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Retrospettive/Specials

6 DISCHI PER IL 2023 - A cura della redazione di Arlequins
6 DISCHI PER IL 2023 A cura della redazione di Arlequins
 

Un altro anno è passato… se non è zuppa è pan bagnato! Ogni anno si cerca di trovare parole ed espressioni non troppo ripetitive (non dico originali!) per scrivere l’introduzione di questo nostro consueto appuntamento. La verità è che la vita comincia seriamente a chiederci conto del nostro tempo… gli ascolti di nuovi dischi (dischi?) si fanno sempre più rarefatti e bisogna faticare sempre di più a buttare giù una sestina di nomi che ci hanno un minimo impressionato… e infatti qualcuno di noi ha ritenuto una scelta migliore quella di non partecipare.
Questo non vada comunque a penalizzare lo sforzo di chi, comunque, cerca di buttare giù due righe che -chissà…?- magari per qualche lettore potrebbero persino tornare utili o quanto meno interessanti.
Come al solito… buona lettura!



VALENTINO BUTTI

SEVEN IMPALE - "Summit": Al terzo album la band norvegese coniuga alla perfezione quanto abbozzato nei primi, più che buoni, due lavori: heavy, jazz,sinfonico... tutto in assoluta libertà.

THE CHRONICLES OF FATHER ROBIN - “The songs & tales of Airoea book 1/2/3”: Saranno ripetitivi, "filoni", poco ispirati come si narra (erroneamente...) a proposito della new vague dei gruppi scandinavi, sta di fatto che questo "nuovo" supergruppo (con membri di Tusmørke, Jordsjø, Wobbler), oltre a tre splendide copertine, sforna un triplo album (anche acquistabile singolarmente) davvero coinvolgente, pescando molto anche dai gruppi di provenienza.

MOON SAFARI - “Himlabacken vol. 2”: A dieci anni di distanza dal precedente, si ripropone anche questo gruppo svedese. Non il loro miglior lavoro,a mio parere, ma se cercate melodie di alto livello dovete, quantomeno, ascoltarlo.

THE ANCIENT VEIL - “Puer aeternus”: Edmondo Romano ed Alessandro Serri (i principali compositori) sfornano ad oltre 30 anni di distanza dal "loro" "Rings of earthly light" (a nome Eris Pluvia), un lavoro che ha nulla da invidiare all'illustre predecessore.

CROWN LANDS - “Fearless”: Duo nativo-canadese che "conosce" molto bene i (migliori) Rush. Non è un buon motivo, a mio parere, per non considerarli come meritano. E, pare, abbiano anche un buon seguito...dalle loro parti.

OCKRA - “Gratitude”: Mai avrei pensato di poter apprezzare (e molto...) una band stoner/doom...Invece mi sono imbattuto in questo gruppo svedese (ancora...) per puro caso ed è stato amore al primo ascolto. Certo, oltre a sonorità cupe, la band aggiunge molto altro ( folk, sinfonico, hard rock) ed il risultato, per me, è entusiasmante.

MICHELE MERENDA

AGUSA - "Prima materia": Ancora una volta, bisogna nominare loro. In un’annata in cui vi sono poche uscite che davvero entusiasmino, gli scandinavi continuano ad essere il punto di riferimento per chi desideri ascoltare ai giorni nostri qualcosa che sia davvero piacevole e suonato bene allo stesso tempo. Non sono mai stati degli innovatori e stavolta i rimandi evidenti vanno verso i Camel. Si può tranquillamente affermare che la loro proposta strumentale riesce a far stare bene dentro, senza lasciarsi prendere da nessuna smania elitaria.

CAMBIO DELLA GUARDIA - "Cambio della guardia": Una sorpresa, che stava passando praticamente inosservata. I riferimenti vanno ai grandi classici nostrani come Banco del Mutuo Soccorso, PFM, Le Orme. Occorre aggiustare il tiro nelle parti cantate, anche perché i testi suonano proprio come quelli di tanti anni fa e l’effetto non è sempre dei più piacevoli. Ma se ci si sente affezionati ai vecchi tempi, il gruppo romano mostra un’attitudine strumentale che può tranquillamente essere apprezzata. Non certo un album da top list, ma sicuramente da inserire in un elenco di lavori che meritano di essere segnalati per vari motivi.

