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6 DISCHI PER IL 2021 A cura della redazione di Arlequins
 

Vogliamo ricordare il 2021 come l’ultimo anno della pandemia. Vorremmo anche ricordarlo per la musica e, come ormai succede da tempo, abbiamo comunque avuto numerose pubblicazioni di buon livello. Forse quest’anno sono mancati i guizzi che si stagliassero in modo deciso al di sopra della massa, qualcosa che innalzasse il livello medio che, comunque, riesce a darci diverse soddisfazioni ma che forse non produce album che negli anni verranno ricordati e che riusciranno ad invecchiare bene. Il tempo ci dirà se si tratta di previsioni staccate dalla realtà. Ad ogni modo ricordo che i titoli presenti in queste segnalazioni sono prevalentemente dei consigli d’ascolto, con poche velleità di voler indicare necessariamente le migliori uscite in assoluto, anche se, inevitabilmente, alcuni titoli ricorreranno più volte di altri. Buona lettura.



ANTONIO PIACENTINI

SKE - "Insolubilia ": il disco più bello di quest'anno. Completo, ricco di spunti e di idee. Uno di quei dischi che tra dieci anni continuerà ancora a suonare nel lettore (e ultimamente non ce ne sono stati tanti).

IL PORTO DI VENERE - “...e pensa che mi meraviglio ancora”: il progetto di Maurizio di Tollo e Cristiano Roversi è la seconda uscita italiana degna di nota nel panorama rock progressive di quest'anno. Le due anime del gruppo si completano dando vita a un disco con diverse sfaccettature tutte da scoprire e da riscoprire.

AGUSA - “En Annan Värld”: ci voleva un disco svedese anche nel 2022. Gli Agusa propongono un risultato godibilissimo che si rifà ai classici del genere scandinavo.

CICCADA - “Harvest”: Terzo lavoro del gruppo greco e forse siamo di fronte al loro lavoro migliore. Prog folk di classe e fatto veramente bene.

CAST - “Vigesimus”: Non per la bellezza del disco (che comunque è bello) ma più che altro per dare merito alla carriera del gruppo messicano che arriva al suo ventesimo lavoro.

MOTORPSYCHO - “Kingdom of Oblivion”: non il loro lavoro migliore ma quello che ho ascoltato di più quest'anno. La loro formula di rock progressive e psichedelia è comunque sempre a livelli molto alti.

MAURO RANCHICCHIO

AGUSA - "En annan värld": nonostante i cambi di formazione che li hanno lasciati con un solo membro fondatore, gli Agusa sfornano quello che potrebbe essere considerato il loro lavoro più raffinato, due lunghe suite che scorrono con invidiabile naturalezza, con la novità di echi canterburiani graditissimi.

CICCADA - "Harvest": ogni album, una garanzia; sono poche le band odierne che possono vantarsi di aver trovato il perfetto equilibrio tra rock sinfonico, influenze folk e jazz. Anche loro, un gruppo in costante ascesa: le aspettative per il quarto album sono altissime, la loro musica un tesoro da non dilapidare la cui ricchezza discreta conquista già al primo ascolto.

JORDSJØ - "Pastoralia": come i due gruppi precedenti, anche il progetto di Håkon Oftung non sbaglia un colpo: un album organico e dal sapore antico, intimistico e pastorale quanto affermato dal titolo e senza l'ombra di riempitivi. L'eredità di Änglagård e Landberk è in ottime mani.

ISILDURS BANE & PETER HAMMILL - “In disequilibrium": come già il precedente "In Amazonia", si tratta di un lavoro spigoloso e non immediato che potrà rivelarsi nella sua bellezza solo dopo un nutrito numero di ascolti. Peter Hammill stavolta è coinvolto nella scrittura già dall'inizio, e l'album ne risente in positivo.

