - "Hadal Sherpa": Gruppo finlandese autori di un disco strumentale delizioso, a tratti Ozric Tentacles, a tratti fusion ma con un risultato molto personale e coinvolgente. E' stato il disco che quest'anno ho ascoltato di più.

CAST - "Power and Outcome": Alla fine ai Cast voglio bene, e non è semplice dopo 30 anni di carriera riuscire a fare dischi belli di prog sinfonico. E questo lavoro è molto bello.

NOVA COLLECTIVE - "The Further Side": Ogni tanto il riccardone che c'è dentro di me esce fuori e questo progetto al quale partecipano membri di Haken, Between The Buried And Me e Trioscapes è la sagra della riccardonata. Metal, jazz, fusion mischiati in un disco strumentale che alla fine è una enorme jam session di classe. A me è piaciuto.

PEPPE DI SPIRITO

ISILDURS BANE - "Off the Radar": Ci mancavano e se ne vengono fuori con ben due dischi. Uno in compagnia di Steve Hogarth, già bellissimo. E poi questo "Off the radar" che prosegue al meglio il discorso lasciato in sospeso qualche annetto fa. Interamente strumentale, ci propone una serie di composizioni che sembrano aggiornare i primi volumi della serie Mind, tra reminiscenze zappiane condite da acrobazie percussive, passaggi sinfonico-romantici, sperimentazioni sonore e la giusta dose di elettronica.

UNREAL CITY - "Frammenti Notturni": Possiamo tranquillamente dire che, giunti alla terza prova in studio, gli Unreal City sono una garanzia. La solita manna dal cielo per gli amanti del rock sinfonico all'italiana con tastiere protagoniste principali e gruppo che ormai è un vero punto di riferimento del genere oggigiorno.

NEXUS - "En el Comienzo del Topos Uranos": Discorso simile a quello degli Unreal City. Continuando a miscelare influenze derivanti dalle pagine storiche di ELP e Genesis, gli argentini Nexus realizzano un disco bellissimo, prevalentemente strumentale e col leader e tastierista Lalo Huber ben sugli scudi. Consolidano pienamente la loro posizione tra i più meritevoli artisti di rock sinfonico degli ultimi venti anni.

ACCORDO DEI CONTRARI - "Violato Intatto": Settantatré minuti di pura adrenalina jazz-rock per la band italiana che non sbaglia un colpo. Forse un po' lunghetto, ma senza sbavature, senza punti deboli e perfetta sintesi e unione di tecnica e cuore.

WHITE WILLOW - "Future Hopes": Un disco che inizialmente può spiazzare per certi timbri un po' troppo sintetici e per l'immediatezza melodica di alcuni momenti. Ma una volta immersi in pieno nella musica proposta dalla band norvegese si viene cullati dalla dolce malinconia che riporta alle delicate atmosfere degli esordi. Un gioiellino che forse non sarà capito da molti.

MÖBIUS STRIP - "Möbius Strip": Ok, sono evidenti le influenze dei classici del jazz-rock, Weather Report in primis. Eppure tutto è costruito con grande ingegno, col risultato che questo disco affascina e trascina dal primo all'ultimo minuto. Senza dubbio uno dei migliori esordi del 2017.

MAURO RANCHICCHIO

AGUSA - "Agusa": La formula è sempre quella, ma stavolta si nota uno sforzo compositivo che porta la band svedese ad allontanarsi un po' dalle coordinate dell'improvvisazione e guadagnare in raffinatezza melodica. Non mancano certo gli effluvi psichedelici e le melodie basate sui ritmi folkloristici scandinavi, portate avanti dall'onnipresente flauto, l'organo Hammond o la chitarra, per cui si finisce per volerne ascoltare ancora per marciare a ritmo di gånglåt.

HADAL SHERPA - "Hadal Sherpa": Esordio per questo gruppo finlandese che fa della freschezza delle melodie (interamente strumentali) il proprio punto di forza, brani spesso sospinti da aneliti cosmici ma non perfettamente inquadrabili nello space-rock, una sorta di versione più organica dei primi Ozric Tentacles che spesso e volentieri si abbandona a tentazioni etniche (non finniche ma mediterranee!) riuscitissime.

JORDSJØ - "Jord": E' ancora possibile che un demo o più precisamente un album edito solo su cassetta possa far scalpore al giorno d'oggi? Successe per i Wobbler quindici anni fa, e la storia si ripete con questo progetto del polistrumentista norvegese Håkon Oftung, anche membro aggiunto degli stessi Wobbler e dei Tusmørke. I profumi sinfonici di Änglagård e Landberk si fondono con un suono più grezzo alla Hawkwind e vaghi influssi kraut-rock, il tutto enfatizzato da una registrazione un po' rustica. Infine ristampato "per acclamazione" su CD e vinile.

WOBBLER - "From Silence to Somewhere": Il gruppo di Lars Fredrik Frøislie e compagni non sbaglia un colpo, e con questo quarto album, che segna un avvicendamento nel reparto chitarre, pare aver trovato definitivamente la sua "voce", abbandonando del tutto le derivazioni Änglagård/Sinkadus in favore di un prog sinfonico venato di folk (Gryphon?) dalla grande personalità, merito anche dell'apporto creativo dell'ormai consolidato vocalist Andreas Prestmo.

CARAVELA ESCARLATE - "Caravela Escarlate": Il secondo lavoro di questo trio brasiliano, un album ancora di scarsa diffusione in Europa, che ho scoperto solo di recente e devo ancora metabolizzare, ma che mi ha entusiasmato immediatamente, contenendo tutti gli ingredienti che amo nel prog sinfonico. E' il progetto del polistrumentista David Paiva, ma spesso e volentieri è il tastierista Ronaldo Rodrigues a farla da padrone, con la chitarra relegata ad un ruolo di rifinitura e il nostalgico cantato (lo so, è un luogo comune!) in portoghese ad aggiungere romanticismo. Da cercare e procurarsi senza indugio!

PETER HAMMILL - "From the Trees": Forse non potrei essere obiettivo parlando di Hammill, ma riconosco che nella vastità delle sue produzioni, alcuni capitoli possano risultare un po' indigesti (vedi il precedente album "cinematografico" costruito con frammenti di canzoni…). Mi conforta quindi leggere sulla stampa specializzata gli stessi elogi che riserverei a questo nuovo album: brani in formato tradizionale composti al piano o alla chitarra acustica di ispirazione cristallina, con alcune delle sue migliori liriche in assoluto, che vedono personaggi (spesso non esenti da caratteri autobiografici) affrontare rivelazioni ed epifanie nell'autunno della propria vita.



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