FRENCH TV - "A ghastly state of affairs": L’articolato jazz/prog della band statunitense, capace anche di momenti umoristici, viene pubblicato dalla nota Cuneiform Records. Il gruppo, così, esce dal circuito dell’autoproduzione. Anche stavolta in compagnia del chitarrista giapponese Katsumi Yoneda (già con gli ottimi connazionali TEE), i nostri non si risparmiano affatto. Come si dice sul loro bandcamp, per chi apprezza Happy The Man, National Health, Bruford, Brand X. Per molti… ma non certo per tutti.

LARS FREDRIK FRØISLIE - "Fire fortellinger": debutto per il tatierista/batterista e cantante norvegese, già protagonista assieme ai connazionali Wobbler (anche la copertina dell’album sembra rimandare chiaramente al gruppo madre). Accompagnato dal bassista Nikolai Hængsle, non si può certo gridare all’originalità, ma di sicuro il lavoro è molto godibile (soprattutto in un’annata non eccezionale per le sue uscite), suonando vintage ma senza dare la sensazione di essere uno sterile clone. Testi cantati in lingua norrena, che ben si adattano ad una musica che oscilla tra vari stilemi prog, dal sinfonico al folk, passando per la versione più hardeggiante.

MOTUS LAEVUS - "Sifr": Piacevolissimo ritorno della band ligure, formata da professionisti che già si sono affermati in altre realtà. La musica che viene dal mare è sempre suggestiva e stavolta – se possibile – più complessa, anche più cerebrale. Chi ama il Mediterraneo non potrà non apprezzarli, capaci come sempre di riportare antiche tradizioni e farle suonare attuali, traslandole spesso in contesti jazzati. Un coinvolgimento che parte dal respiro, risale per la mente e irradia lo spirito.

ZOPP - "Dominion": Il polistrumentista britannico Ryan W Stevenson torna con la creatura Zopp, assieme al batterista Andrea Moneta (già con i romani Leviathan) e ad altri sporadici ospiti, soprattutto ai fiati. Il riferimento al Canterbury sound è anche stavolta evidente, sia nelle partiture strettamente musicali che in quelle cantate. Ispirazione che guarda a Egg, Hatfield & The North ma anche Caravan, resi attuali e decisamente incisivi. Una gran bella energia, senza discussione.

ROBERTO VANALI

AMOEBA SPLIT - "Quiet Euphoria": Disco dell’anno, assolutamente. Una conferma indiscutibile per il loro jazz rock esposto in maniera sempre personale, tra spunti zappiani, Soft Machine, ritmi intricati e serrati, un centro perfetto, maturo e tecnicamente ineccepibile.

PASKINEL - "Maraude Automnale": A dispetto di una copertina orribile e inquietante, ecco un ottimo disco intriso di spigoloso e personale jazz rock, con un bassista cresciuto a pane e Squire e un tastierista molto seventies. Un organico molto accattivante e arioso. E poi flauto, violino, qualcosa chiaramente canterburyano. Oh, da non perdere.

ZOPP - "Dominion": Se l’aspetto principale che può colpire è un graduale abbandono di temi canteruryani è anche vero che la varietà di trame affrontate fa di questo lavoro una uscita imperdibile dell’anno. Ma tra le atmosfere che si miscelano al folk e a strali più spigolosi (forse Yes e Gentle Giant?) Canterbury ritorna alla grande e il tutto, ben organizzato, fa un gran disco, comunque.