KORNMO - "Fimbulvinter": ancora una graditissima sorpresa dalla Norvegia; il loro due album precedenti furono penalizzati dalla distribuzione quasi inesistente, per fortuna un meritato contratto discografico ci permette di apprezzare questo gioiellino di puro prog sinfonico molto ispirato.

TRETTIOÅRIGA KRIGET - "Till horisonten": gli inossidabili svedesi ci deliziano con il quinto album di questa nuova fase della loro carriera, iniziata con la reunion del 2004, e l'ispirazione torna ai massimi livelli dopo il mezzo passo falso di "Seaside Air", coincidendo con il ritorno all'adozione della lingua madre.

VALENTINO BUTTI

K'MONO - "Return to the 'E' ": Trio statunitense scovato per caso su internet attratto dalla bella copertina che ricorda vagamente i lavori di Roger Dean. Meno di 40 minuti per 5 brani pubblicati solo su bandcamp e su musicassetta (!!) per un sound che coniuga aperture sinfoniche ed un pizzico di psichedelia. La registrazione non ottimale ne aumenta il fascino vintage.

WIPPY BONSTACK - "Wippy Bonstack's dataland": Sempre difficile giudicare il lavoro di una one-man-band e di apprezzarne appieno il valore. Invece Ben Conigiularo (il nome del giovanissimo polistrumentista titolare del progetto) ha realizzato un lavoro davvero molto bello eterogeneo e bizzarro. I primi nomi che mi sono venuti in mente nell'ascoltare il lavoro sono stati gli Echolyn ed i Bubblemath, nei momenti più heavy: motivi più che sufficienti per apprezzare questo lavoro.

JORDSJØ - “Pastoralia": Duo in continua ascesa, dopo già l'ottimo "Nattfiolen", che con "Pastoralia" prosegue nel suo percorso tra folk e sinfonico. Ottimo davvero.

CALIGONAUT - "Magnified as a giant": Ancora dalla Norvegia segnalo l'ultimo progetto del chitarrista ( e voce per l'occasione) di Michael Bjorndal (Airbag, Biorn Riis Band) a nome Caligonaut. Un album davvero gradevole, sinfonico, a volte a tinte pastello, molto melodico ma anche sufficientemente articolato dal punto di vista strumentale. Davvero una piacevole sorpresa.

TUSMØRKE - "Nordisk Krim": Gruppo "pazzerello" che quando si mette d'impegno stupisce e non...tradisce. C'è un po' di tutto in "Nordisk Krim": il folk, l'hard rock, la psichedelia... e poi c'è "Mumia" il mio brano-inno del 2021.

DEPARTMENT OF REVENGE - "Shut up and pay the bill": Album registrato (da quel che ho capito) nel 2013 e pubblicato nel 2021... Un power trio che in alcuni brani ricorda molto i Rush dell'ultimo periodo della Fase 2 e quelli della fase 3 (da "Moving pictures a "Power windows" più o meno) ma anche con momenti fusion, jazz rock e di rock alternativo. Purtroppo pure loro solo su Bandcamp...

FRANCESCO INGLIMA

SKE - "Insolubilia": Il nostro Paolo Botta raccoglie attorno a se un parterre di collaboratori d'eccezione per uno dei migliori dischi italiani degli ultimi 10 anni. Un album che spazia a 360° nel mondo del prog senza mai risultare nostalgico o derivativo. Si va dal canterbury al sinfonico, dal RIO ai grandi compositori del 900 in un disco che è frutto di una visione solistica, ma al tempo stesso è un eccellente lavoro di insieme.

SHAMBLEMATHS - “Shamblemaths 2”: Un appassionato di prog non puh chiedere di meglio: disco godurioso e bombastico, si va da ritmi frenetici e compulsivi a melodie sensuali per passare da complesse armonie vocali senza mai risultare dispersivo e disomogeneo.

