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MANGALA VALLIS The book of dreams Tamburo A Vapore 2002 ITA

Dal cilindro del rock targato Italia spunta un disco inaspettato, soprattutto per il curriculum degli ideatori di questo nuovo gruppo/progetto. Si tratta di tre apprezzati musicisti, non certo di primo pelo, e tra di essi spicca, per notorietà, il nome di Gigi Cavalli Cocchi, già batterista di Ligabue e CSI. L'album si presenta come un omaggio o, meglio, un atto d'amore per il Progressive anni '70, a partire dalla struttura dell'album (un concept su Jules Verne) per continuare con la strumentazione (le parti di Mellotron, Hammond e basso Rickenbacker si sprecano...) e le idee messe in campo. I tre si producono in un'opera di rivisitazione del genere, senza molti compromessi e neanche troppe velleità di originalità (la title-track odora persistentemente di "I know what I like"), ma non era certo nelle intenzioni iniziali. Al contrario, questo disco è un atto d'amore per un genere, una fuga dai dettami commerciali, un ripercorrere passati (ma mai sopiti) entusiasmi per gruppi come Genesis, Renaissance, Gentle Giant e chi più ne ha più ne metta. Il cantato è assicurato, nell'arco del disco, da tre vocalist tra i quali spunta il nome, ma guarda un po', di Bernardo Lanzetti, che si esibisce nel pezzo di chiusura. Molto belli anche i tre brani cantati da Vic Fraja, in possesso di una voce dolce e melodica, inaspettata se messa in relazione col suo aspetto piratesco (anche se gioviale).
Per ciò che riguarda la musica, si tratta di 7 canzoni (più l'Ouverture) che, per la maggior parte, si materializzano in forma di ballad, pur se accelerazioni ed aperture strumentali sono ben presenti, con una produzione forse un po' piatta (ma comunque professionale) che limita un poco gli slanci strumentali che meriterebbero un'evidenziazione migliore. Il risultato finale comunque ci parla di un disco meritevole di un plauso e di un'attenzione particolare, sia per i presupposti da cui è nato, sia per le sue doti intrinseche, godibilissime e pronte per essere degustate da cima a fondo, in uno scorrere lento è gradevole che ci porta come nulla fosse all'ultima traccia quasi d'un fiato. Se poi si parla di originalità, noi proggers abituati a queste sonorità possiamo trovare mille cose su cui ridire, ma se si pensa che il disco è stato lanciato con una distribuzione e una promozione quasi da major, questo può senz'altro rappresentare un acquisto originale per un pubblico ignaro ed abituato alla solita zuppa radiofonica.

 

Alberto Nucci

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