FRENCH TV - "A ghastly state of affair": Un disco serissimo, che ribalta i canoni del RIO inserendo temi e canoni apparentemente distanti dal sub genere. Qui si crea un distacco e un allontanamento da temi più complessi e avvicina la musica del disco ad un jazz moderno e antico assieme, sinfonico, canterburyano e trasognato, dove ogni spunto musicale si alterna senza soluzione di continuità agli altri con cambi repentini quanto impercettibili. La band segue quindi il filone avviato nel 2017 con “Operation Mockingbird” e fa un altro bel centro.

UNIVERS ZERO - "Lueur": Si potrebbe definire come la loro seconda opera del nuovo corso, visto che i temi di questo Lueur seguono le linee tracciate con “Phosphorescent Dreams”. Anche qui si propende per un distacco da quelli che erano i cupi e tetri temi stilistici precedenti, predominano, invece, aperture sempre maggiori a temi più pastorali, sinfonici e rilassati. Ma quando quei temi arrivano, è un esplosione che rimarca la grande forza compositiva della band. Disco notevolissimo, come d’abitudine.

IL BACIO DELLA MEDUSA - "iMilla": Il mio consiglio per il disco italiano dell’anno, forse meno prog, rispetto alle altre scelte, ma che dimostra grande crescita e grande professionalità compositiva ed esecutiva. Un concept imperdibile.

MAURO RANCHICCHIO

THE CHRONICLES OF FATHER ROBIN - "The Songs & Tales of Airoea": un progetto in tre volumi di lunghissima gestazione, portato avanti dal frontman Andreas Prestmo già all'inizio degli anni '90 sulla scia della nuova ondata del prog scandivano: includendo membri di Wobbler, Tusmørke, Jordsjø e The Samuel Jackson Five possiamo intuirne il genere ed avere alte aspettative, a cui a mio parere il triplo album tiene fede.

LARS FREDRIK FRØISLIE - “Fire fortellinger”: il tastierista di Wobbler e White Willow approfitta dei mesi di lockdown per mettere su nastro (quasi) in solitudine le sue nuove composizioni, con testi in lingua norvegese, cimentandosi anche alla batteria. Il risultato è eccellente, con echi del revival prog scandinavo ma anche di lavori storici italiani.

JORDSJØ - “Salighet”: la band del polistrumentista Håkon Oftung non ha ormai bisogno di conferme e con ogni nuovo lavoro ci delizia con un prog sinfonico dal sapore organico e antico... le parti vocali al solito non sono il massimo della raffinatezza, ma contribuiscono al feeling artigianale.

MONARCH TRAIL - “Four Sides”: la band canadese guidata da Ken Baird non sbaglia un colpo e dopo aver raggiunto un pubblico più ampio con il precedente, ottimo "Wither down", propone un album di rock sinfonico impeccabile, trascinato da ben tre suite la cui durata oscilla attorno ai 20 minuti, senza riempitivi!

ELOY - “Echoes from the Past”: il capitano della nave Frank Bornemann perde il suo vice Michael Gerlach, coautore già dai tempi di "Ra" e "Destination" ma può ancora contare sullo storico bassista Klaus Peter Matziol: il risultato è un album sorprendentemente vicino allo stile del periodo d'oro, pur ovviamente non raggiungendone le vette.

AGUSA - “Prima Materia”: un lavoro che conferma gli influssi canterburiani del precedente, aggiungendo qualche ingrediente latino, forse dovuto all'origine venezuelana della flautista Jenny Puertas. Qualcuno ne ha criticato la mancanza di complessità: in effetti i temi sono semplici ma godibilissimi, non cerchiamo il cervellotico ad ogni costo!

ALBERTO NUCCI

LE ORME - "...and Friends": Non mi aspettavo granché da questo (annunciato) ultimo album della gloriosa band e invece i nostri sfoderano un colpo di coda di notevole livello. Bello, anche se lascia un po' il tempo che trova, pure il secondo CD di cover.

RETREAT FROM MOSCOW - “Dreams, Myths and Machines”: il ritorno del new Prog inglese, con un bell'album che scuote via le atmosfere stantie che spesso pervadono i pochi album che ripercorrono questo stile.