BLACK MIDI - “Cavalcade”: Si può fare avant prog e al tempo stesso avere l'impatto di un gruppo punk, i Black Midi ci riescono alla grande con questo delirio sonoro che travolge l'ascoltatore in un vortice di tempi dispari, armonie complesse e divertentissime nerdate musicali.

JACK O' THE CLOCK - “Leaving California”: Loro non sbagliano un album! Non hanno paura di contaminarsi, in questo album rimane forte la componente folk americana, ma fa capolino anche quella britannica con chiari rimandi a Pentagle e Fairport Convention; così come presenti rimandi all'art pop raffinato alla David Sylvian. Tutto ciò non deve spaventare, la componente prog rimane salda e predominante.

EMBRYO - “Auf auf”: Con la morte di Christian Burchard sembrava terminata definitivamente l'avventura degli Embryo, ma inaspettatamente ci pensa la figlia di Christian, Marja, a portare avanti il progetto. Il risultato va al di là di ogni più rosa aspettativa, con un album in cui manca la componente più freak, ma fortemente ancorato alle radici: jazz rock e influenze orientali, comunque Embryo al 100%.

SAN SALVADOR - “La grande folie”: Mi gioco la quota di album "prog di striscio" con il debutto di questa band proveniente da un paese di 300 abitanti della Nuova Aquitania. Il genere è il canto polifonico occitano, ma il disco pure pescando a piene mani dalla tradizione suona molto fresco. Le strutture ritmiche intrecciate e le complesse armonie vocali lo rendono appetibile per qualsiasi appassionato prog.

MICHELE MERENDA

AGUSA - "En annan värld": Quarto album in studio, formato da due brani molto lunghi come già fatto sul secondo lavoro (che sia una loro prerogativa sulle uscite di numero pari?!). Si tratta di una prova molto convincente, dove la prima composizione si rivela un riuscitissimo excursus nel rock, progressivo e non solo. La seconda è invece meno immediata, rivolta alla trasposizione delle proprie radici etniche. Probabilmente la loro pubblicazione (fin qui) migliore.

ALCO FRISBASS - “Le Mystere du Gue Pucelle”: A partire dall’esordio del 2015, la band di Rennes non fallisce un appuntamento, si prende tutto il tempo necessario e ogni volta torna sul mercato con un album che denota sempre maggiore maturità e gusto compositivo. Imprescindibili per gli amanti del prog che guarda al Canterbury sound. Peccato solo che delle loro uscite sembrano accorgersene in pochi...

ARAPUTO ZEN - “Majacosajusta”: Ci sarà stato sicuramente qualche altro album sia internazionale che italiano meritevole di essere menzionato, ma questo secondo lavoro del gruppo campano andava segnalato per il suo ethno-prog davvero ispirato e in determinati tratti suggestivo. Riferimenti a nomi “minori” (chiamiamoli così, in ottica di mercato), non si sa quanto voluti, per un bel risultato di natura squisitamente mediterranea.

CICCADA - "Harvest": Terzo album per la band greca, che mostra anche stavolta buon gusto, fornendo all’ascoltatore vibrazioni positive. Ad oggi, questo è probabilmente il loro lavoro migliore, soprattutto per quanto riguarda il vero e proprio equilibrio dei contenuti musicali. Un prog che dal sinfonico si va sempre più spostando verso il folk e che non disdegna dei momenti più jazzati.

DEWA BUDJANA - "Naurora": Una fusion coloratissima, quella del chitarrista indonesiano, che sforna ancora una volta quello che sembra il suo album più elaborato, spingendo sempre un po’ più in là il livello di complessità compositiva. Per non parlare dell’ormai acclarato aspetto strettamente tecnico, che oltre al diretto interessato riguarda anche i vari musicisti che di volta in volta lo accompagnano, tutti nell’ambito jazz-rock/fusion. Con la tradizione musicale dell’Indonesia sempre presente.

WIPPY BONSTACK - "Wippy Bonstack's Dataland": Album complesso ed irriverente, nello stile di Mark Keneally, cioè uno Zappiano doc (senza dimenticare i dichiarati riferimenti ai Cardiacs). Un ottimo "assemblamento" degli strumenti, fattore da sottolineare più volte, perché qua si parla di una one-man band, il cui protagonista assoluto è Beni Coniguliaro (già con Sun Colored Chair e Wyxz), polistrumentista ventunenne che suona e compone come se avesse molti anni di carriera alle spalle. Anche in questo caso, ci sarebbe stato qualche altro album forse qualitativamente migliore da citare, ma non certo con il medesimo coraggio del lavoro in esame, che si fa ben ascoltare dagli estimatori di tutto ciò che è fuoriuscito dal “Genio di Cucamonga”.

NICOLA SULAS

SUBURBAN SAVAGES - "Demagogue days": Semplicemente, il progressive moderno sinfonico in tutte le sue sfaccettature. Si passa dalla tradizione alla ricerca, dai suoni vintage rassicuranti ad altri più raffinati, con un occhio sempre abbastanza attento all’originalità. Un ottimo esempio di prog rock moderno.

DONNER - "Hesitant light": Un disco di musica non-prog da un personaggio fondamentale del prog attuale. Un lavoro che regala emozioni ad ogni ascolto e che, a ben vedere, diventa progressivo quasi per sbaglio.

NEEDLEPOINT - "Walking up that valley": Per quanto mi riguarda è l’album canterburiano dell’anno. Si tratta del Canterbury sound che ha i suoi ispiratori nei Caravan e nei Camel del periodo con Richard Sinclair. Divertente, sballato, scanzonato e molto piacevole all’ascolto.

WIPPY BONSTACK - "Wippy Bonstack's Dataland": Un concentrato di musica intricata e varia, sospeso tra Zappa ed il progressive più tecnico e tra esuberanza giovanile e una precoce maturità. L’autore ha fatto tutto da solo, e il risultato è sorprendente. Peccato per la pubblicazione solo in digitale.

MASSIMO GIUNTOLI - "F.I.T.": F.I.T. è un disco che si ascolta come un viaggio sonoro e mentale, con la voce protagonista usata in un modo assolutamente libero e creativo. Degna di nota e originale anche la parte strumentale. Per me un album magnifico..

NODO GORDIANO - "H.E.X.": Un bel disco allucinato, straniante e “sbilenco”, senza riferimenti melodici certi ma ricco di momenti creativi. H.E.X. è uno di quegli album il cui ascolto diventa facilmente un’esperienza assoluta.

ALBERTO NUCCI

AGUSA - “En Annan Värld”: Le mie segnalazioni non seguono mai un semplice ordine di preferenza, tranne che per la prima posizione… e questa per il 2021 è da assegnare indubbiamente al nuovo lavoro della band svedese che, pur nella girandola dei cambi di formazione che potrebbe minarne la stabilità qualitativa, riesce ogni volta a sfornare album che non sfigurano al cospetto dei nomi storici della tradizione Progg svedese.

TILLISON REINGOLD TIRANTI - “Allium: una Storia”: Un omaggio al Rock Progressivo Italiano ad opera di un terzetto da cui non ce lo saremmo immaginato. Il concept, ideato da Tillison e ispirato da una sua esperienza giovanile in Italia, narra la storia immaginaria di un gruppo Prog degli anni ’70. La voce di Tiranti ed il suo approccio, anche se avevamo già avuto modo di ascoltarla in album non metal, è stata comunque una gradita sorpresa.

DAVE BAINBRIDGE - “To the Far Away”: Bainbridge ce lo scordiamo un po’ troppo spesso, ma ognuno dei suoi album rappresenta comunque un gradito appuntamento con un Prog dalle sonorità eleganti e deliziosamente colorate di folk. Con questo nuovo lavoro ritorna decisamente sui livelli dell’ottimo “Celestial Fire”.