TRITOP - “Rise of Kassandra”: come avevo pronosticato, si tratta di un album che è stato apprezzato più all'estero che in Italia. Ben realizzato, gradevole e appassionante... anche se, gioco forza, niente di nuovo sotto al sole.

RUBBER TEA - "From a Fading World": bell'album, tra il Canterbury, il sinfonico alla Camel e una fusion delicata. Ascoltato da pochissimi giorni, mi è rimasto subito in testa.

JOHN LÖNNMYR - "Aftonland": la sorpresa dell'anno arriva da questo tastierista svedese che sfodera un album Prog di tutto rispetto... sinfonico, jazzy, un pizzico di folk... sorprendente anche perché non ce lo aspettavamo proprio.

GONG - "Unending Ascending": il leone graffia ancora. cambiano le formazioni, la figura di riferimento... ma la sigla Gong è sempre una garanzia.

PEPPE DI SPIRITO

FREE HUMAN ZOO - "The mysterious island": Prendere un tema stupendo di una vecchia colonna sonora del compositore Gianni Fierro. Portarlo ai giorni nostri e orientarlo verso un jazz-rock dai connotati zeuhl. Eseguire il tutto con una classe sopraffina. Ecco, quanto hanno fatto i Free Human Zoo con questo disco meraviglioso che, a parer di chi scrive, stacca nettamente gli altri del 2023.

ONE SHOT - "111": Un ritorno atteso, con un nuovo assetto che fa a meno della chitarra del compianto MacGaw, per far spazio a due tastiere, più la solita sezione ritmica infuocata. E sfornano un altro album di potente jazz-rock che va ad inserirsi in una discografia senza sbavature.

SOLSTICE - "Light up": Andy Glass e i suoi Solstice stanno vivendo una seconda giovinezza. Continuano a proporre un sound in cui è la melodia a farla da padrone. E, tra new-prog arioso, pop-prog, atmosfere sognanti, spruzzate funky e la splendida performance vocale di Jess Holland, confermano la fase di felice ispirazione aperta da "Sia".

BALLETTO DI BRONZO - "Lemures": Era atteso... Oh, se era atteso... e Leone non delude. Con un sound moderno, tecnologico, che non lascia molto spazio alla nostalgia, recupera le atmosfere plumbee di "Ys" e le porta ai giorni nostri. L'eredità da raccogliere era pesante, ma da un personaggio così il colpo da maestro era possibile ed è arrivato.

AMOEBA SPLIT - "Quiet euphoria": Chi ama il variopinto jazz-rock canterburiano erede di Hatfield and the North e National Health dovrebbe avere già apprezzato i primi dischi degli spagnoli Amoeba Split. Che anche stavolta colgono nel segno, con una musica capace di abbinare alla perfezione tecnica e feeling.

IL BACIO DELLA MEDUSA - "iMilla": Ormai il Bacio della Medusa è da considerare uno dei capisaldi del prog italiano attuale. Anche quando cambiano direzione sono pienamente convincenti, come in questa occasione, in cui ci raccontano una storia a modo loro, tra canzoni articolate, riferimenti tulliani e prog sinfonico, ma con tante sorprese. La maturità è ormai davvero totale.

ANTONIO PIACENTINI

MOON SAFARI - “Himlabacken Vol.II”: Fa parte della categoria di quei dischi "moderni che girano oltre l'anno di uscita sul mio lettore. Melodico, tecnico, accattivante come solo un disco dei Moon Safari sa essere. Per tutti.

LARS FREDRIK FRØISLIE - “Fire fortellinger”: fa parte di quei dischi che appena usciti pensi : "bello..girerà sul mio lettore oltre l'anno d'uscita...poi invece ti accorgi che comunque se metti un disco scandinavo a caso dei tempi d'oro non cambia nulla...per appassionati.

CARAVELA ESCARLATE - “III”: fa parte di quei dischi che appena usciti tutti ne parlano... poi lo ascolti... una.. due.. tre volte e pensi... ma perché la gente (gente... 15 persone eh) ne parla?...per quelli che amano collezionare alluminio.

IL BACIO DELLA MEDUSA - “iMilla”: Ora vanno tanto di moda i podcast crime o politici ...ecco iMilla è un podcast crime o politico musicato… e musicato bene. Per quelli che non riescono a vivere senza Blu Notte di Lucarelli o Indagini di Stefano Nazzi.

LE ORME - “…and Friends”: non tutto ma soprattutto i pezzi a firma Tony Pagliuca mi hanno colpito tanto... soprattutto le parti di chitarra… che per un disco a nome le Orme è strano… comunque gli Osanna che su un disco de Le orme fanno un prog medley di brani degli Osanna è una pacchianata. Per quelli che non vivono senza anni ‘70.

OZRIC TENTACLES - “Lotus unfolding”: è il classico disco degli Ozric Tentacles... sì… è sempre quello... ma in un’epoca dove non si sa cosa succede domani... alla fine ci sta... e pure bene. Per quelli che vogliono certezze nella vita.

JESSICA ATTENE

JACK O' THE CLOCK - "The Warm Dark Circus": grande ritorno per il gruppo americano capitanato da Damon Waitkus. Album poliedrico ed affabile che sintetizza perfettamente il credo musicale di questa band unica ed originale. Teso fra avanguardia e cantabilità con chiazze di folk e sinfonicità. La conferma che aspettavamo e che sapevamo sarebbe arrivata.

JORDSJØ - "Salighet": tutto quello che un amante del prog sinfonico di matrice nordica possa desiderare, all'ennesima potenza.

ULTRAPHAUNA - "No no no no": un mosaico di visioni sonore di ispirazione diversa. Avant Rock garbato con colorazioni etniche di provenienza varia. Un mercato delle pulci pieno di curiosità. Elegante ed eclettico, insolito e non lineare. Una deliziosa sorpresa.

HOKR - "Starej Hokr Vol. 2": il grande ritorno del gruppo di Pavel Čermák in tutta la sua causticità e ruvidezza. Una colata incandescente di jazz rock irriverente e grezzo condito da raptus avanguardistici. Spassosi come al solito se non avete problemi a digerire cose pesanti.

AGUSA - "Prima Materia": una piccola istituzione del prog svedese che ci ripropone la consueta formula a base di folk, Canterbury e psichedelia che ci suona così familiare e confortevole.

ZOPP - "Dominion": gradito ritorno per il gruppo inglese che ci irretisce con un album dalle avvolgenti colorazioni tastieristiche a dai sofisticati richiami Canterburyani.

FRANCESCO INGLIMA

MONIKA ROSCHER BIGBAND - "Witchy Activities and the Maple Death": Per quanto mi riguarda il miglior disco del 2023: big band tedesca che fagocita qualsiasi cosa, dal jazz al prog, dal pop all'avanguardia, per creare una proposta sonora complessa e allo stesso tempo accattivante.

JACK O' THE CLOCK - "The Warm, Dark Circus": Una garanzia, giunti al nono album continuano a non sbagliare un colpo. Pur fedeli alla loro cifra stilistica riescono sempre a sorprenderci con la loro proposta folk prog.

TUSMØRKE - "Hestehoven": Inutile girarci attorno, sono sempre dei gran cazzoni che si divertono un casino a suonare la loro musica. Il loro pregio è però quello di riuscire a far divertire anche l'ascoltatore.

LARS FREDRIK FRØISLIE - "Fire fortellinger": Niente di nuovo sotto il sole, ma è un album onesto e ben suonato che sa toccare tutte le corde degli appassionati di prog.

HOKR - "Starej Hokr Vol. 2": Buon ritorno per lo storico gruppo ceco, che pur perdendo un po' di verve teatrale, riesce a regalarci un album cupo e sporco al punto giusto, dove il jazz-rock si tinge di avant-prog.

HOMUNCULUS RES - "Ecco l'impero dei doppi sensi": Pur con le radici sempre fortemente ancorate nel Canterbury sound aumentano la componente pop e psichedelica, rendendo il tutto più fruibile e godibile.



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