LEVITATION ORCHESTRA - “Illusions & Realities”: I Levitation Orchestra sono un collettivo internazionale che però è di base a Londra e si è strutturato sulla falsariga di una comune anni ’70, con una line-up in continuo movimento ed un approccio musicale libero in cui il jazz è una componente predominante. Delicate armonie canterburyane, intrecci avant-Prog e tenui approcci psichedelici rendono la fruizione di questo lavoro decisamente interessante.

CIRCE LINK & CHRISTIAN NESMITH - “Cosmologica”: La voce di Circe (che ci ammalia e ci strega piacevolmente… la battuta viene spontanea) e la prestazione polistrumentistica di Nesmith ci propongono quest’album che piacerà senz’altro agli estimatori degli Yes e del Prog classico. E’ la prima volta, a quanto pare, che i due si cimentano in questo genere di musica; il risultato è promettente, bisogna proprio dirlo.

ROBIN & THE WOODS - “Moonfall”: L’unione artistica tra il chitarrista Robin Jolivet ed il sassofonista Jérôme Masco, conosciutisi al conservatorio di Bordeaux, dà origine a questo interessante gruppo il cui album d’esordio mi piace segnalare in questa sede. Anche in questo caso il jazz è una componente fondamentale della musica proposta, stemperato però dalla passione per le band storiche del Prog internazionale.

JESSICA ATTENE

PROCOSMIAN FANNYFIDDLERS - "Astonishing Tales of Cod and Plankton": i nostri svitati norvegesi tornano al massimo del loro estro artistico con un album incredibile, irriverente, coinvolgente e ben cesellato. Se amate certe sonorità nordiche con pesanti contaminazioni folk e psichedeliche e se soprattutto non avete perso il vostro senso dell'umorismo questo è il disco dell'anno.

ELEPHANT9 - "Arrival of the new elder": sesto album in studio di grande livello per una band che è una vera e propria macchina da guerra. Jazz prog dai riflessi nordici con un groove irresistibile e venature psichedeliche di deciso impatto. Grande conferma per un gruppo che adoro in tutte le sue sfumature.

CICCADA - "Harvest": anche in questo caso si tratta di un gradito ritorno con un album incantevole e piacevolmente articolato, intensamente sinfonico ed affabile, elegante e ben strutturato, ricco di deliziosi particolari, che tiene testa ai due precedenti, altrettanto belli e degni di nota.

TRETTIOÅRIGA KRIGET - "Till horisonten": gradito ritorno (ebbene sì, ancora un ritorno) alle origini di un gruppo seminale del Progg svedese. Gran classe e uno stile solido che ci riporta piacevolmente indietro nel tempo. Passo obbligato per gli amanti di questo genere.

TUSMØRKE - "Nordisk Krim": concept album coinvolgente, doppio, caratterizzato da piacevoli guizzi di hard rock, psichedelia e acid folk. Stavolta i nostri amici, dopo tante divagazioni, fanno sul serio e meritano di essere ascoltati.

RÊVERIE - "Orpheus": album elegante e sognante, un distillato di poesia dalle sfumature fragili. Ennesima metamorfosi artistica per questo gruppo incantevole che vi invito a scoprire.

ROBERTO VANALI

AGUSA - "En Annan Värld": visti i risultati, sembrerebbe una scelta scontata. Invece è davvero un gran disco. Offre sfaccettature di prog classico, folk nordico e sinfonico, alle quali la band sa aggiungere personalità e punti di vista persino inediti.

EMBRYO - "Auf Auf": sorpresa dell’anno, decisamente. Un lavoro inaspettato quanto sorprendente, ricchissimo di spunti freschi e antichi, miscele sonore esplosive che solo uno dei gruppi al vertice storico delle sonorità kraut poteva sfornare.

ELEPHANT9 - "Arrival of the new elder": mi piacciono davvero gli equilibrismi di questo combo. Definirli band di jazz rock, come normalmente si legge in giro, è davvero limitativo: tra le loro tessiture si insinuano psichedelica e Canterbury, rock più incisivo con cavalcate di organo e straordinari tappeti di mellotron. Un disco che si presta ad una moltitudine di ascolti.

GHOST RHYTHMS - "Spectral music": un evidentissimo tributo alla scena di Canterbury e non solo dalla scelta dei titoli. Esperimento riuscitissimo che lega trame leggere a massicce esposizioni sinfoniche su temi fusion. Nelle tracce convivono unioni quasi impossibili come tango argentino e sonorità mediorientali. Esplosivo in ogni suo aspetto, forse il mio disco dell’anno, ad ogni ascolto me ne innamoro sempre più.

SUBURBAN SAVAGES - "Demagogue days": tra i miei primissimi ascolti del 2021, è partito molto in alto e là è rimasto. Si parla di una forma leggera, sinfonica ed ascoltabile di RIO. Mi rendo conto dell’ossimoro proposto, ma di fatto è così.

ALCO FRISBASS - "Le mystere du Gue Pucell": giusto per non far passare inosservato un altro centro perfetto di questa band, mai giustamente valutata e che invece ci ha dato un album la cui solidità e la cui validità vanno, per me, ben oltre ad una classifica annuale. Jazz rock canterburyano, per dirla breve, ma quante idee e quanta ricchezza.

PEPPE DI SPIRITO

OSANNA - "50 - Il diedro del Mediterraneo": A sei anni di distanza da “Palepolitana” e a cinquanta dall’esordio “L’uomo”, un nuovo disco di inediti per la storica band partenopea, dedicato a Danilo Rustici. E che disco! Gli Osanna ripercorrono la loro storia con musica di altissimo livello ed un pizzico di nostalgia, tra prog, hard rock, melodie di classe, la tradizione napoletana reinventata da Vairetti e compagni e tante altre trovate.

HEDVIG MOLLESTAD - "Tempest revisited": La chitarrista norvegese sforna un disco strumentale delizioso e difficile da descrivere. Coinvolge altri sette musicisti, con ampio dispiego di fiati e punta su un jazz-rock moderno, personale, con rimandi alla musica classica moderna e senza disdegnare qualche strizzatina d’occhio alla scuola di Canterbury.

MALADY - "Ainavihantaa": Ormai una certezza. La band finlandese, pur non proponendo nulla di veramente nuovo, continua sulla scia dei precedenti dischi e propone un prog di alta scuola, ricco di intrecci strumentali e di contaminazioni, con rimandi ai connazionali gloriosi degli anni ’70, a partire da Haikara e Wigwam.

CELESTE - "Il principe del regno perduto": Ciro Perrino ci ha preso gusto e sta portando avanti il rinnovato progetto Celeste. E lo fa all’insegna della qualità. Musica raffinata ed elegante, con ritmi compassati, in un rock sinfonico non pomposo, ma di grandissima classe.

GHOST RHYTHMS - "Spectral music": accasatisi alla Cuneiform, questi francesi non deludono le attese. Anche “Spectral music”, come i precedenti lavori dei Ghost Rhythms, offre suggestioni sonori particolari, derivanti da un’ampia strumentazione e da un’ispirazione che sembra non venire mai meno. Prog, musica da camera, avanguardia, jazz, minimalismo e tanto altro si fondono e fluiscono in un sound affascinante e ambizioso.

IL PORTO DI VENERE - "…e pensa che mi meraviglio ancora": Maurizio Di Tollo e Cristiano Roversi uniscono le forze e reclutano un po’ di musicisti per formare questo vero e proprio gruppo. Ne nasce un disco bellissimo, con canzoni che portano avanti la poetica di Mau abbinando parti cantautoriali ad ampi spazi strumentali tipicamente prog. Quel prog fatto di intrecci, di romanticismo, di passaggi solistici eleganti, di cambi di atmosfera.



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